inoltre la regione di indirizzi usata per il segmento di memoria condivisa
viene tolta dallo spazio di indirizzi del processo.
+Come esempio di uso di queste funzioni vediamo come implementare una serie di
+funzioni di libreria che ne semplifichino l'uso, automatizzando le operazioni
+più comuni; il codice, contenuto nel file \file{SharedMem.c}, è riportato in
+\figref{fig:ipc_sysv_shm_func}.
+
+\begin{figure}[!bht]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+/* Function ShmCreate Create a SysV shared memory segment */
+void * ShmCreate(key_t ipc_key, int shm_size, int perm, int fill)
+{
+ void * shm_ptr;
+ int shm_id; /* ID of the IPC shared memory segment */
+ shm_id = shmget(ipc_key, shm_size, IPC_CREAT|perm); /* get shm ID */
+ if (shm_id < 0) {
+ return NULL;
+ }
+ shm_ptr = shmat(shm_id, NULL, 0); /* map it into memory */
+ if (shm_ptr < 0) {
+ return NULL;
+ }
+ memset((void *)shm_ptr, fill, shm_size); /* fill segment */
+ return shm_ptr;
+}
+/* Function ShmFind: Find a SysV shared memory segment */
+void * ShmFind(key_t ipc_key, int shm_size)
+{
+ void * shm_ptr;
+ int shm_id; /* ID of the SysV shared memory segment */
+ shm_id = shmget(ipc_key, shm_size, 0); /* find shared memory ID */
+ if (shm_id < 0) {
+ return NULL;
+ }
+ shm_ptr = shmat(shm_id, NULL, 0); /* map it into memory */
+ if (shm_ptr < 0) {
+ return NULL;
+ }
+ return shm_ptr;
+}
+/* Function ShmRemove: Schedule removal for a SysV shared memory segment */
+int ShmRemove(key_t ipc_key, void * shm_ptr)
+{
+ int shm_id; /* ID of the SysV shared memory segment */
+ /* first detach segment */
+ if (shmdt(shm_ptr) < 0) {
+ return -1;
+ }
+ /* schedule segment removal */
+ shm_id = shmget(ipc_key, 0, 0); /* find shared memory ID */
+ if (shm_id < 0) {
+ if (errno == EIDRM) return 0;
+ return -1;
+ }
+ if (shmctl(shm_id, IPC_RMID, NULL) < 0) { /* ask for removal */
+ if (errno == EIDRM) return 0;
+ return -1;
+ }
+ return 0;
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Il codice delle funzioni che permettono di creare, trovare e
+ rimuovere un segmento di memoria condivisa.}
+ \label{fig:ipc_sysv_shm_func}
+\end{figure}
+
+La prima funzione (\texttt{\small 3--16}) è \func{ShmCreate} che, data una
+chiave, crea il segmento di memoria condivisa restituendo il puntatore allo
+stesso. La funzione comincia (\texttt{\small 6}) con il chiamare
+\func{shmget}, usando il flag \const{IPC\_CREATE} per creare il segmento
+qualora non esista, ed assegnandogli i privilegi specificati dall'argomento
+\var{perm} e la dimensione specificata dall'argomento \var{shm\_size}. In
+caso di errore (\texttt{\small 7--9}) si ritorna immediatamente un puntatore
+nullo, altrimenti (\texttt{\small 10}) si prosegue agganciando il segmento di
+memoria condivisa al processo con \func{shmat}. In caso di errore
+(\texttt{\small 11--13}) si restituisce di nuovo un puntatore nullo, infine
+(\texttt{\small 14}) si inizializza con \func{memset} il contenuto del
+segmento al valore costante specificato dall'argomento \var{fill}, e poi si
+ritorna il puntatore al segmento stesso.
+
+La seconda funzione (\texttt{\small 17--31}) è \func{ShmFind}, che, data una
+chiave, restituisce l'indirizzo del segmento ad essa associato. Anzitutto
+(\texttt{\small 22}) si richiede l'identificatore del segmento con
+\func{shmget}, ritornando (\texttt{\small 23--25}) un puntatore nullo in caso
+di errore. Poi si prosegue (\texttt{\small 26}) agganciando il segmento al
+processo con \func{shmat}, restituendo (\texttt{\small 27--29}) di nuovo un
+puntatore nullo in caso di errore, se invece non ci sono errori si restituisce
+il puntatore ottenuto da \func{shmat}.
