\end{prototype}
La funzione mette il processo in stato di \textit{sleep} (vedi
-\ref{tab:proc_proc_states})
+\tabref{tab:proc_proc_states}) fintanto che non viene rilevate dell'attività
+sull'insieme dei file descriptor specificati (\param{readfds},
+\param{writefds} e \param{exceptfds}), per un tempo massimo specificato da
+\param{timeout}.
+
+Per specificare quali file descriptor si intende selezionare, la funzione usa
+un particolare oggetto, il \textit{file descriptor set}, identificato dal tipo
+\type{fd\_set}, che serve ad identificare un insieme di file descriptor, in
+maniera analoga a come un \textit{signal set} (vedi \secref{sec:sig_sigset})
+identifica un insieme di segnali. Per la manipolazione di questi \textit{file
+ descriptor set} si possono usare delle opportune macro di preprocessore:
+\begin{functions}
+ \headdecl{sys/select.h}
+ \funcdecl{FD\_ZERO(fd\_set *set)}
+ Inizializza l'insieme (vuoto).
+
+ \funcdecl{FD\_SET(int fd, fd\_set *set)}
+ Inserisce il file descriptor \param{fd} nell'insieme.
+
+ \funcdecl{FD\_CLR(int fd, fd\_set *set)}
+ Rimuove il file descriptor \param{fd} nell'insieme.
+
+ \funcdecl{FD\_ISSET(int fd, fd\_set *set)}
+ Controlla se il file descriptor \param{fd} è nell'insieme.
+\end{functions}
+In genere un \textit{file descriptor set} può contenere fino ad un massimo di
+\macro{FD\_SETSIZE} file descriptor. Questo a seconda del sistema può essere
+il limite del numero massimo di file aperti\footnote{ad esempio in Linux, fino
+ alla serie 2.0.x, c'era un limite di 256 file per processo.}, ma quando,
+come nelle versioni più recenti del kernel, questo limite non c'è un massimo,
+esso indica le dimensioni in munero di bit utilizzabili per l'insieme.
-il cui prototipo è:
+La funzione richiede di specificare tre insiemi distinti di file descriptor;
+il primo, \param{readfds}, verrà osservato per rilevare la disponibilità di
+input in lettura, il secondo, \param{writefds} per verificare la possibilità
+di scrivere ed il terzo, \param{exceptfds}, per verificare l'esistenza di
+eccezioni. I corrispondenti valori dei \textit{file descriptor set} saranno
+modificati di conseguenza per mostrare quale dei file descriptor ha cambiato
+stato.
+
+
+
+
+
+Come accennato l'interfaccia di \func{select} è una estensione aggiunta BSD, e
+poi entrata a far parte di POSIX; allo stesso tempo System V aveva introdotto
+una interfaccia alternativa, basata sulla funzione \func{poll}, il cui
+prototipo è:
\begin{prototype}{sys/poll.h}
{int poll(struct pollfd *ufds, unsigned int nfds, int timeout)}
\bodydesc{La funzione restituisce il numero di file descriptor con attività in
caso di successo, o 0 se c'è stato un timeout; in caso di errore viene
- restituito -1 ed \var{errno} viene .}
+ restituito -1 ed \var{errno} viene settata ai valori:
+
+.}
\end{prototype}
in \textit{append mode}, quando più processi scrivono contemporaneamente sullo
stesso file non è possibile determinare la sequenza in cui essi opereranno.
-Questo causa la possibilità di race condition; in generale le situazioni più
-comuni sono due: l'interazione fra un processo che scrive e altri che leggono,
-in cui questi ultimi possono leggere informazioni scritte solo in maniera
-parziale o incompleta; o quella in cui diversi processi scrivono, mescolando
-in maniera imprevedebile il loro output sul file.
+Questo causa la possibilità di race condition\index{race condition}; in
+generale le situazioni più comuni sono due: l'interazione fra un processo che
+scrive e altri che leggono, in cui questi ultimi possono leggere informazioni
+scritte solo in maniera parziale o incompleta; o quella in cui diversi
+processi scrivono, mescolando in maniera imprevedebile il loro output sul
+file.
