From: Simone Piccardi Date: Sun, 11 Mar 2012 19:56:33 +0000 (+0000) Subject: Inizio revisione capitolo 6. X-Git-Url: https://gapil.gnulinux.it/gitweb/?a=commitdiff_plain;h=8e2e77dff8f3cffb28ddf982280dff6fc015eb19;p=gapil.git Inizio revisione capitolo 6. --- diff --git a/fileadv.tex b/fileadv.tex index 9d43dd4..9d2626a 100644 --- a/fileadv.tex +++ b/fileadv.tex @@ -4498,7 +4498,7 @@ indicato dal valore dalla costante \const{IOV\_MAX}, definita come le altre costanti analoghe (vedi sez.~\ref{sec:sys_limits}) in \headfile{limits.h}; lo stesso valore deve essere ottenibile in esecuzione tramite la funzione \func{sysconf} richiedendo l'argomento \const{\_SC\_IOV\_MAX} (vedi -sez.~\ref{sec:sys_sysconf}). +sez.~\ref{sec:sys_limits}). Nel caso di Linux il limite di sistema è di 1024, però se si usano le \acr{glibc} queste forniscono un \textit{wrapper} per le system call che si diff --git a/filedir.tex b/filedir.tex index cd1fa6b..b88d34b 100644 --- a/filedir.tex +++ b/filedir.tex @@ -2226,8 +2226,8 @@ Ottenuta allora con \code{offsetof(struct dirent, d\_name)} la dimensione della parte iniziale della struttura, basterà sommarci la dimensione massima dei nomi dei file nel filesystem che si sta usando, che si può ottenere attraverso la funzione \func{pathconf} (per la quale si rimanda a -sez.~\ref{sec:sys_pathconf}) più un ulteriore carattere per la terminazione -della stringa. +sez.~\ref{sec:sys_file_limits}) più un ulteriore carattere per la terminazione +della stringa. Per quanto riguarda il significato dei campi opzionali, il campo \var{d\_type} indica il tipo di file (se fifo, directory, collegamento simbolico, ecc.), e diff --git a/listati/ustname.h b/listati/ustname.h index aef0d4f..73788ef 100644 --- a/listati/ustname.h +++ b/listati/ustname.h @@ -1,10 +1,11 @@ struct utsname { - char sysname[]; - char nodename[]; - char release[]; - char version[]; - char machine[]; + char sysname[]; /* Operating system name (e.g., "Linux") */ + char nodename[]; /* Name within "some implementation-defined + network" */ + char release[]; /* OS release (e.g., "2.6.28") */ + char version[]; /* OS version */ + char machine[]; /* Hardware identifier */ #ifdef _GNU_SOURCE - char domainname[]; + char domainname[]; /* NIS or YP domain name */ #endif }; diff --git a/process.tex b/process.tex index c2a03af..4fc31e6 100644 --- a/process.tex +++ b/process.tex @@ -482,7 +482,7 @@ registrare un certo numero di funzioni che verranno eseguite all'uscita dal programma,\footnote{nel caso di \func{atexit} lo standard POSIX.1-2001 richiede che siano registrabili almeno \const{ATEXIT\_MAX} funzioni (il valore può essere ottenuto con \func{sysconf}, vedi - sez.~\ref{sec:sys_sysconf}).} sia per la chiamata ad \func{exit} che per il + sez.~\ref{sec:sys_limits}).} sia per la chiamata ad \func{exit} che per il ritorno di \code{main}. La prima funzione che si può utilizzare a tal fine è \funcd{atexit}, il cui prototipo è: diff --git a/prochand.tex b/prochand.tex index 0bc5db1..a87e848 100644 --- a/prochand.tex +++ b/prochand.tex @@ -2154,7 +2154,7 @@ Le ultime funzioni che esamineremo sono quelle che permettono di operare sui gruppi supplementari cui un utente può appartenere. Ogni processo può avere almeno \const{NGROUPS\_MAX} gruppi supplementari\footnote{il numero massimo di gruppi secondari può essere ottenuto con \func{sysconf} (vedi - sez.~\ref{sec:sys_sysconf}), leggendo il parametro + sez.~\ref{sec:sys_limits}), leggendo il parametro \texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}.} in aggiunta al gruppo primario; questi vengono ereditati dal processo padre e possono essere cambiati con queste funzioni. diff --git a/system.tex b/system.tex index e745a7c..b8b745b 100644 --- a/system.tex +++ b/system.tex @@ -20,16 +20,17 @@ quelle per la gestione ed il controllo dei filesystem, degli utenti, dei tempi e degli errori. - -\section{Capacità e caratteristiche del sistema} +\section{La gestione di catteristiche e parametri del sistema} \label{sec:sys_characteristics} In questa sezione tratteremo le varie modalità con cui un programma può -ottenere informazioni riguardo alle capacità del sistema. Ogni sistema -unix-like infatti è contraddistinto da un gran numero di limiti e costanti che -lo caratterizzano, e che possono dipendere da fattori molteplici, come -l'architettura hardware, l'implementazione del kernel e delle librerie, le -opzioni di configurazione. +ottenere informazioni riguardo alle capacità del sistema, e, per quelle per +cui è possibile, sul come modificarle. Ogni sistema unix-like infatti è +contraddistinto da un gran numero di limiti e costanti che lo caratterizzano, +e che possono dipendere da fattori molteplici, come l'architettura hardware, +l'implementazione del kernel e delle librerie, le opzioni di +configurazione. Il kernel inoltre mette a disposizione l'accesso ad alcuni +parametri che possono modificarne il comportamento. La definizione di queste caratteristiche ed il tentativo di provvedere dei meccanismi generali che i programmi possono usare per ricavarle è uno degli @@ -37,10 +38,10 @@ aspetti più complessi e controversi con cui le diverse standardizzazioni si sono dovute confrontare, spesso con risultati spesso tutt'altro che chiari. Daremo comunque una descrizione dei principali metodi previsti dai vari standard per ricavare sia le caratteristiche specifiche del sistema, che -quelle della gestione dei file. - +quelle della gestione dei file e prenderemo in esame le modalità con cui è +possibile intervenire sui parametri del kernel. -\subsection{Limiti e parametri di sistema} +\subsection{Limiti e caratteristiche del sistema} \label{sec:sys_limits} Quando si devono determinare le caratteristiche generali del sistema ci si @@ -61,24 +62,12 @@ La prima funzionalità si può ottenere includendo gli opportuni header file che contengono le costanti necessarie definite come macro di preprocessore, per la seconda invece sono ovviamente necessarie delle funzioni. La situazione è complicata dal fatto che ci sono molti casi in cui alcuni di questi limiti -sono fissi in un'implementazione mentre possono variare in un altra. Tutto +sono fissi in un'implementazione mentre possono variare in un altra: tutto questo crea una ambiguità che non è sempre possibile risolvere in maniera -chiara; in generale quello che succede è che quando i limiti del sistema sono +chiara. In generale quello che succede è che quando i limiti del sistema sono fissi essi vengono definiti come macro di preprocessore nel file \headfile{limits.h}, se invece possono variare, il loro valore sarà ottenibile -tramite la funzione \func{sysconf} (che esamineremo in -sez.~\ref{sec:sys_sysconf}). - -Lo standard ANSI C definisce dei limiti che sono tutti fissi, pertanto questo -saranno sempre disponibili al momento della compilazione. Un elenco, ripreso -da \headfile{limits.h}, è riportato in tab.~\ref{tab:sys_ansic_macro}. Come si -può vedere per la maggior parte questi limiti attengono alle dimensioni dei -dati interi, che sono in genere fissati dall'architettura hardware (le -analoghe informazioni per i dati in virgola mobile sono definite a parte, ed -accessibili includendo \headfile{float.h}). Lo standard prevede anche un'altra -costante, \const{FOPEN\_MAX}, che può non essere fissa e che pertanto non è -definita in \headfile{limits.h}; essa deve essere definita in -\headfile{stdio.h} ed avere un valore minimo di 8. +tramite la funzione \func{sysconf} (che esamineremo a breve). \begin{table}[htb] \centering @@ -94,8 +83,8 @@ definita in \headfile{limits.h}; essa deve essere definita in \const{UCHAR\_MAX}& 255 & Massimo di \ctyp{unsigned char}.\\ \const{SCHAR\_MIN}& -128 & Minimo di \ctyp{signed char}.\\ \const{SCHAR\_MAX}& 127 & Massimo di \ctyp{signed char}.\\ - \const{CHAR\_MIN} &\footnotemark& Minimo di \ctyp{char}.\\ - \const{CHAR\_MAX} &\footnotemark& Massimo di \ctyp{char}.\\ + \const{CHAR\_MIN} & 0 o -128 & Minimo di \ctyp{char}.\footnotemark\\ + \const{CHAR\_MAX} & 127 o 255 & Massimo di \ctyp{char}.\footnotemark\\ \const{SHRT\_MIN} & -32768 & Minimo di \ctyp{short}.\\ \const{SHRT\_MAX} & 32767 & Massimo di \ctyp{short}.\\ \const{USHRT\_MAX}& 65535 & Massimo di \ctyp{unsigned short}.\\ @@ -118,9 +107,13 @@ definita in \headfile{limits.h}; essa deve essere definita in \footnotetext[2]{il valore può essere \const{UCHAR\_MAX} o \const{SCHAR\_MAX} a seconda che il sistema usi caratteri con segno o meno.} -A questi valori lo standard ISO C90 ne aggiunge altri tre, relativi al tipo -\ctyp{long long} introdotto con il nuovo standard, i relativi valori sono in -tab.~\ref{tab:sys_isoc90_macro}. +Lo standard ANSI C definisce dei limiti che sono tutti fissi, pertanto questo +saranno sempre disponibili al momento della compilazione. Un elenco, ripreso +da \headfile{limits.h}, è riportato in tab.~\ref{tab:sys_ansic_macro}. Come si +può vedere per la maggior parte questi limiti attengono alle dimensioni dei +dati interi, che sono in genere fissati dall'architettura hardware, le +analoghe informazioni per i dati in virgola mobile sono definite a parte, ed +accessibili includendo \headfile{float.h}. \begin{table}[htb] \centering @@ -141,6 +134,13 @@ tab.~\ref{tab:sys_isoc90_macro}. \label{tab:sys_isoc90_macro} \end{table} +Lo standard prevede anche un'altra costante, \const{FOPEN\_MAX}, che può non +essere fissa e che pertanto non è definita in \headfile{limits.h}, essa deve +essere definita in \headfile{stdio.h} ed avere un valore minimo di 8. A questi +valori lo standard ISO C90 ne aggiunge altri tre, relativi al tipo \ctyp{long + long} introdotto con il nuovo standard, i relativi valori sono in +tab.~\ref{tab:sys_isoc90_macro}. + Ovviamente le dimensioni dei vari tipi di dati sono solo una piccola parte delle caratteristiche del sistema; mancano completamente tutte quelle che dipendono dalla implementazione dello stesso. Queste, per i sistemi unix-like, @@ -148,17 +148,10 @@ sono state definite in gran parte dallo standard POSIX.1, che tratta anche i limiti relativi alle caratteristiche dei file che vedremo in sez.~\ref{sec:sys_file_limits}. -Purtroppo la sezione dello standard che tratta questi argomenti è una delle -meno chiare\footnote{tanto che Stevens, in \cite{APUE}, la porta come esempio - di ``\textsl{standardese}''.}. Lo standard prevede che ci siano 13 macro che -descrivono le caratteristiche del sistema (7 per le caratteristiche generiche, -riportate in tab.~\ref{tab:sys_generic_macro}, e 6 per le caratteristiche dei -file, riportate in tab.~\ref{tab:sys_file_macro}). - \begin{table}[htb] \centering \footnotesize - \begin{tabular}[c]{|l|r|p{7cm}|} + \begin{tabular}[c]{|l|r|p{8cm}|} \hline \textbf{Costante}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\ \hline @@ -184,25 +177,17 @@ file, riportate in tab.~\ref{tab:sys_file_macro}). \label{tab:sys_generic_macro} \end{table} -Lo standard dice che queste macro devono essere definite in -\headfile{limits.h} quando i valori a cui fanno riferimento sono fissi, e -altrimenti devono essere lasciate indefinite, ed i loro valori dei limiti -devono essere accessibili solo attraverso \func{sysconf}. In realtà queste -vengono sempre definite ad un valore generico. Si tenga presente poi che -alcuni di questi limiti possono assumere valori molto elevati (come -\const{CHILD\_MAX}), e non è pertanto il caso di utilizzarli per allocare -staticamente della memoria. - -A complicare la faccenda si aggiunge il fatto che POSIX.1 prevede una serie di -altre costanti (il cui nome inizia sempre con \code{\_POSIX\_}) che -definiscono i valori minimi le stesse caratteristiche devono avere, perché una -implementazione possa dichiararsi conforme allo standard; detti valori sono -riportati in tab.