+
+La terza funzione (\texttt{\small 32--51}) è \func{ShmRemove} che, data la
+chiave ed il puntatore associati al segmento di memoria condivisa, prima lo
+sgancia dal processo e poi lo rimuove. Il primo passo (\texttt{\small 37}) è
+la chiamata a \func{shmdt} per sganciare il segmento, restituendo
+(\texttt{\small 38--39}) un valore -1 in caso di errore. Il passo successivo
+(\texttt{\small 41}) è utilizzare \func{shmget} per ottenre l'identificatore
+associato al segmento data la chiave \var{key}. Al solito si restituisce un
+valore di -1 (\texttt{\small 42--45}) in caso di errore, mentre se tutto va
+bene si conclude restituendo un valore nullo.
+
Benché la memoria condivisa costituisca il meccanismo di intercomunicazione
fra processi più veloce, essa non è sempre il più appropriato, dato che, come
abbiamo visto, si avrà comunque la necessità di una sincronizzazione degli
int tot_char;
int tot_sock;
} *shmptr;
-int shmid;
+key_t key;
int mutex;
/* main body */
int main(int argc, char *argv[])
{
- int i;
- key_t key;
+ int i, pause = 10;
...
if ((argc - optind) != 1) { /* There must be remaing parameters */
printf("Wrong number of arguments %d\n", argc - optind);
Signal(SIGINT, HandSIGTERM);
Signal(SIGQUIT, HandSIGTERM);
key = ftok("~/gapil/sources/DirMonitor.c", 1); /* define a key */
- shmid = shmget(key, 4096, IPC_CREAT|0666); /* get a shared memory */
- if (shmid < 0) {
+ shmptr = ShmCreate(key, 4096, 0666, 0); /* get a shared memory segment */
+ if (!shmptr) {
perror("Cannot create shared memory");
exit(1);
}
- if ( (shmptr = shmat(shmid, NULL, 0)) == NULL ) { /* attach to process */
- perror("Cannot attach segment");
- exit(1);
- }
if ((mutex = MutexCreate(key)) == -1) { /* get a Mutex */
perror("Cannot create mutex");
exit(1);
riga di comando (che si limitano alla eventuale stampa di un messaggio di
aiuto a video ed all'impostazione della durata dell'intervallo con cui viene
ripetuto il calcolo delle proprietà della directory) controlla (\texttt{\small
- 21--24}) che sia stato specificato il parametro necessario contenente il
+ 20--23}) che sia stato specificato il parametro necessario contenente il
nome della directory da tenere sotto controllo, senza il quale esce
immediatamente con un messaggio di errore.
Poi, per verificare che il parametro specifichi effettivamente una directory,
-si esegue (\texttt{\small 25--27}) su di esso una \func{chdir}, uscendo
+si esegue (\texttt{\small 24--26}) su di esso una \func{chdir}, uscendo
immediatamente in caso di errore. Questa funzione serve anche per impostare
la directory di lavoro del programma nella directory da tenere sotto
controllo, in vista del successivo uso della funzione
-\func{daemon}.\footnote{Si noti come si è potuta fare questa scelta,
+\func{daemon}.\footnote{si noti come si è potuta fare questa scelta,
nonostante le indicazioni illustrate in \secref{sec:sess_daemon}, per il
particolare scopo del programma, che necessita comunque di restare
- all'interno di una directory.} Infine (\texttt{\small 28--30}) si installano
+ all'interno di una directory.} Infine (\texttt{\small 27--29}) si installano
i gestori per i vari segnali di terminazione che, avendo a che fare con un
programma che deve essere eseguito come server, sono il solo strumento
disponibile per concluderne l'esecuzione.
-Il passo successivo (\texttt{\small 31--44}) è quello di creare gli oggetti di
-intercomunicazione necessari. Si inizia costruendo (\texttt{\small 31}) la
+Il passo successivo (\texttt{\small 30--39}) è quello di creare gli oggetti di
+intercomunicazione necessari. Si inizia costruendo (\texttt{\small 30}) la
chiave da usare come riferimento con il nome del programma,\footnote{si è
usato un riferimento relativo alla home dell'utente, supposto che i sorgenti
di GaPiL siano stati installati direttamente in essa. Qualora si effettui
una installazione diversa si dovrà correggere il programma.} dopo di che si
-richiede (\texttt{\small 32}) la creazione di un segmento di memoria condivisa
-con \func{shmget} (una pagina di memoria è sufficiente per i dati che
-useremo), uscendo (\texttt{\small 33--36}) qualora la creazione non abbia
-successo.