In tutti questi casi il \textit{file locking} è la tecnica che permette di
evitare le race condition, attraverso una serie di funzioni che permettono di
automaticamente cancellato alla sua chiusura o all'uscita dal programma. Lo
standard non specifica in quale directory verrà aperto il file, ma le
\acr{glibc} prima tentano con \macro{P\_tmpdir} e poi con \file{/tmp}. Questa
-funzione è rientrante e non soffre di problemi di \textit{race condition}.
+funzione è rientrante e non soffre di problemi di \textit{race
+ condition}\index{race condition}.
Alcune versioni meno recenti di Unix non supportano queste funzioni; in questo
caso si possono usare le vecchie funzioni \func{mktemp} e \func{mkstemp} che
\end{prototype}
\noindent dato che \param{template} deve poter essere modificata dalla
funzione non si può usare una stringa costante. Tutte le avvertenze riguardo
-alle possibili \textit{race condition} date per \func{tmpnam} continuano a
-valere; inoltre in alcune vecchie implementazioni il valore di usato per
-sostituire le \code{XXXXXX} viene formato con il \acr{pid} del processo più
-una lettera, il che mette a disposizione solo 26 possibilità diverse per il
-nome del file, e rende il nome temporaneo facile da indovinare. Per tutti
-questi motivi la funzione è deprecata e non dovrebbe mai essere usata.
+alle possibili \textit{race condition}\index{race condition} date per
+\func{tmpnam} continuano a valere; inoltre in alcune vecchie implementazioni
+il valore di usato per sostituire le \code{XXXXXX} viene formato con il
+\acr{pid} del processo più una lettera, il che mette a disposizione solo 26
+possibilità diverse per il nome del file, e rende il nome temporaneo facile da
+indovinare. Per tutti questi motivi la funzione è deprecata e non dovrebbe mai
+essere usata.
\end{prototype}
\noindent la directory è creata con permessi \code{0700} (al solito si veda
\capref{cha:file_unix_interface} per i dettagli); dato che la creazione della
-directory è sempre esclusiva i precedenti problemi di \textit{race condition}
-non si pongono.
+directory è sempre esclusiva i precedenti problemi di \textit{race
+ condition}\index{race condition} non si pongono.
\section{La manipolazione delle caratteristiche dei files}
Esamineremo in questo capitolo la prima delle due interfacce di programmazione
-per i file, quella dei \textit{file descriptor}, nativa di Unix. Questa è
-l'interfaccia di basso livello provvista direttamente dalle system call, che
-non prevede funzionalità evolute come la bufferizzazione o funzioni di lettura
-o scrittura formattata, e sulla quale è costruita anche l'interfaccia definita
-dallo standard ANSI C che affronteremo al \capref{cha:files_std_interface}.
+per i file, quella dei \textit{file descriptor}\index{file descriptor},
+nativa di Unix. Questa è l'interfaccia di basso livello provvista direttamente
+dalle system call, che non prevede funzionalità evolute come la
+bufferizzazione o funzioni di lettura o scrittura formattata, e sulla quale è
+costruita anche l'interfaccia definita dallo standard ANSI C che affronteremo
+al \capref{cha:files_std_interface}.
canale di comunicazione impedendo ogni ulteriore operazione.
All'interno di ogni processo i file aperti sono identificati da un intero non
-negativo, chiamato appunto \textit{file descriptor}. Quando un file viene
-aperto la funzione \func{open} restituisce questo numero, tutte le ulteriori
-operazioni saranno compiute specificando questo stesso valore come argomento
-alle varie funzioni dell'interfaccia.
+negativo, chiamato appunto \textit{file descriptor}\index{file descriptor}.
+Quando un file viene aperto la funzione \func{open} restituisce questo numero,
+tutte le ulteriori operazioni saranno compiute specificando questo stesso
+valore come argomento alle varie funzioni dell'interfaccia.
Per capire come funziona il meccanismo occorre spiegare a grandi linee come è
che il kernel gestisce l'interazione fra processi e file. Il kernel mantiene
\item una tabella che contiene un puntatore alla relativa voce nella
\textit{file table} per ogni file aperto.
\end{itemize*}
-il \textit{file descriptor} in sostanza è l'intero positivo che indicizza
-quest'ultima tabella.
+il \textit{file descriptor}\index{file descriptor} in sostanza è l'intero
+positivo che indicizza quest'ultima tabella.
