basso livello, che non provvede nessuna forma di formattazione dei dati e
nessuna forma di bufferizzazione per ottimizzare le operazioni di I/O.
-In \textit{Advanced Programming in the Unix Environment} Stevens descrive una
-serie di test sull'influenza delle dimensioni del blocco di dati (il parametro
-\param{buf} di \func{read} e \func{write}) nell'efficienza nelle operazioni di
-I/O con i file descriptor, evidenziando come le prestazioni ottimali si
-ottengano a partire da dimensioni del buffer dei dati pari a quelle dei
-blocchi del filesystem (il valore dato dal campo \var{st\_blksize} di
-\var{fstat}).
+In \cite{APUE} Stevens descrive una serie di test sull'influenza delle
+dimensioni del blocco di dati (il parametro \param{buf} di \func{read} e
+\func{write}) nell'efficienza nelle operazioni di I/O con i file descriptor,
+evidenziando come le prestazioni ottimali si ottengano a partire da dimensioni
+del buffer dei dati pari a quelle dei blocchi del filesystem (il valore dato
+dal campo \var{st\_blksize} di \var{fstat}).
Se il programmatore non si cura di effettuare le operazioni in blocchi di
dimensioni adeguate, le prestazioni sono inferiori. La caratteristica
\subsection{Apertura e chiusura di uno stream}
\label{sec:file_fopen}
-Le funzioni che si possono usare per aprire uno stream sono solo
-tre\footnote{\func{fopen} e \func{freopen} fanno parte dello standard
- ANSI C, \func{fdopen} è parte dello standard POSIX.1.}, i loro
-prototipi sono:
+Le funzioni che si possono usare per aprire uno stream sono solo tre:
+\func{fopen}, \func{fdopen} e \func{freopen}\footnote{\func{fopen} e
+ \func{freopen} fanno parte dello standard ANSI C, \func{fdopen} è parte
+ dello standard POSIX.1.}, i loro prototipi sono:
\begin{functions}
\headdecl{stdio.h}
\funcdecl{FILE *fopen(const char *path, const char *mode)}
blocchi di dati binari in maniera compatta e veloce; un primo caso di uso
tipico è quello in cui si salva un vettore (o un certo numero dei suoi
elementi) con una chiamata del tipo:
+\footnotesize
\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
int WriteVect(FILE *stream, double *vec, size_t nelem)
{
return nread;
}
\end{lstlisting}
+\normalsize
in questo caso devono essere specificate le dimensioni di ciascun
elemento ed il numero di quelli che si vogliono scrivere. Un secondo
caso è invece quello in cui si vuole trasferire su file una struttura;
si avrà allora una chiamata tipo:
+\footnotesize
\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
struct histogram {
int nbins;
return nread;
}
\end{lstlisting}
+\normalsize
in cui si specifica la dimensione dell'intera struttura ed un solo
elemento.
mentre \func{fgets} aggiunge uno zero dopo il \textit{newline}, che resta
dentro la stringa. Se la lettura incontra la fine del file (o c'è un errore)
viene restituito un \macro{NULL}, ed il buffer \param{buf} non viene toccato.
-
L'uso di \func{gets} è deprecato e deve essere assolutamente evitato; la
funzione infatti non controlla il numero di byte letti, per cui nel caso
la stringa letta superi le dimensioni del buffer, si avrà un
La parte più complessa di queste funzioni è il formato della stringa
\param{format} che indica le conversioni da fare, da cui poi deriva il numero
-dei parametri che dovranno essere passati a seguire. La stringa è costituita
-da caratteri normali (tutti eccetto \texttt{\%}), che vengono passati
-invariati all'output, e da direttive di conversione, in cui devono essere
-sempre presenti il carattere \texttt{\%}, che introduce la direttiva, ed uno
-degli specificatori di conversione (riportati in \ntab) che la conclude.
+dei parametri che dovranno essere passati a seguire.
\begin{table}[htb]
\centering
\label{tab:file_format_spec}
\end{table}
+La stringa è costituita da caratteri normali (tutti eccetto \texttt{\%}), che
+vengono passati invariati all'output, e da direttive di conversione, in cui
+devono essere sempre presenti il carattere \texttt{\%}, che introduce la
+direttiva, ed uno degli specificatori di conversione (riportati in
+\tabref{tab:file_format_spec}) che la conclude.
+
+\begin{table}[htb]
+ \centering
+ \footnotesize
+ \begin{tabular}[c]{|l|p{10cm}|}
+ \hline
+ \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
+ \hline
+ \hline
+ \cmd{\#} & Chiede la conversione in forma alternativa. \\
+ \cmd{0} & La conversione è riempita con zeri alla sinistra del valore.\\
+ \cmd{-} & La conversione viene allineata a sinistra sul bordo del campo.\\
+ \cmd{' '}& Mette uno spazio prima di un numero con segno di valore
+ positivo\\
+ \cmd{+} & Mette sempre il segno ($+$ o $-$) prima di un numero.\\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{I valori dei flag per il formato di \func{printf}}
+ \label{tab:file_format_flag}
+\end{table}
+
Il formato di una direttiva di conversione prevede una serie di possibili
elementi opzionali oltre al \cmd{\%} e allo specificatore di conversione. In
generale essa è sempre del tipo:
\end{itemize*}
-\begin{table}[htb]
- \centering
- \footnotesize
- \begin{tabular}[c]{|l|p{10cm}|}
- \hline
- \textbf{Valore} & \textbf{Significato}\\
- \hline
- \hline
- \cmd{\#} & Chiede la conversione in forma alternativa. \\
- \cmd{0} & La conversione è riempita con zeri alla sinistra del valore.\\
- \cmd{-} & La conversione viene allineata a sinistra sul bordo del campo.\\
- \cmd{' '}& Mette uno spazio prima di un numero con segno di valore
- positivo\\
- \cmd{+} & Mette sempre il segno ($+$ o $-$) prima di un numero.\\
- \hline
- \end{tabular}
- \caption{I valori dei flag per il formato di \func{printf}}
- \label{tab:file_format_flag}
-\end{table}
-
Dettagli ulteriori sulle varie opzioni possono essere trovati nella man page
di \func{printf} e nella documentazione delle \acr{glibc}.
errore.}
\end{functions}
-In Linux, a partire dalle glibc 2.1, sono presenti anche le funzioni
-\func{fseeko} e \func{ftello}, assolutamente identiche alle precedenti ma con
-argomenti di tipo \type{off\_t} anziché di tipo \type{long int}.
+In Linux, a partire dalle glibc 2.1, sono presenti anche le due funzioni
+\func{fseeko} e \func{ftello}, che assolutamente identiche alle precedenti
+\func{fseek} e \func{ftell} ma hanno argomenti di tipo \type{off\_t} anziché
+di tipo \type{long int}.
da \param{mode}, usando \param{buf} come buffer di lunghezza \param{size}.
\bodydesc{Restituisce zero in caso di successo, ed un valore qualunque in
- caso di errore.}
+ caso di errore, nel qual caso \var{errno} viene settata opportunamente.}
\end{prototype}
La funzione permette di controllare tutti gli aspetti della bufferizzazione;
Dato che la procedura di allocazione manuale è macchinosa, comporta dei rischi
(come delle scritture accidentali sul buffer) e non assicura la scelta delle
dimensioni ottimali, è sempre meglio lasciare allocare il buffer alle funzioni
-di librerie, che sono in grado di farlo in maniera ottimale e trasparente
+di libreria, che sono in grado di farlo in maniera ottimale e trasparente
all'utente (in quanto la disallocazione avviene automaticamente). Inoltre
siccome alcune implementazioni usano parte del buffer per mantenere delle
informazioni di controllo, non è detto che le dimensioni dello stesso
-coincidano con le dimensioni con cui viene effettuato l'I/O.