-
-Una volta ottenutone l'identificatore in \var{shmid}, si può agganciare
-(\texttt{\small 37--40}) il segmento al processo con \func{shmat} anche in
-questo caso si esce qualora la funzione non abbia successo. Con l'indirizzo
-\var{shmptr} così ottenuto potremo poi accedere alla memoria condivisa, che,
-per come abbiamo lo abbiamo definito, sarà vista nella forma data da
-\struct{DirProp}. Infine (\texttt{\small 41--44}) utilizzando sempre la stessa
-chiave, si crea, tramite le funzioni di interfaccia già descritte in
-\secref{sec:ipc_sysv_sem}, anche un mutex, che utilizzeremo per regolare
-l'accesso alla memoria condivisa.
-
-Una volta completata l'inizializzazione e la creazione degli oggetti di
+richiede (\texttt{\small 31}) la creazione di un segmento di memoria condivisa
+con usando la funzione \func{ShmCreate} illustrata in precedenza (una pagina
+di memoria è sufficiente per i dati che useremo), uscendo (\texttt{\small
+ 32--35}) qualora la creazione ed il successivo agganciamento al processo non
+abbia successo. Con l'indirizzo \var{shmptr} così ottenuto potremo poi
+accedere alla memoria condivisa, che, per come abbiamo lo abbiamo definito,
+sarà vista nella forma data da \struct{DirProp}. Infine (\texttt{\small
+ 36--39}) utilizzando sempre la stessa chiave, si crea, tramite le funzioni
+di interfaccia già descritte in \secref{sec:ipc_sysv_sem}, anche un mutex, che
+utilizzeremo per regolare l'accesso alla memoria condivisa.
+
+Completata l'inizializzazione e la creazione degli oggetti di
intercomunicazione il programma entra nel ciclo principale (\texttt{\small
- 45--54}) dove vengono eseguite indefinitamente le attività di monitoraggio.
-Il primo passo (\texttt{\small 46}) è eseguire \func{daemon} per proseguire con
-l'esecuzione in background come si conviene ad un programma demone; si noti
-che si è mantenuta, usando un valore non nullo del primo argomento, la
-directory di lavoro corrente.
-
-Una volta che il programma è andato in background l'esecuzione prosegue
-(\texttt{\small 47--53}) all'interno di un ciclo infinito: si inizia
-(\texttt{\small 48}) bloccando il mutex con \func{MutexLock} per poter
-accedere alla memoria condivisa (la funzione si bloccherà automaticamente se
-qualche client sta leggendo), poi (\texttt{\small 49}) si cancellano i valori
-precedentemente immagazzinati nella memoria condivisa con \func{memset}, e si
-esegue (\texttt{\small 50}) un nuovo calcolo degli stessi utilizzando la
-funzione \func{DirScan}; infine (\texttt{\small 51}) si sblocca il mutex con
-\func{MutexUnlock}, e si attende (\texttt{\small 52}) per il periodo di tempo
-specificato a riga di comando con l'opzione \code{-p} con una \func{sleep}.
+ 40--49}) dove vengono eseguite indefinitamente le attività di monitoraggio.
+Il primo passo (\texttt{\small 41}) è eseguire \func{daemon} per proseguire
+con l'esecuzione in background come si conviene ad un programma demone; si
+noti che si è mantenuta, usando un valore non nullo del primo argomento, la
+directory di lavoro corrente. Una volta che il programma è andato in
+background l'esecuzione prosegue (\texttt{\small 42--48}) all'interno di un
+ciclo infinito: si inizia (\texttt{\small 43}) bloccando il mutex con
+\func{MutexLock} per poter accedere alla memoria condivisa (la funzione si
+bloccherà automaticamente se qualche client sta leggendo), poi (\texttt{\small
+ 44}) si cancellano i valori precedentemente immagazzinati nella memoria
+condivisa con \func{memset}, e si esegue (\texttt{\small 45}) un nuovo calcolo
+degli stessi utilizzando la funzione \func{DirScan}; infine (\texttt{\small
+ 46}) si sblocca il mutex con \func{MutexUnlock}, e si attende
+(\texttt{\small 47}) per il periodo di tempo specificato a riga di comando con
+l'opzione \code{-p} con una \func{sleep}.
+
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize \centering
/* Signal Handler to manage termination */
void HandSIGTERM(int signo) {
MutexLock(mutex);
- if (shmdt(shmptr)) {
- perror("Error detaching shared memory");
- exit(1);
- }
- if (shmctl(shmid, IPC_RMID, NULL)) {
- perror("Cannot remove shared memory segment");
- exit(1);
- }
+ ShmRemove(key, shmptr);
MutexRemove(mutex);
exit(0);
}
\tabref{tab:file_type_macro}, si contano (\texttt{\small 8--14}) quanti ce ne
sono per ciascun tipo.