La \textit{file table} è una tabella che contiene una voce per ciascun file
che è stato aperto nel sistema. In Linux è costituita da strutture di tipo
\end{figure}
Ritorneremo su questo schema più volte, dato che esso è fondamentale per
capire i dettagli del funzionamento dell'interfaccia dei \textit{file
- descriptor}.
+ descriptor}\index{file descriptor}.
\subsection{I file standard}
\label{sec:file_std_descr}
-Come accennato i \textit{file descriptor} non sono altro che un indice nella
-tabella dei file aperti di ciascun processo; per questo motivo essi vengono
-assegnati in successione tutte le volte che si apre un nuovo file (se non ne è
-stato chiuso nessuno in precedenza).
+Come accennato i \textit{file descriptor}\index{file descriptor} non sono
+altro che un indice nella tabella dei file aperti di ciascun processo; per
+questo motivo essi vengono assegnati in successione tutte le volte che si apre
+un nuovo file (se non ne è stato chiuso nessuno in precedenza).
In tutti i sistemi unix-like esiste una convenzione generale per cui ogni
processo viene lanciato con almeno tre file aperti. Questi, per quanto appena
-detto, avranno come \textit{file descriptor} i valori 0, 1 e 2. Benché questa
-sia soltanto una convenzione, essa è seguita dalla gran parte delle
-applicazioni, e non aderirvi potrebbe portare a gravi problemi di
-interoperabilità.
+detto, avranno come \textit{file descriptor}\index{file descriptor} i valori
+0, 1 e 2. Benché questa sia soltanto una convenzione, essa è seguita dalla
+gran parte delle applicazioni, e non aderirvi potrebbe portare a gravi
+problemi di interoperabilità.
Il primo file è sempre associato a quello che viene chiamato \textit{standard
input}. È cioè il file da cui il processo si aspetta di ricevere i dati in
\footnotetext[2]{la man page di \func{open} segnala che questa opzione è
difettosa su NFS, e che i programmi che la usano per stabilire un file di
- lock possono incorrere in una race condition. Si consiglia come alternativa
- di usare un file con un nome univoco e la funzione \func{link} per
- verificarne l'esistenza.}
+ lock possono incorrere in una race condition\index{race condition}. Si
+ consiglia come alternativa di usare un file con un nome univoco e la
+ funzione \func{link} per verificarne l'esistenza.}
\footnotetext[3]{\textit{Denial of Service}, si chiamano così attacchi miranti
ad impedire un servizio causando una qualche forma di carico eccessivo per
successiva scrittura avvenga alla fine del file, infatti se questo è stato
aperto anche da un altro processo che vi ha scritto, la fine del file può
essersi spostata, ma noi scriveremo alla posizione settata in precedenza.
-(questa è una potenziale sorgente di \textit{race condition}, vedi
-\secref{sec:file_atomic}).
+(questa è una potenziale sorgente di
+\textit{race condition}\index{race condition}, vedi \secref{sec:file_atomic}).
Non tutti i file supportano la capacità di eseguire una \func{lseek}, in
questo caso la funzione ritorna l'errore \macro{EPIPE}. Questo, oltre che per
Un caso tipico di necessità di accesso condiviso in scrittura è quello in cui
vari processi devono scrivere alla fine di un file (ad esempio un file di
log). Come accennato in \secref{sec:file_lseek} settare la posizione alla fine
-del file e poi scrivere può condurre ad una \textit{race condition}: infatti
-può succedere che un secondo processo scriva alla fine del file fra la
-\func{lseek} e la \func{write}; in questo caso, come abbiamo appena visto, il
-file sarà esteso, ma il nostro primo processo avrà ancora la posizione
-corrente settata con la \func{lseek} che non corrisponde più alla fine del
-file, e la successiva \func{write} sovrascriverà i dati del secondo processo.
+del file e poi scrivere può condurre ad una
+\textit{race condition}\index{race condition}:
+infatti può succedere che un secondo processo scriva alla fine
+del file fra la \func{lseek} e la \func{write}; in questo caso, come abbiamo
+appena visto, il file sarà esteso, ma il nostro primo processo avrà ancora la
+posizione corrente settata con la \func{lseek} che non corrisponde più alla
+fine del file, e la successiva \func{write} sovrascriverà i dati del secondo
+processo.
