apertura (bloccante e non bloccante); questo può essere utilizzato per aprire
comunque una fifo in scrittura anche se non ci sono ancora processi il
lettura; è possibile anche usare la fifo all'interno di un solo processo, nel
-qual caso però occorre stare molto attenti alla possibili
-situazioni di stallo.\footnote{se si cerca di leggere da una fifo che non contiene dati si
+qual caso però occorre stare molto attenti alla possibili situazioni di
+stallo.\footnote{se si cerca di leggere da una fifo che non contiene dati si
avrà un deadlock immediato, dato che il processo si blocca e non potrà
quindi mai eseguire le funzioni di scrittura.}
Un meccanismo di comunicazione molto simile alle pipe, ma che non presenta il
problema della unidirezionalità del flusso dei dati, è quello dei cosiddetti
-\textit{socket} locali (o \textit{Unix domain socket}). Tratteremo l'argomento
-dei socket in \capref{cha:socket_intro}, nell'ambito dell'interfaccia generale
-che essi forniscono per la programmazione di rete; e vedremo
-(in~\secref{sec:sock_sa_local}) come in tal caso si possono definire dei file
-speciali (di tipo \textit{socket}, analoghi alle fifo) cui si accede però
-attraverso quella interfaccia; vale però la pena esaminare qui una
-modalità\footnote{la funzione \func{socketpair} è stata introdotta in BSD4.4,
- ma è supportata in genere da qualunque sistema che fornisca l'interfaccia
- dei socket.} di uso di questi socket che li rende sostanzialmente identici
-ad una pipe bidirezionale.
-
-Attraverso la funzione \func{socketpair} infatti è possibile creare una coppia
-di socket (che sono trattati com file descriptor) connessi fra di loro, senza
-fare nessun riferimento ad un file speciale sul filesystem, in maniera analoga
-a quello che si fa con \func{pipe}; la differenza è che in questo caso il
-flusso dei dati è bidirezionale. Il prototipo della funzione è:
+\textsl{socket locali} (o \textit{Unix domain socket}). Tratteremo l'argomento
+dei \textit{socket} in \capref{cha:socket_intro},\footnote{si tratta comunque
+ di oggetti di comunicazione che, come le pipe, sono utilizzati attraverso
+ dei file descriptor.} nell'ambito dell'interfaccia generale che essi
+forniscono per la programmazione di rete; e vedremo anche
+(in~\secref{sec:sock_sa_local}) come si possono definire dei file speciali (di
+tipo \textit{socket}, analoghi a quello associati alle fifo) cui si accede
+però attraverso quella medesima interfaccia; vale però la pena esaminare qui
+una modalità di uso dei socket locali\footnote{la funzione \func{socketpair} è
+ stata introdotta in BSD4.4, ma è supportata in genere da qualunque sistema
+ che fornisca l'interfaccia dei socket.} che li rende sostanzialmente
+identici ad una pipe bidirezionale.
+
+La funzione \func{socketpair} infatti consente di creare una coppia di file
+descriptor connessi fra di loro (tramite un socket, appunto), senza dover
+ricorrere ad un file speciale sul filesystem, i descrittori sono del tutto
+analoghi a quelli che si avrebbero con una chiamata a \func{pipe}, con la sola
+differenza è che in questo caso il flusso dei dati può essere effettuato in
+emtrambe le direzioni. Il prototipo della funzione è:
\begin{functions}
\headdecl{sys/types.h}
\headdecl{sys/socket.h}
}
\end{functions}
-La funzione restituisce in \param{sv} una coppia di descrittori di socket
-(come vedremo in \capref{cha:socket_intro} i file descriptor vengono usati
-anche per i socket) connessi fra di loro, così che quello che si scrive da una
-parte può essere riletto dall'altra e viceversa. I parametri \param{domain},
-\param{type} e \param{protocol} derivano dall'interfaccia dei socket, ma in
-questo caso i soli valori validi sono rispettivamente \macro{AF\_UNIX},
-\macro{SOCK\_STREAM} e \macro{0}.
+La funzione restituisce in \param{sv} la coppia di descrittori connessi fra di
+loro: quello che si scrive su uno di essi sarà ripresentato in input
+sull'altro e viceversa. I parametri \param{domain}, \param{type} e
+\param{protocol} derivano dall'interfaccia dei socket (che è quella che
+fornisce il substrato per connettere i due descrittori), ma in questo caso i
+soli valori validi che possono essere specificati sono rispettivamente
+\macro{AF\_UNIX}, \macro{SOCK\_STREAM} e \macro{0}.
+L'utilità di chiamare questa funzione per evitare due chiamate a \func{pipe}
+può sembrare limitata; in realtà l'utilizzo di questa funzione (e dei socket
+locali in generale) permette di trasmettere attraverso le linea non solo dei
+dati, ma anche dei file descriptor: si può cioè passare da un processo ad un
+altro un file descriptor, con una sorta di duplicazione dello stesso non
+all'interno di uno stesso processo, ma fra processi distinti (torneremo su
+questa funzionalità in \secref{sec:xxx_fd_passing}).
\section{La comunicazione fra processi di System V}
Questo comporta due problemi: il primo è che, al contrario di quanto avviene
per pipe e fifo, la memoria allocata per questi oggetti non viene rilasciata
-automaticamente quando nessuno li vuole più utilizzare, ed essi devono essere
-cancellati esplicitamente, se non si vuole che restino attivi fino al riavvio
-del sistema. Il secondo è che, dato che non c'è un contatore di riferimenti,
+automaticamente quando non c'è più nessuno che li utilizzi, ed essi devono
+essere cancellati esplicitamente, se non si vuole che restino attivi fino al
+riavvio del sistema. Il secondo problema è che, dato che non c'è, come per i
+file, un contatore del numero di riferimenti che ne indichi l'essere in uso,
essi possono essere cancellati anche se ci sono dei processi che li stanno
utilizzando, con tutte le conseguenze (negative) del caso.
-Gli oggetti usati nel System V IPC vengono creati direttamente dal kernel, e
-sono accessibili solo specificando il relativo \textsl{identificatore}. Questo
-è un numero progressivo (un po' come il \acr{pid} dei processi) che il kernel
-assegna a ciascuno di essi quanto vengono creati (sul procedimento di
-assegnazione torneremo in \secref{sec:ipc_sysv_id_use}). L'identificatore
-viene restituito dalle funzioni che creano l'oggetto, ed è quindi locale al
-processo che le ha eseguite. Dato che l'identificatore viene assegnato
-dinamicamente dal kernel non è possibile prevedere quale sarà, ne utilizzare
-un qualche valore statico, si pone perciò il problema di come processi diversi
-possono accedere allo stesso oggetto.
-
-Per risolvere il problema il kernel associa a ciascun oggetto una struttura
-\var{ipc\_perm}; questa contiene una \textsl{chiave}, identificata da una
-variabile del tipo primitivo \type{key\_t}, che viene specificata in fase di
-creazione e tramite la quale è possibile ricavare l'identificatore. La
+Un'ulteriore caratterestica negativa è che gli oggetti usati nel System V IPC
+vengono creati direttamente dal kernel, e sono accessibili solo specificando
+il relativo \textsl{identificatore}. Questo è un numero progressivo (un po'
+come il \acr{pid} dei processi) che il kernel assegna a ciascuno di essi
+quanto vengono creati (sul procedimento di assegnazione torneremo in
+\secref{sec:ipc_sysv_id_use}). L'identificatore viene restituito dalle
+funzioni che creano l'oggetto, ed è quindi locale al processo che le ha
+eseguite. Dato che l'identificatore viene assegnato dinamicamente dal kernel
+non è possibile prevedere quale sarà, né utilizzare un qualche valore statico,
+si pone perciò il problema di come processi diversi possono accedere allo
+stesso oggetto.
+
+Per risolvere il problema nella struttura \var{ipc\_perm} che il kernel
+associa a ciascun oggetto, viene mantenuto anche un campo apposito che
+contiene anche una \textsl{chiave}, identificata da una variabile del tipo
+primitivo \type{key\_t}, da specificare in fase di creazione dell'oggetto, e
+tramite la quale è possibile ricavare l'identificatore.\footnote{in sostanza
+ si sposta il problema dell'accesso dalla classificazione in base
+ all'identificatore alla classificazione in base alla chiave, una delle tante
+ complicazioni inutili presenti nell'IPC di System V.} Oltre la chiave, la
struttura, la cui definizione è riportata in \figref{fig:ipc_ipc_perm},
-contiene anche le varie proprietà associate all'oggetto.
+mantiene varie proprietà ed informazioni associate all'oggetto.
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize \centering
nell'accesso casuale e nella ricerca.} i nuovi messaggi vengono inseriti in
coda alla lista e vengono letti dalla cima, in \figref{fig:ipc_mq_schema} si è
riportato lo schema con cui queste strutture vengono mantenute dal
-kernel.\footnote{lo schema illustrato in figura è in realtà una semplificazione
- di quanto usato fino ai kernel della serie 2.2.x, nei kernel della serie
- 2.4.x la gestione è effettuata in maniera diversa; ma esso illustra comunque
- in maniera adeguata i principi di funzionamento delle code di messaggi.}
+kernel.\footnote{lo schema illustrato in \figref{fig:ipc_mq_schema} è in
+ realtà una semplificazione di quello usato effettivamente fino ai kernel
+ della serie 2.2.x, nei kernel della serie 2.4.x la gestione delle code di
+ messaggi è stata modificata ed è effettuata in maniera diversa; abbiamo
+ mantenuto lo schema precedente in quanto illustra comunque in maniera più
+ che adeguata i principi di funzionamento delle code di messaggi.}
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize \centering
\normalsize
\caption{La struttura \var{msgid\_ds}, associata a ciascuna coda di
messaggi.}
- \label{fig:ipc_msgid_sd}
+ \label{fig:ipc_msgid_ds}
\end{figure}
-A ciascuna coda è associata una struttura \var{msgid\_ds}, la cui definizione
-è riportata in \secref{fig:ipc_msgid_sd}, il significato dei vari campi è
-riportato nella figura. In questa struttura il kernel\footnote{come accennato
- questo vale fino ai kernel della serie 2.2.x, essa viene usata nei kernel
- della serie 2.4.x solo per compatibilità in quanto è quella restituita dalle
- funzioni dell'interfaccia. In \figref{fig:ipc_msgid_sd} sono elencati i
- campi significativi definiti in \file{sys/msg.h}, a cui si sono aggiunti gli
- ultimi tre campi che sono previsti dalla implementazione originale di System
- V, ma non dallo standard Unix98.} mantiene le principali informazioni
-riguardo lo stato corrente della coda. Quando si crea una nuova coda con
-\func{msgget} questa struttura viene inizializzata, in particolare il campo
-\var{msg\_perm} viene inizializzato come illustrato in
-\secref{sec:ipc_sysv_access_control}, per quanto riguarda gli altri campi
-invece:
+A ciascuna coda è associata una struttura \var{msgid\_ds}, la cui definizione,
+è riportata in \secref{fig:ipc_msgid_ds}. In questa struttura il kernel
+mantiene le principali informazioni riguardo lo stato corrente della
+coda.\footnote{come accennato questo vale fino ai kernel della serie 2.2.x,
+ essa viene usata nei kernel della serie 2.4.x solo per compatibilità in
+ quanto è quella restituita dalle funzioni dell'interfaccia. Si noti come ci
+ sia una differenza con i campi mostrati nello schema di
+ \figref{fig:ipc_mq_schema} che sono presi dalla definizione di
+ \file{linux/msg.h}, e fanno riferimento alla definizione della omonima
+ struttura usata nel kernel.} In \figref{fig:ipc_msgid_ds} sono elencati i
+campi significativi definiti in \file{sys/msg.h}, a cui si sono aggiunti gli
+ultimi tre campi che sono previsti dalla implementazione originale di System
+V, ma non dallo standard Unix98.
+
+Quando si crea una nuova coda con \func{msgget} questa struttura viene
+inizializzata, in particolare il campo \var{msg\_perm} viene inizializzato
+come illustrato in \secref{sec:ipc_sysv_access_control}, per quanto riguarda
+gli altri campi invece:
\begin{itemize}
\item il campo \var{msg\_qnum}, che esprime il numero di messaggi presenti
sulla coda, viene inizializzato a 0.
\end{functions}
La funzione inserisce il messaggio sulla coda specificata da \param{msqid}; il
-messaggio ha lunghezza specificata da \param{msgsz} ed è passato attraverso
-l'argomento \param{msgp}. Quest'ultimo deve venire passato sempre in una
-forma che corrisponda alla struttura \var{msgbuf} riportata in
-\figref{fig:ipc_msbuf}. La dimensione massima per il testo di un messaggio
-non può comunque superare il limite \macro{MSGMAX}.
-
-La struttura di \figref{fig:ipc_msbuf} comunque è solo un modello, tanto che
+messaggio ha lunghezza specificata da \param{msgsz} ed è passato attraverso il
+l'argomento \param{msgp}. Quest'ultimo deve venire passato sempre come
+puntatore ad una struttura \var{msgbuf} analoga a quella riportata in
+\figref{fig:ipc_msbuf} che è quella che deve contenere effettivamente il
+messaggio. La dimensione massima per il testo di un messaggio non può
+comunque superare il limite \macro{MSGMAX}.
+
+La struttura di \figref{fig:ipc_msbuf} è comunque solo un modello, tanto che
la definizione contenuta in \file{sys/msg.h} usa esplicitamente per il secondo
campo il valore \code{mtext[1]}, che non è di nessuna utilità ai fini pratici.
-La sola cosa che conta è che abbia come primo membro un campo \var{mtype},
-come nell'esempio; esso infatti serve ad identificare il tipo di messaggio e
-deve essere sempre specificato come intero positivo. Il campo \var{mtext}
-invece può essere di qualsiasi tipo e dimensione, e deve contenere il testo
-del messaggio.
+La sola cosa che conta è che la struttura abbia come primo membro un campo
+\var{mtype} come nell'esempio; esso infatti serve ad identificare il tipo di
+messaggio e deve essere sempre specificato come intero positivo di tipo
+\ctyp{long}. Il campo \var{mtext} invece può essere di qualsiasi tipo e
+dimensione, e serve a contenere il testo del messaggio.
In generale pertanto per inviare un messaggio con \func{msgsnd} si usa
ridefinire una struttura simile a quella di \figref{fig:ipc_msbuf}, adattando
\item Il valore \var{msg\_stime}, che viene impostato al tempo corrente.
\end{itemize*}
-
-La funzione che permette di estrarre da una coda un messaggio (che sarà
-rimosso dalla stessa) è \func{msgrcv}; il suo prototipo è:
+La funzione che viene utilizzata per estrarre un messaggio da una coda è
+\func{msgrcv}; il suo prototipo è:
\begin{functions}
\headdecl{sys/types.h}
\headdecl{sys/ipc.h}
}
\end{functions}
-La funzione legge un messaggio dalla coda specificata scrivendolo nel buffer
-indicato da \param{msgp}, che avrà un formato analogo a quello di
-\figref{fig:ipc_msbuf}. L'argomento \param{msgsz} indica la lunghezza massima
-del testo del messaggio (equivalente al valore del parametro \macro{LENGTH}
-nell'esempio di \figref{fig:ipc_msbuf}).
+La funzione legge un messaggio dalla coda specificata, scrivendolo sulla
+struttura puntata da \param{msgp}, che dovrà avere un formato analogo a quello
+di \figref{fig:ipc_msbuf}. Una volta estratto, il messaggio sarà rimosso dalla
+coda. L'argomento \param{msgsz} indica la lunghezza massima del testo del
+messaggio (equivalente al valore del parametro \macro{LENGTH} nell'esempio di
+\figref{fig:ipc_msbuf}).
Se il testo del messaggio ha lunghezza inferiore a \param{msgsz} esso viene
rimosso dalla coda; in caso contrario, se \param{msgflg} è impostato a
sottoinsieme dei messaggi presenti sulla coda; la ricerca infatti è fatta con
una scansione della struttura mostrata in \figref{fig:ipc_mq_schema},
restituendo il primo messaggio incontrato che corrisponde ai criteri
-specificati (che quindi, visto che i messaggi vengono sempre inseriti dalla
+specificati (che quindi, visto come i messaggi vengono sempre inseriti dalla
coda, è quello meno recente); in particolare:
\begin{itemize*}
\item se \param{msgtyp} è 0 viene estratto il messaggio in cima alla coda, cioè
tipo (il valore del campo \var{mtype}) corrisponde al valore di
\param{msgtyp}.
\item se \param{msgtyp} è negativo viene estratto il primo fra i messaggi con
- il tipo di valore più basso, fra tutti quelli con un tipo inferiore al
- valore assoluto di \param{msgtyp}.
+ il valore più basso del tipo, fra tutti quelli il cui tipo ha un valore
+ inferiore al valore assoluto di \param{msgtyp}.
\end{itemize*}
Il valore di \param{msgflg} permette di controllare il comportamento della
Come esempio dell'uso delle code di messaggi possiamo riscrivere il nostro
server di \textit{fortunes} usando queste al posto delle fifo. In questo caso
-useremo una coda di messaggi, usando il \acr{pid} del client come valore per
-il tipo di messaggio, per restituire indietro le frasi ai client.
+useremo una sola coda di messaggi, usando il tipo di messaggio per comunicare
+in maniera indipendente con client diversi.
+
+\begin{figure}[!bht]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+int msgid; /* Message queue identifier */
+int main(int argc, char *argv[])
+{
+/* Variables definition */
+ int i, n = 0;
+ char **fortune; /* array of fortune message string */
+ char *fortunefilename; /* fortune file name */
+ struct msgbuf_read { /* message struct to read request from clients */
+ long mtype; /* message type, must be 1 */
+ long pid; /* message data, must be the pid of the client */
+ } msg_read;
+ struct msgbuf_write { /* message struct to write result to clients */
+ long mtype; /* message type, will be the pid of the client*/
+ char mtext[MSGMAX]; /* message data, will be the fortune */
+ } msg_write;
+ key_t key; /* Message queue key */
+ int size; /* message size */
+ ...
+ Signal(SIGTERM, HandSIGTERM); /* set handlers for termination */
+ Signal(SIGINT, HandSIGTERM);
+ Signal(SIGQUIT, HandSIGTERM);
+ if (n==0) usage(); /* if no pool depth exit printing usage info */
+ i = FortuneParse(fortunefilename, fortune, n); /* parse phrases */
+ /* Create the queue */
+ key = ftok("./MQFortuneServer.c", 1);
+ msgid = msgget(key, IPC_CREAT|0666);
+ if (msgid < 0) {
+ perror("Cannot create message queue");
+ exit(1);
+ }
+ /* Main body: loop over requests */
+ while (1) {
+ msgrcv(msgid, &msg_read, sizeof(int), 1, MSG_NOERROR);
+ n = random() % i; /* select random value */
+ strncpy(msg_write.mtext, fortune[n], MSGMAX);
+ size = min(strlen(fortune[n])+1, MSGMAX);
+ msg_write.mtype=msg_read.pid; /* use request pid as type */
+ msgsnd(msgid, &msg_write, size, 0);
+ }
+}
+/*
+ * Signal Handler to manage termination
+ */
+void HandSIGTERM(int signo) {
+ msgctl(msgid, IPC_RMID, NULL); /* remove message queue */
+ exit(0);
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Sezione principale del codice del server di \textit{fortunes}
+ basato sulle \textit{message queue}.}
+ \label{fig:ipc_mq_fortune_server}
+\end{figure}
+
+In \figref{fig:ipc_mq_fortune_server} si è riportato un estratto delle parti
+primcipali del codice del nuovo server (il codice completo è nel file
+\file{MQFortuneServer.c} nei sorgenti allegati). Il programma è basato su un
+uso accorto dei tipi di messaggi per permettere una comunicazione indipendente
+fra il server ed i vari client, usando il \acr{pid} di questi ultimi come
+identificativo. Questo è possibile in quanto, al contrario di una fifo, la
+lettura di una coda di messaggi può non essere sequanziale, proprio grazie
+alla classificazione dei messaggi sulla base del loro tipo.
+
+
+Oltre alle solite variabili per il nome del file delle fifo e per il vettore
+di stringhe che contiene le frasi, il programma utilizza due strutture per la
+comunicazione; con \var{msgbuf\_read} (\texttt{\small 8--11}) vengono passate
+le richieste mentre con \var{msgbuf\_write} (\texttt{\small 12--15}) vengono
+restituite le frasi.
+
+La gestione delle opzioni si è al solito omessa, essa si curerà di restituire
+in \var{n} il numero di file da leggere ed in \var{fortunefilename} il file da
+cui leggerle; dopo aver installato (\texttt{\small 19--21}) dei manipolatori
+per gestire l'uscita prima viene controllato (\texttt{\small 22}) che si siano
+richiesti un numero positivo di messaggi, che poi (\texttt{\small 23}) vengono
+letti con la stessa funzione \code{FortuneParse()} usata anche per il server
+basato sulle fifo.
+
+Una volta inizializzato il vettore di stringhe coi messaggi presi dal file
+delle fortunes si procede (\texttt{\small 25}) con la generazione di una
+chiave (si usa il nome del file dei sorgenti del server) con la quale poi si
+esegue (\texttt{\small 26}) la creazione della nostra coda di messaggi (si
+noti come si sia chiamata \func{msgget} con un valore opportuno per il flag),
+avendo cura di abortire il programma (\texttt{\small 27--29}) in caso di
+errore.
+
+Finita la fase di inizializzazione il server esegue in permanenza il ciclo
+principale (\texttt{\small 32--41}). Questo inizia (\texttt{\small 33}) con il
+porsi in attesa di un messaggio di richiesta da parte di un client; si noti
+infatti come \func{msgrcv} richieda un messaggio con \var{mtype} uguale a 1,
+che è il valore usato per le richieste dato che corriponde al \acr{pid} di
+\cmd{init}, che non può essere un client. L'uso del flag \macro{MSG\_NOERROR}
+è solo per sicurezza, dato che i messaggi di richiesta sono di dimensione
+fissa.
+
+Se non sono presenti messaggi di richiesta \func{msgrcv} si bloccherà;
+all'arrivo sulla coda di un messaggio di richiesta da parte di un client la
+funzione ritorna, ed il ciclo prosegue (\texttt{\small 34}) selezionando una
+frase a caso, copiandola (\texttt{\small 35}) nella struttura
+\var{msgbuf\_write} usata per la risposta e calcolandone (\texttt{\small 36})
+la dimensione.
+
+Per poter permettere a ciascun client di ricevere solo la risposta indirizzata
+a lui il tipo del messaggio in uscita viene inizializzato (\texttt{\small 37})
+al valore ricevuto nel messaggio di richiesta. L'ultimo passo del ciclo
+(\texttt{\small 38}) è inviare sulla coda il messaggio di risposta.
+
+Si noti che il programma può terminare solo grazie ad una interruzione da
+parte di un segnale; in tal caso verrà eseguito il manipolatore
+\code{HandSIGTERM}, che semplicemente si limita a cancellare la coda
+(\texttt{\small 44}) ed ad uscire (\texttt{\small 45}).
+
+\begin{figure}[!bht]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+int main(int argc, char *argv[])
+{
+ ...
+ key = ftok("./MQFortuneServer.c", 1);
+ msgid = msgget(key, 0);
+ if (msgid < 0) {
+ perror("Cannot find message queue");
+ exit(1);
+ }
+ /* Main body: do request and write result */
+ msg_read.mtype = 1; /* type for request is always 1 */
+ msg_read.pid = getpid(); /* use pid for communications */
+ size = sizeof(msg_read.pid);
+ msgsnd(msgid, &msg_read, size, 0); /* send request message */
+ msgrcv(msgid, &msg_write, MSGMAX, msg_read.pid, MSG_NOERROR);
+ printf("%s", msg_write.mtext);
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Sezione principale del codice del client di \textit{fortunes}
+ basato sulle \textit{message queue}.}
+ \label{fig:ipc_mq_fortune_client}
+\end{figure}
+
+In \figref{fig:ipc_mq_fortune_client} si è riportato un estratto il codice del
+programma client, al solito il codice completo è con i sorgenti allegati, nel
+file \file{MQFortuneClient.c}. Come sempre si sono rimosse le parti relative
+alla gestione delle opzioni, ed in questo caso, anche la dichiarazione delle
+variabili.
+
+Il client in questo caso è molto semplice; la prima parte del programma
+(\texttt{\small 4--9}) si occupa di accedere alla coda di messaggi, ed è
+identica a quanto visto per il server, solo che in questo caso \func{msgget}
+non viene chiamata con il flag di creazione in quanto la coda deve essere
+preesistente.
+
+Una volta acquistito l'identificatore della coda il client compone il
+messaggio di richiesta (\texttt{\small 12--13}) in \var{msg\_read}, usando 1
+per il tipo ed inserendo il proprio \acr{pid} come dato da passare al server.
+Calcolata (\texttt{\small 14}) la dimensione, provvede (\texttt{\small 15}) ad
+immettere la richiesta sulla coda. A questo punto non resta che
+(\texttt{\small 16}) rileggere dalla coda la risposta del server richiedendo a
+\func{msgrcv} di selezionare i messaggi di tipo corrispondente al valore del
+\acr{pid} inviato nella richiesta. L'ultimo passo (\texttt{\small 17}) prima
+di uscire è quello di stampare a video il messaggio ricevuto.
+
\subsection{Semafori}
\label{sec:ipc_sysv_sem}
\normalsize
\caption{La struttura \var{semid\_ds}, associata a ciascun insieme di
semafori.}
- \label{fig:ipc_semid_sd}
+ \label{fig:ipc_semid_ds}
\end{figure}
A ciascun insieme di semafori è associata una struttura \var{semid\_ds},
-riportata in \figref{fig:ipc_semid_sd}. Come nel caso delle code di messaggi
+riportata in \figref{fig:ipc_semid_ds}. Come nel caso delle code di messaggi
quando si crea un nuovo insieme di semafori con \func{semget} questa struttura
viene inizializzata, in particolare il campo \var{sem\_perm} viene
inizializzato come illustrato in \secref{sec:ipc_sysv_access_control} (si
modificato; all'uscita i semafori modificati vengono ripristinati, e le
strutture disallocate. Per mantenere coerente il comportamento queste
strutture non vengono ereditate attraverso una \func{fork} (altrimenti si
-avrebbe un doppio ripristino), mentre vengono passate nell'esecuzione di una
-\func{exec} (altrimenti non si avrebbe ripristino).
+avrebbe un doppio ripristino), mentre passano inalterate nell'esecuzione di
+una \func{exec} (altrimenti non si avrebbe ripristino).
Resta comunque insoluto il problema di fondo di questo meccanismo, che non si
-adatta al concetto di operazioni atomiche su un semaforo, dato che le
+adatta al concetto di operazioni atomiche su un semaforo. Infatti siccome le
richieste di ripristino si accumulano attraverso diverse chiamate a
-\func{semop}, cosa succede se all'uscita del processo? Si deve porre il
-processo in stato di \textit{sleep} o andare avanti come se fosse stato
-impostato \macro{IPC\_NOWAIT}. La scelta del kernel è quella di effettuare le
-operazioni che non prevedono un blocco del processo ed ignorare
-silenziosamente le altre. Questo comporta che un comportamento senza problemi
-può essere garantito solo per i semafori privati.
+\func{semop}, si pone il problema di cosa fare all'uscita del processo quando
+viene eseguito il ripristino. Il punto è se si deve porre il processo in
+stato di \textit{sleep} se non si può accedere al semaforo o andare avanti
+come se fosse stato impostato \macro{IPC\_NOWAIT}. La scelta del kernel è
+quella di effettuare le operazioni che non prevedono un blocco del processo ed
+ignorare silenziosamente le altre. Questo comporta che un comportamento senza
+problemi può essere garantito solo per i semafori privati.
\subsection{Memoria condivisa}