-In \figref{fig:ipc_dirmonitor_sub} è riportato anche (\texttt{\small 17--30})
-il codice del gestore dei segnali di terminazione, usato per chiudere il
+In \figref{fig:ipc_dirmonitor_sub} è riportato anche il codice (\texttt{\small
+ 17--23}) del gestore dei segnali di terminazione, usato per chiudere il
programma. Esso, oltre a provocare l'uscita del programma, si incarica anche
di cancellare tutti gli oggetti di intercomunicazione non più necessari. Per
questo anzitutto (\texttt{\small 19}) acquisisce il mutex con
\func{MutexLock}, per evitare di operare mentre un client sta ancora leggendo
-i dati, dopo di che (\texttt{\small 20--23}) prima distacca il segmento di
-memoria condivisa con \func{shmad} e poi (\texttt{\small 24--27}) lo cancella
-con \func{shctl}. Infine (\texttt{\small 28}) rimuove il mutex con
-\func{MutexRemove} ed esce.
+i dati, dopo di che (\texttt{\small 20}) distacca e rimuove il segmento di
+memoria condivisa usando \func{ShmRemove}. Infine (\texttt{\small 21})
+rimuove il mutex con \func{MutexRemove} ed esce (\texttt{\small 22}).
\begin{figure}[!htb]
\footnotesize \centering
\begin{lstlisting}{}
int main(int argc, char *argv[])
{
- int i;
key_t key;
...
/* create needed IPC objects */
key = ftok("~/gapil/sources/DirMonitor.c", 1); /* define a key */
- shmid = shmget(key, 4096, 0); /* get the shared memory ID */
- if (shmid < 0) {
+ if (!(shmptr = ShmFind(key, 4096))) { /* get a shared memory segment */
perror("Cannot find shared memory");
exit(1);
}
- if ( (shmptr = shmat(shmid, NULL, 0)) == NULL ) { /* attach to process */
- perror("Cannot attach segment");
- exit(1);
- }
if ((mutex = MutexFind(key)) == -1) { /* get the Mutex */
perror("Cannot find mutex");
exit(1);
\label{fig:ipc_dirmonitor_client}
\end{figure}
-Il codice del client, che permette di leggere le informazioni mantenute nella
-memoria condivisa, è riportato in \figref{fig:ipc_dirmonitor_client}. Al
-solito si è omessa la sezione di gestione delle opzioni e la funzione che
-stampa a video le istruzioni; il codice completo è nei sorgenti allegati, nel
-file \file{ReadMonitor.c}.
+Il codice del client usato per leggere le informazioni mantenute nella memoria
+condivisa è riportato in \figref{fig:ipc_dirmonitor_client}. Al solito si è
+omessa la sezione di gestione delle opzioni e la funzione che stampa a video
+le istruzioni; il codice completo è nei sorgenti allegati, nel file
+\file{ReadMonitor.c}.
-Una volta completata la gestione delle opzioni a riga di comando il programma
+Una volta conclusa la gestione delle opzioni a riga di comando il programma
rigenera (\texttt{\small 7}) con \func{ftok} la stessa chiave usata dal server
per identificare il segmento di memoria condivisa ed il mutex, poi
-(\texttt{\small 8}) si richiede con \func{semget} l'identificatore della
-memoria condivisa, ma in questo caso si vuole che esso esista di già; al
-solito (\texttt{\small 9--12}) si esce in caso di errore. Una volta ottenuto
-l'identificatore in \var{shmid} si può (\texttt{\small 13--16}) agganciare il
-segmento al processo all'indirizzo \func{shmptr}; anche in questo caso si
-chiude immediatamente il programma se qualcosa non funziona. Infine
+(\texttt{\small 8}) richiede con \func{ShmFind} l'indirizzo della memoria
+condivisa agganciando al contempo il segmento al processo, Infine
(\texttt{\small 17--20}) con \func{MutexFind} si richiede l'identificatore del
-mutex.
-
-Una volta completata l'inizializzazione ed ottenuti i riferimenti agli oggetti
+mutex. Completata l'inizializzazione ed ottenuti i riferimenti agli oggetti
di intercomunicazione necessari viene eseguito il corpo principale del
programma (\texttt{\small 21--33}); si comincia (\texttt{\small 22})
acquisendo il mutex con \func{MutexLock}; qui avviene il blocco del processo
se la memoria condivisa non è disponibile. Poi (\texttt{\small 23--31}) si
stampano i vari valori mantenuti nella memoria condivisa attraverso l'uso di
-\var{shmptr}. Infine (\texttt{\small 41}) con \func{MutexUnlock} si rilascia
+\var{shmptr}. Infine (\texttt{\small 41}) con \func{MutexUnlock} si rilascia
il mutex, prima di uscire.