Il problema è che usare due system call in successione non è un'operazione
atomica; il problema è stato risolto introducendo la modalità
creare un file di lock, bloccandosi se il file esiste. In questo caso la
sequenza logica porterebbe a verificare prima l'esistenza del file con una
\func{stat} per poi crearlo con una \func{creat}; di nuovo avremmo la
-possibilità di una race condition da parte di un altro processo che crea lo
-stesso file fra il controllo e la creazione.
+possibilità di una race condition\index{race condition} da parte di un altro
+processo che crea lo stesso file fra il controllo e la creazione.
Per questo motivo sono stati introdotti pe \func{open} i due flag
\macro{O\_CREAT} e \macro{O\_EXCL}. In questo modo l'operazione di controllo
controllo al kernel.
La memoria viene sempre gestita dal kernel attraverso il meccanismo della
-\textsl{memoria virtuale}, che consente di assegnare a ciascun processo uno
-spazio di indirizzi ``virtuale'' (vedi \secref{sec:proc_memory}) che il kernel
-stesso, con l'ausilio della unità di gestione della memoria, si incaricherà di
-rimappare automaticamente sulla memoria disponibile, salvando su disco quando
-necessario (nella cosiddetta area di \textit{swap}) le pagine di memoria in
-eccedenza.
+\textsl{memoria virtuale}\index{memoria virtuale}, che consente di assegnare a
+ciascun processo uno spazio di indirizzi ``virtuale'' (vedi
+\secref{sec:proc_memory}) che il kernel stesso, con l'ausilio della unità di
+gestione della memoria, si incaricherà di rimappare automaticamente sulla
+memoria disponibile, salvando su disco quando necessario (nella cosiddetta
+area di \textit{swap}) le pagine di memoria in eccedenza.
Le periferiche infine vengono viste in genere attraverso un'interfaccia
astratta che permette di trattarle come fossero file, secondo il concetto per
\textit{paging}), ed è uno dei compiti principali del kernel.
Quando un processo cerca di accedere ad una pagina che non è nella memoria
-reale, avviene quello che viene chiamato un \textit{page fault}\index{page
- fault}; l'hardware di gestione della memoria genera un'interruzione e passa
+reale, avviene quello che viene chiamato un
+\textit{page fault}\index{page fault};
+l'hardware di gestione della memoria genera un'interruzione e passa
il controllo al kernel il quale sospende il processo e si incarica di mettere
in RAM la pagina richiesta (effettuando tutte le operazioni necessarie per
reperire lo spazio necessario), per poi restituire il controllo al processo.
commette quando si è manipolato male un puntatore e genera quello che viene
chiamato un \textit{segmentation fault}. Se si tenta cioè di leggere o
scrivere da un indirizzo per il quale non esiste un'associazione della pagina
-virtuale, il kernel risponde al relativo \textit{page fault}
+virtuale, il kernel risponde al relativo \textit{page fault}\index{page fault}
mandando un segnale \macro{SIGSEGV} al processo, che normalmente ne causa la
terminazione immediata.
-È pertanto importante capire come viene strutturata la memoria virtuale di un
-processo. Essa viene divisa in \textsl{segmenti}, cioè un insieme contiguo di
-indirizzi virtuali ai quali il processo può accedere. Solitamente un
-programma C viene suddiviso nei seguenti segmenti:
+È pertanto importante capire come viene strutturata \textsl{la memoria
+ virtuale}\index{page fault} di un processo. Essa viene divisa in
+\textsl{segmenti}, cioè un insieme contiguo di indirizzi virtuali ai quali il
+processo può accedere. Solitamente un programma C viene suddiviso nei
+seguenti segmenti:
\begin{enumerate}
\item Il segmento di testo o \textit{text segment}. Contiene il codice del
% \label{sec:proc_mem_malloc_custom}
-\subsection{Il controllo della memoria virtuale}
+\subsection{Il controllo della memoria virtuale\index{memoria virtuale}}
\label{sec:proc_mem_lock}
-Come spiegato in \secref{sec:proc_mem_gen} il kernel gestisce la memoria in
-maniera trasparente ai processi, decidendo quando rimuovere pagine dalla
-memoria per metterle nello swap, sulla base dell'utilizzo corrente da parte
-dei vari processi.