-
-Per evitare che \func{setvbuf} setti il buffer basta passare un valore
-\macro{NULL} per \param{buf} e la funzione ignorerà il parametro \param{size}
-usando il buffer allocato automaticamente dal sistema. Si potrà comunque
-modificare la modalità di bufferizzazione, passando in \param{mode} uno degli
-opportuni valori elencati in \ntab. Qualora si specifichi la modalità non
-bufferizzata i valori di \param{buf} e \param{size} vengono sempre ignorati.
+coincidano con quelle su cui viene effettuato l'I/O.
\begin{table}[htb]
\centering
\macro{\_IOFBF} & \textit{fully buffered}\\
\hline
\end{tabular}
- \label{tab:file_stream_buf_mode}
\caption{Valori del parametro \param{mode} di \func{setvbuf}
per il settaggio delle modalità di bufferizzazione.}
+ \label{tab:file_stream_buf_mode}
\end{table}
+Per evitare che \func{setvbuf} setti il buffer basta passare un valore
+\macro{NULL} per \param{buf} e la funzione ignorerà il parametro \param{size}
+usando il buffer allocato automaticamente dal sistema. Si potrà comunque
+modificare la modalità di bufferizzazione, passando in \param{mode} uno degli
+opportuni valori elencati in \tabref{tab:file_stream_buf_mode}. Qualora si
+specifichi la modalità non bufferizzata i valori di \param{buf} e \param{size}
+vengono sempre ignorati.
+
Oltre a \func{setvbuf} le \acr{glibc} definiscono altre tre funzioni per la
gestione della bufferizzazione di uno stream: \func{setbuf}, \func{setbuffer}
e \func{setlinebuf}, i loro prototipi sono:
I segnali sono il primo e più semplice meccanismo di comunicazione nei
confronti dei processi. Non portano con se nessuna informazione che non sia il
-loro tipo, si tratta in sostanza di un'interruzione software portata ad un
+loro tipo; si tratta in sostanza di un'interruzione software portata ad un
processo.
-In genere i segnali vengono usati dal kernel per riportare situazioni
+In genere essi vengono usati dal kernel per riportare ai processi situazioni
eccezionali (come errori di accesso, eccezioni aritmetiche, etc.) ma possono
anche essere usati come forma elementare di comunicazione fra processi (ad
esempio vengono usati per il controllo di sessione), per notificare eventi
-(come la terminazione di un processo figlio), etc.
+(come la terminazione di un processo figlio), ecc.
+In questo capitolo esamineremo i vari aspetti della gestione dei segnali,
+partendo da una introduzione relativa ai concetti base con cui essi vengono
+realizzati, per poi affrontarne la classificazione a secondo di uso e modalità
+di generazionem fino ad esaminare in dettaglio funzioni e le metodologie di
+gestione.
-\section{I concetti base}
+\section{Introduzione}
+\label{sec:sig_intro}
+
+In questa sezione esamineremo i concetti base dei segnali, introducendo le
+caratteristiche essenziali con cui il sistema interagisce con i processi
+attraverso di essi.
+
+
+\subsection{I concetti base}
\label{sec:sig_base}
Come il nome stesso indica i segnali sono usati per notificare ad un processo
-l'occorrenza di un evento eccezionale. Gli eventi che possono generare un
-segnale sono vari; un breve elenco di possibile cause è il seguente:
+l'occorrenza di un qualche evento. Gli eventi che possono generare un segnale
+sono vari; un breve elenco di possibili cause per l'emissione di un segnale è
+il seguente:
\begin{itemize*}
\item un errore del programma, come una divisione per zero o un tentativo di
essere eseguita.
\item una richiesta dell'utente di terminare o fermare il programma. In genere
si realizza attraverso un segnale mandato dalla shell in corrispondenza
- della pressione di tasti del terminale come 'ctrl-c' o 'ctrl-z'.
+ della pressione di tasti del terminale come \code{C-c} o
+ \code{C-z}\footnote{indichiamo con \code{C-x} la pressione simultanea al
+ tasto \code{x} del tasto control (ctrl in molte tastiere)}.
\item l'esecuzione di una \func{kill} o di una \func{raise} da parte del
processo stesso o di un'altro (solo nel caso della \func{kill}).
\end{itemize*}
-Ciascuno di questi eventi (tranne gli ultimi due che sono controllati
-dall'utente) comporta l'intervento diretto da parte del kernel che causa la
-generazione un particolare tipo di segnale.
+Ciascuno di questi eventi (compresi gli ultimi due che pure sono controllati
+dall'utente o da un altro processo) comporta l'intervento diretto da parte del
+kernel che causa la generazione un particolare tipo di segnale.
+
+Quando un processo riceve un segnale, invece del normale corso del programma,
+viene eseguita una azione di default o una apposita routine di gestione (il
+cosiddetto \textit{signal handler} o \textsl{manipolatore}) che può essere
+stata specificata dall'utente (nel qual caso si dice che si
+\textsl{intercetta} il segnale).
\subsection{Le modalità di funzionamento}
\label{sec:sig_semantics}
-Quando un processo riceve un segnale il kernel esegue una azione di default o
-una apposita routine di gestione (il cosiddetto \textit{signal handler} o
-\textsl{manipolatore}) che può essere specificata dall'utente (nel qual caso
-si dice che si \textsl{intercetta} il segnale). Negli anni il comportamento
-del sistema in risposta ai segnali è stato modificato in vari modi nelle
-differenti implementazioni di unix. Si possono individuare due tipologie
-fondamentali di comportamento dei segnali (dette semantiche) che vengono
-chiamate rispettivamente \textit{reliable} e \textit{unreliable}.
-
-Nella semantica \textit{unreliable} (quella implementata dalle prime versioni
-di unix) la routine di gestione del segnale specificata dall'utente non resta
-installata una volta chiamata; è perciò a carico dell'utente stesso ripetere
-l'installazione all'interno della routine di gestione stessa in tutti i casi
-in cui si vuole che il signal handler esterno resti attivo.
+Negli anni il comportamento del sistema in risposta ai segnali è stato
+modificato in vari modi nelle differenti implementazioni di Unix. Si possono
+individuare due tipologie fondamentali di comportamento dei segnali (dette
+semantiche) che vengono chiamate rispettivamente semantica \textsl{affidabile}
+(o \textit{reliable}) e semantica \textsl{inaffidabile} (o
+\textit{unreliable}).
+
+Nella semantica \textsl{inaffidabile} (quella implementata dalle prime
+versioni di unix) la routine di gestione del segnale specificata dall'utente
+non resta attiva una volta che è stata eseguita; è perciò compito dell'utente
+stesso ripetere l'installazione della stessa all'interno della routine di
+gestione, in tutti i casi in cui si vuole che il manipolatore esterno resti
+attivo.
In questo caso è possibile una situazione in cui i segnali possono essere
perduti; si consideri il seguente segmento di codice in cui la prima
-operazione del manipolatore è quella di reinstallare se stesso:
+operazione del manipolatore è quella di reinstallare se stesso:
+
\footnotesize
\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
int sig_handler(); /* handler function */
terminazione del processo).
Questa è la ragione per cui l'implementazione dei segnali secondo questa
-semantica viene chiamata \textit{inaffidabile}, in quanto la ricezione del
+semantica viene chiamata \textsl{inaffidabile}, in quanto la ricezione del
segnale e la reinstallazione del suo manipolatore non sono operazioni
-atomiche.
-
-Un'altro problema è che in questa semantica è che non esiste un modo per
-bloccare i segnali quando non si vuole che arrivino; i processi possono si
-ignorare il segnale, ma non è possibile istruire il sistema a non fare nulla
-in occasione di un segnale, pur mantenendo memoria del fatto che è avvenuto.
-
-Un caso classico, riportato da Stevens, in cui si incontra questo problema, è
-quello in cui si usa il manipolatore per settare un flag che riporta al
-processo l'occorrenza del segnale. Si consideri il seguente segmento di
-codice il cui scopo sarebbe quello di fermare il processo fino all'occorrenza
-di un opportuno segnale:
+atomiche, e sono sempre possibili delle race condition (sull'argomento vedi
+quanto detto in \secref{sec:proc_multi_prog}).