Verifichiamo allora il funzionamento dei nostri programmi; al solito, usando
\end{verbatim}%$
Se a questo punto aggiungiamo un file, ad esempio con \code{touch prova},
-potremo verificare (passati nel peggiore dei casi almeno 10 secondi, cioè
-l'intervallo scelto per la rilettura dei dati), che:
+potremo verificare che, passati nel peggiore dei casi almeno 10 secondi (o
+l'eventuale altro intervallo impostato per la rilettura dei dati) avremo:
\begin{verbatim}
[piccardi@gont sources]$ ./readmon
Ci sono 69 file dati
Totale 72 file, per 489887 byte
\end{verbatim}%$
-Infine potremo terminare il server con il comando \code{killall dirmonitor},
-nel qual caso, ripetendo la lettura otterremo che:
+A questo punto possiamo far uscire il server inviandogli un segnale di
+\const{SIGTERM} con il comando \code{killall dirmonitor}, a questo punto
+ripetendo la lettura, otterremo un errore:
\begin{verbatim}
[piccardi@gont sources]$ ./readmon
Cannot find shared memory: No such file or directory
\end{verbatim}%$
-e potremo verificare che anche gli oggetti di intercomunicazione sono stati
-cancellati:
+e inoltre potremo anche verificare che anche gli oggetti di intercomunicazione
+visti in precedenza sono stati regolarmente cancellati:
\begin{verbatim}
[piccardi@gont sources]$ ipcs
------ Shared Memory Segments --------
è pertanto subordinato in maniera quasi completa alla relativa
implementazione.\footnote{tanto che Stevens in \cite{UNP2} cita questo caso
come un esempio della maniera standard usata dallo standard POSIX per
- consentire implementazioni non standardizzabili.} Nel caso di Linux per
-quanto riguarda la memoria condivisa, tutto viene creato nella directory
-\file{/dev/shm}, ed i nomi sono presi come pathname assoluto (comprendente
-eventuali sottodirectory) rispetto a questa radice (per maggiori dettagli si
-veda quanto illustrato in \secref{sec:ipc_posix_shm}). Lo stesso accade per
-l'implementazione sperimentale delle code di messaggi, che però fa riferimento
-alla directory \file{/dev/mqueue}.
+ consentire implementazioni non standardizzabili.} Nel caso di Linux, sia per
+quanto riguarda la memoria condivisa, che per quanto riguarda le code di
+messaggi, tutto viene creato usando come radici delle opportune directory
+(rispettivamente \file{/dev/shm} e \file{/dev/mqueue}, per i dettagli si
+faccia riferimento a \secref{sec:ipc_posix_shm} e \secref{sec:ipc_posix_mq})
+ed i nomi specificati nelle relative funzioni sono considerati come un
+pathname assoluto (comprendente eventuali sottodirectory) rispetto a queste
+radici.
Il vantaggio degli oggetti di IPC POSIX è comunque che essi vengono inseriti
nell'albero dei file, e possono essere maneggiati con le usuali funzioni e
-comandi di accesso ai file,\footnote{questo è vero nel caso di Linux, che usa
- una implementazione che lo consente, non è detto che altrettanto valga per
- altri kernel. In particolare per la memoria condivisa, come si può
- facilmente evincere con uno \cmd{strace}, le system call utilizzate sono le
- stesse, in quanto essa è realizzata con file in uno speciale filesystem.}
-che funzionano come su dei file normali.
+comandi di accesso ai file,\footnote{questo è ancora più vero nel caso di
+ Linux, che usa una implementazione che lo consente, non è detto che
+ altrettanto valga per altri kernel. In particolare sia la memoria condivisa
+ che per le code di messaggi, come si può facilmente evincere con uno
+ \cmd{strace}, le system call utilizzate sono le stesse, in quanto esse sono
+ realizzate con dei file in speciali filesystem.} che funzionano come su dei
+file normali.