+Come spiegato in \secref{sec:proc_mem_gen} il kernel gestisce la memoria
+virtuale in maniera trasparente ai processi, decidendo quando rimuovere pagine
+dalla memoria per metterle nello swap, sulla base dell'utilizzo corrente da
+parte dei vari processi.
Nell'uso comune un processo non deve preoccuparsi di tutto ciò, in quanto il
meccanismo della paginazione\index{paginazione} riporta in RAM, ed in maniera
tutti i suoi \textit{memory lock}.
I \textit{memory lock} non sono ereditati dai processi figli.\footnote{ma
- siccome Linux usa il \textit{copy on write} (vedi \secref{sec:proc_fork})
- gli indirizzi virtuali del figlio sono mantenuti sullo stesso segmento di
- RAM del padre, quindi fintanto che un figlio non scrive su un segmento, può
- usufruire del memory lock del padre.} Siccome la presenza di un
-\textit{memory lock} riduce la memoria disponibile al sistema, con un impatto
-su tutti gli altri processi, solo l'amministratore ha la capacità di bloccare
-una pagina. Ogni processo può però sbloccare le pagine relative alla propria
-memoria.
+ siccome Linux usa il \textit{copy on write}\index{copy on write} (vedi
+ \secref{sec:proc_fork}) gli indirizzi virtuali del figlio sono mantenuti
+ sullo stesso segmento di RAM del padre, quindi fintanto che un figlio non
+ scrive su un segmento, può usufruire del memory lock del padre.} Siccome la
+presenza di un \textit{memory lock} riduce la memoria disponibile al sistema,
+con un impatto su tutti gli altri processi, solo l'amministratore ha la
+capacità di bloccare una pagina. Ogni processo può però sbloccare le pagine
+relative alla propria memoria.
Il sistema pone dei limiti all'ammontare di memoria di un processo che può
essere bloccata e al totale di memoria fisica che può dedicare a questo, lo
In ogni caso un processo real-time che deve entrare in una sezione critica
deve provvedere a riservare memoria sufficiente prima dell'ingresso, per
-scongiurare in partenza un eventuale page fault causato dal meccanismo di
-\textit{copy on write}. Infatti se nella sezione critica si va ad utilizzare
-memoria che non è ancora stata riportata in RAM si potrebbe avere un page
-fault durante l'esecuzione della stessa, con conseguente rallentamento
-(probabilmente inaccettabile) dei tempi di esecuzione.
+scongiurare in partenza un eventuale page fault\index{page fault} causato dal
+meccanismo di \textit{copy on write}\index{copy on write}. Infatti se nella
+sezione critica si va ad utilizzare memoria che non è ancora stata riportata
+in RAM si potrebbe avere un page fault durante l'esecuzione della stessa, con
+conseguente rallentamento (probabilmente inaccettabile) dei tempi di
+esecuzione.
In genere si ovvia a questa problematica chiamando una funzione che ha
allocato una quantità sufficientemente ampia di variabili automatiche, in modo
descrizione delle opzioni); il codice completo, compresa la parte che gestisce
le opzioni a riga di comando, è disponibile nel file \file{ForkTest.c},
distribuito insieme agli altri sorgenti degli esempi su
-\href{http://firenze.linux.it/~piccardi/gapil_source.tgz}
-{\texttt{http://firenze.linux.it/\~~\hspace{-2.0mm}piccardi/gapil\_source.tgz}}.
+\href{http://gapil.firenze.linux.it/gapil_source.tgz}
+{\texttt{http://gapil.firenze.linux.it/gapil\_source.tgz}}.
Decifrato il numero di figli da creare, il ciclo principale del programma
(\texttt{\small 24--40}) esegue in successione la creazione dei processi figli
istruzioni del codice fra padre e figli, né sull'ordine in cui questi potranno
essere messi in esecuzione. Se è necessaria una qualche forma di precedenza
occorrerà provvedere ad espliciti meccanismi di sincronizzazione, pena il
-rischio di incorrere nelle cosiddette \textit{race condition} \index{race
- condition} (vedi \secref{sec:proc_race_cond}.
+rischio di incorrere nelle cosiddette
+\textit{race condition}\index{race condition}
+(vedi \secref{sec:proc_race_cond}).
Si noti inoltre che essendo i segmenti di memoria utilizzati dai singoli
processi completamente separati, le modifiche delle variabili nei processi
\func{fork} veniva fatta solo per poi eseguire una \func{exec}. La funzione
venne introdotta in BSD per migliorare le prestazioni.
-Dato che Linux supporta il \textit{copy on write} la perdita di prestazioni è
-assolutamente trascurabile, e l'uso di questa funzione (che resta un caso
-speciale della funzione \func{clone}), è deprecato; per questo eviteremo di
-trattarla ulteriormente.
+Dato che Linux supporta il \textit{copy on write}\index{copy on write} la
+perdita di prestazioni è assolutamente trascurabile, e l'uso di questa
+funzione (che resta un caso speciale della funzione \func{clone}), è
+deprecato; per questo eviteremo di trattarla ulteriormente.
\subsection{La conclusione di un processo.}
interrupt vengono intercettati dall'interfaccia real-time, e gestiti
direttamente qualora ci sia la necessità di avere un processo con priorità
più elevata di un \textit{interrupt handler}.} mentre con l'incorrere in un
-page fault si possono avere ritardi non previsti. Se l'ultimo problema può
-essere aggirato attraverso l'uso delle funzioni di controllo della memoria
-virtuale (vedi \secref{sec:proc_mem_lock}), il primo non è superabile e può
-comportare ritardi non prevedibili riguardo ai tempi di esecuzione di
-qualunque processo.
+page fault\index{page fault} si possono avere ritardi non previsti. Se
+l'ultimo problema può essere aggirato attraverso l'uso delle funzioni di
+controllo della memoria virtuale (vedi \secref{sec:proc_mem_lock}), il primo
+non è superabile e può comportare ritardi non prevedibili riguardo ai tempi di
+esecuzione di qualunque processo.
In ogni caso occorre usare le priorità assolute con molta attenzione: se si dà
ad un processo una priorità assoluta e questo finisce in un loop infinito,
In un ambiente multitasking il concetto è essenziale, dato che un processo può
essere interrotto in qualunque momento dal kernel che mette in esecuzione un
altro processo o dalla ricezione di un segnale; occorre pertanto essere
-accorti nei confronti delle possibili \textit{race condition} (vedi
+accorti nei confronti delle possibili
+\textit{race condition}\index{race condition} (vedi
\secref{sec:proc_race_cond}) derivanti da operazioni interrotte in una fase in
cui non erano ancora state completate.
-\subsection{Le \textit{race condition} e i \textit{deadlock}}
+\subsection{Le \textit{race condition}\index{race condition} e i
+ \textit{deadlock}}
\label{sec:proc_race_cond}
Si definiscono \textit{race condition} tutte quelle situazioni in cui processi
Questa è la ragione per cui l'implementazione dei segnali secondo questa
semantica viene chiamata \textsl{inaffidabile}; infatti la ricezione del
segnale e la reinstallazione del suo manipolatore non sono operazioni
-atomiche, e sono sempre possibili delle race condition (sull'argomento vedi
-quanto detto in \secref{sec:proc_multi_prog}).
+atomiche, e sono sempre possibili delle race condition\index{race condition}
+(sull'argomento vedi quanto detto in \secref{sec:proc_multi_prog}).
Un'altro problema è che in questa semantica non esiste un modo per bloccare i
segnali quando non si vuole che arrivino; i processi possono ignorare il
\secref{sec:sig_sigaction}). Se si è installato un manipolatore sarà
quest'ultimo ad essere eseguito alla notifica del segnale. Inoltre il sistema
farà si che mentre viene eseguito il manipolatore di un segnale, quest'ultimo
-venga automaticamente bloccato (così si possono evitare race condition).
+venga automaticamente bloccato (così si possono evitare race
+condition\index{race condition}).