+
+Un'altro problema è che in questa semantica non esiste un modo per bloccare i
+segnali quando non si vuole che arrivino; i processi possono ignorare il
+segnale, ma non è possibile istruire il sistema a non fare nulla in occasione
+di un segnale, pur mantenendo memoria del fatto che è avvenuto.
+
+Un caso classico in cui si incontra questo problema, è quello in cui si usa il
+manipolatore per settare un flag che riporta al processo l'occorrenza del
+segnale, così che questo possa prendere provvedimenti al di fuori del
+manipolatore. Si consideri il seguente segmento di codice il cui scopo sarebbe
+quello di fermare il processo fino all'occorrenza di un opportuno segnale:
+
\footnotesize
\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
int signal_flag = 0;
-main ()
+main()
{
int sig_handler(); /* handler function */
...
% sia \texttt{EINTR}.
Questo ci mostra ad esempio come con la semantica inaffidabile non esista una
-modalità semplice per ottenere una operazione di pausa atomica (cioè mandare
-in sleep un processo fino all'arrivo di un segnale).
+modalità semplice per ottenere una operazione di pausa (cioè mandare in sleep
+un processo fino all'arrivo di un segnale).
-Nella semantica \textit{reliable} (quella utilizzata da Linux e da ogni Unix
-moderno) invece il signal handler una volta installato resta attivo e non si
-hanno tutti i problemi precedenti. In questa semantica i segnali vengono
+Nella semantica \textsl{affidabile} (quella utilizzata da Linux e da ogni Unix
+moderno) il manipolatore una volta installato resta attivo e non si hanno
+tutti i problemi precedenti. In questa semantica i segnali vengono
\textsl{generati} dal kernel per un processo all'occorrenza dell'evento che
-causa il segnale. In genere questo viene fatto dal kernel settando un flag
-nella process table del processo.
+causa il segnale. In genere questo viene fatto dal kernel settando l'apposito
+campo della \var{task\_struct} del processo nella process table (si veda
+\figref{fig:proc_task_struct}).
Si dice che il segnale viene \textsl{consegnato} al processo (dall'inglese
\textit{delivered}) quando viene eseguita l'azione per esso prevista, mentre
per tutto il tempo che passa fra la generazione del segnale e la sua consegna
-esso è detto \textsl{pendente}. In genere questa procedura viene effettuata
-dal kernel quando, riprendendo l'esecuzione del processo in questione, verifica
-la presenza del flag del segnale nella process table.
+esso è detto \textsl{pendente} (o \textit{pending}). In genere questa
+procedura viene effettuata dallo scheduler quando, riprendendo l'esecuzione
+del processo in questione, verifica la presenza del segnale nella
+\var{task\_struct} e mette in esecuzione il manipolatore.
In questa semantica un processo ha la possibilità di bloccare la consegna dei
-segnali, in questo caso se l'azione per il suddetto segnale non è quella di
+segnali, in questo caso, se l'azione per il suddetto segnale non è quella di
ignorarlo, il segnale resta \textsl{pendente} fintanto che il processo non lo
sblocca (nel qual caso viene consegnato) o setta l'azione di default per
-ignorarlo.
+ignorarlo.
-Si tenga presente kernel stabilisce cosa fare con un segnale che è stato
-bloccato al momento della consegna, non quando viene generato; questo consente
-di cambiare l'azione per il segnale prima che esso venga consegnato, e si può
-usare la funzione \func{sigpending} (vedi \secref{sec:sig_sigpending}) per
-determinare quali segnali sono bloccati e quali sono pendenti.
+Si tenga presente che il kernel stabilisce cosa fare con un segnale che è
+stato bloccato al momento della consegna, non quando viene generato; questo
+consente di cambiare l'azione per il segnale prima che esso venga consegnato,
+e si può usare la funzione \func{sigpending} (vedi
+\secref{sec:sig_sigpending}) per determinare quali segnali sono bloccati e
+quali sono pendenti.
\subsection{Tipi di segnali}
\label{sec:sig_types}
-In generale gli eventi che generano i segnali si possono dividere in tre
-categorie principali: errori, eventi e richieste esplicite.
+In generale gli eventi che generano segnali si possono dividere in tre
+categorie principali: errori, eventi esterni e richieste esplicite.
Un errore significa che un programma ha fatto qualcosa di sbagliato e non può
continuare ad essere eseguito. Non tutti gli errori causano dei segnali, in
viene fatta usualmente dalla shell quando l'utente invoca la sequenza di tasti
di stop o di suspend, ma può essere pure inserita all'interno di un programma.
-Si dice poi che i segnali possono essere \textit{asincroni} o
-\textit{sincroni}. Un segnale sincrono è legato ad una azione specifica di un
-programma ed è inviato (a meno che non sia bloccato) durante tale azione;
-molti errori generano segnali sincroni, così come la richiesta esplicita da
-parte del processo tramite le chiamate al sistema. Alcuni errori come la
-divisione per zero non sono completamente sincroni e possono arrivare dopo
-qualche istruzione.
+Si dice poi che i segnali possono essere \textsl{asincroni} o
+\textsl{sincroni}. Un segnale \textsl{sincrono} è legato ad una azione
+specifica di un programma ed è inviato (a meno che non sia bloccato) durante
+tale azione; molti errori generano segnali \textsl{sincroni}, così come la
+richiesta esplicita da parte del processo tramite le chiamate al sistema.
+Alcuni errori come la divisione per zero non sono completamente sincroni e
+possono arrivare dopo qualche istruzione.
-I segnali asincroni sono generati da eventi fuori dal controllo del processo
-che li riceve e arrivano in tempi impredicibili nel corso dell'esecuzione del
-programma. Eventi esterni come la terminazione di un processo figlio generano
-segnali asincroni, così come le richieste di generazione di un segnale
-effettuate da altri processi.
+I segnali \textsl{asincroni} sono generati da eventi fuori dal controllo del
+processo che li riceve, e arrivano in tempi impredicibili nel corso
+dell'esecuzione del programma. Eventi esterni come la terminazione di un
+processo figlio generano segnali \textsl{asincroni}, così come le richieste di
+generazione di un segnale effettuate da altri processi.
In generale un tipo di segnale o è sincrono o è asincrono, salvo il caso in
cui esso sia generato attraverso una richiesta esplicita tramite chiamata al
chiamata) può diventare sincrono o asincrono a seconda che sia generato
internamente o esternamente al processo.
+
\subsection{La notifica dei segnali}
\label{sec:sig_notification}
-Quando un segnale viene generato il kernel prende nota del fatto; si dice così
-che diventa \textit{pending} (sospeso), e rimarrà tale fino al momento in cui
-verrà notificato al processo a cui deve essere inviato.
-
-Normalmente l'invio al processo che deve ricevere il segnale è immediato, a
-meno che il segnale in questione non sia stato bloccato (\textit{blocked}) nel
-qual caso l'invio non avviene ed il segnale resta sospeso indefinitamente. Una
-volta però che esso venga sbloccato il segnale sarà subito notificato.
+Come accennato quando un segnale viene generato, se la sua azione di default
+non è quella di essere ignorato, il kernel prende nota del fatto nella
+\var{task\_struct} del processo; si dice così che il segnale diventa
+\textsl{pendente} (o \textit{pending}), e rimane tale fino al momento in cui
+verrà notificato al processo (o verrà specificata come azione di default
+quella di ingorarlo).
+
+Normalmente l'invio al processo che deve ricevere il segnale è immediato ed
+avviene non appena questo viene rimesso in esecuzione dallo scheduler che
+esegue l'azione specificata. Questo a meno che il segnale in questione non sia
+stato bloccato prima della notifica, nel qual caso l'invio non avviene ed il
+segnale resta \textsl{pendente} indefinitamente. Quando lo si sblocca il
+segnale \textsl{pendente} sarà subito notificato.
+
+Si ricordi però che se l'azione specificata per un segnale è quella di essere
+ignorato questo sarà scartato immediatamente al momento della sua generazione,
+e questo anche se in quel momento il segnale è bloccato (perché ciò che viene
+bloccata è la notifica). Per questo motivo un segnale, fintanto che viene
+ignorato, non sarà mai notificato, anche se è stato bloccato ed in seguito si
+è specificata una azione diversa (nel qual caso solo i segnali successivi alla
+nuova specificazione saranno notificati).
Una volta che il segnale viene notificato (che questo avvenga subito o dopo
una attesa più o meno lunga) viene eseguita l'azione specificata per detto
segnale. Per alcuni segnali (\macro{SIGKILL} e \macro{SIGSTOP}) questa azione
-è fissa e non può essere cambiata, ma per tutti gli altri il programma può
-specificare una scelta fra le tre seguenti:
+è fissa e non può essere cambiata, ma per tutti gli altri si può specificare
+una scelta fra le tre seguenti:
\begin{itemize*}
-\item ignorare il segnale.
-\item catturare il segnale, ed utilizzare il manipolatore (\textit{signal
- handler}) specificato.
+\item \textsl{ignorare} il segnale.
+\item \textsl{catturare} il segnale, ed utilizzare il manipolatore
+ specificato.
\item accettare l'azione di default per quel segnale.
\end{itemize*}
-Il programma può specificare queste scelte usano le due routine
-\func{signal} e \func{sigaction}; se si è installato un manipolatore sarà
-quest'ultimo a intercettare il segnale ed ad essere eseguito, e mentre viene
-eseguito (onde evitare race conditions) il segnale viene bloccato.
-
-Se l'azione specificata per un certo tipo di segnale è quella di ignorarlo
-questo sarà scartato immediatamente ogni volta che verrà generato, e questo
-avverrà anche se in quel momento il segnale è bloccato. Per questo un segnale
-ignorato non sarà mai notificato, anche se in seguito si sarà specificata una
-diversa azione per lo stesso segnale.
+Un programma può specificare queste scelte usano le due funzioni \func{signal}
+e \func{sigaction} (vedi \secref{sec:sig_signal} e ); se si è installato un
+manipolatore sarà quest'ultimo ad essere eseguito alla notifica del segnale.
+Inoltre il sistema fa si che mentre viene eseguito il manipolatore di un
+segnale, questo ultimo venga automaticamente bloccato (così si possono evitare
+race condition).
Se arriva un segnale per il quale non è stato specificata un'azione viene
utilizzata l'azione standard. Questa è diversa da segnale a segnale (come
-vedremo in \secref{sec:sig_standard}) ma per la maggior parte essa comporta la
-terminazione del processo, per alcuni che invece rappresentano eventi innocui
-l'azione standard è di non fare nulla.
+vedremo in \secref{sec:sig_standard}); nella maggior parte dei casi essa
+comporta la terminazione del processo, per alcuni segnali che rappresentano
+eventi innocui invece l'azione di default è quella di essere ignorati.
Quando un segnale termina un processo, il padre può determinare la causa della
terminazione esaminando il codice di stato riportato delle funzioni
-\func{wait} e \func{waitpid} in cui è riportato anche se la causa è un
-segnale e nel caso quale; questo è il modo in cui la shell determina i motivi
-della terminazione di un programma e scrive un eventuale messaggio di errore.
+\func{wait} e \func{waitpid} (vedi \secref{sec:proc_wait}); questo è il modo
+in cui la shell determina i motivi della terminazione di un programma e scrive
+un eventuale messaggio di errore.
I segnali che rappresentano errori del programma (divisione per zero o
-violazioni di accesso) hanno anche la caratteristica di scrivere un file
-\textit{core dump} che registra lo stato del processo prima della terminazione
-e può essere esaminato da un debugger per investigare sulla causa dell'errore.
-Lo stesso avviene se i suddetti segnale vengono generati artificialmente con
-una \func{kill}.
+violazioni di accesso) hanno anche la caratteristica di scrivere un file di
+\textit{core dump} che registra lo stato del processo prima della
+terminazione, che e può essere esaminato da un debugger per investigare sulla
+causa dell'errore. Lo stesso avviene se i suddetti segnale vengono generati
+con una \func{kill}.
+
+\section{La classificazione dei segnali}
+\label{sec:sig_classification}
+Esamineremo in questa sezione i vari segnali definiti nel sistema, le loro
+caratteristiche e tipologia, le varie macro e costanti che permettono di
+identificarli, e le funzioni che ne stampano la descrizione.
-\section{I segnali standard}
+
+\subsection{I segnali standard}
\label{sec:sig_standard}
-Esaminiamo ora i vari segnali disponibili e le loro caratteristiche.
Ciascun segnale è identificato rispetto al sistema da un numero, ma l'uso
diretto di questo numero da parte dei programmi è da evitare, in quanto esso
-può variare a seconda dell'implementazione del sistema.
-
-Per questo ad ogni tipo di segnale viene associato un nome, che corrisponde,
-tramite una macro di preprocessore, al suddetto numero. Sono questi nomi, che
-sono standardizzati e uniformi rispetto alle varie implementazioni, che si
-devono usare nei programmi. Tutti i nomi e le funzioni che concernono i
-segnali sono definiti nell'header di sistema \file{signal.h}.
+può variare a seconda dell'implementazione del sistema.
-Il numero totale di segnali presenti è dato dalla macro \macro{NSIG}, e dato
-che i numeri dei segnali sono allocati progressivamente, essa corrisponde
-anche al successivo del valore numerico assegnato all'ultimo segnale definito.
-In \ntab\ si è riportato l'elenco completo dei segnali definiti in Linux
-(estratto dalle man page), comparati con quelli definiti in vari standard.
\begin{table}[htb]
\footnotesize
\centering
- \begin{tabular}[c]{|l|c|c|c||c|p{6cm}|}
+ \begin{tabular}[c]{|l|c|c|p{8cm}|}
\hline
- Segnale & POSIX.1 & SUSv2 & Linux &Azione & Descrizione \\
+ \textbf{Segnale}&\textbf{Standard}&\textbf{Azione}&\textbf{Descrizione} \\
\hline
\hline
- SIGHUP &$\bullet$&&$\bullet$& A & Hangup o
- fine del processo di controllo \\
- SIGINT &$\bullet$&&$\bullet$& A & Interrupt da tastiera (\cmd{C-c})\\
- SIGQUIT &$\bullet$&&$\bullet$& C & Quit da tastiera (\cmd{C-y}) \\
- SIGILL &$\bullet$&&$\bullet$& C & Istruzione illegale\\
- SIGABRT &$\bullet$&&$\bullet$& C & Segnale di Abort da \func{abort} \\
- SIGFPE &$\bullet$&&$\bullet$& C & Errore aritmetico\\
- SIGKILL &$\bullet$&&$\bullet$& AEF & Segnale di terminazione forzata \\
- SIGSEGV &$\bullet$&&$\bullet$& C & Errore di accesso in memoria\\
- SIGPIPE &$\bullet$&&$\bullet$& A & Pipe spezzata\\
- SIGALRM &$\bullet$&&$\bullet$& A & Segnale del timer da \func{alarm} \\
- SIGTERM &$\bullet$&&$\bullet$& A & Segnale di terminazione \verb|C-\|\\
- SIGUSR1 &$\bullet$&&$\bullet$& A & User-defined signal 1\\
- SIGUSR2 &$\bullet$&&$\bullet$& A & User-defined signal 2\\
- SIGCHLD &$\bullet$&&$\bullet$& B & Child stopped or terminated\\
- SIGCONT &$\bullet$&&$\bullet$& & Continue if stopped\\
- SIGSTOP &$\bullet$&&$\bullet$& DEF & Stop process\\
- SIGTSTP &$\bullet$&&$\bullet$& D & Stop typed at tty \\
- SIGTTIN &$\bullet$&&$\bullet$& D & tty input for background process \\
- SIGTTOU &$\bullet$&&$\bullet$& D & tty output for background process \\
- SIGBUS &&$\bullet$&$\bullet$& C & Bus error (bad memory access) \\
- SIGPOLL &&$\bullet$&$\bullet$& A & Pollable event (Sys V). Synonym of SIGIO\\
- SIGPROF &&$\bullet$&$\bullet$& A & Profiling timer expired \\
- SIGSYS &&$\bullet$&$\bullet$& C & Bad argument to routine (SVID)\\
- SIGTRAP &&$\bullet$&$\bullet$& C & Trace/breakpoint trap \\
- SIGURG &&$\bullet$&$\bullet$& B & Urgent condition on socket (4.2 BSD)\\
- SIGVTALRM &&$\bullet$&$\bullet$& A & Virtual alarm clock (4.2 BSD) \\
- SIGXCPU &&$\bullet$&$\bullet$& C & CPU time limit exceeded (4.2 BSD) \\
- SIGXFSZ &&$\bullet$&$\bullet$& C & File size limit exceeded (4.2 BSD)\\
- SIGIOT &&&$\bullet$& C & IOT trap. A synonym for SIGABRT \\
- SIGEMT &&&$\bullet$& & \\
- SIGSTKFLT &&&$\bullet$& A & Stack fault on coprocessor \\
- SIGIO &&&$\bullet$& A & I/O now possible (4.2 BSD) \\
- SIGCLD &&&$\bullet$& & A synonym for SIGCHLD \\
- SIGPWR &&&$\bullet$& A & Power failure (System V) \\
- SIGINFO &&&$\bullet$& & A synonym for SIGPWR \\
- SIGLOST &&&$\bullet$& A & File lock lost \\
- SIGWINCH &&&$\bullet$& B & Window resize signal (4.3 BSD, Sun) \\
- SIGUNUSED &&&$\bullet$& A & Unused signal (will be SIGSYS) \\
+ \macro{SIGHUP} &PL& A &Hangup o fine del processo di controllo\\
+ \macro{SIGINT} &PL& A &Interrupt da tastiera (\cmd{C-c})\\
+ \macro{SIGQUIT} &PL& C &Quit da tastiera (\cmd{C-y}) \\
+ \macro{SIGILL} &PL& C & Istruzione illegale\\
+ \macro{SIGABRT} &PL& C & Segnale di abort da \func{abort} \\
+ \macro{SIGFPE} &PL& C & Errore aritmetico\\
+ \macro{SIGKILL} &PL&AEF& Segnale di terminazione forzata \\
+ \macro{SIGSEGV} &PL& C & Errore di accesso in memoria\\
+ \macro{SIGPIPE} &PL& A & Pipe spezzata\\
+ \macro{SIGALRM} &PL& A & Segnale del timer da \func{alarm} \\
+ \macro{SIGTERM} &PL& A & Segnale di terminazione \verb|C-\|\\
+ \macro{SIGUSR1} &PL& A & Segnale utente numero 1\\
+ \macro{SIGUSR2} &PL& A & Segnale utente numero 2\\
+ \macro{SIGCHLD} &PL& B & Figlio terminato o fermato\\
+ \macro{SIGCONT} &PL& & Continua se fermato\\
+ \macro{SIGSTOP} &PL&DEF& Ferma il processo\\
+ \macro{SIGTSTP} &PL& D & Stop typed at tty \\
+ \macro{SIGTTIN} &PL& D & Input sul terminale per un processo
+ in background\\
+ \macro{SIGTTOU} &PL& D & Output sul terminale per un processo
+ in background\\
+ \macro{SIGBUS} &SL& C & Errore sul bus (bad memory access) \\
+ \macro{SIGPOLL} &SL& A & Pollable event (Sys V).
+ Sinonimo di \macro{SIGIO}\\
+ \macro{SIGPROF} &SL& A & Timer del profiling scaduto \\
+ \macro{SIGSYS} &SL& C & Bad argument to routine (SVID)\\
+ \macro{SIGTRAP} &SL & C & Trace/breakpoint trap \\
+ \macro{SIGURG} &SLB& B & Urgent condition on socket\\
+ \macro{SIGVTALRM}&SLB& A & Virtual alarm clock\\
+ \macro{SIGXCPU} &SLB& C & Ecceduto il limite sul CPU time\\
+ \macro{SIGXFSZ} &SLB& C & Ecceduto il limite sulla dimezsione dei file\\
+ \macro{SIGIOT} &L & C & IOT trap. A synonym for SIGABRT \\
+ \macro{SIGEMT} &L & & \\
+ \macro{SIGSTKFLT}&L & A & Stack fault on coprocessor \\
+ \macro{SIGIO} &LB& A & I/O now possible (4.2 BSD) \\
+ \macro{SIGCLD} &L & & A synonym for SIGCHLD \\
+ \macro{SIGPWR} &L & A & Power failure (System V) \\
+ \macro{SIGINFO} &L & & A synonym for SIGPWR \\
+ \macro{SIGLOST} &L & A & File lock lost \\
+ \macro{SIGWINCH} &LB& B & Window resize signal (4.3 BSD, Sun) \\
+ \macro{SIGUNUSED}&L & A & Unused signal (will be SIGSYS) \\
\hline
\end{tabular}
- \caption{Lista dei segnali in Linux}
+ \caption{Lista dei segnali in Linux.}
\label{tab:sig_signal_list}
\end{table}
-in \curtab\ si sono riportate le azioni di default di ciascun segnale
-(riassunte con delle lettere, la cui legenda completa è in \ntab), quando
-nessun manipolatore è installato un segnale può essere ignorato o causare la
-terminazione del processo.
-In alcuni casi alla terminazione del processo è associata la creazione di un
-file (posto nella directory corrente del processo e chiamato \file{core}) su
-cui viene salvata un'immagine della memoria del processo (il cosiddetto
-\textit{core dump}), che può essere usata da un debugger per esaminare lo
-stato dello stack e delle variabili al momento della ricezione del segnale.
+Per questo motivo ad ogni segnale viene associato un nome, che corrisponde,
+tramite una macro di preprocessore, al suddetto numero. Sono questi nomi, che
+sono standardizzati e sostanzialemnte uniformi rispetto alle varie
+implementazioni, che si devono usare nei programmi. Tutti i nomi e le funzioni
+che concernono i segnali sono definiti nell'header di sistema \file{signal.h}.
+
+Il numero totale di segnali presenti è dato dalla macro \macro{NSIG}, e dato
+che i numeri dei segnali sono allocati progressivamente, essa corrisponde
+anche al successivo del valore numerico assegnato all'ultimo segnale definito.
+In \tabref{tab:sig_signal_list} si è riportato l'elenco completo dei segnali
+definiti in Linux (estratto dalle man page), comparati con quelli definiti in
+vari standard.
+
+In \tabref{tab:sig_signal_list} si sono anche riportate le azioni di default
+di ciascun segnale (riassunte con delle lettere, la cui legenda completa è in
+\tabref{tab:sig_action_leg}), quando nessun manipolatore è installato un
+segnale può essere ignorato o causare la terminazione del processo. Nella
+colonna standard sono stati indicati anche gli standard in cui ciascun segnale
+è definito, secondo lo schema di \tabref{tab:sig_standard_leg}.
\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
\centering
\begin{tabular}[c]{|c|p{8cm}|}
\hline
- Sigla & Significato \\
+ \textbf{Sigla} & \textbf{Significato} \\
\hline
\hline
A & L'azione di default è terminare il processo. \\
F & Il segnale non può essere ignorato.\\
\hline
\end{tabular}
- \caption{Legenda delle caratteristiche dei segnali riportate in
- \tabref{tab:sig_signal_list}. }
+ \caption{Legenda delle azioni di default dei segnali riportate in
+ \tabref{tab:sig_signal_list}.}
\label{tab:sig_action_leg}
\end{table}
+In alcuni casi alla terminazione del processo è associata la creazione di un
+file (posto nella directory corrente del processo e chiamato \file{core}) su
+cui viene salvata un'immagine della memoria del processo (il cosiddetto
+\textit{core dump}), che può essere usata da un debugger per esaminare lo
+stato dello stack e delle variabili al momento della ricezione del segnale.
+
+\begin{table}[htb]
+ \footnotesize
+ \centering
+ \begin{tabular}[c]{|c|l|}
+ \hline
+ \textbf{Sigla} & \textbf{Standard} \\
+ \hline
+ \hline
+ P & POSIX. \\
+ B & BSD. \\
+ L & Linux \\
+ S & SUSv2 \\
+ \hline
+ \end{tabular}
+ \caption{Legenda dei valori della colonna \textbf{Standard} di
+ \tabref{tab:sig_signal_list}.}
+ \label{tab:sig_standard_leg}
+\end{table}
+
La descrizione dettagliata del significato dei vari segnali, raggruppati per
tipologia, verrà affrontate nel seguito.
% molte diverse eccezioni che \texttt{SIGFPE} non distingue, mentre lo
% standard IEEE per le operazioni in virgola mobile definisce varie eccezioni
% aritmetiche e richiede che esse siano notificate.
-
+
\item[\macro{SIGILL}] Il nome deriva da \textit{illegal instruction},
significa che il programma sta cercando di eseguire una istruzione
privilegiata o inesistente, in generale del codice illegale. Poiché il
Quest'ultimo caso può accadere quando si passa un puntatore sbagliato al
posto di un puntatore a funzione, o si eccede la scrittura di un vettore di
una variabile locale, andando a corrompere lo stack. Lo stesso segnale viene
- generato in caso di overflow dello stack o di problemi nell'esecuzione di di
- un signal handler.
+ generato in caso di overflow dello stack o di problemi nell'esecuzione di un
+ manipolatore.
\item[\macro{SIGSEGV}] Il nome deriva da \textit{segment violation}, e
significa che il programma sta cercando di leggere o scrivere in una zona di
memoria protetta al di fuori di quella che gli è stata riservata dal
trova di fronte a diverse possibilità; alcune di queste infatti possono
dipendere dall'architettura dell'hardware (come le dimensioni dei tipi
interi), o dal sistema operativo (come la presenza o meno dei \textit{saved
- id}) , altre invece possono dipendere dalle opzioni con cui si è costruito
+ id}), altre invece possono dipendere dalle opzioni con cui si è costruito
il sistema (ad esempio da come si è compilato il kernel), o dalla
configurazione del medesimo; per questo motivo in generale sono necessari due
tipi diversi di funzionalità:
\item la possibilità di determinare limiti ed opzioni durante l'esecuzione.
\end{itemize*}
-La prima funzionalità si può ottenere includendo gli opportuni header file,
-mentre per la seconda sono ovviamente necessarie delle funzioni; la situazione
-è complicata dal fatto che ci sono molti casi in cui alcuni di questi limiti
+La prima funzionalità si può ottenere includendo gli opportuni header file che
+contengono le costanti necessarie definite come macro di preprocessore, per la
+seconda invece sono ovviamente necessarie delle funzioni. La situazione è
+complicata dal fatto che ci sono molti casi in cui alcuni di questi limiti
sono fissi in una implementazione mentre possono variare in un altra. Tutto
questo crea una ambiguità che non è sempre possibile risolvere in maniera
chiara; in generale quello che succede è che quando i limiti del sistema sono
-fissi essi vengono definiti come macro nel file \file{limits.h}, se invece
-possono variare, il loro valore sarà ottenibile tramite la funzione
-\func{sysconf} (che esamineremo in \secref{sec:sys_sysconf}).
+fissi essi vengono definiti come macro di preprocessore nel file
+\file{limits.h}, se invece possono variare, il loro valore sarà ottenibile
+tramite la funzione \func{sysconf} (che esamineremo in
+\secref{sec:sys_sysconf}).
Lo standard ANSI C definisce dei limiti che sono tutti fissi, pertanto questo
saranno sempre disponibili al momento della compilazione; un elenco, ripreso
\macro{ULONG\_MAX}& 4294967295 & massimo di \type{unsigned long}\\
\hline
\end{tabular}
- \caption{Macro definite in \file{limits.h} in conformità allo standard
+ \caption{Costanti definite in \file{limits.h} in conformità allo standard
ANSI C.}
\label{tab:sys_ansic_macro}
\end{table}
Ovviamente le dimensioni dei vari tipi di dati sono solo una piccola parte
delle caratteristiche del sistema; mancano completamente tutte quelle che
-dipendono dalla implementazione dello stesso; questo per i sistemi unix-like è
-stato definito in gran parte dallo standard POSIX.1, che tratta anche i limiti
-delle caratteristiche dei file che vedremo in \secref{sec:sys_file_limits}.
+dipendono dalla implementazione dello stesso. Queste, per i sistemi unix-like,
+sono state definite in gran parte dallo standard POSIX.1, che tratta anche i
+limiti relativi alle caratteristiche dei file che vedremo in
+\secref{sec:sys_file_limits}.
Purtroppo la sezione dello standard che tratta questi argomenti è una delle
meno chiare\footnote{tanto che Stevens, in \cite{APUE}, la porta come esempio
- di ``standardese''.}, ad esempio lo standard prevede che ci siano 13 macro
-che descrivono le caratteristiche del sistema (7 per le caratteristiche
-generiche, riportate in \tabref{tab:sys_generic_macro}, e 6 per le
-caratteristiche dei file, riportate in \tabref{tab:sys_file_macro}).
+ di ``standardese''.}. Lo standard prevede che ci siano 13 macro che
+descrivono le caratteristiche del sistema (7 per le caratteristiche generiche,
+riportate in \tabref{tab:sys_generic_macro}, e 6 per le caratteristiche dei
+file, riportate in \tabref{tab:sys_file_macro}).
\begin{table}[htb]
\centering
\label{tab:sys_generic_macro}
\end{table}
-Lo standard prevede che queste macro devono essere definite in \file{limits.h}
+Lo standard dice che queste macro devono essere definite in \file{limits.h}
quando i valori a cui fanno riferimento sono fissi, e altrimenti devono essere
lasciate indefinite, ed i loro valori dei limiti devono essere accessibili
-solo attraverso \func{sysconf}. Si tenga presente poi che alcuni di questi
-limiti possono assumere valori molto elevati (come \macro{CHILD\_MAX}), e non
-è pertanto il caso di utilizzarli per allocare staticamente della memoria.
+solo attraverso \func{sysconf}. In realtà queste vengono sempre definite ad
+un valore generico. Si tenga presente poi che alcuni di questi limiti possono
+assumere valori molto elevati (come \macro{CHILD\_MAX}), e non è pertanto il
+caso di utilizzarli per allocare staticamente della memoria.
A complicare la faccenda si aggiunge il fatto che POSIX.1 prevede una serie di
-altre macro (che iniziano sempre con \code{\_POSIX\_}) che definiscono i
-valori minimi le stesse caratteristiche devono avere, perché una
+altre costanti (il cui nome inizia sempre con \code{\_POSIX\_}) che
+definiscono i valori minimi le stesse caratteristiche devono avere, perché una
implementazione possa dichiararsi conforme allo standard; detti valori sono
riportati in \tabref{tab:sys_posix1_general}.
\tabref{tab:sys_posix1_file}), che devono essere obbligatoriamente definiti,
lo standard POSIX.1 ne prevede parecchi altri. La lista completa si trova
dall'header file \file{bits/posix1\_lim.h} (da non usare mai direttamente, è
-incluso automaticamente all'interno di \file{limits.h}); di questi vale la
-pena menzionare quelli di uso più comune, riportati in
-\tabref{tab:sys_posix1_other}, che permettono di ricavare alcune
-caratteristiche del sistema (come il supporto del \textit{job control} o dei
-\textit{saved id}).
+incluso automaticamente all'interno di \file{limits.h}). Di questi vale la
+pena menzionare alcune macro di uso comune, (riportate in
+\tabref{tab:sys_posix1_other}), che non indicano un valore specifico, ma
+denotano la presenza di alcune funzionalità nel sistema (come il supporto del
+\textit{job control} o dei \textit{saved id}).
Oltre allo standard POSIX.1, anche lo standard POSIX.2 definisce una serie di
-altre macro. Siccome queste sono principalmente attinenti a limiti relativi
+altre costanti. Siccome queste sono principalmente attinenti a limiti relativi
alle applicazioni di sistema presenti (come quelli su alcuni parametri delle
espressioni regolari o del comando \cmd{bc}), non li tratteremo
esplicitamente, se ne trova una menzione completa nell'header file
caratteristiche del sistema può variare, è necessario ottenerne il valore
attraverso la funzione \func{sysconf}, per non dover essere costretti a
ricompilare un programma tutte le volte che si cambiano le opzioni con cui è
-compilato il kernel, o alcuni dei parametri modificabili a run time. Il suo
-prototipo è:
+compilato il kernel, o alcuni dei parametri modificabili a run time. Il
+prototipo di questa funzione è:
\begin{prototype}{unistd.h}{long sysconf(int name)}
Restituisce il valore del parametro di sistema \param{name}.
La funzione prende come argomento un intero che specifica quale dei limiti si
vuole conoscere; uno specchietto contenente i principali valori disponibili in
Linux è riportato in \tabref{tab:sys_sysconf_par}; l'elenco completo è
-contenuto in \file{bits/confname}, ed una lista più esaustiva, con le relative
-spiegazioni, si può trovare nel manuale delle \acr{glibc}.
+contenuto in \file{bits/confname.h}, ed una lista più esaustiva, con le
+relative spiegazioni, si può trovare nel manuale delle \acr{glibc}.
\begin{table}[htb]
\centering
In generale ogni limite o caratteristica del sistema per cui è definita una
macro, sia dagli standard ANSI C e ISO C90, che da POSIX.1 e POSIX.2, può
essere ottenuto attraverso una chiamata a \func{sysconf}. Il valore si otterrà
-specificando come valore del parametro \param{name} il nome ottenuto aggiungendo
-\code{\_SC\_} ai nomi delle macro definite dai primi due, o sostituendolo a
-\code{\_POSIX\_} per le macro definite dagli gli altri due.
+specificando come valore del parametro \param{name} il nome ottenuto
+aggiungendo \code{\_SC\_} ai nomi delle macro definite dai primi due, o
+sostituendolo a \code{\_POSIX\_} per le macro definite dagli gli altri due.
In generale si dovrebbe fare uso di \func{sysconf} solo quando la relativa
macro non è definita, quindi con un codice analogo al seguente:
+\footnotesize
\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
get_child_max(void)
{
return val;
}
\end{lstlisting}
+\normalsize
ma in realtà in Linux queste macro sono comunque definite e indicando un
limite generico, per cui è sempre meglio usare i valori restituiti da
quest'ultima.
\macro{\_POSIX\_PATH\_MAX}& 256 & lunghezza in byte di pathname.\\
\macro{\_POSIX\_PIPE\_BUF}& 512 & byte scrivibili atomicamente in una
pipe\\
- \macro{\_POSIX\_MQ\_OPEN\_MAX}& 8& \\
- \macro{\_POSIX\_MQ\_PRIO\_MAX}& 32& \\
- \macro{\_POSIX\_FD\_SETSIZE}& 16 & \\
- \macro{\_POSIX\_DELAYTIMER\_MAX}& 32 & \\
+% \macro{\_POSIX\_MQ\_OPEN\_MAX}& 8& \\
+% \macro{\_POSIX\_MQ\_PRIO\_MAX}& 32& \\
+% \macro{\_POSIX\_FD\_SETSIZE}& 16 & \\
+% \macro{\_POSIX\_DELAYTIMER\_MAX}& 32 & \\
\hline
\end{tabular}
\caption{Macro dei valori minimi delle caratteristiche dei file per la
invece di un pathname; pertanto gli errori restituiti cambiano di
conseguenza.}
\end{prototype}
-\noindent ed il suo comportamento è identico a quello di \func{fpathconf}.
+\noindent ed il suo comportamento è identico a quello di \func{pathconf}.
\subsection{La funzione \func{uname}}
fallimento, nel qual caso \var{errno} viene settata a \macro{EFAULT}.}
\end{prototype}
-La funzione, che viene usata dal comando \cmd{umane}, restituisce le
-informazioni richieste nella struttura \param{info}, anche questa struttura è
+La funzione, che viene usata dal comando \cmd{uname}, restituisce le
+informazioni richieste nella struttura \param{info}; anche questa struttura è
definita in \file{sys/utsname.h} come:
\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
- struct utsname {
- char sysname[_UTSNAME_LENGTH];
- char nodename[_UTSNAME_LENGTH];
- char release[_UTSNAME_LENGTH];
- char version[_UTSNAME_LENGTH];
- char machine[_UTSNAME_LENGTH];
+struct utsname {
+ char sysname[_UTSNAME_LENGTH];
+ char nodename[_UTSNAME_LENGTH];
+ char release[_UTSNAME_LENGTH];
+ char version[_UTSNAME_LENGTH];
+ char machine[_UTSNAME_LENGTH];
#ifdef _GNU_SOURCE
- char domainname[_UTSNAME_DOMAIN_LENGTH];
+ char domainname[_UTSNAME_DOMAIN_LENGTH];
#endif
- };
+};
\end{lstlisting}
e le informazioni memorizzate nei suoi membri indicano rispettivamente:
\begin{itemize*}
Inoltre, al di la di quelli che possono essere limiti caratteristici previsti
da uno standard, ogni sistema può avere una sua serie di altri parametri di
-configurazione, che non essendo mai fissi, non sono stati inclusi nella
-standardizzazione della sezione precedente, e per i quali occorre, oltre al
-meccanismo di settaggio, pure un meccanismo di lettura.
+configurazione, che, non essendo mai fissi e variando da sistema a sistema,
+non sono stati inclusi nella standardizzazione della sezione precedente. Per
+questi occorre, oltre al meccanismo di settaggio, pure un meccanismo di
+lettura.
Affronteremo questi argomenti in questa sezione, insieme alle funzioni che si
usano per il controllo di altre caratteristiche generali del sistema, come
\subsection{La funzione \func{sysctl} ed il filesystem \file{/proc}}
\label{sec:sys_sysctl}
-La funzione che permette la lettura ed il settaggio dei parametri del kernel è
-\func{sysctl}, è una funzione derivata da BSD4.4, ma l'implementazione è
+La funzione che permette la lettura ed il settaggio dei parametri del sistema
+è \func{sysctl}; è una funzione derivata da BSD4.4, ma l'implementazione è
specifica di Linux; il suo prototipo è:
\begin{functions}
\headdecl{unistd.h}
\funcdecl{int sysctl(int *name, int nlen, void *oldval, size\_t *oldlenp, void
*newval, size\_t newlen)}
+Legge o scrive uno dei parametri di sistema.
\bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
errore, nel qual caso \var{errno} viene settato ai valori:
\end{functions}
I parametri a cui la funzione permettere di accedere sono organizzati in
-maniera gerarchica ad albero, e per accedere ad uno di essi occorre
+maniera gerarchica all'interno un albero; per accedere ad uno di essi occorre
specificare un cammino attraverso i vari nodi dell'albero, in maniera analoga
-a come si specifica un pathname (da cui l'uso alternativo del filesystem
-\file{/proc} che vedremo dopo).
-
-Ciascun nodo è identificato da un valore intero, ed il cammino che arriva ad
-identificare un parametro specifico è passato attraverso l'array \param{name},
-di lunghezza \param{nlen}, che contiene la sequenza dei vari nodi da
-attraversare. Il formato del valore di un parametro dipende dallo stesso e può
-essere un intero, una stringa o anche una struttura complessa.
-
-L'indirizzo a cui il valore deve essere letto è specificato da
-\param{oldvalue}, e lo spazio ivi disponibile è specificato da \param{oldlenp}
-(passato come puntatore per avere indietro la dimensione effettiva di quanto
-letto); il valore che si vuole scrivere è passato in \param{newval} e la sua
-dimensione in \param{newlen}.
+a come avviene per la risoluzione di un pathname (da cui l'uso alternativo del
+filesystem \file{/proc} che vedremo dopo).
+
+Ciascun nodo dell'albero è identificato da un valore intero, ed il cammino che
+arriva ad identificare un parametro specifico è passato alla funzione
+attraverso l'array \param{name}, di lunghezza \param{nlen}, che contiene la
+sequenza dei vari nodi da attraversare. Ogni parametro ha un valore in un
+formato specifico chee può essere un intero, una stringa o anche una struttura
+complessa, per questo motivo il valori vengono passati come puntatori
+\type{void}.
+
+L'indirizzo a cui il valore corrente del parametro deve essere letto è
+specificato da \param{oldvalue}, e lo spazio ivi disponibile è specificato da
+\param{oldlenp} (passato come puntatore per avere indietro la dimensione
+effettiva di quanto letto); il valore che si vuole settare nel sistema è
+passato in \param{newval} e la sua dimensione in \param{newlen}.
Si può effettuare anche una lettura e scrittura simultanea, nel qual caso il
-valore letto è quello precedente alla scrittura.
+valore letto restituito dalla funzione è quello precedente alla scrittura.
I parametri accessibili attraverso questa funzione sono moltissimi, e possono
essere trovati in \file{sysctl.h}, essi inoltre dipendono anche dallo stato
\macro{ENAMETOOLONG}, \macro{ENOENT} o \macro{ELOOP}.}
\end{prototype}
-
La funzione monta sulla directory \param{target}, detta \textit{mount point},
il filesystem contenuto in \param{source}. In generale un filesystem è
contenuto su un disco, e l'operazione di montaggio corrisponde a rendere
dispositivo.}, in quanto con il kernel 2.4.x è possibile montare lo stesso
dispositivo in più punti. Nel caso più di un filesystem sia stato montato
sullo stesso \textit{mount point} viene smontato quello che è stato montato
-per ultimo.
-
-Linux provvede inoltre una seconda funzione \func{umount2}, che, in alcuni
-casi, permette di forzare lo smontaggio di un filesystem nei casi in cui mount
-fallirebbe; il suo prototipo è:
-
-
+per ultimo.
+
+Si tenga presente che la funzione fallisce quando il filesystem è
+\textsl{occupato}, questo avviene quando ci sono ancora file aperti sul
+filesystem, se questo contiene la directory di lavoro corrente di un qualunque
+processo o il mount point di un altro filesystem; in questo caso l'errore
+restituito è \macro{EBUSY}.
+
+Linux provvede inoltre una seconda funzione, \func{umount2}, che in alcuni
+casi permette di forzare lo smontaggio di un filesystem, anche quando questo
+risulti occupato; il suo prototipo è:
+\begin{prototype}{sys/mount.h}{umount2(const char *target, int flags)}
+
+ La funzione è identica a \func{umount} per comportamento e codici di errore,
+ ma con \param{flags} si può specificare se forzare lo smontaggio.
+\end{prototype}
-Due funzioni, utili per ottenere in maniera diretta informazioni riguardo al
-filesystem su cui si trova un certo file, sono \func{statfs} e \func{fstatfs},
-i cui prototipi sono:
+Il valore di \param{flags} è una maschera binaria, e al momento l'unico valore
+definito è il bit \macro{MNT\_FORCE}; gli altri bit devono essere nulli.
+Specificando \macro{MNT\_FORCE} la funzione cercherà di liberare il filesystem
+anche se è occupato per via di una delle condizioni descritte in precedenza. A
+seconda del tipo di filesystem alcune (o tutte) possono essere superate,
+evitando l'errore di \macro{EBUSY}. In tutti i casi prima dello smontaggio
+viene eseguita una sincronizzazione dei dati.
+
+Altre due funzioni specifiche di Linux\footnote{esse si trovano anche su BSD,
+ ma con una struttura diversa}, utili per ottenere in maniera diretta
+informazioni riguardo al filesystem su cui si trova un certo file, sono
+\func{statfs} e \func{fstatfs}, i cui prototipi sono:
\begin{functions}
\headdecl{sys/vfs.h} \funcdecl{int statfs(const char *path, struct statfs
*buf)} \funcdecl{int fstatfs(int fd, struct statfs *buf)} Restituisce in
\param{buf} le informazioni relative al filesystem su cui è posto il file
specificato.
-
-\bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
- errore, nel qual caso \var{errno} viene settato ai valori:
+
+ \bodydesc{Li funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso di
+ errore, nel qual caso \var{errno} viene settato ai valori:
\begin{errlist}
\item[\macro{ENOSYS}] il filesystem su cui si trova il file specificato non
supporta la funzione.
\macro{EACCES}, \macro{ELOOP} per \func{statfs}.}
\end{functions}
+Queste funzioni permettono di ottenere una serie di informazioni generali
+riguardo al filesystem su cui si trova il file specificato; queste vengono
+restituite una struttura \param{buf} definita come:
+\begin{lstlisting}[labelstep=0,frame=,indent=1cm]{}
+ struct statfs {
+ long f_type; /* tipo di filesystem */
+ long f_bsize; /* dimensione ottimale dei blocchi di I/O */
+ long f_blocks; /* blocchi totali nel filesystem */
+ long f_bfree; /* blocchi liberi nel filesystem */
+ long f_bavail; /* blocchi liberi agli utenti normali */
+ long f_files; /* inodes totali nel filesystem */
+ long f_ffree; /* inodes liberi nel filesystem */
+ fsid_t f_fsid; /* filesystem id */
+ long f_namelen; /* lunghezza massima dei nomi dei file */
+ long f_spare[6]; /* riservati per uso futuro */
+ };
+\end{lstlisting}
+ed i campi che sono indefiniti per il filesystem in esame sono settati a zero.
+I valori del campo \var{f\_type} sono definiti per i vari filesystem nei
+relativi file di header dei sorgenti del kernel da costanti del tipo
+\macro{XXX\_SUPER\_MAGIC}, dove \macro{XXX} in genere è il nome del filesystem
+stesso.
+
+Le \acr{glibc} provvedono infine una serie di funzioni per la gestione dei due
+file standard \file{/etc/fstab} e \file{/etc/mtab}, che convenzionalmente sono
+usati in quasi tutti i sistemi unix per mantenere rispettivamente le
+informazioni riguardo ai filesystem da montare e a quelli correntemente
+montati. Le funzioni servono a leggere il contenuto di questi file in
+opportune strutture \var{struct fstab} e \var{struct mntent}, e, per
+\file{/etc/mtab} per inserire e rimuovere le voci presenti nel file.
+
+In generale si dovrebbero usare queste funzioni (in particolar modo quelle
+relative a \file{/etc/mtab}), quando si debba scrivere un programma che
+effettua il montaggio di un filesystem; in realtà in questi casi è molto più
+semplice invocare direttamente il programma \cmd{mount}, per cui ne
+tralasceremo la trattazione, rimandando al manuale delle \acr{glibc}
+\cite{libc} per la documentazione completa.
\subsection{La gestione di utenti e gruppi}
\label{sec:sys_user_group}
+L'ultimo argomento di questa sezione è quello che riguarda le funzioni
+utilizzate per gestire utenti e gruppi all'interno del sistema.
+Tradizionalmente l'informazione per la gestione di utenti e gruppi veniva
+tenuta tutta nei due file di testo \file{/etc/passwd} ed \file{/etc/group};
+oggi la maggior parte delle distribuzioni di Linux usa la libreria PAM (sigla
+che sta \textit{Pluggable Authentication Method}) che permette di separare
+completamente i meccanismi di gestione degli utenti (autenticazione,
+riconoscimeto, ecc.) dal
+
+
+
+Lo standard POSIX.1 definisce una serie di funzioni
+
\section{Limitazione ed uso delle risorse}