In particolare i permessi associati agli oggetti di IPC POSIX sono identici ai
permessi dei file, e il controllo di accesso segue esattamente la stessa
\label{sec:ipc_posix_shm}
La memoria condivisa è l'unico degli oggetti di IPC POSIX già presente nel
-kernel ufficiale. Per poterla utilizzare occorre abilitare il filesystem
-\texttt{tmpfs}, uno speciale filesystem che mantiene tutti i suoi contenuti in
-memoria,\footnote{il filesystem \texttt{tmpfs} è diverso da un normale RAM
- disk, anch'esso disponibile attraverso il filesystem \texttt{ramfs}, proprio
- perché realizza una interfaccia utilizzabile anche per la memoria condivisa;
- esso infatti non ha dimensione fissa, ed usa direttamente la cache interna
- del kernel (viene usato anche per la SysV shared memory). In più i suoi
- contenuti, essendo trattati direttamente dalla memoria
- virtuale\index{memoria virtuale} e possono essere salvati sullo swap
- automaticamente.} abilitando l'opzione \texttt{CONFIG\_TMPFS} in fase di
-compilazione del kernel, e montando il filesystem aggiungendo una riga tipo:
+kernel ufficiale; in realtà il supporto a questo tipo di oggetti è realizzato
+attraverso il filesystem \texttt{tmpfs}, uno speciale filesystem che mantiene
+tutti i suoi contenuti in memoria,\footnote{il filesystem \texttt{tmpfs} è
+ diverso da un normale RAM disk, anch'esso disponibile attraverso il
+ filesystem \texttt{ramfs}, proprio perché realizza una interfaccia
+ utilizzabile anche per la memoria condivisa; esso infatti non ha dimensione
+ fissa, ed usa direttamente la cache interna del kernel (che viene usata
+ anche per la shared memory in stile SysV). In più i suoi contenuti, essendo
+ trattati direttamente dalla memoria virtuale\index{memoria virtuale} possono
+ essere salvati sullo swap automaticamente.} che viene attivato abilitando
+l'opzione \texttt{CONFIG\_TMPFS} in fase di compilazione del kernel.
+
+
+Per potere utilizzare l'interfaccia POSIX per le code di messaggi le
+\acr{glibc}\footnote{le funzioni sono state introdotte con le glibc-2.2.}
+richiedono di compilare i programmi con l'opzione \code{-lrt}; inoltre è
+necessario che in \file{/dev/shm} sia montato un filesystem \texttt{tmpfs};
+questo di norma viene eseguita aggiungendo una riga tipo:
\begin{verbatim}
tmpfs /dev/shm tmpfs defaults 0 0
\end{verbatim}
-ad \file{/etc/fstab}, oppure dove si preferisce con un comando del
-tipo:\footnote{il filesystem riconosce, oltre quelle mostrate, le opzioni
- \texttt{uid} e \texttt{gid} che identificano rispettivamente utente e gruppo
- cui assegnarne la titolarità, e \texttt{nr\_blocks} che permette di
- specificarne la dimensione in blocchi, cioè in multipli di
- \const{PAGECACHE\_SIZE}.}
+ad \file{/etc/fstab}. In realtà si può montare un filesystem \texttt{tmpfs}
+dove si vuole, per usarlo come RAM disk, con un comando del tipo:
\begin{verbatim}
-mount -t tmpfs -o size=10G,nr_inodes=10k,mode=700 tmpfs /mytmpfs
+mount -t tmpfs -o size=128M,nr_inodes=10k,mode=700 tmpfs /mytmpfs
\end{verbatim}
+Il filesystem riconosce, oltre quelle mostrate, le opzioni \texttt{uid} e
+\texttt{gid} che identificano rispettivamente utente e gruppo cui assegnarne
+la titolarità, e \texttt{nr\_blocks} che permette di specificarne la
+dimensione in blocchi, cioè in multipli di \const{PAGECACHE\_SIZE} che in
+questo caso è l'unità di allocazione elementare.
+
+La funzione che permette di aprire un segmento di memoria condivisa POSIX, ed
+eventualmente di crearlo se non esiste ancora, è \funcd{shm\_open}; il suo
+prototipo è:
+\begin{prototype}{mqueue.h}
+{int shm\_open(const char *name, int oflag, mode\_t mode)}
+
+Apre un segmento di memoria condivisa.
+
+\bodydesc{La funzione restituisce un file descriptor positivo in caso di
+ successo e -1 in caso di errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli
+ stessi valori riportati da \func{open}.}
+\end{prototype}
+
+La funzione apre un segmento di memoria condivisa identificato dal nome
+\param{name}. Come già spiegato in \secref{sec:ipc_posix_generic} questo nome
+può essere specificato in forma standard solo facendolo iniziare per \file{/}
+e senza ulteriori \file{/}, Linux supporta comunque nomi generici, che
+verranno intepretati prendendo come radice \file{/dev/shm}.\footnote{occorre
+ pertanto evitare di specificare qualcosa del tipo \file{/dev/shm/nome}
+ all'interno di \param{name}, perché questo comporta, da parte delle routine
+ di libereria, il tentativo di accedere a \file{/dev/shm/dev/shm/nome}.}
+
+La funzione è del tutto analoga ad \func{open} ed analoghi sono i valori che
+possono essere specificati per \param{oflag}, che deve essere specificato come
+maschera binaria comprendente almeno uno dei due valori \const{O\_RDONLY} e
+\const{O\_RDWR}; i valori possibili per i vari bit sono quelli visti in
+\tabref{tab:file_open_flags} dei quali però \func{shm\_open} riconosce solo i
+seguenti:
+\begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
+\item[\const{O\_RDONLY}] Apre il file descriptor associato al segmento di
+ memoria condivisa per l'accesso in sola lettura.