Nel caso non sia stata specificata un'azione, viene utilizzata l'azione
standard che (come vedremo in \secref{sec:sig_standard}) è propria di ciascun
\label{sec:sig_prog_error}
Questi segnali sono generati quando il sistema, o in certi casi direttamente
-l'hardware (come per i page fault non validi) rileva un qualche errore
-insanabile nel programma in esecuzione. In generale la generazione di questi
-segnali significa che il programma ha dei gravi problemi (ad esempio ha
+l'hardware (come per i \textit{page fault} non validi) rileva un qualche
+errore insanabile nel programma in esecuzione. In generale la generazione di
+questi segnali significa che il programma ha dei gravi problemi (ad esempio ha
dereferenziato un puntatore non valido o ha eseguito una operazione aritmetica
proibita) e l'esecuzione non può essere proseguita.
Le funzioni esaminate finora fanno riferimento ad alle modalità più elementari
della gestione dei segnali; non si sono pertanto ancora prese in
-considerazione le tematiche più complesse, collegate alle varie race condition
-che i segnali possono generare e alla natura asincrona degli stessi.
+considerazione le tematiche più complesse, collegate alle varie race
+condition\index{race condition} che i segnali possono generare e alla natura
+asincrona degli stessi.
Affronteremo queste problematiche in questa sezione, partendo da un esempio
che le evidenzi, per poi prendere in esame le varie funzioni che permettono di
Questo codice però, a parte il non gestire il caso in cui si è avuta una
precedente chiamata a \func{alarm} (che si è tralasciato per brevità),
-presenta una pericolosa race condition. Infatti se il processo viene
-interrotto fra la chiamata di \func{alarm} e \func{pause} può capitare (ad
-esempio se il sistema è molto carico) che il tempo di attesa scada prima
-dell'esecuzione quest'ultima, cosicché essa sarebbe eseguita dopo l'arrivo di
-\macro{SIGALRM}. In questo caso ci si troverebbe di fronte ad un deadlock, in
-quanto \func{pause} non verrebbe mai più interrotta (se non in caso di un
-altro segnale).
+presenta una pericolosa race condition\index{race condition}. Infatti se il
+processo viene interrotto fra la chiamata di \func{alarm} e \func{pause} può
+capitare (ad esempio se il sistema è molto carico) che il tempo di attesa
+scada prima dell'esecuzione quest'ultima, cosicché essa sarebbe eseguita dopo
+l'arrivo di \macro{SIGALRM}. In questo caso ci si troverebbe di fronte ad un
+deadlock, in quanto \func{pause} non verrebbe mai più interrotta (se non in
+caso di un altro segnale).
Questo problema può essere risolto (ed è la modalità con cui veniva fatto in
SVr2) usando la funzione \func{longjmp} (vedi \secref{sec:proc_longjmp}) per
segnale, e prendere le relative azioni conseguenti (\texttt{\small 6-11}).
Questo è il tipico esempio di caso, già citato in \secref{sec:proc_race_cond},
-in cui si genera una race condition; se infatti il segnale arriva
-immediatamente dopo l'esecuzione del controllo (\texttt{\small 6}) ma prima
-della cancellazione del flag (\texttt{\small 7}), la sua occorrenza sarà
-perduta.
+in cui si genera una race condition\index{race condition}; se infatti il
+segnale arriva immediatamente dopo l'esecuzione del controllo (\texttt{\small
+ 6}) ma prima della cancellazione del flag (\texttt{\small 7}), la sua
+occorrenza sarà perduta.
Questi esempi ci mostrano che per una gestione effettiva dei segnali occorrono
funzioni più sofisticate di quelle illustrate finora, che hanno origine dalla
perduta alla conclusione del terminatore.
Benché con l'uso di \func{sigprocmask} si possano risolvere la maggior parte
-dei casi di race condition restano aperte alcune possibilità legate all'uso di
-\func{pause}; il caso è simile a quello del problema illustrato nell'esempio
-di \secref{fig:sig_sleep_incomplete}, e cioè la possibilità che il processo
-riceva il segnale che si intende usare per uscire dallo stato di attesa
-invocato con \func{pause} immediatamente prima dell'esecuzione di
-quest'ultima. Per poter effettuare atomicamente la modifica della maschera dei
-segnali (di solito attivandone uno specifico) insieme alla sospensione del
-processo lo standard POSIX ha previsto la funzione \func{sigsuspend}, il cui
-prototipo è:
+dei casi di race condition\index{race condition} restano aperte alcune
+possibilità legate all'uso di \func{pause}; il caso è simile a quello del
+problema illustrato nell'esempio di \secref{fig:sig_sleep_incomplete}, e cioè
+la possibilità che il processo riceva il segnale che si intende usare per
+uscire dallo stato di attesa invocato con \func{pause} immediatamente prima
+dell'esecuzione di quest'ultima. Per poter effettuare atomicamente la modifica
+della maschera dei segnali (di solito attivandone uno specifico) insieme alla
+sospensione del processo lo standard POSIX ha previsto la funzione
+\func{sigsuspend}, il cui prototipo è:
\begin{prototype}{signal.h}
{int sigsuspend(const sigset\_t *mask)}
\var{sleep\_mask} per riattivare \macro{SIGALRM} all'esecuzione di
\func{sigsuspend}.
-In questo modo non sono più possibili race condition dato che \macro{SIGALRM}
-viene disabilitato con \func{sigprocmask} fino alla chiamata di
-\func{sigsuspend}. Questo metodo è assolutamente generale e può essere
-applicato a qualunque altra situazione in cui si deve attendere per un
+In questo modo non sono più possibili race condition\index{race conditionx}
+dato che \macro{SIGALRM} viene disabilitato con \func{sigprocmask} fino alla
+chiamata di \func{sigsuspend}. Questo metodo è assolutamente generale e può
+essere applicato a qualunque altra situazione in cui si deve attendere per un
segnale, i passi sono sempre i seguenti:
\begin{enumerate}
\item Leggere la maschera dei segnali corrente e bloccare il segnale voluto
user space, e quello impiegato dal kernel nelle system call eseguite per conto
del processo.
-Gli altri tre campi servono a quantificare l'uso della memoria virtuale e
-corrispondono rispettivamente al numero di \textit{page fault}\index{page
- fault} (vedi \secref{sec:proc_mem_gen}) avvenuti senza richiedere I/O (i
-cosiddetti \textit{minor page fault}), a quelli che invece han richiesto I/O
-(detti invece \textit{major page fault}) ed al numero di volte che il processo
-è stato completamente tolto dalla memoria per essere inserito nello swap.
+Gli altri tre campi servono a quantificare l'uso della memoria
+virtuale\index{memoria virtuale} e corrispondono rispettivamente al numero di
+\textit{page fault}\index{page fault} (vedi \secref{sec:proc_mem_gen})
+avvenuti senza richiedere I/O (i cosiddetti \textit{minor page fault}), a
+quelli che invece han richiesto I/O (detti invece \textit{major page fault})
+ed al numero di volte che il processo è stato completamente tolto dalla
+memoria per essere inserito nello swap.
In genere includere esplicitamente \file{<sys/time.h>} non è più necessario,
ma aumenta la portabilità, e serve comunque quando, come nella maggior parte
La gestione della memoria è già stata affrontata in dettaglio in
\secref{sec:proc_memory}; abbiamo visto allora che il kernel provvede il
-meccanismo della memoria virtuale attraverso la divisione della memoria fisica
-in pagine.
+meccanismo della memoria virtuale\index{memoria virtuale} attraverso la
+divisione della memoria fisica in pagine.
In genere questo è del tutto trasparente al singolo processo, ma in certi
-casi, come per l'I/O mappato in memoria (vedi \ref{sec:file_memory_map}) che
-usa lo stesso meccanismo per accedere ai file, è necessario conoscere le
+casi, come per l'I/O mappato in memoria (vedi \secref{sec:file_memory_map})
+che usa lo stesso meccanismo per accedere ai file, è necessario conoscere le
dimensioni delle pagine usate dal kernel. Lo stesso vale quando si vuole
gestire in maniera ottimale l'interazione della memoria allocata con il
meccanismo della paginazione.
utilizzare una funzione.
In genere questa dimensione può essere ottenuta attraverso una chiamata a
-\func{sysconf} come \func{sysconf(\_SC\_PAGESIZE)}, ma in BSD 4.2 è stata
+\func{sysconf} come \code{sysconf(\_SC\_PAGESIZE)}, ma in BSD 4.2 è stata
introdotta una apposita funzione, \func{getpagesize}, che restituisce la
dimensione delle pagine di memoria; il suo prototipo è:
\begin{prototype}{unistd.h}{int getpagesize(void)}