~\ref{tab:sys_posix1_general}. +Purtroppo la sezione dello standard che tratta questi argomenti è una delle +meno chiare, tanto che Stevens, in \cite{APUE}, la porta come esempio di +``\textsl{standardese}''. Lo standard prevede che ci siano 13 macro che +descrivono le caratteristiche del sistema: 7 per le caratteristiche generiche, +riportate in tab.~\ref{tab:sys_generic_macro}, e 6 per le caratteristiche dei +file, riportate in tab.~\ref{tab:sys_file_macro}. \begin{table}[htb] \centering \footnotesize - \begin{tabular}[c]{|l|r|p{7cm}|} + \begin{tabular}[c]{|l|r|p{8cm}|} \hline \textbf{Costante}&\textbf{Valore}&\textbf{Significato}\\ \hline @@ -218,23 +203,41 @@ riportati in tab.~\ref{tab:sys_posix1_general}. contemporanea.\\ \const{\_POSIX\_STREAM\_MAX} & 8& Massimo numero di stream aperti per processo in contemporanea.\\ - \const{\_POSIX\_TZNAME\_MAX} & & Dimensione massima del nome di una + \const{\_POSIX\_TZNAME\_MAX} & 6& Dimensione massima del nome di una \textit{timezone} (vedi sez.~\ref{sec:sys_date}). \\ + \const{\_POSIX\_RTSIG\_MAX} & 8& Numero massimo di segnali + \textit{real-time} (vedi + sez.~\ref{sec:sig_real_time}).\\ \const{\_POSIX\_NGROUPS\_MAX}& 0& Numero di gruppi supplementari per processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id}).\\ \const{\_POSIX\_SSIZE\_MAX} &32767& Valore massimo del tipo \type{ssize\_t}.\\ - \const{\_POSIX\_AIO\_LISTIO\_MAX}&2& \\ - \const{\_POSIX\_AIO\_MAX} & 1& \\ + % \const{\_POSIX\_AIO\_LISTIO\_MAX}&2& \\ + % \const{\_POSIX\_AIO\_MAX} & 1& \\ \hline \end{tabular} - \caption{Macro dei valori minimi delle caratteristiche generali del sistema - per la conformità allo standard POSIX.1.} + \caption{Macro dei valori minimi di alcune caratteristiche generali del + sistema per la conformità allo standard POSIX.1.} \label{tab:sys_posix1_general} \end{table} +Lo standard dice che queste macro devono essere definite in +\headfile{limits.h} quando i valori a cui fanno riferimento sono fissi, e +altrimenti devono essere lasciate indefinite, ed i loro valori dei limiti +devono essere accessibili solo attraverso \func{sysconf}. In realtà queste +vengono sempre definite ad un valore generico. Si tenga presente poi che +alcuni di questi limiti possono assumere valori molto elevati (come +\const{CHILD\_MAX}), e non è pertanto il caso di utilizzarli per allocare +staticamente della memoria. + +A complicare la faccenda si aggiunge il fatto che POSIX.1 prevede una serie di +altre costanti (il cui nome inizia sempre con \code{\_POSIX\_}) che +definiscono i valori minimi le stesse caratteristiche devono avere, perché una +implementazione possa dichiararsi conforme allo standard, alcuni dei questi +valori sono riportati in tab.~\ref{tab:sys_posix1_general}. + In genere questi valori non servono a molto, la loro unica utilità è quella di indicare un limite superiore che assicura la portabilità senza necessità di ulteriori controlli. Tuttavia molti di essi sono ampiamente superati in tutti @@ -266,52 +269,51 @@ valori ottenuti da \func{sysconf}. \label{tab:sys_posix1_other} \end{table} -Oltre ai precedenti valori (e a quelli relativi ai file elencati in -tab.~\ref{tab:sys_posix1_file}), che devono essere obbligatoriamente definiti, -lo standard POSIX.1 ne prevede parecchi altri. La lista completa si trova -dall'header file \file{bits/posix1\_lim.h} (da non usare mai direttamente, è +Oltre ai precedenti valori e a quelli relativi ai file elencati in +tab.~\ref{tab:sys_posix1_file},, che devono essere obbligatoriamente definiti, +lo standard POSIX.1 ne prevede molti altri. La lista completa si trova +dall'header file \file{bits/posix1\_lim.h}, da non usare mai direttamente (è incluso automaticamente all'interno di \headfile{limits.h}). Di questi vale la -pena menzionare alcune macro di uso comune, (riportate in -tab.~\ref{tab:sys_posix1_other}), che non indicano un valore specifico, ma -denotano la presenza di alcune funzionalità nel sistema (come il supporto del -\textit{job control} o degli identificatori del gruppo \textit{saved}). +pena menzionarne alcune macro di uso comune, riportate in +tab.~\ref{tab:sys_posix1_other}, che non indicano un valore specifico, ma +denotano la presenza di alcune funzionalità nel sistema, come il supporto del +\textit{job control} o degli identificatori del gruppo \textit{saved}. Oltre allo standard POSIX.1, anche lo standard POSIX.2 definisce una serie di altre costanti. Siccome queste sono principalmente attinenti a limiti relativi -alle applicazioni di sistema presenti (come quelli su alcuni parametri delle -espressioni regolari o del comando \cmd{bc}), non li tratteremo -esplicitamente, se ne trova una menzione completa nell'header file -\file{bits/posix2\_lim.h}, e alcuni di loro sono descritti nella pagina di -manuale di \func{sysconf} e nel manuale delle \acr{glibc}. - - -\subsection{La funzione \func{sysconf}} -\label{sec:sys_sysconf} - -Come accennato in sez.~\ref{sec:sys_limits} quando uno dei limiti o delle -caratteristiche del sistema può variare, per non dover essere costretti a -ricompilare un programma tutte le volte che si cambiano le opzioni con cui è -compilato il kernel, o alcuni dei parametri modificabili a run time, è -necessario ottenerne il valore attraverso la funzione \funcd{sysconf}. Il -prototipo di questa funzione è: -\begin{prototype}{unistd.h}{long sysconf(int name)} - Restituisce il valore del parametro di sistema \param{name}. - - \bodydesc{La funzione restituisce indietro il valore del parametro - richiesto, o 1 se si tratta di un'opzione disponibile, 0 se l'opzione non - è disponibile e -1 in caso di errore (ma \var{errno} non viene impostata).} -\end{prototype} +alle applicazioni di sistema presenti, come quelli su alcuni parametri delle +espressioni regolari o del comando \cmd{bc}, non li tratteremo esplicitamente, +se ne trova una menzione completa nell'header file \file{bits/posix2\_lim.h}, +e alcuni di loro sono descritti nella pagina di manuale di \func{sysconf} e +nel manuale delle \acr{glibc}. + +Quando uno dei limiti o delle caratteristiche del sistema può variare, per non +dover essere costretti a ricompilare un programma tutte le volte che si +cambiano le opzioni con cui è compilato il kernel, o alcuni dei parametri +modificabili al momento dell'esecuzione, è necessario ottenerne il valore +attraverso la funzione \funcd{sysconf}, cui prototipo è: + +\begin{funcproto}{ +\fhead{unistd.h} +\fdecl{long sysconf(int name)} +\fdesc{Restituisce il valore di un parametro di sistema.} +} + +{La funzione ritorna in caso di successo il valore del parametro richiesto, o + 1 se si tratta di un'opzione disponibile, 0 se l'opzione non è disponibile e + $-1$ per un errore, nel qual caso però \var{errno} non viene impostata.} +\end{funcproto} La funzione prende come argomento un intero che specifica quale dei limiti si -vuole conoscere; uno specchietto contenente i principali valori disponibili in -Linux è riportato in tab.~\ref{tab:sys_sysconf_par}; l'elenco completo è +vuole conoscere. Uno specchietto contenente i principali valori disponibili in +Linux è riportato in tab.~\ref{tab:sys_sysconf_par}, l'elenco completo è contenuto in \file{bits/confname.h}, ed una lista più esaustiva, con le relative spiegazioni, si può trovare nel manuale delle \acr{glibc}. \begin{table}[htb] \centering \footnotesize - \begin{tabular}[c]{|l|l|p{9cm}|} + \begin{tabular}[c]{|l|l|p{8cm}|} \hline \textbf{Parametro}&\textbf{Macro sostituita} &\textbf{Significato}\\ \hline @@ -319,10 +321,10 @@ relative spiegazioni, si può trovare nel manuale delle \acr{glibc}. \texttt{\_SC\_ARG\_MAX} & \const{ARG\_MAX}& La dimensione massima degli argomenti passati ad una funzione della famiglia \func{exec}.\\ - \texttt{\_SC\_CHILD\_MAX} & \const{\_CHILD\_MAX}& + \texttt{\_SC\_CHILD\_MAX} & \const{CHILD\_MAX}& Il numero massimo di processi contemporanei che un utente può eseguire.\\ - \texttt{\_SC\_OPEN\_MAX} & \const{\_OPEN\_MAX}& + \texttt{\_SC\_OPEN\_MAX} & \const{OPEN\_MAX}& Il numero massimo di file che un processo può mantenere aperti in contemporanea.\\ \texttt{\_SC\_STREAM\_MAX}& \const{STREAM\_MAX}& @@ -371,25 +373,28 @@ relative spiegazioni, si può trovare nel manuale delle \acr{glibc}. In generale ogni limite o caratteristica del sistema per cui è definita una macro, sia dagli standard ANSI C e ISO C90, che da POSIX.1 e POSIX.2, può -essere ottenuto attraverso una chiamata a \func{sysconf}. Il valore si otterrà -specificando come valore dell'argomento \param{name} il nome ottenuto -aggiungendo \code{\_SC\_} ai nomi delle macro definite dai primi due, o -sostituendolo a \code{\_POSIX\_} per le macro definite dagli gli altri due. - -In generale si dovrebbe fare uso di \func{sysconf} solo quando la relativa -macro non è definita, quindi con un codice analogo al seguente: +essere ottenuto attraverso una chiamata a \func{sysconf}. Il nome della +costante da utilizzare come valore dell'argomento \param{name} si otterrà +aggiungendo \code{\_SC\_} ai nomi delle costanti definite dai primi due +standard (quelle di tab.~\ref{tab:sys_generic_macro}), o sostituendolo a +\code{\_POSIX\_} per le costanti definite dagli altri due standard (quelle di +tab.~\ref{tab:sys_posix1_general}). + +In linea teorica si dovrebbe fare uso di \func{sysconf} solo quando la +relativa costante di sistema non è definita, quindi con un codice analogo al +seguente: \includecodesnip{listati/get_child_max.c} -ma in realtà in Linux queste macro sono comunque definite, indicando però un -limite generico. Per questo motivo è sempre meglio usare i valori restituiti -da \func{sysconf}. +ma in realtà con Linux queste costanti sono comunque definite, indicando però +un limite generico che non è detto sia corretto; per questo motivo è sempre +meglio usare i valori restituiti da \func{sysconf}. -\subsection{I limiti dei file} +\subsection{Limiti e caratteristiche dei file} \label{sec:sys_file_limits} Come per le caratteristiche generali del sistema anche per i file esistono una serie di limiti (come la lunghezza del nome del file o il numero massimo di -link) che dipendono sia dall'implementazione che dal filesystem in uso; anche +link) che dipendono sia dall'implementazione che dal filesystem in uso. Anche in questo caso lo standard prevede alcune macro che ne specificano il valore, riportate in tab.~\ref{tab:sys_file_macro}. @@ -419,9 +424,9 @@ riportate in tab.~\ref{tab:sys_file_macro}. Come per i limiti di sistema, lo standard POSIX.1 detta una serie di valori minimi anche per queste caratteristiche, che ogni sistema che vuole essere -conforme deve rispettare; le relative macro sono riportate in -tab.~\ref{tab:sys_posix1_file}, e per esse vale lo stesso discorso fatto per -le analoghe di tab.~\ref{tab:sys_posix1_general}. +conforme deve rispettare. Le relative macro sono riportate in +tab.~\ref{tab:sys_posix1_file} e per esse vale lo stesso discorso fatto per le +analoghe di tab.~\ref{tab:sys_posix1_general}. \begin{table}[htb] \centering @@ -454,73 +459,156 @@ le analoghe di tab.~\ref{tab:sys_posix1_general}. Tutti questi limiti sono definiti in \headfile{limits.h}; come nel caso precedente il loro uso è di scarsa utilità in quanto ampiamente superati in -tutte le implementazioni moderne. +tutte le implementazioni moderne. In generale i limiti per i file sono molto +più soggetti ad essere variabili rispetto ai limiti generali del sistema; ad +esempio parametri come la lunghezza del nome del file o il numero di link +possono variare da filesystem a filesystem. +Per questo motivo quando si ha a che fare con limiti relativi ai file questi +devono essere sempre controllati con la funzione \funcd{pathconf}, il cui +prototipo è: -\subsection{La funzione \func{pathconf}} -\label{sec:sys_pathconf} +\begin{funcproto}{ +\fhead{unistd.h} +\fdecl{long pathconf(char *path, int name)} +\fdesc{Restituisce il valore di un parametro dei file.} +} -In generale i limiti per i file sono molto più soggetti ad essere variabili -rispetto ai limiti generali del sistema; ad esempio parametri come la -lunghezza del nome del file o il numero di link possono variare da filesystem -a filesystem; per questo motivo questi limiti devono essere sempre controllati -con la funzione \funcd{pathconf}, il cui prototipo è: -\begin{prototype}{unistd.h}{long pathconf(char *path, int name)} - Restituisce il valore del parametro \param{name} per il file \param{path}. - - \bodydesc{La funzione restituisce indietro il valore del parametro - richiesto, o -1 in caso di errore (ed \var{errno} viene impostata ad uno - degli errori possibili relativi all'accesso a \param{path}).} -\end{prototype} +{La funzione ritorna il valore del parametro richiesto in caso di successo e + $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} viene impostata ad uno degli + errori possibili relativi all'accesso a \param{path}.} +\end{funcproto} + +La funzione richiede che si specifichi il limite che si vuole controllare con +l'argomento \param{name}, per il quale si deve usare la relativa costante +identificativa, il cui nome si ottiene da quelle descritte in +tab.~\ref{tab:sys_file_macro} e tab.~\ref{tab:sys_posix1_file} con la stessa +convenzione già vista con \func{sysconf}, ma un questo caso con l'uso del +suffisso ``\texttt{\_PC\_}''. + +In questo caso la funzione richiede anche un secondo argomento \param{path} +che specifichi a quale file si fa riferimento, dato che il valore del limite +cercato può variare a seconda del filesystem su cui si trova il file. Una +seconda versione della funzione, \funcd{fpathconf}, opera su un file +descriptor invece che su un \textit{pathname}, il suo prototipo è: + +\begin{funcproto}{ +\fhead{unistd.h} +\fdecl{long fpathconf(int fd, int name)} +\fdesc{Restituisce il valore di un parametro dei file.} +} -E si noti come la funzione in questo caso richieda un argomento che specifichi -a quale file si fa riferimento, dato che il valore del limite cercato può -variare a seconda del filesystem. Una seconda versione della funzione, -\funcd{fpathconf}, opera su un file descriptor invece che su un -\textit{pathname}. Il suo prototipo è: -\begin{prototype}{unistd.h}{long fpathconf(int fd, int name)} - Restituisce il valore del parametro \param{name} per il file \param{fd}. - - \bodydesc{È identica a \func{pathconf} solo che utilizza un file descriptor - invece di un \textit{pathname}; pertanto gli errori restituiti cambiano di - conseguenza.} -\end{prototype} -\noindent ed il suo comportamento è identico a quello di \func{pathconf}. +{È identica a \func{pathconf} solo che utilizza un file descriptor invece di + un \textit{pathname}; pertanto gli errori restituiti in \var{errno} cambiano + di conseguenza.} +\end{funcproto} +\noindent ed il suo comportamento è identico a quello di \func{pathconf} a +parte quello di richiedere l'indicazione di un file descriptor +nell'argomento \param{fd}. -\subsection{La funzione \func{uname}} -\label{sec:sys_uname} -Un'altra funzione che si può utilizzare per raccogliere informazioni sia -riguardo al sistema che al computer su cui esso sta girando è \funcd{uname}; -il suo prototipo è: -\begin{prototype}{sys/utsname.h}{int uname(struct utsname *info)} - Restituisce informazioni sul sistema nella struttura \param{info}. - - \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di - fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EFAULT}.} -\end{prototype} +\subsection{I parametri del kernel ed il filesystem \texttt{/proc}} +\label{sec:sys_sysctl} -La funzione, che viene usata dal comando \cmd{uname}, restituisce le -informazioni richieste nella struttura \param{info}; anche questa struttura è -definita in \headfile{sys/utsname.h}, secondo quanto mostrato in -fig.~\ref{fig:sys_utsname}, e le informazioni memorizzate nei suoi membri -indicano rispettivamente: +Tradizionalmente la funzione che permette la lettura ed l'impostazione dei +parametri del sistema è \funcm{sysctl}. Si tratta di una funzione derivata da +BSD4.4 ed introdotta su Linux a partire dal kernel 1.3.57, ma oggi il suo uso +è totalmente deprecato. Una \textit{system call} \funcm{\_sysctl} continua ad +esistere, ma non dispone più di una interfaccia nella \acr{glibc} ed il suo +utilizzo può essere effettuato solo tramite \func{syscall}, ma di nuovo questo +viene sconsigliato in quanto la funzionalità non è più mantenuta e molto +probabilmente sarà rimossa nel prossimo futuro. Per questo motivo eviteremo di +trattarne i particolari. + +Lo scopo di \funcm{sysctl} era quello di fornire ai programmi una modalità per +modificare i parametri di sistema. Questi erano organizzati in maniera +gerarchica all'interno di un albero e per accedere a ciascuno di essi +occorreva specificare un percorso attraverso i vari nodi dell'albero, in +maniera analoga a come avviene per la risoluzione di un \textit{pathname}. + +I parametri accessibili e modificabili attraverso questa funzione sono +moltissimi, dipendendo anche dallo stato corrente del kernel, ad esempio dai +moduli che sono stati caricati nel sistema. Inoltre non essendo standardizzati +i loro nomi possono variare da una versione di kernel all'altra, alcuni esempi +di questi parametri sono: \begin{itemize*} -\item il nome del sistema operativo; -\item il nome della release del kernel; -\item il nome della versione del kernel; -\item il tipo di macchina in uso; -\item il nome della stazione; -\item il nome del domino. +\item il nome di dominio +\item i parametri del meccanismo di \textit{paging}. +\item il filesystem montato come radice +\item la data di compilazione del kernel +\item i parametri dello stack TCP +\item il numero massimo di file aperti \end{itemize*} -l'ultima informazione è stata aggiunta di recente e non è prevista dallo -standard POSIX, essa è accessibile, come mostrato in -fig.~\ref{fig:sys_utsname}, solo definendo \macro{\_GNU\_SOURCE}. -\begin{figure}[!htb] +Dato che fin dall'inizio i parametri erano organizzati in una struttura +albero, è parso naturale rimappare questa organizzazione utilizzando il +filesystem \file{/proc}. Questo è un filesystem virtuale, generato +direttamente dal kernel, che non fa riferimento a nessun dispositivo fisico, +ma presenta in forma di file i dati di alcune delle strutture interne del +kernel stesso. Il suo utilizzo principale, come denuncia il nome stesso, è +quello di fornire una interfaccia per ricavare i dati dei processi (venne +introdotto a questo scopo su BSD), ma nel corso del tempo il suo uso è stato +ampliato. + +In particolare l'albero dei valori di \func{sysctl} viene presentato in forma +di una gerarchia di file e directory a partire dalla directory +\file{/proc/sys}, cosicché è possibile accedere al valore di un parametro del +kernel tramite il \textit{pathname} ad un file sotto \file{/proc/sys} +semplicemente leggendone il contenuto, così come si può modificare un +parametro scrivendo sul file ad esso corrispondente. + +Il kernel si occupa di generare al volo il contenuto ed i nomi dei file +corrispondenti ai vari parametri che sono presenti, e questo ha il grande +vantaggio di rendere accessibili gli stessi ad un qualunque comando di shell e +di permettere la navigazione dell'albero in modo da riconoscere quali +parametri sono presenti senza dover cercare un valore all'interno di una +pagina di manuale. + +Inizialmente l'uso del filesystem \file{/proc} serviva soltanto a replicare, +con altrettante corrispondenze ai file presenti in \file{/proc/sys}, i valori +dei parametri usati da \func{sysctl}, ma vista la assoluta naturalità +dell'interfaccia, e la sua maggiore efficienza, nelle versioni più recenti del +kernel questa è diventata la modalità canonica per modificare i parametri del +kernel, evitando di dover ricorrere all'uso di una \textit{system call} +specifica che prima o poi verrà eliminata. + +Nonostante la semplificazione nella gestione ottenuta con l'uso di +\file{/proc/sys} resta il problema generale di conoscere il significato di +ciascuno degli innumerevoli parametri che vi si trovano. Purtroppo la +documentazione degli stessi spesso risulta incompleta e non aggiornata, ma +buona parte di quelli può importanti sono descritti dalla documentazione +inclusa nei sorgenti del kernel, nella directory \file{Documentation/sysctl}. + +Ma oltre alle informazioni che sostituiscono quelle ottenibili dalla ormai +deprecata \func{sysctl} dentro \file{proc} sono disponibili moltissime altre +informazioni, fra cui ad esempio anche quelle fornite dalla funzione +\funcd{uname},\footnote{con Linux ci sono in realtà 3 \textit{system call} + diverse per le dimensioni delle stringe restituite, le prime due usano + rispettivamente delle lunghezze di 9 e 65 byte, la terza usa anch'essa 65 + byte, ma restituisce anche l'ultimo campo, \var{domainname}, con una + lunghezza di 257 byte, la \acr{glibc} provvede a mascherare questi dettagli + usando la versione più recente disponibile.} il cui prototipo è: + +\begin{funcproto}{ +\fhead{sys/utsname.h} +\fdecl{int uname(struct utsname *info)} +\fdesc{Restituisce informazioni generali sul sistema.} +} + +{La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual + caso \var{errno} può assumere solo il valore \errval{EFAULT}.} +\end{funcproto} + +La funzione, che viene usata dal comando \cmd{uname}, restituisce una serie di +informazioni relative al sistema nelle stringhe che costituiscono i campi +della struttura \struct{utsname} (la cui definizione è riportata in +fig.~\ref{fig:sys_utsname}) che viene scritta nel buffer puntato +dall'argomento \param{info}. + +\begin{figure}[!ht!b] \footnotesize \centering - \begin{minipage}[c]{\textwidth} + \begin{minipage}[c]{0.8\textwidth} \includestruct{listati/ustname.h} \end{minipage} \normalsize @@ -528,168 +616,64 @@ fig.~\ref{fig:sys_utsname}, solo definendo \macro{\_GNU\_SOURCE}. \label{fig:sys_utsname} \end{figure} -In generale si tenga presente che le dimensioni delle stringhe di una -struttura \struct{utsname} non è specificata, e che esse sono sempre terminate -con NUL; il manuale delle \acr{glibc} indica due diverse dimensioni, -\const{\_UTSNAME\_LENGTH} per i campi standard e -\const{\_UTSNAME\_DOMAIN\_LENGTH} per quello specifico per il nome di dominio; -altri sistemi usano nomi diversi come \const{SYS\_NMLN} o \const{\_SYS\_NMLN} -o \const{UTSLEN} che possono avere valori diversi.\footnote{nel caso di Linux - \func{uname} corrisponde in realtà a 3 system call diverse, le prime due - usano rispettivamente delle lunghezze delle stringhe di 9 e 65 byte; la - terza usa anch'essa 65 byte, ma restituisce anche l'ultimo campo, - \var{domainname}, con una lunghezza di 257 byte.} - - -\section{Opzioni e configurazione del sistema} -\label{sec:sys_config} - -Come abbiamo accennato nella sezione precedente, non tutti i limiti che -caratterizzano il sistema sono fissi, o perlomeno non lo sono in tutte le -implementazioni. Finora abbiamo visto come si può fare per leggerli, ci manca -di esaminare il meccanismo che permette, quando questi possono variare durante -l'esecuzione del sistema, di modificarli. - -Inoltre, al di la di quelli che possono essere limiti caratteristici previsti -da uno standard, ogni sistema può avere una sua serie di altri parametri di -configurazione, che, non essendo mai fissi e variando da sistema a sistema, -non sono stati inclusi nella standardizzazione della sezione precedente. Per -questi occorre, oltre al meccanismo di impostazione, pure un meccanismo di -lettura. Affronteremo questi argomenti in questa sezione, insieme alle -funzioni che si usano per il controllo di altre caratteristiche generali del -sistema, come quelle per la gestione dei filesystem e di utenti e gruppi. - -% TODO ristrutturare ? - -\subsection{La funzione \func{sysctl} ed il filesystem \file{/proc}} -\label{sec:sys_sysctl} - -La funzione che permette la lettura ed l'impostazione dei parametri del -sistema è \funcd{sysctl}; è una funzione derivata da BSD4.4, ma -l'implementazione è specifica di Linux; il suo prototipo è: -\begin{functions} -\headdecl{unistd.h} -\funcdecl{int sysctl(int *name, int nlen, void *oldval, size\_t *oldlenp, void - *newval, size\_t newlen)} - -Legge o scrive uno dei parametri di sistema. - -\bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di - errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori: - \begin{errlist} - \item[\errcode{EPERM}] non si ha il permesso di accedere ad uno dei - componenti nel cammino specificato per il parametro, o di accedere al - parametro nella modalità scelta. - \item[\errcode{ENOTDIR}] non esiste un parametro corrispondente al nome - \param{name}. -% \item[\errcode{EFAULT}] si è specificato \param{oldlenp} zero quando -% \param{oldval} è non nullo. - \item[\errcode{EINVAL}] o si è specificato un valore non valido per il - parametro che si vuole impostare o lo spazio provvisto per il ritorno di un - valore non è delle giuste dimensioni. - \item[\errcode{ENOMEM}] talvolta viene usato più correttamente questo errore - quando non si è specificato sufficiente spazio per ricevere il valore di un - parametro. - \end{errlist} - ed inoltre \errval{EFAULT}. -} -\end{functions} +Si noti come in fig.~\ref{fig:sys_utsname} le dimensioni delle stringhe di +\struct{utsname} non sono specificate. Il manuale delle \acr{glibc} indica +due costanti per queste dimensioni, \const{\_UTSNAME\_LENGTH} per i campi +standard e \const{\_UTSNAME\_DOMAIN\_LENGTH} per quello relativo al nome di +dominio, altri sistemi usano nomi diversi come \const{SYS\_NMLN} o +\const{\_SYS\_NMLN} o \const{UTSLEN} che possono avere valori diversi. Dato +che il buffer deve essere preallocata l'unico modo per farlo in maniera sicura +è allora usare come dimensione il valore ottenuto con \code{sizeof(utsname)}. + +Le informazioni vengono restituite in ciascuno dei singoli campi di +\struct{utsname} in forma di stringhe terminate dal carattere NUL. In +particolare dette informazioni sono: +\begin{itemize*} +\item il nome del sistema operativo; +\item il nome della macchine (l'\textit{hostname}); +\item il nome della release del kernel; +\item il nome della versione del kernel; +\item il tipo di hardware della macchina; +\item il nome del domino (il \textit{doaminname}). +\end{itemize*} -I parametri a cui la funzione permettere di accedere sono organizzati in -maniera gerarchica all'interno di un albero;\footnote{si tenga presente che - includendo solo \headfile{unistd.h}, saranno definiti solo i parametri - generici; dato che ce ne sono molti specifici dell'implementazione, nel caso - di Linux occorrerà includere anche i file \file{linux/unistd.h} e - \file{linux/sysctl.h}.} per accedere ad uno di essi occorre specificare un -cammino attraverso i vari nodi dell'albero, in maniera analoga a come avviene -per la risoluzione di un \textit{pathname} (da cui l'uso alternativo del -filesystem \file{/proc}, che vedremo dopo). - -Ciascun nodo dell'albero è identificato da un valore intero, ed il cammino che -arriva ad identificare un parametro specifico è passato alla funzione -attraverso l'array \param{name}, di lunghezza \param{nlen}, che contiene la -sequenza dei vari nodi da attraversare. Ogni parametro ha un valore in un -formato specifico che può essere un intero, una stringa o anche una struttura -complessa, per questo motivo i valori vengono passati come puntatori -\ctyp{void}. - -L'indirizzo a cui il valore corrente del parametro deve essere letto è -specificato da \param{oldvalue}, e lo spazio ivi disponibile è specificato da -\param{oldlenp} (passato come puntatore per avere indietro la dimensione -effettiva di quanto letto); il valore che si vuole impostare nel sistema è -passato in \param{newval} e la sua dimensione in \param{newlen}. - -Si può effettuare anche una lettura e scrittura simultanea, nel qual caso il -valore letto restituito dalla funzione è quello precedente alla scrittura. - -I parametri accessibili attraverso questa funzione sono moltissimi, e possono -essere trovati in \headfile{sysctl.h}, essi inoltre dipendono anche dallo -stato corrente del kernel (ad esempio dai moduli che sono stati caricati nel -sistema) e in genere i loro nomi possono variare da una versione di kernel -all'altra; per questo è sempre il caso di evitare l'uso di \func{sysctl} -quando esistono modalità alternative per ottenere le stesse informazioni. -Alcuni esempi di parametri ottenibili sono: -\begin{itemize} -\item il nome di dominio -\item i parametri del meccanismo di \textit{paging}. -\item il filesystem montato come radice -\item la data di compilazione del kernel -\item i parametri dello stack TCP -\item il numero massimo di file aperti -\end{itemize} +Ma l'ultima di queste informazioni è stata aggiunta di recente e non è +prevista dallo standard POSIX, per questo essa è accessibile, come mostrato in +fig.~\ref{fig:sys_utsname}, solo se si è definita la macro +\macro{\_GNU\_SOURCE}. -Come accennato in Linux si ha una modalità alternativa per accedere alle -stesse informazioni di \func{sysctl} attraverso l'uso del filesystem -\file{/proc}. Questo è un filesystem virtuale, generato direttamente dal -kernel, che non fa riferimento a nessun dispositivo fisico, ma presenta in -forma di file alcune delle strutture interne del kernel stesso. +Come accennato queste stesse informazioni, anche se a differenza di +\func{sysctl} la funzione continua ad essere mantenuta, si possono ottenere +direttamente tramite il filesystem \file{/proc}, esse infatti sono mantenute +rispettivamente nei file \sysctlrelfile{kernel}{ostype}, +\sysctlrelfile{kernel}{hostname}, \sysctlrelfile{kernel}{osrelease}, +\sysctlrelfile{kernel}{version} e \sysctlrelfile{kernel}{domainname} di +\file{/proc/sys/kernel/}. -In particolare l'albero dei valori di \func{sysctl} viene presentato in forma -di file nella directory \file{/proc/sys}, cosicché è possibile accedervi -specificando un \textit{pathname} e leggendo e scrivendo sul file -corrispondente al parametro scelto. Il kernel si occupa di generare al volo -il contenuto ed i nomi dei file corrispondenti, e questo ha il grande -vantaggio di rendere accessibili i vari parametri a qualunque comando di shell -e di permettere la navigazione dell'albero dei valori. - -Alcune delle corrispondenze dei file presenti in \file{/proc/sys} con i valori -di \func{sysctl} sono riportate nei commenti del codice che può essere trovato -in \file{linux/sysctl.h},\footnote{indicando un file di definizioni si fa - riferimento alla directory standard dei file di include, che in ogni - distribuzione che si rispetti è \file{/usr/include}.} la informazione -disponibile in \file{/proc/sys} è riportata inoltre nella documentazione -inclusa nei sorgenti del kernel, nella directory \file{Documentation/sysctl}. -Ma oltre alle informazioni ottenibili da \func{sysctl} dentro \file{proc} sono -disponibili moltissime altre informazioni, fra cui ad esempio anche quelle -fornite da \func{uname} (vedi sez.~\ref{sec:sys_uname}) che sono mantenute nei -file \sysctlrelfile{kernel}{ostype}, \sysctlrelfile{kernel}{hostname}, -\sysctlrelfile{kernel}{osrelease}, \sysctlrelfile{kernel}{version} e -\sysctlrelfile{kernel}{domainname} di \file{/proc/sys/kernel/}. -% TODO documentare keyctl ???? -% (fare sezione dedicata ????) -%\subsection{La gestione delle chiavi crittografiche} -%\label{sec:keyctl_management} +\section{La gestione del sistema} +\label{sec:sys_management} -% -% \subsection{La gestione dello spegnimento e del riavvio} -%\label{sec:sys_reboot} -% TODO trattare reboot, kexec_load, ... +In questa sezione prenderemo in esame le interfacce di programmazione messe a +disposizione per affrontare una serie di tematiche di gestione generale del +sistema come quelle relative alla gestione di utenti e gruppi, delle +informazioni relative ai collegamenti al sistema, dello spegnimento e del +riavvio di una macchina. \subsection{La gestione delle informazioni su utenti e gruppi} \label{sec:sys_user_group} Tradizionalmente le informazioni utilizzate nella gestione di utenti e gruppi -(password, corrispondenze fra nomi simbolici e user-id, home directory, ecc.) -venivano registrate all'interno dei due file di testo \conffile{/etc/passwd} -ed \conffile{/etc/group},\footnote{in realtà oltre a questi nelle - distribuzioni più recenti è stato introdotto il sistema delle \textit{shadow - password} che prevede anche i due file \conffile{/etc/shadow} e - \conffile{/etc/gshadow}, in cui sono state spostate le informazioni di +(password, corrispondenze fra nomi simbolici e \ids{UID} numerici, home +directory, ecc.) venivano registrate all'interno dei due file di testo +\conffile{/etc/passwd} ed \conffile{/etc/group},\footnote{in realtà oltre a + questi nelle distribuzioni più recenti è stato introdotto il sistema delle + \textit{shadow password} che prevede anche i due file \conffile{/etc/shadow} + e \conffile{/etc/gshadow}, in cui sono state spostate le informazioni di autenticazione (ed inserite alcune estensioni) per toglierle dagli altri file che devono poter essere letti per poter effettuare l'associazione fra username e \ids{UID}.} il cui formato è descritto dalle relative pagine del @@ -1124,6 +1108,22 @@ argomenti \param{line}, \param{name} e \param{host} per costruire la voce che poi aggiunge chiamando \func{updwtmp}. + +% TODO documentare keyctl ???? +% (fare sezione dedicata ????) +%\subsection{La gestione delle chiavi crittografiche} +%\label{sec:keyctl_management} + + +\subsection{La gestione dello spegnimento e del riavvio} +\label{sec:sys_reboot} + +(da fare) + +% TODO trattare reboot, kexec_load, ... + + + \section{Il controllo dell'uso delle risorse} \label{sec:sys_res_limits} @@ -1618,7 +1618,7 @@ rispettivamente chiamati \itindex{calendar~time} \textit{calendar time} e costante \const{HZ}.} Il dato primitivo usato per questo tempo è \type{clock\_t}, che ha quindi una risoluzione del microsecondo. Il numero di \itindex{clock~tick} \textit{tick} al secondo può essere ricavato anche - attraverso \func{sysconf} (vedi sez.~\ref{sec:sys_sysconf}). Il vecchio + attraverso \func{sysconf} (vedi sez.~\ref{sec:sys_limits}). Il vecchio simbolo \const{CLK\_TCK} definito in \headfile{time.h} è ormai considerato obsoleto. \end{basedescript}