+\item[\const{O\_RDWR}] Apre il file descriptor associato al segmento di
+ memoria condivisa per l'accesso in lettura e scrittura.
+\item[\const{O\_CREAT}] Necessario qualora si debba creare il segmento di
+ memoria condivisa se esso non esiste; in questo caso viene usato il valore
+ di \param{mode} per impostare i permessi, che devono essere compatibili con
+ le modalità con cui si è aperto il file.
+\item[\const{O\_EXCL}] Se usato insieme a \const{O\_CREAT} fa fallire la
+ chiamata a \func{shm\_open} se il segmento esiste già, altrimenti esegue la
+ creazione atomicamente.
+\item[\const{O\_TRUNC}] Se il segmento di memoria condivisa esiste già, ne
+ tronca le dimensioni a 0 byte.
+\end{basedescript}
+
+In caso di successo la funzione restituisce un file descriptor associato al
+segmento di memoria condiviso con le stesse modalità di
+\func{open}\footnote{in realtà, come accennato, \func{shm\_open} è un semplice
+ wrapper per \func{open}, usare direttamente quest'ultima avrebbe lo stesso
+ effetto.} viste in \secref{sec:file_open}; in particolare viene impostato
+il flag \const{FD\_CLOEXEC}. Chiamate effettuate da diversi processi usando
+lo stesso nome, restituiranno file descriptor associati allo stesso segmento
+(così come, nel caso di file di dati, essi sono associati allo stesso inode).
+In questo modo è possibile effettuare una chiamata ad \func{mmap} sul file
+descriptor restituito da \func{shm\_open} ed i processi vedranno lo stesso
+segmento di memoria condivisa.
+
+Quando il nome non esiste il segmento può essere creato specificando
+\const{O\_CREAT}; in tal caso il segmento avrà (così come i nuovi file)
+lunghezza nulla. Dato che un segmento di lunghezza nulla è di scarsa utilità,
+per impostarne la dimensione si deve usare \func{ftruncate} (vedi
+\secref{sec:file_file_size}), prima di mapparlo in memoria con \func{mmap}. Si
+tenga presente che una volta chiamata \func{mmap} si può chiudere il file
+descriptor (con \func{close}), senza che la mappatura ne risenta.
+
+
+Come per i file, quando si vuole effettivamente rimuovere segmento di memoria
+condivisa, occorre usare la funzione \funcd{shm\_unlink}, il cui prototipo è:
+\begin{prototype}{mqueue.h}
+{int shm\_unlink(const char *name)}
+
+Rimuove un segmento di memoria condivisa.
+
+\bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore; nel quel caso \var{errno} assumerà gli stessi valori riportati da
+ \func{unlink}.}
+\end{prototype}
+
+La funzione è del tutto analoga ad \func{unlink}, e si limita a cancellare il
+nome del segmento da \file{/dev/shm}, senza nessun effetto né sui file
+descriptor precedentemente aperti con \func{shm\_open}, né sui segmenti già
+mappati in memoria; questi verranno cancellati automaticamente dal sistema
+solo con le rispettive chiamate a \func{close} e \func{munmap}. Una volta
+eseguita questa funzione però, qualora si richieda l'apertura di un segmento
+con lo stesso nome, la chiamata a \func{shm\_open} fallirà, a meno di non aver
+usato \const{O\_CREAT}, nel qual caso comunque si otterrà il riferimento ad un
+segmento distinto dal precedente.
+
+\begin{figure}[!htb]
+ \footnotesize \centering
+ \begin{minipage}[c]{15cm}
+ \begin{lstlisting}{}
+/* Function CreateShm: Create a shared memory segment mapping it */
+void * CreateShm(char * shm_name, off_t shm_size, mode_t perm, int fill)
+{
+ void * shm_ptr;
+ int fd;
+ int flag;
+ /* first open the object, creating it if not existent */
+ flag = O_CREAT|O_EXCL|O_RDWR;
+ fd = shm_open(shm_name, flag, perm); /* get object file descriptor */
+ if (fd < 0) {
+ return NULL;
+ }
+ /* set the object size */
+ if (ftruncate(fd, shm_size)) {
+ return NULL;
+ }
+ /* map it in the process address space */
+ shm_ptr = mmap(NULL, shm_size, PROT_WRITE|PROT_READ, MAP_SHARED, fd, 0);
+ if (shm_ptr == MAP_FAILED) {
+ return NULL;
+ }
+ memset((void *) shm_ptr, fill, shm_size); /* fill segment */
+ return shm_ptr;
+}
+/* Function FindShm: Find a POSIX shared memory segment */
+void * FindShm(char * shm_name, off_t shm_size)
+{
+ void * shm_ptr;
+ int fd; /* ID of the IPC shared memory segment */
+ /* find shared memory ID */
+ if ((fd = shm_open(shm_name, O_RDWR|O_EXCL, 0)) < 0) {
+ return NULL;
+ }
+ /* take the pointer to it */
+ shm_ptr = mmap(NULL, shm_size, PROT_WRITE|PROT_READ, MAP_SHARED, fd, 0);
+ if (shm_ptr == MAP_FAILED) {
+ return NULL;
+ }
+ return shm_ptr;
+}
+/* Function RemoveShm: Remove a POSIX shared memory segment */
+int RemoveShm(char * shm_name)
+{
+ shm_unlink(shm_name);
+ return 0;
+}
+ \end{lstlisting}
+ \end{minipage}
+ \normalsize
+ \caption{Il codice delle funzioni di gestione dei segmenti di memoria
+ condivisa POSIX.}
+ \label{fig:ipc_posix_shmmem}
+\end{figure}
+
+Come esempio di queste funzioni vediamo come è possibile riscrivere con esse
+funzioni analoghe a quelle viste in \secref{fig:ipc_sysv_shm_func}; il codice,
+riportato in \figref{fig:ipc_posix_shmmem}, è sempre contenuto nel file
+\file{SharedMem.c} dei sorgenti allegati.
+
+La prima funzione (\texttt{\small 1--24}) è \func{CreateShm} che, dato un nome
+nell'argomento \var{name} crea un nuovo segmento di memoria condivisa,
+accessibile in lettura e scrittura, e ne restituisce l'indirizzo. Anzitutto si
+definiscono (\texttt{\small 8}) i flag per la successiva (\texttt{\small 9})
+chiamata a \func{shm\_open} che apre il segmento in lettura e scrittura
+(creandolo se non esiste, ed uscendo in caso contrario) assegnandogli sul
+filesystem i permessi specificati dall'argomento \var{perm}. In caso di errore
+(\texttt{\small 10--12}) si restituisce un puntatore nullo, altrimenti si
+prosegue impostando (\texttt{\small 14}) la dimensione del segmento con
+\func{ftruncate}. Di nuovo (\texttt{\small 15--16}) si esce immediatamente
+restituendo un puntatore nullo in caso di errore. Poi si passa (\texttt{\small
+ 18}) a mappare in memoria il segmento con \func{mmap} specificando dei
+diritti di accesso corrispondenti alla modalità di apertura. Di nuovo si
+restituisce (\texttt{\small 19--21}) un puntatore nullo in caso di errore,
+altrimenti si inizializza (\texttt{\small 22}) il contenuto del segmento al
+valore specificato dall'argomento \var{fill} con \func{memset}, e se ne
+restituisce (\texttt{\small 23}) l'indirizzo.
+
+La seconda funzione (\texttt{\small 25--40}) è \func{FindShm} che trova un
+segmento di memoria condiviso già esistente, restituendone l'indirizzo. In
+questo caso si apre (\texttt{\small 31}) il segmento con \func{shm\_open}
+richiedendo che il segmento sia già esistente, in caso di errore
+(\texttt{\small 31--33}) si ritorna immediatamente un puntatore nullo.
+Ottenuto il file descriptor del segmento lo si mappa (\texttt{\small 35}) in
+memoria con \func{mmap}, restituendo (\texttt{\small 36--38}) un puntatore
+nullo in caso di errore, o l'indirizzo (\texttt{\small 39}) dello stesso in
+caso di successo.
+
+La terza funzione (\texttt{\small 40--46}) è \func{FindShm}, e serve a
+cancellare un segmento di memoria condivisa. Dato che al contrario di quanto
+avveniva con i segmenti del SysV IPC gli oggetti allocati nel kernel vengono
+rilasciati automaticamente quando nessuna li usa più, tutto quello che c'è da
+fare (\texttt{\small 45}) in questo caso è chiamare \func{shm\_unlink}.
- la memoria
-condivisa è trattata come un filesystem separato, con tutte le caratteristiche
-di un qualunque filesystem,
%%% Local Variables: