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12 \chapter{La gestione dei processi}
13 \label{cha:process_handling}
15 Come accennato nell'introduzione in un sistema unix-like tutte le operazioni
16 vengono svolte tramite opportuni processi. In sostanza questi ultimi vengono
17 a costituire l'unità base per l'allocazione e l'uso delle risorse del sistema.
19 Nel precedente capitolo abbiamo esaminato il funzionamento di un processo come
20 unità a se stante, in questo esamineremo il funzionamento dei processi
21 all'interno del sistema. Saranno cioè affrontati i dettagli della creazione e
22 della terminazione dei processi, della gestione dei loro attributi e
23 privilegi, e di tutte le funzioni a questo connesse. Infine nella sezione
24 finale introdurremo alcune problematiche generiche della programmazione in
25 ambiente multitasking.
28 \section{Le funzioni di base della gestione dei processi}
29 \label{sec:proc_handling}
31 In questa sezione tratteremo le problematiche della gestione dei processi
32 all'interno del sistema, illustrandone tutti i dettagli. Inizieremo con una
33 panoramica dell'architettura dei processi, tratteremo poi le funzioni
34 elementari che permettono di leggerne gli identificatori, per poi passare alla
35 spiegazione delle funzioni base che si usano per la creazione e la
36 terminazione dei processi, e per la messa in esecuzione degli altri programmi.
39 \subsection{L'architettura della gestione dei processi}
40 \label{sec:proc_hierarchy}
42 A differenza di quanto avviene in altri sistemi, ad esempio nel VMS la
43 generazione di nuovi processi è un'operazione privilegiata, una delle
44 caratteristiche fondanti di Unix, che esamineremo in dettaglio più avanti, è
45 che qualunque processo può a sua volta generarne altri. Ogni processo è
46 identificato presso il sistema da un numero univoco, il cosiddetto
47 \itindex{Process~ID~(PID)} \textit{Process ID} o, più brevemente, \ids{PID},
48 assegnato in forma progressiva (vedi sez.~\ref{sec:proc_pid}) quando il
49 processo viene creato.
51 Una seconda caratteristica di un sistema unix-like è che la generazione di un
52 processo è un'operazione separata rispetto al lancio di un programma. In
53 genere la sequenza è sempre quella di creare un nuovo processo, il quale
54 eseguirà, in un passo successivo, il programma desiderato: questo è ad esempio
55 quello che fa la shell quando mette in esecuzione il programma che gli
56 indichiamo nella linea di comando.
58 Una terza caratteristica del sistema è che ogni processo è sempre stato
59 generato da un altro processo, il processo generato viene chiamato
60 \textit{processo figlio} (\textit{child process}) mentre quello che lo ha
61 viene chiamato \textsl{processo padre} (\textit{parent process}). Questo vale
62 per tutti i processi, con una sola eccezione, dato che ci deve essere un punto
63 di partenza esiste un processo speciale (che normalmente è \cmd{/sbin/init}),
64 che come abbiamo accennato in sez.~\ref{sec:intro_kern_and_sys} viene lanciato
65 dal kernel alla conclusione della fase di avvio. Essendo questo il primo
66 processo lanciato dal sistema ha sempre il \ids{PID} uguale a 1 e non è figlio
67 di nessun altro processo.
69 Ovviamente \cmd{init} è un processo speciale che in genere si occupa di far
70 partire tutti gli altri processi necessari al funzionamento del sistema,
71 inoltre \cmd{init} è essenziale per svolgere una serie di compiti
72 amministrativi nelle operazioni ordinarie del sistema (torneremo su alcuni di
73 essi in sez.~\ref{sec:proc_termination}) e non può mai essere terminato. La
74 struttura del sistema comunque consente di lanciare al posto di \cmd{init}
75 qualunque altro programma, e in casi di emergenza (ad esempio se il file di
76 \cmd{init} si fosse corrotto) è ad esempio possibile lanciare una shell al suo
77 posto.\footnote{la cosa si fa passando la riga \cmd{init=/bin/sh} come
78 parametro di avvio del kernel, l'argomento è di natura sistemistica e
79 trattato in sez.~5.3 di \cite{AGL}.}
84 [piccardi@gont piccardi]$ pstree -n
103 |-bash---startx---xinit-+-XFree86
104 | `-WindowMaker-+-ssh-agent
112 | |-wterm---bash---pstree
113 | `-wterm---bash-+-emacs
120 \caption{L'albero dei processi, così come riportato dal comando
122 \label{fig:proc_tree}
125 Dato che tutti i processi attivi nel sistema sono comunque generati da
126 \cmd{init} o da uno dei suoi figli si possono classificare i processi con la
127 relazione padre/figlio in un'organizzazione gerarchica ad albero. In
128 fig.~\ref{fig:proc_tree} si è mostrato il risultato del comando \cmd{pstree}
129 che permette di visualizzare questa struttura, alla cui base c'è \cmd{init}
130 che è progenitore di tutti gli altri processi.\footnote{in realtà questo non è
131 del tutto vero, in Linux, specialmente nelle versioni più recenti del
132 kernel, ci sono alcuni processi speciali (come \cmd{keventd}, \cmd{kswapd},
133 ecc.) che pur comparendo nei comandi come figli di \cmd{init}, o con
134 \ids{PID} successivi ad uno, sono in realtà processi interni al kernel e che
135 non rientrano in questa classificazione.}
137 Il kernel mantiene una tabella dei processi attivi, la cosiddetta
138 \itindex{process~table} \textit{process table}. Per ciascun processo viene
139 mantenuta una voce in questa tabella, costituita da una struttura
140 \kstruct{task\_struct}, che contiene tutte le informazioni rilevanti per quel
141 processo. Tutte le strutture usate a questo scopo sono dichiarate
142 nell'\textit{header file} \file{linux/sched.h}, ed uno schema semplificato,
143 che riporta la struttura delle principali informazioni contenute nella
144 \struct{task\_struct} (che in seguito incontreremo a più riprese), è mostrato
145 in fig.~\ref{fig:proc_task_struct}.
148 \centering \includegraphics[width=14cm]{img/task_struct}
149 \caption{Schema semplificato dell'architettura delle strutture usate dal
150 kernel nella gestione dei processi.}
151 \label{fig:proc_task_struct}
154 % TODO la task_struct è cambiata per qualche dettaglio vedi anche
155 % http://www.ibm.com/developerworks/linux/library/l-linux-process-management/
156 % TODO completare la parte su quando viene chiamato lo scheduler.
158 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_unix_struct} è lo \itindex{scheduler}
159 \textit{scheduler} che decide quale processo mettere in esecuzione; esso viene
160 eseguito ad ogni \textit{system call} ed ad ogni interrupt e in una serie di
161 altre occasioni, ma può essere anche attivato esplicitamente. Il timer di
162 sistema provvede comunque a che esso sia invocato periodicamente; generando un
163 interrupt periodico secondo la frequenza specificata dalla costante
164 \const{HZ},\footnote{fino al kernel 2.4 il valore di \const{HZ} era 100 su
165 tutte le architetture tranne l'alpha, per cui era 1000, nel 2.6 è stato
166 portato a 1000 su tutte; dal 2.6.13 lo si può impostare in fase di
167 compilazione del kernel, con un default di 250 e valori possibili di 100,
168 250, 1000 e dal 2.6.20 anche 300 (che è divisibile per le frequenze di
169 refresh della televisione); occorre fare attenzione a non confondere questo
170 valore con quello dei \itindex{clock~tick} \textit{clock tick} (vedi
171 sez.~\ref{sec:sys_unix_time}).} definita in \file{asm/param.h}, ed il cui
172 valore è espresso in Hertz.
174 A partire dal kernel 2.6.21 è stato introdotto anche un meccanismo
175 completamente diverso, detto \textit{tickless}, in cui non c'è più una
176 interruzione periodica con frequenza prefissata, ma ad ogni chiamata del timer
177 viene programmata l'interruzione successiva sulla base di una stima; in questo
178 modo si evita di dover eseguire un migliaio di interruzioni al secondo anche
179 su macchine che non stanno facendo nulla, con un forte risparmio nell'uso
180 dell'energia da parte del processore che può essere messo in stato di
181 sospensione anche per lunghi periodi di tempo.
183 Indipendentemente dalle motivazioni per cui questo avviene, ogni volta che
184 viene eseguito lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler} effettua il calcolo
185 delle priorità dei vari processi attivi (torneremo su questo in
186 sez.~\ref{sec:proc_priority}) e stabilisce quale di essi debba essere posto in
187 esecuzione fino alla successiva invocazione.
190 \subsection{Gli identificatori dei processi}
193 Come accennato nella sezione precedente ogni processo viene identificato dal
194 sistema da un numero identificativo univoco, il \textit{process ID} o
195 \ids{PID}. Questo è un tipo di dato standard, \type{pid\_t} che in genere è un
196 intero con segno (nel caso di Linux e della \acr{glibc} il tipo usato è
199 Il \ids{PID} viene assegnato in forma progressiva ogni volta che un nuovo
200 processo viene creato,\footnote{in genere viene assegnato il numero successivo
201 a quello usato per l'ultimo processo creato, a meno che questo numero non
202 sia già utilizzato per un altro \ids{PID}, \acr{pgid} o \acr{sid} (vedi
203 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}).} fino ad un limite che, essendo il
204 tradizionalmente il \ids{PID} un numero positivo memorizzato in un intero a 16
205 bit, arriva ad un massimo di 32768. Oltre questo valore l'assegnazione
206 riparte dal numero più basso disponibile a partire da un minimo di
207 300,\footnote{questi valori, fino al kernel 2.4.x, erano definiti dalla macro
208 \const{PID\_MAX} nei file \file{threads.h} e \file{fork.c} dei sorgenti del
209 kernel, con il 2.6.x e la nuova interfaccia per i \itindex{thread}
210 \textit{thread} anche il meccanismo di allocazione dei \ids{PID} è stato
211 modificato ed il valore massimo è impostabile attraverso il file
212 \sysctlfile{kernel/pid\_max} e di default vale 32768.} che serve a
213 riservare i \ids{PID} più bassi ai processi eseguiti direttamente dal kernel.
214 Per questo motivo, come visto in sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, il processo di
215 avvio (\cmd{init}) ha sempre il \ids{PID} uguale a uno.
217 Tutti i processi inoltre memorizzano anche il \ids{PID} del genitore da cui
218 sono stati creati, questo viene chiamato in genere \ids{PPID} (da
219 \itindex{Parent~Process~ID~(PPID)} \textit{Parent Process ID}). Questi due
220 identificativi possono essere ottenuti usando le due funzioni di sistema
221 \funcd{getpid} e \funcd{getppid}, i cui prototipi sono:
226 \fdecl{pid\_t getpid(void)}
227 \fdesc{Restituisce il \ids{PID} del processo corrente..}
228 \fdecl{pid\_t getppid(void)}
229 \fdesc{Restituisce il \ids{PID} del padre del processo corrente.}
231 {Entrambe le funzioni non riportano condizioni di errore.}
234 \noindent esempi dell'uso di queste funzioni sono riportati in
235 fig.~\ref{fig:proc_fork_code}, nel programma \file{fork\_test.c}.
237 Il fatto che il \ids{PID} sia un numero univoco per il sistema lo rende un
238 candidato per generare ulteriori indicatori associati al processo di cui
239 diventa possibile garantire l'unicità: ad esempio in alcune implementazioni la
240 funzione \func{tempnam} (si veda sez.~\ref{sec:file_temp_file}) usa il
241 \ids{PID} per generare un \textit{pathname} univoco, che non potrà essere
242 replicato da un altro processo che usi la stessa funzione. Questo utilizzo
243 però può risultare pericoloso, un \ids{PID} infatti è univoco solo fintanto
244 che un processo è attivo, una volta terminato esso potrà essere riutilizzato
245 da un processo completamente diverso, e di questo bisogna essere ben
248 Tutti i processi figli dello stesso processo padre sono detti
249 \textit{sibling}, questa è una delle relazioni usate nel \textsl{controllo di
250 sessione}, in cui si raggruppano i processi creati su uno stesso terminale,
251 o relativi allo stesso login. Torneremo su questo argomento in dettaglio in
252 cap.~\ref{cha:session}, dove esamineremo gli altri identificativi associati ad
253 un processo e le varie relazioni fra processi utilizzate per definire una
256 Oltre al \ids{PID} e al \ids{PPID}, e a quelli che vedremo in
257 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}, relativi al controllo di sessione, ad ogni
258 processo vengono associati degli ulteriori identificatori ed in particolare
259 quelli che vengono usati per il controllo di accesso. Questi servono per
260 determinare se un processo può eseguire o meno le operazioni richieste, a
261 seconda dei privilegi e dell'identità di chi lo ha posto in esecuzione;
262 l'argomento è complesso e sarà affrontato in dettaglio in
263 sez.~\ref{sec:proc_perms}.
266 \subsection{La funzione \func{fork} e le funzioni di creazione dei processi}
267 \label{sec:proc_fork}
269 La funzione di sistema \funcd{fork} è la funzione fondamentale della gestione
270 dei processi: come si è detto tradizionalmente l'unico modo di creare un nuovo
271 processo era attraverso l'uso di questa funzione,\footnote{in realtà oggi la
272 \textit{system call} usata da Linux per creare nuovi processi è \func{clone}
273 (vedi \ref{sec:process_clone}), anche perché a partire dalla \acr{glibc}
274 2.3.3 non viene più usata la \textit{system call} originale, ma la stessa
275 \func{fork} viene implementata tramite \func{clone}, cosa che consente una
276 migliore interazione coi \textit{thread}.} essa quindi riveste un ruolo
277 centrale tutte le volte che si devono scrivere programmi che usano il
278 multitasking.\footnote{oggi questa rilevanza, con la diffusione dell'uso dei
279 \textit{thread} che tratteremo al cap.~\ref{cha:threads}, è in parte minore,
280 ma \func{fork} resta comunque la funzione principale per la creazione di
281 processi.} Il prototipo della funzione è:
285 \fdecl{pid\_t fork(void)}
286 \fdesc{Crea un nuovo processo.}
288 {La funzione ritorna il \ids{PID} del figlio al padre e $0$ al figlio in caso
289 di successo e $-1$ al padre senza creare il figlio per un errore,
290 nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
292 \item[\errcode{EAGAIN}] non ci sono risorse sufficienti per creare un altro
293 processo (per allocare la tabella delle pagine e le strutture del task) o
294 si è esaurito il numero di processi disponibili.
295 \item[\errcode{ENOMEM}] non è stato possibile allocare la memoria per le
296 strutture necessarie al kernel per creare il nuovo processo.
300 Dopo il successo dell'esecuzione di una \func{fork} sia il processo padre che
301 il processo figlio continuano ad essere eseguiti normalmente a partire
302 dall'istruzione successiva alla \func{fork}. Il processo figlio è una copia del
303 padre, e riceve una copia dei \index{segmento!testo} segmenti di testo,
304 \index{segmento!dati} dati e dello \itindex{stack} \textit{stack} (vedi
305 sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}), ed esegue esattamente lo stesso codice del
306 padre. Si tenga presente però che la memoria è copiata e non condivisa,
307 pertanto padre e figlio vedranno variabili diverse e le eventuali modifiche
308 saranno totalmente indipendenti.
310 Per quanto riguarda la gestione della memoria, in generale il
311 \index{segmento!testo} segmento di testo, che è identico per i due processi, è
312 condiviso e tenuto in sola lettura per il padre e per i figli. Per gli altri
313 segmenti Linux utilizza la tecnica del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on
314 write}. Questa tecnica comporta che una pagina di memoria viene
315 effettivamente copiata per il nuovo processo solo quando ci viene effettuata
316 sopra una scrittura, e si ha quindi una reale differenza fra padre e figlio.
317 In questo modo si rende molto più efficiente il meccanismo della creazione di
318 un nuovo processo, non essendo più necessaria la copia di tutto lo spazio
319 degli indirizzi virtuali del padre, ma solo delle pagine di memoria che sono
320 state modificate, e solo al momento della modifica stessa.
322 La differenza che si ha nei due processi è che nel processo padre il valore di
323 ritorno della funzione \func{fork} è il \ids{PID} del processo figlio, mentre
324 nel figlio è zero; in questo modo il programma può identificare se viene
325 eseguito dal padre o dal figlio. Si noti come la funzione \func{fork} ritorni
326 due volte, una nel padre e una nel figlio.
328 La scelta di questi valori di ritorno non è casuale, un processo infatti può
329 avere più figli, ed il valore di ritorno di \func{fork} è l'unico modo che gli
330 permette di identificare quello appena creato. Al contrario un figlio ha
331 sempre un solo padre, il cui \ids{PID} può sempre essere ottenuto con
332 \func{getppid}, come spiegato in sez.~\ref{sec:proc_pid}, per cui si usa il
333 valore nullo, che non è il \ids{PID} di nessun processo.
335 Normalmente la chiamata a \func{fork} può fallire solo per due ragioni: o ci
336 sono già troppi processi nel sistema, il che di solito è sintomo che
337 qualcos'altro non sta andando per il verso giusto, o si è ecceduto il limite
338 sul numero totale di processi permessi all'utente argomento su cui torneremo
339 in sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}, (vedi in particolare
340 tab.~\ref{tab:sys_rlimit_values}).
342 L'uso di \func{fork} avviene secondo due modalità principali; la prima è
343 quella in cui all'interno di un programma si creano processi figli cui viene
344 affidata l'esecuzione di una certa sezione di codice, mentre il processo padre
345 ne esegue un'altra. È il caso tipico dei programmi server (il modello
346 \textit{client-server} è illustrato in sez.~\ref{sec:net_cliserv}) in cui il
347 padre riceve ed accetta le richieste da parte dei programmi client, per
348 ciascuna delle quali pone in esecuzione un figlio che è incaricato di fornire
351 La seconda modalità è quella in cui il processo vuole eseguire un altro
352 programma; questo è ad esempio il caso della shell. In questo caso il processo
353 crea un figlio la cui unica operazione è quella di fare una \func{exec} (di
354 cui parleremo in sez.~\ref{sec:proc_exec}) subito dopo la \func{fork}.
356 Alcuni sistemi operativi (il VMS ad esempio) combinano le operazioni di questa
357 seconda modalità (una \func{fork} seguita da una \func{exec}) in un'unica
358 operazione che viene chiamata \textit{spawn}. Nei sistemi unix-like è stato
359 scelto di mantenere questa separazione, dato che, come per la prima modalità
360 d'uso, esistono numerosi scenari in cui si può usare una \func{fork} senza
361 aver bisogno di eseguire una \func{exec}.
363 Inoltre, anche nel caso della seconda modalità d'uso, avere le due funzioni
364 separate permette al figlio di cambiare alcune caratteristiche del processo
365 (maschera dei segnali, redirezione dell'output, utente per conto del cui viene
366 eseguito, e molto altro su cui torneremo in seguito) prima della \func{exec},
367 rendendo così relativamente facile intervenire sulle le modalità di esecuzione
371 \footnotesize \centering
372 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
373 \includecodesample{listati/fork_test.c}
376 \caption{Esempio di codice per la creazione di nuovi processi (da
377 \file{fork\_test.c}).}
378 \label{fig:proc_fork_code}
381 In fig.~\ref{fig:proc_fork_code} è riportato il corpo del codice del programma
382 di esempio \cmd{forktest}, che permette di illustrare molte caratteristiche
383 dell'uso della funzione \func{fork}. Il programma crea un numero di figli
384 specificato da linea di comando, e prende anche alcune opzioni per indicare
385 degli eventuali tempi di attesa in secondi (eseguiti tramite la funzione
386 \func{sleep}) per il padre ed il figlio (con \cmd{forktest -h} si ottiene la
387 descrizione delle opzioni). Il codice completo, compresa la parte che gestisce
388 le opzioni a riga di comando, è disponibile nel file \file{fork\_test.c},
389 distribuito insieme agli altri sorgenti degli esempi su
390 \url{http://gapil.truelite.it/gapil_source.tgz}.
392 Decifrato il numero di figli da creare, il ciclo principale del programma
393 (\texttt{\small 24--40}) esegue in successione la creazione dei processi figli
394 controllando il successo della chiamata a \func{fork} (\texttt{\small
395 25--29}); ciascun figlio (\texttt{\small 31--34}) si limita a stampare il
396 suo numero di successione, eventualmente attendere il numero di secondi
397 specificato e scrivere un messaggio prima di uscire. Il processo padre invece
398 (\texttt{\small 36--38}) stampa un messaggio di creazione, eventualmente
399 attende il numero di secondi specificato, e procede nell'esecuzione del ciclo;
400 alla conclusione del ciclo, prima di uscire, può essere specificato un altro
403 Se eseguiamo il comando, che è preceduto dall'istruzione \code{export
404 LD\_LIBRARY\_PATH=./} per permettere l'uso delle librerie dinamiche, senza
405 specificare attese (come si può notare in (\texttt{\small 17--19}) i valori
406 predefiniti specificano di non attendere), otterremo come risultato sul
409 [piccardi@selidor sources]$ export LD_LIBRARY_PATH=./; ./forktest 3
413 Process 1963: forking 3 child
414 Spawned 1 child, pid 1964
415 Child 1 successfully executing
416 Child 1, parent 1963, exiting
418 Spawned 2 child, pid 1965
419 Child 2 successfully executing
420 Child 2, parent 1963, exiting
422 Child 3 successfully executing
423 Child 3, parent 1963, exiting
424 Spawned 3 child, pid 1966
428 Esaminiamo questo risultato: una prima conclusione che si può trarre è che non
429 si può dire quale processo fra il padre ed il figlio venga eseguito per primo
430 dopo la chiamata a \func{fork}; dall'esempio si può notare infatti come nei
431 primi due cicli sia stato eseguito per primo il padre (con la stampa del
432 \ids{PID} del nuovo processo) per poi passare all'esecuzione del figlio
433 (completata con i due avvisi di esecuzione ed uscita), e tornare
434 all'esecuzione del padre (con la stampa del passaggio al ciclo successivo),
435 mentre la terza volta è stato prima eseguito il figlio (fino alla conclusione)
438 In generale l'ordine di esecuzione dipenderà, oltre che dall'algoritmo di
439 \itindex{scheduler} \textit{scheduling} usato dal kernel, dalla particolare
440 situazione in cui si trova la macchina al momento della chiamata, risultando
441 del tutto impredicibile. Eseguendo più volte il programma di prova e
442 producendo un numero diverso di figli, si sono ottenute situazioni
443 completamente diverse, compreso il caso in cui il processo padre ha eseguito
444 più di una \func{fork} prima che uno dei figli venisse messo in esecuzione.
446 Pertanto non si può fare nessuna assunzione sulla sequenza di esecuzione delle
447 istruzioni del codice fra padre e figli, né sull'ordine in cui questi potranno
448 essere messi in esecuzione. Se è necessaria una qualche forma di precedenza
449 occorrerà provvedere ad espliciti meccanismi di sincronizzazione, pena il
450 rischio di incorrere nelle cosiddette \itindex{race~condition} \textit{race
451 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
453 In realtà con l'introduzione dei kernel della serie 2.6 lo \itindex{scheduler}
454 \textit{scheduler} è stato modificato per eseguire sempre per primo il
455 figlio.\footnote{i risultati precedenti infatti sono stati ottenuti usando un
456 kernel della serie 2.4.} Questa è una ottimizzazione adottata per evitare
457 che il padre, effettuando per primo una operazione di scrittura in memoria,
458 attivasse il meccanismo del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write},
459 operazione inutile qualora il figlio venga creato solo per eseguire una
460 \func{exec} su altro programma che scarta completamente lo spazio degli
461 indirizzi e rende superflua la copia della memoria modificata dal
462 padre. Eseguendo sempre per primo il figlio la \func{exec} verrebbe effettuata
463 subito, con la certezza di utilizzare \itindex{copy~on~write} \textit{copy on
464 write} solo quando necessario.
466 Con il kernel 2.6.32 però il comportamento è stato nuovamente cambiato,
467 stavolta facendo eseguire per primo sempre il padre. Si è realizzato infatti
468 che l'eventualità prospettata per la scelta precedente era comunque molto
469 improbabile, mentre l'esecuzione immediata del padre presenta sempre il
470 vantaggio di poter utilizzare immediatamente tutti i dati che sono nella cache
471 della CPU e nella unità di gestione della memoria virtuale senza doverli
472 invalidare, cosa che per i processori moderni, che hanno linee di cache
473 interne molto profonde, avrebbe un forte impatto sulle prestazioni.
475 Allora anche se quanto detto in precedenza vale come comportamento effettivo
476 dei programmi soltanto per i kernel fino alla serie 2.4, per mantenere la
477 portabilità con altri kernel unix-like, e con i diversi comportamenti adottati
478 dalle Linux nelle versioni successive, è opportuno non fare affidamento su
479 nessun tipo comportamento predefinito e non dare per assunta l'esecuzione
480 preventiva del padre o del figlio.
482 Si noti poi come dopo la \func{fork}, essendo i segmenti di memoria utilizzati
483 dai singoli processi completamente indipendenti, le modifiche delle variabili
484 nei processi figli, come l'incremento di \var{i} in (\texttt{\small 31}), sono
485 visibili solo a loro, (ogni processo vede solo la propria copia della
486 memoria), e non hanno alcun effetto sul valore che le stesse variabili hanno
487 nel processo padre ed in eventuali altri processi figli che eseguano lo stesso
490 Un secondo aspetto molto importante nella creazione dei processi figli è
491 quello dell'interazione dei vari processi con i file. Ne parleremo qui anche
492 se buona parte dei concetti relativi ai file verranno trattati più avanti
493 (principalmente in sez.~\ref{sec:file_unix_interface}). Per illustrare meglio
494 quello che avviene si può redirigere su un file l'output del programma di
495 test, quello che otterremo è:
497 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest 3 > output
498 [piccardi@selidor sources]$ cat output
501 Process 1967: forking 3 child
502 Child 1 successfully executing
503 Child 1, parent 1967, exiting
504 Test for forking 3 child
505 Spawned 1 child, pid 1968
507 Child 2 successfully executing
508 Child 2, parent 1967, exiting
509 Test for forking 3 child
510 Spawned 1 child, pid 1968
512 Spawned 2 child, pid 1969
514 Child 3 successfully executing
515 Child 3, parent 1967, exiting
516 Test for forking 3 child
517 Spawned 1 child, pid 1968
519 Spawned 2 child, pid 1969
521 Spawned 3 child, pid 1970
524 che come si vede è completamente diverso da quanto ottenevamo sul terminale.
526 Il comportamento delle varie funzioni di interfaccia con i file è analizzato
527 in gran dettaglio in sez.~\ref{sec:file_unix_interface} per l'interfaccia
528 nativa Unix ed in sez.~\ref{sec:files_std_interface} per la standardizzazione
529 adottata nelle librerie del linguaggio C e valida per qualunque sistema
530 operativo. Qui basta accennare che si sono usate le funzioni standard della
531 libreria del C che prevedono l'output bufferizzato. Il punto è che questa
532 bufferizzazione (che tratteremo in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_buffering})
533 varia a seconda che si tratti di un file su disco, in cui il buffer viene
534 scaricato su disco solo quando necessario, o di un terminale, in cui il buffer
535 viene scaricato ad ogni carattere di a capo.
537 Nel primo esempio allora avevamo che, essendovi un a capo nella stringa
538 stampata, ad ogni chiamata a \func{printf} il buffer veniva scaricato, per cui
539 le singole righe comparivano a video subito dopo l'esecuzione della
540 \func{printf}. Ma con la redirezione su file la scrittura non avviene più alla
541 fine di ogni riga e l'output resta nel buffer. Dato che ogni figlio riceve una
542 copia della memoria del padre, esso riceverà anche quanto c'è nel buffer delle
543 funzioni di I/O, comprese le linee scritte dal padre fino allora. Così quando
544 il buffer viene scritto su disco all'uscita del figlio, troveremo nel file
545 anche tutto quello che il processo padre aveva scritto prima della sua
546 creazione. E alla fine del file (dato che in questo caso il padre esce per
547 ultimo) troveremo anche l'output completo del padre.
549 L'esempio ci mostra un altro aspetto fondamentale dell'interazione con i file,
550 valido anche per l'esempio precedente, ma meno evidente: il fatto cioè che non
551 solo processi diversi possono scrivere in contemporanea sullo stesso file
552 (l'argomento dell'accesso concorrente ai file è trattato in dettaglio in
553 sez.~\ref{sec:file_shared_access}), ma anche che, a differenza di quanto
554 avviene per le variabili in memoria, la posizione corrente sul file è
555 condivisa fra il padre e tutti i processi figli.
557 Quello che succede è che quando lo \textit{standard output}\footnote{si chiama
558 così il file su cui un programma scrive i suoi dati in uscita, tratteremo
559 l'argomento in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_fd}.} del padre viene
560 rediretto come si è fatto nell'esempio, lo stesso avviene anche per tutti i
561 figli. La funzione \func{fork} infatti ha la caratteristica di duplicare nei
562 processi figli tutti i \textit{file descriptor} (vedi sez.~\ref{sec:file_fd})
563 dei file aperti nel processo padre (allo stesso modo in cui lo fa la funzione
564 \func{dup}, trattata in sez.~\ref{sec:file_dup}), il che comporta che padre e
565 figli condividono le stesse voci della \itindex{file~table} \textit{file
566 table} (tratteremo in dettaglio questi termini in
567 sez.~\ref{sec:file_shared_access}) fra cui c'è anche la posizione corrente nel
570 In questo modo se un processo scrive su un file aggiornerà la posizione
571 corrente sulla \itindex{file~table} \textit{file table}, e tutti gli altri
572 processi, che vedono la stessa \itindex{file~table} \textit{file table},
573 vedranno il nuovo valore. In questo modo si evita, in casi come quello appena
574 mostrato in cui diversi processi scrivono sullo stesso file, che l'output
575 successivo di un processo vada a sovrapporsi a quello dei precedenti: l'output
576 potrà risultare mescolato, ma non ci saranno parti perdute per via di una
579 Questo tipo di comportamento è essenziale in tutti quei casi in cui il padre
580 crea un figlio e attende la sua conclusione per proseguire, ed entrambi
581 scrivono sullo stesso file. Un caso tipico di questo comportamento è la shell
582 quando lancia un programma. In questo modo, anche se lo standard output viene
583 rediretto, il padre potrà sempre continuare a scrivere in coda a quanto
584 scritto dal figlio in maniera automatica; se così non fosse ottenere questo
585 comportamento sarebbe estremamente complesso necessitando di una qualche forma
586 di comunicazione fra i due processi per far riprendere al padre la scrittura
589 In generale comunque non è buona norma far scrivere più processi sullo stesso
590 file senza una qualche forma di sincronizzazione in quanto, come visto anche
591 con il nostro esempio, le varie scritture risulteranno mescolate fra loro in
592 una sequenza impredicibile. Per questo le modalità con cui in genere si usano
593 i file dopo una \func{fork} sono sostanzialmente due:
595 \item Il processo padre aspetta la conclusione del figlio. In questo caso non
596 è necessaria nessuna azione riguardo ai file, in quanto la sincronizzazione
597 della posizione corrente dopo eventuali operazioni di lettura e scrittura
598 effettuate dal figlio è automatica.
599 \item L'esecuzione di padre e figlio procede indipendentemente. In questo caso
600 ciascuno dei due processi deve chiudere i file che non gli servono una volta
601 che la \func{fork} è stata eseguita, per evitare ogni forma di interferenza.
604 Oltre ai file aperti i processi figli ereditano dal padre una serie di altre
605 proprietà; la lista dettagliata delle proprietà che padre e figlio hanno in
606 comune dopo l'esecuzione di una \func{fork} è la seguente:
608 \item i file aperti e gli eventuali flag di \itindex{close-on-exec}
609 \textit{close-on-exec} impostati (vedi sez.~\ref{sec:proc_exec} e
610 sez.~\ref{sec:file_fcntl_ioctl});
611 \item gli identificatori per il controllo di accesso: l'\textsl{user-ID
612 reale}, il \textsl{group-ID reale}, l'\textsl{user-ID effettivo}, il
613 \textsl{group-ID effettivo} ed i \textit{group-ID supplementari} (vedi
614 sez.~\ref{sec:proc_access_id});
615 \item gli identificatori per il controllo di sessione: il
616 \itindex{process~group} \textit{process group-ID} e il \textit{session id}
617 ed il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group});
618 \item la \index{directory~di~lavoro} directory di lavoro e la directory radice
619 (vedi sez.~\ref{sec:file_work_dir} e sez.~\ref{sec:file_chroot});
620 \item la maschera dei permessi di creazione dei file (vedi
621 sez.~\ref{sec:file_perm_management});
622 \item la maschera dei segnali bloccati (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigmask}) e le
623 azioni installate (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha});
624 \item i segmenti di memoria condivisa agganciati al processo (vedi
625 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm});
626 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
627 \item il valori di \textit{nice}, le priorità real-time e le affinità di
628 processore (vedi sez.~\ref{sec:proc_sched_stand},
629 sez.~\ref{sec:proc_real_time} e sez.~\ref{sec:proc_sched_multiprocess});
630 \item le variabili di ambiente (vedi sez.~\ref{sec:proc_environ}).
631 \item l'insieme dei descrittori associati alle code di messaggi POSIX (vedi
632 sez.~\ref{sec:ipc_posix_mq}) che vengono copiate come i \textit{file
633 descriptor}, questo significa che entrambi condivideranno gli stessi flag.
636 Oltre a quelle relative ad un diverso spazio degli indirizzi (e una memoria
637 totalmente indipendente) le differenze fra padre e figlio dopo l'esecuzione di
638 una \func{fork} invece sono:\footnote{a parte le ultime quattro, relative a
639 funzionalità specifiche di Linux, le altre sono esplicitamente menzionate
640 dallo standard POSIX.1-2001.}
642 \item il valore di ritorno di \func{fork};
643 \item il \ids{PID} (\textit{process id}), quello del figlio viene assegnato ad
644 un nuovo valore univoco;
645 \item il \ids{PPID} (\textit{parent process id}), quello del figlio viene
646 impostato al \ids{PID} del padre;
647 \item i valori dei tempi di esecuzione (vedi sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}) e
648 delle risorse usate (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_use}), che nel figlio
650 \item i \textit{lock} sui file (vedi sez.~\ref{sec:file_locking}) e sulla
651 memoria (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}), che non vengono ereditati dal
653 \item gli allarmi, i timer (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort}) ed i segnali
654 pendenti (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}), che per il figlio vengono
656 \item le operazioni di I/O asincrono in corso (vedi
657 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_io}) che non vengono ereditate dal figlio;
658 \item gli aggiustamenti fatti dal padre ai semafori con \func{semop} (vedi
659 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}).
660 \item le notifiche sui cambiamenti delle directory con \textit{dnotify} (vedi
661 sez.~\ref{sec:sig_notification}), che non vengono ereditate dal figlio;
662 \item le mappature di memoria marcate come \const{MADV\_DONTFORK} (vedi
663 sez.~\ref{sec:file_memory_map}) che non vengono ereditate dal figlio;
664 \item l'impostazione con \func{prctl} (vedi sez.~\ref{sec:process_prctl}) che
665 notifica al figlio la terminazione del padre viene cancellata se presente
667 \item il segnale di terminazione del figlio è sempre \signal{SIGCHLD} anche
668 qualora nel padre fosse stato modificato (vedi sez.~\ref{sec:process_clone}).
671 Una seconda funzione storica usata per la creazione di un nuovo processo è
672 \funcm{vfork}, che è esattamente identica a \func{fork} ed ha la stessa
673 semantica e gli stessi errori; la sola differenza è che non viene creata la
674 tabella delle pagine né la struttura dei task per il nuovo processo. Il
675 processo padre è posto in attesa fintanto che il figlio non ha eseguito una
676 \func{execve} o non è uscito con una \func{\_exit}. Il figlio condivide la
677 memoria del padre (e modifiche possono avere effetti imprevedibili) e non deve
678 ritornare o uscire con \func{exit} ma usare esplicitamente \func{\_exit}.
680 Questa funzione è un rimasuglio dei vecchi tempi in cui eseguire una
681 \func{fork} comportava anche la copia completa del segmento dati del processo
682 padre, che costituiva un inutile appesantimento in tutti quei casi in cui la
683 \func{fork} veniva fatta solo per poi eseguire una \func{exec}. La funzione
684 venne introdotta in BSD per migliorare le prestazioni.
686 Dato che Linux supporta il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write} la
687 perdita di prestazioni è assolutamente trascurabile, e l'uso di questa
688 funzione, che resta un caso speciale della \textit{system call} \func{clone}
689 (che tratteremo in dettaglio in sez.~\ref{sec:process_clone}) è deprecato; per
690 questo eviteremo di trattarla ulteriormente.
693 \subsection{La conclusione di un processo}
694 \label{sec:proc_termination}
696 In sez.~\ref{sec:proc_conclusion} abbiamo già affrontato le modalità con cui
697 chiudere un programma, ma dall'interno del programma stesso. Avendo a che fare
698 con un sistema \textit{multitasking} resta da affrontare l'argomento dal punto
699 di vista di come il sistema gestisce la conclusione dei processi.
701 Abbiamo visto in sez.~\ref{sec:proc_conclusion} le tre modalità con cui un
702 programma viene terminato in maniera normale: la chiamata di \func{exit}, che
703 esegue le funzioni registrate per l'uscita e chiude gli \textit{stream} e poi
704 esegue \func{\_exit}, il ritorno dalla funzione \code{main} equivalente alla
705 chiamata di \func{exit}, e la chiamata diretta a \func{\_exit}, che passa
706 direttamente alle operazioni di terminazione del processo da parte del kernel.
708 Ma abbiamo accennato che oltre alla conclusione normale esistono anche delle
709 modalità di conclusione anomala. Queste sono in sostanza due: il programma può
710 chiamare la funzione \func{abort} (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort}) per
711 invocare una chiusura anomala, o essere terminato da un segnale (torneremo sui
712 segnali in cap.~\ref{cha:signals}). In realtà anche la prima modalità si
713 riconduce alla seconda, dato che \func{abort} si limita a generare il segnale
716 Qualunque sia la modalità di conclusione di un processo, il kernel esegue
717 comunque una serie di operazioni di terminazione: chiude tutti i file aperti,
718 rilascia la memoria che stava usando, e così via; l'elenco completo delle
719 operazioni eseguite alla chiusura di un processo è il seguente:
721 \item tutti i \textit{file descriptor} (vedi sez.~\ref{sec:file_fd}) sono
723 \item viene memorizzato lo stato di terminazione del processo;
724 \item ad ogni processo figlio viene assegnato un nuovo padre (in genere
726 \item viene inviato il segnale \signal{SIGCHLD} al processo padre (vedi
727 sez.~\ref{sec:sig_sigchld});
728 \item se il processo è un leader di sessione ed il suo terminale di controllo
729 è quello della sessione viene mandato un segnale di \signal{SIGHUP} a tutti i
730 processi del gruppo di \textit{foreground} e il terminale di controllo viene
731 disconnesso (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
732 \item se la conclusione di un processo rende orfano un \textit{process
733 group} ciascun membro del gruppo viene bloccato, e poi gli vengono
734 inviati in successione i segnali \signal{SIGHUP} e \signal{SIGCONT}
735 (vedi ancora sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
738 \itindbeg{termination~status}
740 Oltre queste operazioni è però necessario poter disporre di un meccanismo
741 ulteriore che consenta di sapere come la terminazione è avvenuta: dato che in
742 un sistema unix-like tutto viene gestito attraverso i processi, il meccanismo
743 scelto consiste nel riportare lo \itindex{termination~status} \textsl{stato di
744 terminazione} (il cosiddetto \textit{termination status}) al processo padre.
746 Nel caso di conclusione normale, abbiamo visto in
747 sez.~\ref{sec:proc_conclusion} che lo stato di uscita del processo viene
748 caratterizzato tramite il valore del cosiddetto \textit{exit status}, cioè il
749 valore passato come argomento alle funzioni \func{exit} o \func{\_exit} o il
750 valore di ritorno per \code{main}. Ma se il processo viene concluso in
751 maniera anomala il programma non può specificare nessun \textit{exit status},
752 ed è il kernel che deve generare autonomamente il \textit{termination status}
753 per indicare le ragioni della conclusione anomala.
755 Si noti la distinzione fra \textit{exit status} e \textit{termination status}:
756 quello che contraddistingue lo stato di chiusura del processo e viene
757 riportato attraverso le funzioni \func{wait} o \func{waitpid} (vedi
758 sez.~\ref{sec:proc_wait}) è sempre quest'ultimo; in caso di conclusione
759 normale il kernel usa il primo (nel codice eseguito da \func{\_exit}) per
762 La scelta di riportare al padre lo stato di terminazione dei figli, pur
763 essendo l'unica possibile, comporta comunque alcune complicazioni: infatti se
764 alla sua creazione è scontato che ogni nuovo processo abbia un padre, non è
765 detto che sia così alla sua conclusione, dato che il padre potrebbe essere già
766 terminato; si potrebbe avere cioè quello che si chiama un processo
769 Questa complicazione viene superata facendo in modo che il processo orfano
770 venga \textsl{adottato} da \cmd{init}, o meglio dal processo con \ids{PID} 1,
771 cioè quello lanciato direttamente dal kernel all'avvio, che sta alla base
772 dell'albero dei processi visto in sez.~\ref{sec:proc_hierarchy} e che anche
773 per questo motivo ha un ruolo essenziale nel sistema e non può mai
774 terminare.\footnote{almeno non senza un blocco completo del sistema, in caso
775 di terminazione o di non esecuzione di \cmd{init} infatti il kernel si
776 blocca con un cosiddetto \textit{kernel panic}, dato che questo è un errore
779 Come già accennato quando un processo termina, il kernel controlla se è il
780 padre di altri processi in esecuzione: in caso positivo allora il \ids{PPID}
781 di tutti questi processi verrà sostituito dal kernel con il \ids{PID} di
782 \cmd{init}, cioè con 1. In questo modo ogni processo avrà sempre un padre (nel
783 caso possiamo parlare di un padre \textsl{adottivo}) cui riportare il suo
784 stato di terminazione.
786 Come verifica di questo comportamento possiamo eseguire il nostro programma
787 \cmd{forktest} imponendo a ciascun processo figlio due secondi di attesa prima
788 di uscire, il risultato è:
790 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest -c2 3
792 \begin{Terminal}[commandchars=\\\{\}]
793 Process 1972: forking 3 child
794 Spawned 1 child, pid 1973
795 Child 1 successfully executing
797 Spawned 2 child, pid 1974
798 Child 2 successfully executing
800 Child 3 successfully executing
801 Spawned 3 child, pid 1975
804 \textbf{[piccardi@selidor sources]$} Child 3, parent 1, exiting
805 Child 2, parent 1, exiting
806 Child 1, parent 1, exiting
808 come si può notare in questo caso il processo padre si conclude prima dei
809 figli, tornando alla shell, che stampa il prompt sul terminale: circa due
810 secondi dopo viene stampato a video anche l'output dei tre figli che
811 terminano, e come si può notare in questo caso, al contrario di quanto visto
812 in precedenza, essi riportano 1 come \ids{PPID}.
814 Altrettanto rilevante è il caso in cui il figlio termina prima del padre,
815 perché non è detto che il padre possa ricevere immediatamente lo stato di
816 terminazione, quindi il kernel deve comunque conservare una certa quantità di
817 informazioni riguardo ai processi che sta terminando.
819 Questo viene fatto mantenendo attiva la voce nella tabella dei processi, e
820 memorizzando alcuni dati essenziali, come il \ids{PID}, i tempi di CPU usati
821 dal processo (vedi sez.~\ref{sec:sys_unix_time}) e lo stato di terminazione,
822 mentre la memoria in uso ed i file aperti vengono rilasciati immediatamente.
824 I processi che sono terminati, ma il cui stato di terminazione non è stato
825 ancora ricevuto dal padre sono chiamati \itindex{zombie} \textit{zombie}, essi
826 restano presenti nella tabella dei processi ed in genere possono essere
827 identificati dall'output di \cmd{ps} per la presenza di una \texttt{Z} nella
828 colonna che ne indica lo stato (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}). Quando
829 il padre effettuerà la lettura dello stato di terminazione anche questa
830 informazione, non più necessaria, verrà scartata ed il processo potrà
831 considerarsi completamente concluso.
833 Possiamo utilizzare il nostro programma di prova per analizzare anche questa
834 condizione: lanciamo il comando \cmd{forktest} in \textit{background} (vedi
835 sez.~\ref{sec:sess_job_control}), indicando al processo padre di aspettare 10
836 secondi prima di uscire. In questo caso, usando \cmd{ps} sullo stesso
837 terminale (prima dello scadere dei 10 secondi) otterremo:
839 [piccardi@selidor sources]$ ps T
843 PID TTY STAT TIME COMMAND
844 419 pts/0 S 0:00 bash
845 568 pts/0 S 0:00 ./forktest -e10 3
846 569 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
847 570 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
848 571 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
849 572 pts/0 R 0:00 ps T
851 e come si vede, dato che non si è fatto nulla per riceverne lo stato di
852 terminazione, i tre processi figli sono ancora presenti pur essendosi
853 conclusi, con lo stato di \itindex{zombie} \textit{zombie} e l'indicazione che
854 sono terminati (la scritta \texttt{defunct}).
856 La possibilità di avere degli \itindex{zombie} \textit{zombie} deve essere
857 tenuta sempre presente quando si scrive un programma che deve essere mantenuto
858 in esecuzione a lungo e creare molti figli. In questo caso si deve sempre
859 avere cura di far leggere l'eventuale stato di uscita di tutti i figli. In
860 genere questo si fa attraverso un apposito \textit{signal handler}, che chiama
861 la funzione \func{wait}, (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigchld} e
862 sez.~\ref{sec:proc_wait}) di cui vedremo un esempio in
863 fig.~\ref{fig:sig_sigchld_handl}.
865 Questa operazione è necessaria perché anche se gli \itindex{zombie}
866 \textit{zombie} non consumano risorse di memoria o processore, occupano
867 comunque una voce nella tabella dei processi e se li si lascia accumulare a
868 lungo quest'ultima potrebbe riempirsi, con l'impossibilità di lanciare nuovi
871 Si noti tuttavia che quando un processo adottato da \cmd{init} termina, non
872 diviene mai uno \itindex{zombie} \textit{zombie}. Questo perché una delle
873 funzioni di \cmd{init} è appunto quella di chiamare la funzione \func{wait}
874 per i processi a cui fa da padre, completandone la terminazione. Questo è
875 quanto avviene anche quando, come nel caso del precedente esempio con
876 \cmd{forktest}, il padre termina con dei figli in stato di \itindex{zombie}
877 \textit{zombie}. Questi scompaiono quando, alla terminazione del padre dopo i
878 secondi programmati, tutti figli che avevamo generato, e che erano diventati
879 \itindex{zombie} \textit{zombie}, vengono adottati da \cmd{init}, il quale
880 provvede a completarne la terminazione.
882 Si tenga presente infine che siccome gli \itindex{zombie} \textit{zombie} sono
883 processi già terminati, non c'è modo di eliminarli con il comando \cmd{kill} o
884 inviandogli un qualunque segnale di terminazione (l'argomento è trattato in
885 sez.~\ref{sec:sig_termination}). L'unica possibilità di cancellarli dalla
886 tabella dei processi è quella di terminare il processo che li ha generati, in
887 modo che \cmd{init} possa adottarli e concluderne la terminazione.
889 \subsection{Le funzioni di attesa e ricezione degli stati di uscita}
890 \label{sec:proc_wait}
892 Uno degli usi più comuni delle capacità multitasking di un sistema unix-like
893 consiste nella creazione di programmi di tipo server, in cui un processo
894 principale attende le richieste che vengono poi soddisfatte da una serie di
897 Si è già sottolineato al paragrafo precedente come in questo caso diventi
898 necessario gestire esplicitamente la conclusione dei figli onde evitare di
899 riempire di \itindex{zombie} \textit{zombie} la tabella dei
900 processi. Tratteremo in questa sezione le funzioni di sistema deputate a
901 questo compito; la prima è \funcd{wait} ed il suo prototipo è:
906 \fdecl{pid\_t wait(int *status)}
907 \fdesc{Attende la terminazione di un processo.}
909 {La funzione ritorna il \ids{PID} del figlio in caso di successo e $-1$ per un
910 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
912 \item[\errcode{ECHILD}] il processo non ha nessun figlio di cui attendere
913 uno stato di terminazione.
914 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
918 Questa funzione è presente fin dalle prime versioni di Unix ed è quella usata
919 tradizionalmente per attendere la terminazione dei figli. La funzione sospende
920 l'esecuzione del processo corrente e ritorna non appena un qualunque processo
921 figlio termina. Se un figlio è già terminato prima della sua chiamata la
922 funzione ritorna immediatamente, se più processi figli sono già terminati
923 occorrerà continuare a chiamare la funzione più volte fintanto che non si è
924 recuperato lo stato di terminazione di tutti quanti.
926 Al ritorno della funzione lo stato di terminazione del figlio viene salvato
927 (come \itindex{value~result~argument} \textit{value result argument}) nella
928 variabile puntata da \param{status} e tutte le risorse del kernel relative al
929 processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_termination}) vengono rilasciate. Nel caso
930 un processo abbia più figli il valore di ritorno della funzione sarà impostato
931 al \ids{PID} del processo di cui si è ricevuto lo stato di terminazione, cosa
932 che permette di identificare qual è il figlio che è terminato.
934 \itindend{termination~status}
936 Questa funzione ha il difetto di essere poco flessibile, in quanto ritorna
937 all'uscita di un qualunque processo figlio. Nelle occasioni in cui è
938 necessario attendere la conclusione di uno specifico processo fra tutti quelli
939 esistenti occorre predisporre un meccanismo che tenga conto di tutti processi
940 che sono terminati, e provveda a ripetere la chiamata alla funzione nel caso
941 il processo cercato non risulti fra questi. Se infatti il processo cercato è
942 già terminato e se è già ricevuto lo stato di uscita senza registrarlo, la
943 funzione non ha modo di accorgersene, e si continuerà a chiamarla senza
944 accorgersi che quanto interessava è già accaduto.
946 Per questo motivo lo standard POSIX.1 ha introdotto una seconda funzione che
947 effettua lo stesso servizio, ma dispone di una serie di funzionalità più
948 ampie, legate anche al controllo di sessione (si veda
949 sez.~\ref{sec:sess_job_control}). Dato che è possibile ottenere lo stesso
950 comportamento di \func{wait}\footnote{in effetti il codice
951 \code{wait(\&status)} è del tutto equivalente a \code{waitpid(WAIT\_ANY,
952 \&status, 0)}.} si consiglia di utilizzare sempre questa nuova funzione di
953 sistema, \funcd{waitpid}, il cui prototipo è:
958 \fdecl{pid\_t waitpid(pid\_t pid, int *status, int options)}
959 \fdesc{Attende il cambiamento di stato di un processo figlio.}
961 {La funzione ritorna il \ids{PID} del processo che ha cambiato stato in caso
962 di successo, o 0 se è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e il
963 processo non è uscito e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno}
964 assumerà uno dei valori:
966 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
967 non è figlio del processo chiamante.
968 \item[\errcode{EINTR}] non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
969 la funzione è stata interrotta da un segnale.
970 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
971 l'argomento \param{options}.
975 La prima differenza fra le due funzioni è che con \func{waitpid} si può
976 specificare in maniera flessibile quale processo attendere, sulla base del
977 valore fornito dall'argomento \param{pid}, questo può assumere diversi valori,
978 secondo lo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_waidpid_pid}, dove si
979 sono riportate anche le costanti definite per indicare alcuni di essi.
984 \begin{tabular}[c]{|c|c|p{8cm}|}
986 \textbf{Valore} & \textbf{Costante} &\textbf{Significato}\\
989 $<-1$& -- & Attende per un figlio il cui
990 \itindex{process~group} \textit{process group}
991 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è uguale
992 al valore assoluto di \param{pid}.\\
993 $-1$&\const{WAIT\_ANY} & Attende per un figlio qualsiasi, usata in
994 questa maniera senza specificare nessuna opzione
995 è equivalente a \func{wait}.\\
996 $ 0$&\const{WAIT\_MYPGRP}&Attende per un figlio il cui
997 \itindex{process~group} \textit{process group}
998 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è
999 uguale a quello del processo chiamante.\\
1000 $>0$& -- & Attende per un figlio il cui \ids{PID} è uguale
1001 al valore di \param{pid}.\\
1004 \caption{Significato dei valori dell'argomento \param{pid} della funzione
1006 \label{tab:proc_waidpid_pid}
1009 Il comportamento di \func{waitpid} può inoltre essere modificato passando alla
1010 funzione delle opportune opzioni tramite l'argomento \param{options}; questo
1011 deve essere specificato come maschera binaria delle costanti riportati nella
1012 prima parte in tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options} che possono essere
1013 combinate fra loro con un OR aritmetico. Nella seconda parte della stessa
1014 tabella si sono riportati anche alcune opzioni non standard specifiche di
1015 Linux, che consentono un controllo più dettagliato per i processi creati con
1016 la \textit{system call} generica \func{clone} (vedi
1017 sez.~\ref{sec:process_clone}) e che vengono usati principalmente per la
1018 gestione della terminazione dei \itindex{thread} \textit{thread} (vedi
1019 sez.~\ref{sec:thread_xxx}).
1024 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1026 \textbf{Costante} & \textbf{Descrizione}\\
1029 \const{WNOHANG} & La funzione ritorna immediatamente anche se non è
1030 terminato nessun processo figlio.\\
1031 \const{WUNTRACED} & Ritorna anche quando un processo figlio è stato
1033 \const{WCONTINUED}& Ritorna anche quando un processo figlio che era stato
1034 fermato ha ripreso l'esecuzione (disponibile solo a
1035 partire dal kernel 2.6.10).\\
1037 \const{\_\_WCLONE}& Attende solo per i figli creati con \func{clone}
1038 (vedi sez.~\ref{sec:process_clone}), vale a dire
1039 processi che non emettono nessun segnale
1040 o emettono un segnale diverso da \signal{SIGCHLD} alla
1041 terminazione, il default è attendere soltanto i
1042 processi figli ordinari ignorando quelli creati da
1044 \const{\_\_WALL} & Attende per qualunque figlio, sia ordinario che creato
1045 con \func{clone}, se specificata insieme a
1046 \const{\_\_WCLONE} quest'ultima viene ignorata. \\
1047 \const{\_\_WNOTHREAD}& Non attende per i figli di altri \textit{thread}
1048 dello stesso \textit{thread group}, questo era il
1049 comportamento di default del kernel 2.4 che non
1050 supportava la possibilità, divenuta il default a
1051 partire dal 2.6, di attendere un qualunque figlio
1052 appartenente allo stesso \textit{thread group}. \\
1055 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
1056 della funzione \func{waitpid}.}
1057 \label{tab:proc_waitpid_options}
1061 L'uso dell'opzione \const{WNOHANG} consente di prevenire il blocco della
1062 funzione qualora nessun figlio sia uscito o non si siano verificate le altre
1063 condizioni per l'uscita della funzione. in tal caso. In tal caso la funzione,
1064 invece di restituire il \ids{PID} del processo (che è sempre un intero
1065 positivo) ritornerà un valore nullo.
1067 Le altre due opzioni, \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED}, consentono
1068 rispettivamente di tracciare non la terminazione di un processo, ma il fatto
1069 che esso sia stato fermato, o fatto ripartire, e sono utilizzate per la
1070 gestione del controllo di sessione (vedi sez.~\ref{sec:sess_job_control}).
1072 Nel caso di \const{WUNTRACED} la funzione ritorna, restituendone il \ids{PID},
1073 quando un processo figlio entra nello stato \textit{stopped}\footnote{in
1074 realtà viene notificato soltanto il caso in cui il processo è stato fermato
1075 da un segnale di stop (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}), e non quello in
1076 cui lo stato \textit{stopped} è dovuto all'uso di \func{ptrace} (vedi
1077 sez.~\ref{sec:process_ptrace}).} (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}),
1078 mentre con \const{WCONTINUED} la funzione ritorna quando un processo in stato
1079 \textit{stopped} riprende l'esecuzione per la ricezione del segnale
1080 \signal{SIGCONT} (l'uso di questi segnali per il controllo di sessione è
1081 trattato in sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
1083 La terminazione di un processo figlio (così come gli altri eventi osservabili
1084 con \func{waitpid}) è chiaramente un evento asincrono rispetto all'esecuzione
1085 di un programma e può avvenire in un qualunque momento. Per questo motivo,
1086 come accennato nella sezione precedente, una delle azioni prese dal kernel
1087 alla conclusione di un processo è quella di mandare un segnale di
1088 \signal{SIGCHLD} al padre. L'azione predefinita (si veda
1089 sez.~\ref{sec:sig_base}) per questo segnale è di essere ignorato, ma la sua
1090 generazione costituisce il meccanismo di comunicazione asincrona con cui il
1091 kernel avverte il processo padre che uno dei suoi figli è terminato.
1093 Il comportamento delle funzioni è però cambiato nel passaggio dal kernel 2.4
1094 al kernel 2.6, quest'ultimo infatti si è adeguato alle prescrizioni dello
1095 standard POSIX.1-2001 e come da esso richiesto se \signal{SIGCHLD} viene
1096 ignorato, o se si imposta il flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} nella ricezione
1097 dello stesso (si veda sez.~\ref{sec:sig_sigaction}) i processi figli che
1098 terminano non diventano \textit{zombie} e sia \func{wait} che \func{waitpid}
1099 si bloccano fintanto che tutti i processi figli non sono terminati, dopo di
1100 che falliscono con un errore di \errcode{ENOCHLD}.\footnote{questo è anche il
1101 motivo per cui le opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} sono
1102 utilizzabili soltanto qualora non si sia impostato il flag di
1103 \const{SA\_NOCLDSTOP} per il segnale \signal{SIGCHLD}.}
1105 Con i kernel della serie 2.4 e tutti i kernel delle serie precedenti entrambe
1106 le funzioni di attesa ignorano questa prescrizione e si comportano sempre
1107 nello stesso modo,\footnote{lo standard POSIX.1 originale infatti lascia
1108 indefinito il comportamento di queste funzioni quando \signal{SIGCHLD} viene
1109 ignorato.} indipendentemente dal fatto \signal{SIGCHLD} sia ignorato o meno:
1110 attendono la terminazione di un processo figlio e ritornano il relativo
1111 \ids{PID} e lo stato di terminazione nell'argomento \param{status}.
1113 In generale in un programma non si vuole essere forzati ad attendere la
1114 conclusione di un processo figlio per proseguire l'esecuzione, specie se tutto
1115 questo serve solo per leggerne lo stato di chiusura (ed evitare eventualmente
1116 la presenza di \itindex{zombie} \textit{zombie}). Per questo la modalità più
1117 comune di chiamare queste funzioni è quella di utilizzarle all'interno di un
1118 \textit{signal handler} (vedremo un esempio di come gestire \signal{SIGCHLD}
1119 con i segnali in sez.~\ref{sec:sig_example}). In questo caso infatti, dato che
1120 il segnale è generato dalla terminazione di un figlio, avremo la certezza che
1121 la chiamata a \func{waitpid} non si bloccherà.
1123 Come accennato sia \func{wait} che \func{waitpid} restituiscono lo stato di
1124 terminazione del processo tramite il puntatore \param{status}, e se non
1125 interessa memorizzare lo stato si può passare un puntatore nullo. Il valore
1126 restituito da entrambe le funzioni dipende dall'implementazione, ma
1127 tradizionalmente gli 8 bit meno significativi sono riservati per memorizzare
1128 lo \itindex{exit~status} stato di uscita del processo, e gli altri per
1129 indicare il segnale che ha causato la terminazione (in caso di conclusione
1130 anomala), uno per indicare se è stato generato un \itindex{core~dump}
1131 \textit{core dump}, ecc.\footnote{le definizioni esatte si possono trovare in
1132 \file{<bits/waitstatus.h>} ma questo file non deve mai essere usato
1133 direttamente, esso viene incluso attraverso \file{<sys/wait.h>}.}
1138 \begin{tabular}[c]{|l|p{10cm}|}
1140 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1143 \macro{WIFEXITED}\texttt{(s)} & Condizione vera (valore non nullo) per
1144 un processo figlio che sia terminato
1146 \macro{WEXITSTATUS}\texttt{(s)} & Restituisce gli otto bit meno
1147 significativi dello stato di uscita del
1148 processo (passato attraverso
1149 \func{\_exit}, \func{exit} o come valore
1150 di ritorno di \code{main}); può essere
1151 valutata solo se \val{WIFEXITED} ha
1152 restituito un valore non nullo.\\
1153 \macro{WIFSIGNALED}\texttt{(s)} & Condizione vera se il processo figlio è
1154 terminato in maniera anomala a causa di
1155 un segnale che non è stato catturato
1156 (vedi sez.~\ref{sec:sig_notification}).\\
1157 \macro{WTERMSIG}\texttt{(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha
1158 causato la terminazione anomala del
1159 processo; può essere valutata solo se
1160 \val{WIFSIGNALED} ha restituito un
1162 \macro{WCOREDUMP}\texttt{(s)} & Vera se il processo terminato ha
1163 generato un file di \itindex{core~dump}
1164 \textit{core dump}; può essere valutata
1165 solo se \val{WIFSIGNALED} ha restituito
1166 un valore non nullo.\footnotemark \\
1167 \macro{WIFSTOPPED}\texttt{(s)} & Vera se il processo che ha causato il
1168 ritorno di \func{waitpid} è bloccato;
1169 l'uso è possibile solo con
1170 \func{waitpid} avendo specificato
1171 l'opzione \const{WUNTRACED}.\\
1172 \macro{WSTOPSIG}\texttt{(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha
1173 bloccato il processo; può essere
1174 valutata solo se \val{WIFSTOPPED} ha
1175 restituito un valore non nullo. \\
1176 \macro{WIFCONTINUED}\texttt{(s)}& Vera se il processo che ha causato il
1177 ritorno è stato riavviato da un
1178 \signal{SIGCONT} (disponibile solo a
1179 partire dal kernel 2.6.10).\\
1182 \caption{Descrizione delle varie macro di preprocessore utilizzabili per
1183 verificare lo stato di terminazione \var{s} di un processo.}
1184 \label{tab:proc_status_macro}
1187 \footnotetext{questa macro non è definita dallo standard POSIX.1-2001, ma è
1188 presente come estensione sia in Linux che in altri Unix, deve essere
1189 pertanto utilizzata con attenzione (ad esempio è il caso di usarla in un
1190 blocco \texttt{\#ifdef WCOREDUMP ... \#endif}.}
1192 Lo standard POSIX.1 definisce una serie di macro di preprocessore da usare per
1193 analizzare lo stato di uscita. Esse sono definite sempre in
1194 \file{<sys/wait.h>} ed elencate in tab.~\ref{tab:proc_status_macro}. Si tenga
1195 presente che queste macro prevedono che gli si passi come parametro la
1196 variabile di tipo \ctyp{int} puntata dall'argomento \param{status} restituito
1197 da \func{wait} o \func{waitpid}.
1199 Si tenga conto che nel caso di conclusione anomala il valore restituito da
1200 \val{WTERMSIG} può essere confrontato con le costanti che identificano i
1201 segnali definite in \headfile{signal.h} ed elencate in
1202 tab.~\ref{tab:sig_signal_list}, e stampato usando le apposite funzioni
1203 trattate in sez.~\ref{sec:sig_strsignal}.
1205 A partire dal kernel 2.6.9, sempre in conformità allo standard POSIX.1-2001, è
1206 stata introdotta una nuova funzione di attesa che consente di avere un
1207 controllo molto più preciso sui possibili cambiamenti di stato dei processi
1208 figli e più dettagli sullo stato di uscita; la funzione di sistema è
1209 \funcd{waitid} ed il suo prototipo è:
1214 \fdecl{int waitid(idtype\_t idtype, id\_t id, siginfo\_t *infop, int options)}
1215 \fdesc{Attende il cambiamento di stato di un processo figlio.}
1217 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1218 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1220 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
1221 non è figlio del processo chiamante.
1222 \item[\errcode{EINTR}] non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
1223 la funzione è stata interrotta da un segnale.
1224 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
1225 l'argomento \param{options}.
1229 La funzione prevede che si specifichi quali processi si intendono osservare
1230 usando i due argomenti \param{idtype} ed \param{id}; il primo indica se ci si
1231 vuole porre in attesa su un singolo processo, un gruppo di processi o un
1232 processo qualsiasi, e deve essere specificato secondo uno dei valori di
1233 tab.~\ref{tab:proc_waitid_idtype}; il secondo indica, a seconda del valore del
1234 primo, quale processo o quale gruppo di processi selezionare.
1239 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1241 \textbf{Valore} & \textbf{Descrizione}\\
1244 \const{P\_PID} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1245 il cui \ids{PID} corrisponda al valore dell'argomento
1247 \const{P\_PGID}& Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1248 appartenente al \textit{process group} (vedi
1249 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) il cui \acr{pgid}
1250 corrisponda al valore dell'argomento \param{id}.\\
1251 \const{P\_ALL} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1252 generico, il valore dell'argomento \param{id} viene
1256 \caption{Costanti per i valori dell'argomento \param{idtype} della funzione
1258 \label{tab:proc_waitid_idtype}
1261 Come per \func{waitpid} anche il comportamento di \func{waitid} viene
1262 controllato dall'argomento \param{options}, da specificare come maschera
1263 binaria dei valori riportati in tab.~\ref{tab:proc_waitid_options}. Benché
1264 alcuni di questi siano identici come significato ed effetto ai precedenti di
1265 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options}, ci sono delle differenze significative:
1266 in questo caso si dovrà specificare esplicitamente l'attesa della terminazione
1267 di un processo impostando l'opzione \const{WEXITED}, mentre il precedente
1268 \const{WUNTRACED} è sostituito da \const{WSTOPPED}. Infine è stata aggiunta
1269 l'opzione \const{WNOWAIT} che consente una lettura dello stato mantenendo il
1270 processo in attesa di ricezione, così che una successiva chiamata possa di
1271 nuovo riceverne lo stato.
1276 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1278 \textbf{Valore} & \textbf{Descrizione}\\
1281 \const{WEXITED} & Ritorna quando un processo figlio è terminato.\\
1282 \const{WNOHANG} & Ritorna immediatamente anche se non c'è niente da
1284 \const{WSTOPPED} & Ritorna quando un processo figlio è stato fermato.\\
1285 \const{WCONTINUED}& Ritorna quando un processo figlio che era stato
1286 fermato ha ripreso l'esecuzione.\\
1287 \const{WNOWAIT} & Lascia il processo ancora in attesa di ricezione, così
1288 che una successiva chiamata possa di nuovo riceverne
1292 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
1293 della funzione \func{waitid}.}
1294 \label{tab:proc_waitid_options}
1297 La funzione \func{waitid} restituisce un valore nullo in caso di successo, e
1298 $-1$ in caso di errore; viene restituito un valore nullo anche se è stata
1299 specificata l'opzione \const{WNOHANG} e la funzione è ritornata immediatamente
1300 senza che nessun figlio sia terminato. Pertanto per verificare il motivo del
1301 ritorno della funzione occorre analizzare le informazioni che essa
1302 restituisce; queste, al contrario delle precedenti \func{wait} e
1303 \func{waitpid} che usavano un semplice valore numerico, sono ritornate in una
1304 struttura di tipo \struct{siginfo\_t} (vedi fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t})
1305 all'indirizzo puntato dall'argomento \param{infop}.
1307 Tratteremo nei dettagli la struttura \struct{siginfo\_t} ed il significato dei
1308 suoi vari campi in sez.~\ref{sec:sig_sigaction}, per quanto ci interessa qui
1309 basta dire che al ritorno di \func{waitid} verranno avvalorati i seguenti
1311 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}}
1312 \item[\var{si\_pid}] con il \ids{PID} del figlio.
1313 \item[\var{si\_uid}] con l'\textsl{user-ID reale} (vedi
1314 sez.~\ref{sec:proc_perms}) del figlio.
1315 \item[\var{si\_signo}] con \signal{SIGCHLD}.
1316 \item[\var{si\_status}] con lo stato di uscita del figlio o con il segnale che
1317 lo ha terminato, fermato o riavviato.
1318 \item[\var{si\_code}] con uno fra \const{CLD\_EXITED}, \const{CLD\_KILLED},
1319 \const{CLD\_STOPPED}, \const{CLD\_CONTINUED}, \const{CLD\_TRAPPED} e
1320 \const{CLD\_DUMPED} a indicare la ragione del ritorno della funzione, il cui
1321 significato è, nell'ordine: uscita normale, terminazione da segnale,
1322 processo fermato, processo riavviato, processo terminato in \textit{core
1326 Infine Linux, seguendo un'estensione di BSD, supporta altre due funzioni per
1327 la lettura dello stato di terminazione di un processo, analoghe alle
1328 precedenti ma che prevedono un ulteriore argomento attraverso il quale il
1329 kernel può restituire al padre informazioni sulle risorse (vedi
1330 sez.~\ref{sec:sys_res_limits}) usate dal processo terminato e dai vari figli.
1331 Le due funzioni di sistema sono \funcd{wait3} e \funcd{wait4}, che diventano
1332 accessibili definendo la macro \macro{\_USE\_BSD}, i loro prototipi sono:
1337 \fhead{sys/resource.h}
1339 \fdecl{int wait3(int *status, int options, struct rusage *rusage)}
1340 \fdecl{int wait4(pid\_t pid, int *status, int options, struct rusage *rusage)}
1341 \fdesc{Attende il cambiamento di stato di un processo figlio, riportando l'uso
1344 {La funzione ha gli stessi valori di ritorno e codici di errore di
1348 La funzione \func{wait4} è identica \func{waitpid} sia nel comportamento che
1349 per i valori dei primi tre argomenti, ma in più restituisce nell'argomento
1350 aggiuntivo \param{rusage} un sommario delle risorse usate dal processo. Questo
1351 argomento è una struttura di tipo \struct{rusage} definita in
1352 \headfile{sys/resource.h}, che viene utilizzata anche dalla funzione
1353 \func{getrusage} per ottenere le risorse di sistema usate da un processo. La
1354 sua definizione è riportata in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct} e ne
1355 tratteremo in dettaglio il significato sez.~\ref{sec:sys_resource_use}. La
1356 funzione \func{wait3} è semplicemente un caso particolare di (e con Linux
1357 viene realizzata con la stessa \textit{system call}), ed è equivalente a
1358 chiamare \code{wait4(-1, \&status, opt, rusage)}, per questo motivo è ormai
1359 deprecata in favore di \func{wait4}.
1363 \subsection{La famiglia delle funzioni \func{exec} per l'esecuzione dei
1365 \label{sec:proc_exec}
1367 Abbiamo già detto che una delle modalità principali con cui si utilizzano i
1368 processi in Unix è quella di usarli per lanciare nuovi programmi: questo viene
1369 fatto attraverso una delle funzioni della famiglia \func{exec}. Quando un
1370 processo chiama una di queste funzioni esso viene completamente sostituito dal
1371 nuovo programma, il \ids{PID} del processo non cambia, dato che non viene
1372 creato un nuovo processo, la funzione semplicemente rimpiazza lo
1373 \itindex{stack} \textit{stack}, i \index{segmento!dati} dati ed il
1374 \index{segmento!testo} testo del processo corrente con un nuovo programma
1375 letto da disco, eseguendo il \itindex{link-loader} \textit{link-loader} con
1376 gli effetti illustrati in sez.~\ref{sec:proc_main}.
1378 Ci sono sei diverse versioni di \func{exec} (per questo la si è chiamata
1379 famiglia di funzioni) che possono essere usate per questo compito, in realtà
1380 (come mostrato in fig.~\ref{fig:proc_exec_relat}), tutte queste funzioni sono
1381 tutte varianti che consentono di invocare in modi diversi, semplificando il
1382 passaggio degli argomenti, la \textit{system call} \funcd{execve}, il cui
1387 \fdecl{int execve(const char *filename, char *const argv[], char *const envp[])}
1388 \fdesc{Esegue un programma.}
1390 {La funzione ritorna solo in caso di errore, restituendo $-1$, nel qual
1391 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1393 \item[\errcode{EACCES}] il file o l'interprete non file ordinari, o non sono
1394 eseguibili, o il file è su un filesystem montato con l'opzione
1395 \cmd{noexec}, o manca il permesso di attraversamento di una delle
1396 directory del \textit{pathname}.
1397 \item[\errcode{EINVAL}] l'eseguibile ELF ha più di un segmento
1398 \const{PF\_INTERP}, cioè chiede di essere eseguito da più di un
1400 \item[\errcode{ELIBBAD}] un interprete ELF non è in un formato
1402 \item[\errcode{ENOEXEC}] il file è in un formato non eseguibile o non
1403 riconosciuto come tale, o compilato per un'altra architettura.
1404 \item[\errcode{ENOENT}] il file o una delle librerie dinamiche o l'interprete
1405 necessari per eseguirlo non esistono.
1406 \item[\errcode{EPERM}] il file ha i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1407 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} e l'utente non è root, ed il processo viene
1408 tracciato, oppure il filesystem è montato con l'opzione \cmd{nosuid}.
1409 \item[\errcode{ETXTBSY}] l'eseguibile è aperto in scrittura da uno o più
1411 \item[\errcode{E2BIG}] la lista degli argomenti è troppo grande.
1413 ed inoltre \errval{EFAULT}, \errval{EIO}, \errval{EISDIR}, \errval{ELOOP},
1414 \errval{EMFILE}, \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ENFILE}, \errval{ENOMEM},
1415 \errval{ENOTDIR} nel loro significato generico. }
1418 La funzione \func{execve} esegue il programma o lo script indicato dal
1419 \textit{pathname} \param{filename}, passandogli la lista di argomenti indicata
1420 da \param{argv} e come ambiente la lista di stringhe indicata
1421 da \param{envp}. Entrambe le liste devono essere terminate da un puntatore
1422 nullo. I vettori degli argomenti e dell'ambiente possono essere acceduti dal
1423 nuovo programma quando la sua funzione \code{main} è dichiarata nella forma
1424 \code{main(int argc, char *argv[], char *envp[])}. Si tenga presente per il
1425 passaggio degli argomenti e dell'ambiente esistono comunque dei limiti, su cui
1426 torneremo in sez.~\ref{sec:sys_res_limits}).
1427 % TODO aggiungere la parte sul numero massimo di argomenti, da man execve
1429 In caso di successo la funzione non ritorna, in quanto al posto del programma
1430 chiamante viene eseguito il nuovo programma indicato da \param{filename}. Se
1431 il processo corrente è tracciato con \func{ptrace} (vedi
1432 sez.~\ref{sec:process_ptrace}) in caso di successo viene emesso il segnale
1435 Le altre funzioni della famiglia (\funcd{execl}, \funcd{execv},
1436 \funcd{execle}, \funcd{execlp}, \funcd{execvp}) servono per fornire all'utente
1437 una serie di possibili diverse interfacce nelle modalità di passaggio degli
1438 argomenti all'esecuzione del nuovo programma. I loro prototipi sono:
1442 \fdecl{int execl(const char *path, const char *arg, ...)}
1443 \fdecl{int execv(const char *path, char *const argv[])}
1444 \fdecl{int execle(const char *path, const char *arg, ..., char * const envp[])}
1445 \fdecl{int execlp(const char *file, const char *arg, ...)}
1446 \fdecl{int execvp(const char *file, char *const argv[])}
1447 \fdesc{Eseguono un programma.}
1449 {Le funzioni ritornano solo in caso di errore, restituendo $-1$, i codici di
1450 errore sono gli stessi di \func{execve}.
1454 Tutte le funzioni mettono in esecuzione nel processo corrente il programma
1455 indicati nel primo argomento. Gli argomenti successivi consentono di
1456 specificare gli argomenti e l'ambiente che saranno ricevuti dal nuovo
1457 processo. Per capire meglio le differenze fra le funzioni della famiglia si può
1458 fare riferimento allo specchietto riportato in
1459 tab.~\ref{tab:proc_exec_scheme}. La relazione fra le funzioni è invece
1460 illustrata in fig.~\ref{fig:proc_exec_relat}.
1465 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|c||c|c|c|}
1467 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Caratteristiche}} &
1468 \multicolumn{6}{|c|}{\textbf{Funzioni}} \\
1470 &\func{execl}\texttt{ }&\func{execlp}&\func{execle}
1471 &\func{execv}\texttt{ }& \func{execvp}& \func{execve} \\
1474 argomenti a lista &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$&&& \\
1475 argomenti a vettore &&&&$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$\\
1477 filename completo &$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$\\
1478 ricerca su \var{PATH} &&$\bullet$&&&$\bullet$& \\
1480 ambiente a vettore &&&$\bullet$&&&$\bullet$ \\
1481 uso di \var{environ} &$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$& \\
1484 \caption{Confronto delle caratteristiche delle varie funzioni della
1485 famiglia \func{exec}.}
1486 \label{tab:proc_exec_scheme}
1489 La prima differenza fra le funzioni riguarda le modalità di passaggio dei
1490 valori che poi andranno a costituire gli argomenti a linea di comando (cioè i
1491 valori di \param{argv} e \param{argc} visti dalla funzione \code{main} del
1492 programma chiamato). Queste modalità sono due e sono riassunte dagli mnemonici
1493 ``\texttt{v}'' e ``\texttt{l}'' che stanno rispettivamente per \textit{vector}
1496 Nel primo caso gli argomenti sono passati tramite il vettore di puntatori
1497 \var{argv[]} a stringhe terminate con zero che costituiranno gli argomenti a
1498 riga di comando, questo vettore \emph{deve} essere terminato da un puntatore
1499 nullo. Nel secondo caso le stringhe degli argomenti sono passate alla funzione
1500 come lista di puntatori, nella forma:
1501 \includecodesnip{listati/char_list.c}
1502 che deve essere terminata da un puntatore nullo. In entrambi i casi vale la
1503 convenzione che il primo argomento (\var{arg0} o \var{argv[0]}) viene usato
1504 per indicare il nome del file che contiene il programma che verrà eseguito.
1506 \begin{figure}[!htb]
1507 \centering \includegraphics[width=10cm]{img/exec_rel}
1508 \caption{La interrelazione fra le sei funzioni della famiglia \func{exec}.}
1509 \label{fig:proc_exec_relat}
1512 La seconda differenza fra le funzioni riguarda le modalità con cui si
1513 specifica il programma che si vuole eseguire. Con lo mnemonico ``\texttt{p}''
1514 si indicano le due funzioni che replicano il comportamento della shell nello
1515 specificare il comando da eseguire; quando l'argomento \param{file} non
1516 contiene una ``\texttt{/}'' esso viene considerato come un nome di programma,
1517 e viene eseguita automaticamente una ricerca fra i file presenti nella lista
1518 di directory specificate dalla variabile di ambiente \envvar{PATH}. Il file
1519 che viene posto in esecuzione è il primo che viene trovato. Se si ha un errore
1520 relativo a permessi di accesso insufficienti (cioè l'esecuzione della
1521 sottostante \func{execve} ritorna un \errcode{EACCES}), la ricerca viene
1522 proseguita nelle eventuali ulteriori directory indicate in \envvar{PATH}; solo
1523 se non viene trovato nessun altro file viene finalmente restituito
1524 \errcode{EACCES}. Le altre quattro funzioni si limitano invece a cercare di
1525 eseguire il file indicato dall'argomento \param{path}, che viene interpretato
1526 come il \textit{pathname} del programma.
1528 La terza differenza è come viene passata la lista delle variabili di ambiente.
1529 Con lo mnemonico ``\texttt{e}'' vengono indicate quelle funzioni che
1530 necessitano di un vettore di parametri \var{envp[]} analogo a quello usato per
1531 gli argomenti a riga di comando (terminato quindi da un \val{NULL}), le altre
1532 usano il valore della variabile \var{environ} (vedi
1533 sez.~\ref{sec:proc_environ}) del processo di partenza per costruire
1536 Oltre a mantenere lo stesso \ids{PID}, il nuovo programma fatto partire da una
1537 delle funzioni della famiglia \func{exec} mantiene la gran parte delle
1538 proprietà del processo chiamante; una lista delle più significative è la
1541 \item il \textit{process id} (\ids{PID}) ed il \textit{parent process id}
1543 \item l'\textsl{user-ID reale}, il \textit{group-ID reale} ed i
1544 \textsl{group-ID supplementari} (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id});
1545 \item la directory radice e la \index{directory~di~lavoro} directory di lavoro
1546 corrente (vedi sez.~\ref{sec:file_work_dir});
1547 \item la maschera di creazione dei file \itindex{umask} (\textit{umask}, vedi
1548 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) ed i \textit{lock} sui file (vedi
1549 sez.~\ref{sec:file_locking});
1550 \item il valori di \textit{nice}, le priorità real-time e le affinità di
1551 processore (vedi sez.~\ref{sec:proc_sched_stand};
1552 sez.~\ref{sec:proc_real_time} e sez.~\ref{sec:proc_sched_multiprocess});
1553 \item il \textit{session ID} (\acr{sid}) ed il \itindex{process~group}
1554 \textit{process group ID} (\acr{pgid}), vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group};
1555 \item il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
1556 \item il tempo restante ad un allarme (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort});
1557 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
1558 \item i valori delle variabili \var{tms\_utime}, \var{tms\_stime};
1559 \var{tms\_cutime}, \var{tms\_ustime} (vedi sez.~\ref{sec:sys_cpu_times});
1560 % TODO ===========Importante=============
1561 % TODO questo sotto è incerto, verificare
1562 % TODO ===========Importante=============
1563 \item la maschera dei segnali (si veda sez.~\ref{sec:sig_sigmask}).
1566 Una serie di proprietà del processo originale, che non avrebbe senso mantenere
1567 in un programma che esegue un codice completamente diverso in uno spazio di
1568 indirizzi totalmente indipendente e ricreato da zero, vengono perse con
1569 l'esecuzione di una \func{exec}. Lo standard POSIX.1-2001 prevede che le
1570 seguenti proprietà non vengano preservate:
1572 \item l'insieme dei segnali pendenti (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}), che
1574 \item gli eventuali stack alternativi per i segnali (vedi
1575 sez.~\ref{sec:sig_specific_features});
1576 \item i \textit{directory stream} (vedi sez.~\ref{sec:file_dir_read}), che
1578 \item le mappature dei file in memoria (vedi sez.~\ref{sec:file_memory_map});
1579 \item i segmenti di memoria condivisa SysV (vedi sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm})
1580 e POSIX (vedi sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm});
1581 \item i \textit{memory lock} (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_lock});
1582 \item le funzioni registrate all'uscita (vedi sez.~\ref{sec:proc_atexit});
1583 \item i semafori e le code di messaggi POSIX (vedi
1584 sez.~\ref{sec:ipc_posix_sem} e sez.~\ref{sec:ipc_posix_mq});
1585 \item i timer POSIX (vedi sez.~\ref{sec:sig_timer_adv}).
1588 Inoltre i segnali che sono stati impostati per essere ignorati nel processo
1589 chiamante mantengono la stessa impostazione pure nel nuovo programma, ma tutti
1590 gli altri segnali, ed in particolare quelli per i quali è stato installato un
1591 gestore vengono impostati alla loro azione predefinita (vedi
1592 sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}). Un caso speciale è il segnale \signal{SIGCHLD}
1593 che, quando impostato a \const{SIG\_IGN}, potrebbe anche essere reimpostato a
1594 \const{SIG\_DFL}. Lo standard POSIX.1-2001 prevede che questo comportamento
1595 sia deciso dalla singola implementazione, quella di Linux è di non modificare
1596 l'impostazione precedente.
1598 Oltre alle precedenti, che sono completamente generali e disponibili anche su
1599 altri sistemi unix-like, esistono altre proprietà dei processi, attinenti alle
1600 caratteristiche specifiche di Linux, che non vengono preservate
1601 nell'esecuzione della funzione \func{exec}, queste sono:
1603 \item le operazioni di I/O asincrono (vedi sez.~\ref{sec:file_asyncronous_io})
1604 pendenti vengono cancellate;
1605 \item le \itindex{capabilities} \textit{capabilities} vengono modificate come
1606 illustrato in sez.~\ref{sec:proc_capabilities};
1607 \item tutti i \itindex{thread} \textit{thread} tranne il chiamante (vedi
1608 sez.~\ref{sec:thread_xxx}) sono cancellati e tutti gli oggetti ad essi
1609 relativi (vedi sez.~\ref{sec:thread_xxx}) rimossi;
1610 \item viene impostato il flag \const{PR\_SET\_DUMPABLE} di \func{prctl} (vedi
1611 sez.~\ref{sec:process_prctl}) a meno che il programma da eseguire non sia
1612 \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} (vedi
1613 sez.~\ref{sec:proc_access_id});
1614 \item il flag \const{PR\_SET\_KEEPCAPS} di \func{prctl} (vedi
1615 sez.~\ref{sec:process_prctl}) viene cancellato;
1616 \item il nome del processo viene impostato al nome del file contenente il
1617 programma messo in esecuzione;
1618 \item il segnale di terminazione viene reimpostato a \signal{SIGCHLD};
1619 \item l'ambiente viene reinizializzato impostando le variabili attinenti alla
1620 localizzazione al valore di default POSIX.
1623 La gestione dei file aperti nel passaggio al nuovo programma lanciato con
1624 \func{exec} dipende dal valore che ha il flag di \itindex{close-on-exec}
1625 \textit{close-on-exec} (vedi sez.~\ref{sec:file_fcntl_ioctl}) per ciascun
1626 \textit{file descriptor}. I file per cui è impostato vengono chiusi, tutti gli
1627 altri file restano aperti. Questo significa che il comportamento predefinito è
1628 che i file restano aperti attraverso una \func{exec}, a meno di una chiamata
1629 esplicita a \func{fcntl} che imposti il suddetto flag. Per le directory, lo
1630 standard POSIX.1 richiede che esse vengano chiuse attraverso una \func{exec},
1631 in genere questo è fatto dalla funzione \func{opendir} (vedi
1632 sez.~\ref{sec:file_dir_read}) che effettua da sola l'impostazione del flag di
1633 \itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec} sulle directory che apre, in
1634 maniera trasparente all'utente.
1636 Il comportamento della funzione in relazione agli identificatori relativi al
1637 controllo di accesso verrà trattato in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_perms},
1638 qui è sufficiente anticipare (si faccia riferimento a
1639 sez.~\ref{sec:proc_access_id} per la definizione di questi identificatori)
1640 come l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID reale} restano sempre gli
1641 stessi, mentre l'\textsl{user-ID salvato} ed il \textsl{group-ID salvato}
1642 vengono impostati rispettivamente all'\textsl{user-ID effettivo} ed il
1643 \textsl{group-ID effettivo}. Questi ultimi normalmente non vengono modificati,
1644 a meno che il file di cui viene chiesta l'esecuzione non abbia o il
1645 \itindex{suid~bit} \acr{suid} bit o lo \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} bit
1646 impostato, in questo caso l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID
1647 effettivo} vengono impostati rispettivamente all'utente o al gruppo cui il
1650 Se il file da eseguire è in formato \emph{a.out} e necessita di librerie
1651 condivise, viene lanciato il \textit{linker} dinamico \cmd{/lib/ld.so} prima
1652 del programma per caricare le librerie necessarie ed effettuare il link
1653 dell'eseguibile.\footnote{il formato è ormai in completo disuso, per cui è
1654 molto probabile che non il relativo supporto non sia disponibile.} Se il
1655 programma è in formato ELF per caricare le librerie dinamiche viene usato
1656 l'interprete indicato nel segmento \const{PT\_INTERP} previsto dal formato
1657 stesso, in genere questo è \sysfile{/lib/ld-linux.so.1} per programmi
1658 collegati con la \acr{libc5}, e \sysfile{/lib/ld-linux.so.2} per programmi
1659 collegati con la \acr{glibc}.
1661 Infine nel caso il programma che si vuole eseguire sia uno script e non un
1662 binario, questo deve essere un file di testo che deve iniziare con una linea
1665 #!/path/to/interpreter [argomenti]
1667 dove l'interprete indicato deve essere un eseguibile binario e non un altro
1668 script, che verrà chiamato come se si fosse eseguito il comando
1669 \cmd{interpreter [argomenti] filename}.\footnote{si tenga presente che con
1670 Linux quanto viene scritto come \texttt{argomenti} viene passato
1671 all'interprete come un unico argomento con una unica stringa di lunghezza
1672 massima di 127 caratteri e se questa dimensione viene ecceduta la stringa
1673 viene troncata; altri Unix hanno dimensioni massime diverse, e diversi
1674 comportamenti, ad esempio FreeBSD esegue la scansione della riga e la divide
1675 nei vari argomenti e se è troppo lunga restituisce un errore di
1676 \const{ENAMETOOLONG}, una comparazione dei vari comportamenti si trova su
1677 \url{http://www.in-ulm.de/~mascheck/various/shebang/}.}
1679 Con la famiglia delle \func{exec} si chiude il novero delle funzioni su cui è
1680 basata la gestione tradizionale dei processi in Unix: con \func{fork} si crea
1681 un nuovo processo, con \func{exec} si lancia un nuovo programma, con
1682 \func{exit} e \func{wait} si effettua e verifica la conclusione dei
1683 processi. Tutte le altre funzioni sono ausiliarie e servono per la lettura e
1684 l'impostazione dei vari parametri connessi ai processi.
1688 \section{Il controllo di accesso}
1689 \label{sec:proc_perms}
1691 In questa sezione esamineremo le problematiche relative al controllo di
1692 accesso dal punto di vista dei processi; vedremo quali sono gli identificatori
1693 usati, come questi possono essere modificati nella creazione e nel lancio di
1694 nuovi processi, le varie funzioni per la loro manipolazione diretta e tutte le
1695 problematiche connesse ad una gestione accorta dei privilegi.
1698 \subsection{Gli identificatori del controllo di accesso}
1699 \label{sec:proc_access_id}
1701 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_multiuser} il modello base\footnote{in
1702 realtà già esistono estensioni di questo modello base, che lo rendono più
1703 flessibile e controllabile, come le \itindex{capabilities}
1704 \textit{capabilities} illustrate in sez.~\ref{sec:proc_capabilities}, le ACL
1705 per i file (vedi sez.~\ref{sec:file_ACL}) o il
1706 \itindex{Mandatory~Access~Control~(MAC)} \textit{Mandatory Access Control}
1707 di \index{SELinux} SELinux; inoltre basandosi sul lavoro effettuato con
1708 SELinux, a partire dal kernel 2.5.x, è iniziato lo sviluppo di una
1709 infrastruttura di sicurezza, i \itindex{Linux~Security~Modules}
1710 \textit{Linux Security Modules}, o LSM, in grado di fornire diversi agganci
1711 a livello del kernel per modularizzare tutti i possibili controlli di
1712 accesso, cosa che ha permesso di realizzare diverse alternative a
1713 \index{SELinux} SELinux.} di sicurezza di un sistema unix-like è fondato sui
1714 concetti di utente e gruppo, e sulla separazione fra l'amministratore
1715 (\textsl{root}, detto spesso anche \textit{superuser}) che non è sottoposto a
1716 restrizioni, ed il resto degli utenti, per i quali invece vengono effettuati i
1717 vari controlli di accesso.
1719 Abbiamo già accennato come il sistema associ ad ogni utente e gruppo due
1720 identificatori univoci, lo \itindex{User~ID~(PID)} \textsl{User-ID}
1721 (abbreviato in \ids{UID}) ed il \itindex{Group~ID~(PID)} \textsl{Group-ID}
1722 (abbreviato in \ids{GID}). Questi servono al kernel per identificare uno
1723 specifico utente o un gruppo di utenti, per poi poter controllare che essi
1724 siano autorizzati a compiere le operazioni richieste. Ad esempio in
1725 sez.~\ref{sec:file_access_control} vedremo come ad ogni file vengano associati
1726 un utente ed un gruppo (i suoi \textsl{proprietari}, indicati appunto tramite
1727 un \ids{UID} ed un \ids{GID}) che vengono controllati dal kernel nella
1728 gestione dei permessi di accesso.
1730 Dato che tutte le operazioni del sistema vengono compiute dai processi, è
1731 evidente che per poter implementare un controllo sulle operazioni occorre
1732 anche poter identificare chi è che ha lanciato un certo programma, e pertanto
1733 anche a ciascun processo dovrà essere associato un utente e un gruppo.
1735 Un semplice controllo di una corrispondenza fra identificativi non garantisce
1736 però sufficiente flessibilità per tutti quei casi in cui è necessario poter
1737 disporre di privilegi diversi, o dover impersonare un altro utente per un
1738 limitato insieme di operazioni. Per questo motivo in generale tutti i sistemi
1739 unix-like prevedono che i processi abbiano almeno due gruppi di
1740 identificatori, chiamati rispettivamente \textit{real} ed \textit{effective}
1741 (cioè \textsl{reali} ed \textsl{effettivi}). Nel caso di Linux si aggiungono
1742 poi altri due gruppi, il \textit{saved} (\textsl{salvati}) ed il
1743 \textit{filesystem} (\textsl{di filesystem}), secondo la situazione illustrata
1744 in tab.~\ref{tab:proc_uid_gid}.
1749 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|p{7cm}|}
1751 \textbf{Suffisso} & \textbf{Gruppo} & \textbf{Denominazione}
1752 & \textbf{Significato} \\
1755 \texttt{uid} & \textit{real} & \textsl{user-ID reale}
1756 & Indica l'utente che ha lanciato il programma.\\
1757 \texttt{gid} & '' &\textsl{group-ID reale}
1758 & Indica il gruppo principale dell'utente che ha lanciato
1761 \texttt{euid}& \textit{effective} &\textsl{user-ID effettivo}
1762 & Indica l'utente usato nel controllo di accesso.\\
1763 \texttt{egid}& '' & \textsl{group-ID effettivo}
1764 & Indica il gruppo usato nel controllo di accesso.\\
1765 -- & -- & \textsl{group-ID supplementari}
1766 & Indicano gli ulteriori gruppi cui l'utente appartiene.\\
1768 -- & \textit{saved} & \textsl{user-ID salvato}
1769 & Mantiene una copia dell'\acr{euid} iniziale.\\
1770 -- & '' & \textsl{group-ID salvato}
1771 & Mantiene una copia dell'\acr{egid} iniziale.\\
1773 \texttt{fsuid}& \textit{filesystem} &\textsl{user-ID di filesystem}
1774 & Indica l'utente effettivo per l'accesso al filesystem. \\
1775 \texttt{fsgid}& '' & \textsl{group-ID di filesystem}
1776 & Indica il gruppo effettivo per l'accesso al filesystem.\\
1779 \caption{Identificatori di utente e gruppo associati a ciascun processo con
1780 indicazione dei suffissi usati dalle varie funzioni di manipolazione.}
1781 \label{tab:proc_uid_gid}
1784 Al primo gruppo appartengono l'\ids{UID} \textsl{reale} ed il \ids{GID}
1785 \textsl{reale}: questi vengono impostati al login ai valori corrispondenti
1786 all'utente con cui si accede al sistema (e relativo gruppo principale).
1787 Servono per l'identificazione dell'utente e normalmente non vengono mai
1788 cambiati. In realtà vedremo (in sez.~\ref{sec:proc_setuid}) che è possibile
1789 modificarli, ma solo ad un processo che abbia i privilegi di amministratore;
1790 questa possibilità è usata proprio dal programma \cmd{login} che, una volta
1791 completata la procedura di autenticazione, lancia una shell per la quale
1792 imposta questi identificatori ai valori corrispondenti all'utente che entra
1795 Al secondo gruppo appartengono l'\ids{UID} \textsl{effettivo} e il \ids{GID}
1796 \textsl{effettivo}, a cui si aggiungono gli eventuali \ids{GID}
1797 \textsl{supplementari} dei gruppi dei quali l'utente fa parte. Questi sono
1798 invece gli identificatori usati nelle verifiche dei permessi del processo e
1799 per il controllo di accesso ai file (argomento affrontato in dettaglio in
1800 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
1802 Questi identificatori normalmente sono identici ai corrispondenti del gruppo
1803 \textit{real} tranne nel caso in cui, come accennato in
1804 sez.~\ref{sec:proc_exec}, il programma che si è posto in esecuzione abbia i
1805 bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati
1806 (il significato di questi bit è affrontato in dettaglio in
1807 sez.~\ref{sec:file_special_perm}). In questo caso essi saranno impostati
1808 all'utente e al gruppo proprietari del file. Questo consente, per programmi in
1809 cui ci sia questa necessità, di dare a qualunque utente i privilegi o i
1810 permessi di un altro, compreso l'amministratore.
1812 Come nel caso del \ids{PID} e del \ids{PPID}, anche tutti questi
1813 identificatori possono essere ottenuti da un programma attraverso altrettante
1814 funzioni di sistema dedicate alla loro lettura, queste sono \funcd{getuid},
1815 \funcd{geteuid}, \funcd{getgid} e \funcd{getegid}, ed i loro prototipi sono:
1820 \fdecl{uid\_t getuid(void)}
1821 \fdesc{Legge l'\ids{UID} reale del processo corrente.}
1822 \fdecl{uid\_t geteuid(void)}
1823 \fdesc{Legge l'\ids{UID} effettivo del processo corrente.}
1824 \fdecl{gid\_t getgid(void)}
1825 \fdesc{Legge il \ids{GID} reale del processo corrente.}
1826 \fdecl{gid\_t getegid(void)}
1827 \fdesc{Legge il \ids{GID} effettivo del processo corrente.}
1829 {Le funzioni ritornano i rispettivi identificativi del processo corrente, e
1830 non sono previste condizioni di errore.}
1833 In generale l'uso di privilegi superiori, ottenibile con un \ids{UID}
1834 \textsl{effettivo} diverso da quello reale, deve essere limitato il più
1835 possibile, per evitare abusi e problemi di sicurezza, per questo occorre anche
1836 un meccanismo che consenta ad un programma di rilasciare gli eventuali
1837 maggiori privilegi necessari, una volta che si siano effettuate le operazioni
1838 per i quali erano richiesti, e a poterli eventualmente recuperare in caso
1841 Questo in Linux viene fatto usando altri due gruppi di identificatori, il
1842 \textit{saved} ed il \textit{filesystem}. Il primo gruppo è lo stesso usato in
1843 SVr4, e previsto dallo standard POSIX quando è definita la costante
1844 \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS},\footnote{in caso si abbia a cuore la portabilità
1845 del programma su altri Unix è buona norma controllare sempre la
1846 disponibilità di queste funzioni controllando se questa costante è
1847 definita.} il secondo gruppo è specifico di Linux e viene usato per
1848 migliorare la sicurezza con NFS (il \textit{Network File System}, protocollo
1849 che consente di accedere ai file via rete).
1851 L'\ids{UID} \textsl{salvato} ed il \ids{GID} \textsl{salvato} sono copie
1852 dell'\ids{UID} \textsl{effettivo} e del \ids{GID} \textsl{effettivo} del
1853 processo padre, e vengono impostati dalla funzione \func{exec} all'avvio del
1854 processo, come copie dell'\ids{UID} \textsl{effettivo} e del \ids{GID}
1855 \textsl{effettivo} dopo che questi sono stati impostati tenendo conto di
1856 eventuali \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}. Essi
1857 quindi consentono di tenere traccia di quale fossero utente e gruppo effettivi
1858 all'inizio dell'esecuzione di un nuovo programma.
1860 L'\ids{UID} \textsl{di filesystem} e il \ids{GID} \textsl{di filesystem} sono
1861 un'estensione introdotta in Linux per rendere più sicuro l'uso di NFS
1862 (torneremo sull'argomento in sez.~\ref{sec:proc_setuid}). Essi sono una
1863 replica dei corrispondenti identificatori del gruppo \textit{effective}, ai
1864 quali si sostituiscono per tutte le operazioni di verifica dei permessi
1865 relativi ai file (trattate in sez.~\ref{sec:file_perm_overview}). Ogni
1866 cambiamento effettuato sugli identificatori effettivi viene automaticamente
1867 riportato su di essi, per cui in condizioni normali si può tranquillamente
1868 ignorarne l'esistenza, in quanto saranno del tutto equivalenti ai precedenti.
1871 \subsection{Le funzioni di gestione degli identificatori dei processi}
1872 \label{sec:proc_setuid}
1874 Le funzioni di sistema più comuni che vengono usate per cambiare identità
1875 (cioè utente e gruppo di appartenenza) ad un processo, e che come accennato in
1876 sez.~\ref{sec:proc_access_id} seguono la semantica POSIX che prevede
1877 l'esistenza dell'\ids{UID} salvato e del \ids{GID} salvato, sono
1878 rispettivamente \funcd{setuid} e \funcd{setgid}; i loro prototipi sono:
1883 \fdecl{int setuid(uid\_t uid)}
1884 \fdesc{Imposta l'\ids{UID} del processo corrente.}
1885 \fdecl{int setgid(gid\_t gid)}
1886 \fdesc{Imposta il \ids{GID} del processo corrente.}
1888 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1889 caso \var{errno} può assumere solo il valore \errcode{EPERM}.
1893 Il funzionamento di queste due funzioni è analogo, per cui considereremo solo
1894 la prima, la seconda si comporta esattamente allo stesso modo facendo
1895 riferimento al \ids{GID} invece che all'\ids{UID}. Gli eventuali \ids{GID}
1896 supplementari non vengono modificati.
1898 L'effetto della chiamata è diverso a seconda dei privilegi del processo; se
1899 l'\ids{UID} effettivo è zero (cioè è quello dell'amministratore di sistema)
1900 allora tutti gli identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e
1901 \textit{saved}) vengono impostati al valore specificato da \param{uid},
1902 altrimenti viene impostato solo l'\ids{UID} effettivo, e soltanto se il valore
1903 specificato corrisponde o all'\ids{UID} reale o all'\ids{UID} salvato. Negli
1904 altri casi viene segnalato un errore con \errcode{EPERM}.
1906 Come accennato l'uso principale di queste funzioni è quello di poter
1907 consentire ad un programma con i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1908 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati (vedi
1909 sez.~\ref{sec:file_special_perm}) di riportare l'\ids{UID} effettivo a quello
1910 dell'utente che ha lanciato il programma, effettuare il lavoro che non
1911 necessita di privilegi aggiuntivi, ed eventualmente tornare indietro.
1913 Come esempio per chiarire l'uso di queste funzioni prendiamo quello con cui
1914 viene gestito l'accesso al file \sysfile{/var/run/utmp}. In questo file viene
1915 registrato chi sta usando il sistema al momento corrente; chiaramente non può
1916 essere lasciato aperto in scrittura a qualunque utente, che potrebbe
1917 falsificare la registrazione. Per questo motivo questo file (e l'analogo
1918 \sysfile{/var/log/wtmp} su cui vengono registrati login e logout) appartengono
1919 ad un gruppo dedicato (in genere \acr{utmp}) ed i programmi che devono
1920 accedervi (ad esempio tutti i programmi di terminale in X, o il programma
1921 \cmd{screen} che crea terminali multipli su una console) appartengono a questo
1922 gruppo ed hanno il bit \acr{sgid} impostato.
1924 Quando uno di questi programmi (ad esempio \cmd{xterm}) viene lanciato, la
1925 situazione degli identificatori è la seguente:
1928 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\ids{GID} (del chiamante)} \\
1929 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1930 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp}}
1932 in questo modo, dato che il \textsl{group-ID effettivo} è quello giusto, il
1933 programma può accedere a \sysfile{/var/run/utmp} in scrittura ed aggiornarlo.
1934 A questo punto il programma può eseguire una \code{setgid(getgid())} per
1935 impostare il \textsl{group-ID effettivo} a quello dell'utente (e dato che il
1936 \textsl{group-ID reale} corrisponde la funzione avrà successo), in questo modo
1937 non sarà possibile lanciare dal terminale programmi che modificano detto file,
1938 in tal caso infatti la situazione degli identificatori sarebbe:
1941 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\ids{GID} (invariato)} \\
1942 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\ids{GID}} \\
1943 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1945 e ogni processo lanciato dal terminale avrebbe comunque \ids{GID} come
1946 \textsl{group-ID effettivo}. All'uscita dal terminale, per poter di nuovo
1947 aggiornare lo stato di \sysfile{/var/run/utmp} il programma eseguirà una
1948 \code{setgid(utmp)} (dove \var{utmp} è il valore numerico associato al gruppo
1949 \acr{utmp}, ottenuto ad esempio con una precedente \func{getegid}), dato che
1950 in questo caso il valore richiesto corrisponde al \textsl{group-ID salvato} la
1951 funzione avrà successo e riporterà la situazione a:
1954 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\ids{GID} (invariato)} \\
1955 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1956 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1958 consentendo l'accesso a \sysfile{/var/run/utmp}.
1960 Occorre però tenere conto che tutto questo non è possibile con un processo con
1961 i privilegi di amministratore, in tal caso infatti l'esecuzione di una
1962 \func{setuid} comporta il cambiamento di tutti gli identificatori associati al
1963 processo, rendendo impossibile riguadagnare i privilegi di amministratore.
1964 Questo comportamento è corretto per l'uso che ne fa \cmd{login} una volta che
1965 crea una nuova shell per l'utente, ma quando si vuole cambiare soltanto
1966 l'\ids{UID} effettivo del processo per cedere i privilegi occorre
1967 ricorrere ad altre funzioni.
1969 Le due funzioni di sistema \funcd{setreuid} e \funcd{setregid} derivano da BSD
1970 che, non supportando (almeno fino alla versione 4.3+BSD) gli identificatori
1971 del gruppo \textit{saved}, le usa per poter scambiare fra di loro
1972 \textit{effective} e \textit{real}; i rispettivi prototipi sono:
1977 \fdecl{int setreuid(uid\_t ruid, uid\_t euid)}
1978 \fdesc{Imposta \ids{UID} reale e \ids{UID} effettivo del processo corrente.}
1979 \fdecl{int setregid(gid\_t rgid, gid\_t egid)}
1980 \fdesc{Imposta \ids{GID} reale e \ids{GID} effettivo del processo corrente.}
1982 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1983 caso \var{errno} può assumere solo il valore \errcode{EPERM}.
1987 Le due funzioni sono identiche, quanto diremo per la prima riguardo gli
1988 \ids{UID} si applica alla seconda per i \ids{GID}. La funzione
1989 \func{setreuid} imposta rispettivamente l'\ids{UID} reale e l'\ids{UID}
1990 effettivo del processo corrente ai valori specificati da \param{ruid}
1991 e \param{euid}. I processi non privilegiati possono impostare solo valori che
1992 corrispondano o al loro \ids{UID} effettivo o a quello reale o a quello
1993 salvato, valori diversi comportano il fallimento della chiamata.
1994 L'amministratore invece può specificare un valore qualunque. Specificando un
1995 argomento di valore $-1$ l'identificatore corrispondente verrà lasciato
1998 Con queste funzioni si possono scambiare fra loro gli \ids{UID} reale ed
1999 effettivo, e pertanto è possibile implementare un comportamento simile a
2000 quello visto in precedenza per \func{setgid}, cedendo i privilegi con un primo
2001 scambio, e recuperandoli, una volta eseguito il lavoro non privilegiato, con
2004 In questo caso però occorre porre molta attenzione quando si creano nuovi
2005 processi nella fase intermedia in cui si sono scambiati gli identificatori, in
2006 questo caso infatti essi avranno un \ids{UID} reale privilegiato, che dovrà
2007 essere esplicitamente eliminato prima di porre in esecuzione un nuovo
2008 programma, occorrerà cioè eseguire un'altra chiamata dopo la \func{fork} e
2009 prima della \func{exec} per uniformare l'\ids{UID} reale a quello effettivo,
2010 perché in caso contrario il nuovo programma potrebbe a sua volta effettuare
2011 uno scambio e riottenere dei privilegi non previsti.
2013 Lo stesso problema di propagazione dei privilegi ad eventuali processi figli
2014 si pone anche per l'\ids{UID} salvato. Ma la funzione \func{setreuid} deriva
2015 da un'implementazione di sistema che non ne prevede la presenza, e quindi non
2016 è possibile usarla per correggere la situazione come nel caso precedente. Per
2017 questo motivo in Linux tutte le volte che si imposta un qualunque valore
2018 diverso da quello dall'\ids{UID} reale corrente, l'\ids{UID} salvato viene
2019 automaticamente uniformato al valore dell'\ids{UID} effettivo.
2021 Altre due funzioni di sistema, \funcd{seteuid} e \funcd{setegid}, sono
2022 un'estensione dello standard POSIX.1, ma sono comunque supportate dalla
2023 maggior parte degli Unix, esse vengono usate per cambiare gli identificatori
2024 del gruppo \textit{effective} ed i loro prototipi sono:
2029 \fdecl{int seteuid(uid\_t uid)}
2030 \fdesc{Imposta l'\ids{UID} effettivo del processo corrente.}
2031 \fdecl{int setegid(gid\_t gid)}
2032 \fdesc{Imposta il \ids{GID} effettivo del processo corrente.}
2034 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2035 caso \var{errno} può assumere solo il valore \errcode{EPERM}.
2039 Ancora una volta le due funzioni sono identiche, e quanto diremo per la prima
2040 riguardo gli \ids{UID} si applica allo stesso modo alla seconda per i
2041 \ids{GID}. Con \func{seteuid} gli utenti normali possono impostare l'\ids{UID}
2042 effettivo solo al valore dell'\ids{UID} reale o dell'\ids{UID} salvato,
2043 l'amministratore può specificare qualunque valore. Queste funzioni sono usate
2044 per permettere all'amministratore di impostare solo l'\ids{UID} effettivo,
2045 dato che l'uso normale di \func{setuid} comporta l'impostazione di tutti gli
2048 Le due funzioni di sistema \funcd{setresuid} e \funcd{setresgid} sono invece
2049 un'estensione introdotta in Linux (a partire dal kernel 2.1.44) e permettono
2050 un completo controllo su tutti e tre i gruppi di identificatori
2051 (\textit{real}, \textit{effective} e \textit{saved}), i loro prototipi sono:
2056 \fdecl{int setresuid(uid\_t ruid, uid\_t euid, uid\_t suid)}
2057 \fdesc{Imposta l'\ids{UID} reale, effettivo e salvato del processo corrente.}
2058 \fdecl{int setresgid(gid\_t rgid, gid\_t egid, gid\_t sgid)}
2059 \fdesc{Imposta il \ids{GID} reale, effettivo e salvato del processo corrente.}
2061 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2062 caso \var{errno} può assumere solo il valore \errcode{EPERM}.
2066 Di nuovo le due funzioni sono identiche e quanto detto per la prima riguardo
2067 gli \ids{UID} si applica alla seconda per i \ids{GID}. La funzione
2068 \func{setresuid} imposta l'\ids{UID} reale, l'\ids{UID} effettivo e
2069 l'\ids{UID} salvato del processo corrente ai valori specificati
2070 rispettivamente dagli argomenti \param{ruid}, \param{euid} e \param{suid}. I
2071 processi non privilegiati possono cambiare uno qualunque degli\ids{UID} solo
2072 ad un valore corrispondente o all'\ids{UID} reale, o a quello effettivo o a
2073 quello salvato, l'amministratore può specificare i valori che vuole. Un valore
2074 di $-1$ per un qualunque argomento lascia inalterato l'identificatore
2077 Per queste funzioni di sistema esistono anche due controparti,
2078 \funcd{getresuid} e \funcd{getresgid},\footnote{le funzioni non sono standard,
2079 anche se appaiono in altri kernel, su Linux sono presenti dal kernel 2.1.44
2080 e con le versioni della \acr{glibc} a partire dalla 2.3.2, definendo la
2081 macro \macro{\_GNU\_SOURCE}.} che permettono di leggere in blocco i vari
2082 identificatori; i loro prototipi sono:
2087 \fdecl{int getresuid(uid\_t *ruid, uid\_t *euid, uid\_t *suid)}
2088 \fdesc{Legge l'\ids{UID} reale, effettivo e salvato del processo corrente.}
2089 \fdecl{int getresgid(gid\_t *rgid, gid\_t *egid, gid\_t *sgid)}
2090 \fdesc{Legge il \ids{GID} reale, effettivo e salvato del processo corrente.}
2092 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2093 caso \var{errno} può assumere solo il valore \errcode{EFAULT} se gli
2094 indirizzi delle variabili di ritorno non sono validi. }
2097 Anche queste funzioni sono un'estensione specifica di Linux, e non richiedono
2098 nessun privilegio. I valori sono restituiti negli argomenti, che vanno
2099 specificati come puntatori (è un altro esempio di
2100 \itindex{value~result~argument} \textit{value result argument}). Si noti che
2101 queste funzioni sono le uniche in grado di leggere gli identificatori del
2102 gruppo \textit{saved}.
2104 Infine le funzioni \func{setfsuid} e \func{setfsgid} servono per impostare gli
2105 identificatori del gruppo \textit{filesystem} che sono usati da Linux per il
2106 controllo dell'accesso ai file. Come già accennato in
2107 sez.~\ref{sec:proc_access_id} Linux definisce questo ulteriore gruppo di
2108 identificatori, che in circostanze normali sono assolutamente equivalenti a
2109 quelli del gruppo \textit{effective}, dato che ogni cambiamento di questi
2110 ultimi viene immediatamente riportato su di essi.
2112 C'è un solo caso in cui si ha necessità di introdurre una differenza fra gli
2113 identificatori dei gruppi \textit{effective} e \textit{filesystem}, ed è per
2114 ovviare ad un problema di sicurezza che si presenta quando si deve
2115 implementare un server NFS.
2117 Il server NFS infatti deve poter cambiare l'identificatore con cui accede ai
2118 file per assumere l'identità del singolo utente remoto, ma se questo viene
2119 fatto cambiando l'\ids{UID} effettivo o l'\ids{UID} reale il server si espone
2120 alla ricezione di eventuali segnali ostili da parte dell'utente di cui ha
2121 temporaneamente assunto l'identità. Cambiando solo l'\ids{UID} di filesystem
2122 si ottengono i privilegi necessari per accedere ai file, mantenendo quelli
2123 originari per quanto riguarda tutti gli altri controlli di accesso, così che
2124 l'utente non possa inviare segnali al server NFS.
2126 Le due funzioni di sistema usate per cambiare questi identificatori sono
2127 \funcd{setfsuid} e \funcd{setfsgid}, ed ovviamente sono specifiche di Linux e
2128 non devono essere usate se si intendono scrivere programmi portabili; i loro
2133 \fdecl{int setfsuid(uid\_t fsuid)}
2134 \fdesc{Imposta l'\ids{UID} di filesystem del processo corrente.}
2135 \fdecl{int setfsgid(gid\_t fsgid)}
2136 \fdesc{Legge il \ids{GID} di filesystem del processo corrente.}
2138 {Le funzioni restituiscono il nuovo valore dell'identificativo in caso di
2139 successo e quello corrente per un errore, in questo caso non viene però
2140 impostato nessun codice di errore in \var{errno}.}
2143 Le due funzioni sono analoghe ed usano il valore passato come argomento per
2144 effettuare l'impostazione dell'identificativo. Le funzioni hanno successo
2145 solo se il processo chiamante ha i privilegi di amministratore o, per gli
2146 altri utenti, se il valore specificato coincide con uno dei di quelli del
2147 gruppo \textit{real}, \textit{effective} o \textit{saved}.
2150 \subsection{Le funzioni per la gestione dei gruppi associati a un processo}
2151 \label{sec:proc_setgroups}
2153 Le ultime funzioni che esamineremo sono quelle che permettono di operare sui
2154 gruppi supplementari cui un utente può appartenere. Ogni processo può avere
2155 almeno \const{NGROUPS\_MAX} gruppi supplementari\footnote{il numero massimo di
2156 gruppi secondari può essere ottenuto con \func{sysconf} (vedi
2157 sez.~\ref{sec:sys_limits}), leggendo il parametro
2158 \texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}.} in aggiunta al gruppo primario; questi vengono
2159 ereditati dal processo padre e possono essere cambiati con queste funzioni.
2161 La funzione di sistema che permette di leggere i gruppi supplementari
2162 associati ad un processo è \funcd{getgroups}; questa funzione è definita nello
2163 standard POSIX.1, ed il suo prototipo è:
2168 \fdecl{int getgroups(int size, gid\_t list[])}
2169 \fdesc{Legge gli identificatori dei gruppi supplementari.}
2171 {La funzione ritorna il numero di gruppi letti in caso di successo e $-1$ per
2172 un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2174 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2175 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è diverso da zero ma
2176 minore del numero di gruppi supplementari del processo.
2180 La funzione legge gli identificatori dei gruppi supplementari del processo sul
2181 vettore \param{list} che deve essere di dimensione pari a \param{size}. Non è
2182 specificato se la funzione inserisca o meno nella lista il \ids{GID} effettivo
2183 del processo. Se si specifica un valore di \param{size} uguale a $0$ allora
2184 l'argomento \param{list} non viene modificato, ma si ottiene il numero di
2185 gruppi supplementari.
2187 Una seconda funzione, \funcd{getgrouplist}, può invece essere usata per
2188 ottenere tutti i gruppi a cui appartiene utente identificato per nome; il suo
2193 \fdecl{int getgrouplist(const char *user, gid\_t group, gid\_t *groups, int
2195 \fdesc{Legge i gruppi cui appartiene un utente.}
2197 {La funzione ritorna il numero di gruppi ottenuto in caso di successo e $-1$
2198 per un errore, che avviene solo quando il numero di gruppi è maggiore di
2199 quelli specificati con \param{ngroups}.}
2202 La funzione esegue una scansione del database dei gruppi (si veda
2203 sez.~\ref{sec:sys_user_group}) per leggere i gruppi supplementari dell'utente
2204 specificato per nome (e non con un \ids{UID}) nella stringa passata con
2205 l'argomento \param{user}. Ritorna poi nel vettore \param{groups} la lista dei
2206 \ids{GID} dei gruppi a cui l'utente appartiene. Si noti che \param{ngroups},
2207 che in ingresso deve indicare la dimensione di \param{group}, è passato come
2208 \itindex{value~result~argument} \textit{value result argument} perché, qualora
2209 il valore specificato sia troppo piccolo, la funzione ritorna $-1$, passando
2210 comunque indietro il numero dei gruppi trovati, in modo da poter ripetere la
2211 chiamata con un vettore di dimensioni adeguate.
2213 Infine per impostare i gruppi supplementari di un processo ci sono due
2214 funzioni, che possono essere usate solo se si hanno i privilegi di
2215 amministratore.\footnote{e più precisamente se si ha la \itindex{capabilities}
2216 \textit{capability} \macro{CAP\_SETGID}.} La prima delle due è la funzione
2217 di sistema \funcd{setgroups},\footnote{la funzione è definita in BSD e SRv4,
2218 ma a differenza di \func{getgroups} non è stata inclusa in POSIX.1-2001, per
2219 poterla utilizzare deve essere definita la macro \macro{\_BSD\_SOURCE}.} ed
2224 \fdecl{int setgroups(size\_t size, gid\_t *list)}
2225 \fdesc{Imposta i gruppi supplementari del processo.}
2227 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2228 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2230 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2231 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è maggiore del valore
2232 massimo consentito di gruppi supplementari.
2233 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
2237 La funzione imposta i gruppi supplementari del processo corrente ai valori
2238 specificati nel vettore passato con l'argomento \param{list}, di dimensioni
2239 date dall'argomento \param{size}. Il numero massimo di gruppi supplementari
2240 che si possono impostare è un parametro di sistema, che può essere ricavato
2241 con le modalità spiegate in sez.~\ref{sec:sys_characteristics}.
2243 Se invece si vogliono impostare i gruppi supplementari del processo a quelli
2244 di un utente specifico, si può usare la funzione \funcd{initgroups} il cui
2250 \fdecl{int initgroups(const char *user, gid\_t group)}
2251 \fdesc{Inizializza la lista dei gruppi supplementari.}
2253 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2254 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2256 \item[\errcode{ENOMEM}] non c'è memoria sufficiente per allocare lo spazio per
2257 informazioni dei gruppi.
2258 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
2262 La funzione esegue la scansione del database dei gruppi (usualmente
2263 \conffile{/etc/group}) cercando i gruppi di cui è membro l'utente \param{user}
2264 (di nuovo specificato per nome e non per \ids{UID}) con cui costruisce una
2265 lista di gruppi supplementari, a cui aggiunge anche
2266 \param{group}, infine imposta questa lista per il processo corrente usando
2267 \func{setgroups}. Si tenga presente che sia \func{setgroups} che
2268 \func{initgroups} non sono definite nello standard POSIX.1 e che pertanto non
2269 è possibile utilizzarle quando si definisce \macro{\_POSIX\_SOURCE} o si
2270 compila con il flag \cmd{-ansi}, è pertanto meglio evitarle se si vuole
2271 scrivere codice portabile.
2274 \section{La gestione della priorità dei processi}
2275 \label{sec:proc_priority}
2277 In questa sezione tratteremo più approfonditamente i meccanismi con il quale
2278 lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler} assegna la CPU ai vari processi
2279 attivi. In particolare prenderemo in esame i vari meccanismi con cui viene
2280 gestita l'assegnazione del tempo di CPU, ed illustreremo le varie funzioni di
2281 gestione. Tratteremo infine anche le altre priorità dei processi (come quelle
2282 per l'accesso a disco) divenute disponibili con i kernel più recenti.
2285 \subsection{I meccanismi di \textit{scheduling}}
2286 \label{sec:proc_sched}
2288 \itindbeg{scheduler}
2290 La scelta di un meccanismo che sia in grado di distribuire in maniera efficace
2291 il tempo di CPU per l'esecuzione dei processi è sempre una questione delicata,
2292 ed oggetto di numerose ricerche; in generale essa dipende in maniera
2293 essenziale anche dal tipo di utilizzo che deve essere fatto del sistema, per
2294 cui non esiste un meccanismo che sia valido per tutti gli usi.
2296 La caratteristica specifica di un sistema multitasking come Linux è quella del
2297 cosiddetto \itindex{preemptive~multitasking} \textit{preemptive
2298 multitasking}: questo significa che al contrario di altri sistemi (che usano
2299 invece il cosiddetto \itindex{cooperative~multitasking} \textit{cooperative
2300 multitasking}) non sono i singoli processi, ma il kernel stesso a decidere
2301 quando la CPU deve essere passata ad un altro processo. Come accennato in
2302 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy} questa scelta viene eseguita da una sezione
2303 apposita del kernel, lo \textit{scheduler}, il cui scopo è quello di
2304 distribuire al meglio il tempo di CPU fra i vari processi.
2306 La cosa è resa ancora più complicata dal fatto che con le architetture
2307 multi-processore si deve anche scegliere quale sia la CPU più opportuna da
2308 utilizzare.\footnote{nei processori moderni la presenza di ampie cache può
2309 rendere poco efficiente trasferire l'esecuzione di un processo da una CPU ad
2310 un'altra, per cui effettuare la migliore scelta fra le diverse CPU non è
2311 banale.} Tutto questo comunque appartiene alle sottigliezze
2312 dell'implementazione del kernel; dal punto di vista dei programmi che girano
2313 in \textit{user space}, anche quando si hanno più processori (e dei processi
2314 che sono eseguiti davvero in contemporanea), le politiche di
2315 \textit{scheduling} riguardano semplicemente l'allocazione della risorsa
2316 \textsl{tempo di esecuzione}, la cui assegnazione sarà governata dai
2317 meccanismi di scelta delle priorità che restano gli stessi indipendentemente
2318 dal numero di processori.
2320 Si tenga conto poi che i processi non devono solo eseguire del codice: ad
2321 esempio molto spesso saranno impegnati in operazioni di I/O, o potranno
2322 venire bloccati da un comando dal terminale, o sospesi per un certo periodo di
2323 tempo. In tutti questi casi la CPU diventa disponibile ed è compito dello
2324 kernel provvedere a mettere in esecuzione un altro processo.
2326 Tutte queste possibilità sono caratterizzate da un diverso \textsl{stato} del
2327 processo, in Linux un processo può trovarsi in uno degli stati riportati in
2328 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}; ma soltanto i processi che sono nello stato
2329 \textit{runnable} concorrono per l'esecuzione. Questo vuol dire che, qualunque
2330 sia la sua priorità, un processo non potrà mai essere messo in esecuzione
2331 fintanto che esso si trova in uno qualunque degli altri stati.
2336 \begin{tabular}[c]{|p{2.4cm}|c|p{9cm}|}
2338 \textbf{Stato} & \texttt{STAT} & \textbf{Descrizione} \\
2341 \textit{runnable}& \texttt{R} & Il processo è in esecuzione o è pronto ad
2342 essere eseguito (cioè è in attesa che gli
2343 venga assegnata la CPU).\\
2344 \textit{sleep} & \texttt{S} & Il processo è in attesa di un
2345 risposta dal sistema, ma può essere
2346 interrotto da un segnale.\\
2347 \textit{uninterrutible sleep}& \texttt{D} & Il processo è in
2348 attesa di un risposta dal sistema (in
2349 genere per I/O), e non può essere
2350 interrotto in nessuna circostanza.\\
2351 \textit{stopped} & \texttt{T} & Il processo è stato fermato con un
2352 \signal{SIGSTOP}, o è tracciato.\\
2353 \textit{zombie}\itindex{zombie}& \texttt{Z} & Il processo è terminato ma il
2354 suo stato di terminazione non è ancora
2355 stato letto dal padre.\\
2356 \textit{killable}& \texttt{D} & Un nuovo stato introdotto con il kernel
2357 2.6.25, sostanzialmente identico
2358 all'\textit{uninterrutible sleep} con la
2359 sola differenza che il processo può
2360 terminato con \signal{SIGKILL} (usato per
2364 \caption{Elenco dei possibili stati di un processo in Linux, nella colonna
2365 \texttt{STAT} si è riportata la corrispondente lettera usata dal comando
2366 \cmd{ps} nell'omonimo campo.}
2367 \label{tab:proc_proc_states}
2370 Si deve quindi tenere presente che l'utilizzo della CPU è soltanto una delle
2371 risorse che sono necessarie per l'esecuzione di un programma, e a seconda
2372 dello scopo del programma non è detto neanche che sia la più importante, dato
2373 che molti programmi dipendono in maniera molto più critica dall'I/O. Per
2374 questo motivo non è affatto detto che dare ad un programma la massima priorità
2375 di esecuzione abbia risultati significativi in termini di prestazioni.
2377 Il meccanismo tradizionale di \textit{scheduling} di Unix (che tratteremo in
2378 sez.~\ref{sec:proc_sched_stand}) è sempre stato basato su delle
2379 \textsl{priorità dinamiche}, in modo da assicurare che tutti i processi, anche
2380 i meno importanti, potessero ricevere un po' di tempo di CPU. In sostanza
2381 quando un processo ottiene la CPU la sua priorità viene diminuita. In questo
2382 modo alla fine, anche un processo con priorità iniziale molto bassa, finisce
2383 per avere una priorità sufficiente per essere eseguito.
2385 Lo standard POSIX.1b però ha introdotto il concetto di \textsl{priorità
2386 assoluta}, (chiamata anche \textsl{priorità statica}, in contrapposizione
2387 alla normale priorità dinamica), per tenere conto dei sistemi
2388 \textit{real-time},\footnote{per sistema \textit{real-time} si intende un
2389 sistema in grado di eseguire operazioni in un tempo ben determinato; in
2390 genere si tende a distinguere fra l'\textit{hard real-time} in cui è
2391 necessario che i tempi di esecuzione di un programma siano determinabili con
2392 certezza assoluta (come nel caso di meccanismi di controllo di macchine,
2393 dove uno sforamento dei tempi avrebbe conseguenze disastrose), e
2394 \textit{soft-real-time} in cui un occasionale sforamento è ritenuto
2395 accettabile.} in cui è vitale che i processi che devono essere eseguiti in
2396 un determinato momento non debbano aspettare la conclusione di altri che non
2397 hanno questa necessità.
2399 Il concetto di priorità assoluta dice che quando due processi si contendono
2400 l'esecuzione, vince sempre quello con la priorità assoluta più alta.
2401 Ovviamente questo avviene solo per i processi che sono pronti per essere
2402 eseguiti (cioè nello stato \textit{runnable}). La priorità assoluta viene in
2403 genere indicata con un numero intero, ed un valore più alto comporta una
2404 priorità maggiore. Su questa politica di \textit{scheduling} torneremo in
2405 sez.~\ref{sec:proc_real_time}.
2407 In generale quello che succede in tutti gli Unix moderni è che ai processi
2408 normali viene sempre data una priorità assoluta pari a zero, e la decisione di
2409 assegnazione della CPU è fatta solo con il meccanismo tradizionale della
2410 priorità dinamica. In Linux tuttavia è possibile assegnare anche una priorità
2411 assoluta, nel qual caso un processo avrà la precedenza su tutti gli altri di
2412 priorità inferiore, che saranno eseguiti solo quando quest'ultimo non avrà
2416 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling} standard}
2417 \label{sec:proc_sched_stand}
2419 A meno che non si abbiano esigenze specifiche,\footnote{per alcune delle quali
2420 sono state introdotte delle varianti specifiche.} l'unico meccanismo di
2421 \textit{scheduling} con il quale si avrà a che fare è quello tradizionale, che
2422 prevede solo priorità dinamiche. È di questo che, di norma, ci si dovrà
2423 preoccupare nella programmazione. Come accennato in Linux i processi ordinari
2424 hanno tutti una priorità assoluta nulla; quello che determina quale, fra tutti
2425 i processi in attesa di esecuzione, sarà eseguito per primo, è la cosiddetta
2426 \textsl{priorità dinamica},\footnote{quella che viene mostrata nella colonna
2427 \texttt{PR} del comando \texttt{top}.} che è chiamata così proprio perché
2428 varia nel corso dell'esecuzione di un processo.
2430 Il meccanismo usato da Linux è in realtà piuttosto complesso,\footnote{e
2431 dipende strettamente dalla versione di kernel; in particolare a partire
2432 dalla serie 2.6.x lo scheduler è stato riscritto completamente, con molte
2433 modifiche susseguitesi per migliorarne le prestazioni, per un certo periodo
2434 ed è stata anche introdotta la possibilità di usare diversi algoritmi,
2435 selezionabili sia in fase di compilazione, che, nelle versioni più recenti,
2436 all'avvio (addirittura è stato ideato un sistema modulare che permette di
2437 cambiare lo scheduler a sistema attivo).} ma a grandi linee si può dire che
2438 ad ogni processo è assegnata una \textit{time-slice}, cioè un intervallo di
2439 tempo (letteralmente una fetta) per il quale, a meno di eventi esterni, esso
2440 viene eseguito senza essere interrotto. Inoltre la priorità dinamica viene
2441 calcolata dallo scheduler a partire da un valore iniziale che viene
2442 \textsl{diminuito} tutte le volte che un processo è in stato \textit{runnable}
2443 ma non viene posto in esecuzione.\footnote{in realtà il calcolo della priorità
2444 dinamica e la conseguente scelta di quale processo mettere in esecuzione
2445 avviene con un algoritmo molto più complicato, che tiene conto anche della
2446 \textsl{interattività} del processo, utilizzando diversi fattori, questa è
2447 una brutale semplificazione per rendere l'idea del funzionamento, per una
2448 trattazione più dettagliata, anche se non aggiornatissima, dei meccanismi di
2449 funzionamento dello scheduler si legga il quarto capitolo di
2450 \cite{LinKernDev}.} Lo scheduler infatti mette sempre in esecuzione, fra
2451 tutti i processi in stato \textit{runnable}, quello che ha il valore di
2452 priorità dinamica più basso.\footnote{con le priorità dinamiche il significato
2453 del valore numerico ad esse associato è infatti invertito, un valore più
2454 basso significa una priorità maggiore.} Il fatto che questo valore venga
2455 diminuito quando un processo non viene posto in esecuzione pur essendo pronto,
2456 significa che la priorità dei processi che non ottengono l'uso del processore
2457 viene progressivamente incrementata, così che anche questi alla fine hanno la
2458 possibilità di essere eseguiti.
2460 Sia la dimensione della \textit{time-slice} che il valore di partenza della
2461 priorità dinamica sono determinate dalla cosiddetta \textit{nice} (o
2462 \textit{niceness}) del processo.\footnote{questa è una delle tante proprietà
2463 che ciascun processo si porta dietro, essa viene ereditata dai processi
2464 figli e mantenuta attraverso una \func{exec}; fino alla serie 2.4 essa era
2465 mantenuta nell'omonimo campo \texttt{nice} della \texttt{task\_struct}, con
2466 la riscrittura dello scheduler eseguita nel 2.6 viene mantenuta nel campo
2467 \texttt{static\_prio} come per le priorità statiche.} L'origine del nome di
2468 questo parametro sta nel fatto che generalmente questo viene usato per
2469 \textsl{diminuire} la priorità di un processo, come misura di cortesia nei
2470 confronti degli altri. I processi infatti vengono creati dal sistema con un
2471 valore nullo e nessuno è privilegiato rispetto agli altri. Specificando un
2472 valore di \textit{nice} positivo si avrà una \textit{time-slice} più breve ed
2473 un valore di priorità dinamica iniziale più alto, mentre un valore negativo
2474 darà una \textit{time-slice} più lunga ed un valore di priorità dinamica
2477 Esistono diverse funzioni che consentono di indicare un valore di
2478 \textit{nice} di un processo; la più semplice è \funcd{nice}, che opera sul
2479 processo corrente, il suo prototipo è:
2483 \fdecl{int nice(int inc)}
2484 \fdesc{Aumenta il valore di \textit{nice} del processo corrente.}
2486 {La funzione ritorna il nuovo valore di \textit{nice} in caso di successo e
2487 $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2489 \item[\errcode{EPERM}] non si ha il permesso di specificare un valore
2490 di \param{inc} negativo.
2494 L'argomento \param{inc} indica l'incremento da effettuare rispetto al valore
2495 di \textit{nice} corrente, che può assumere valori compresi fra
2496 \const{PRIO\_MIN} e \const{PRIO\_MAX}; nel caso di Linux sono fra $-20$ e
2497 $19$,\footnote{in realtà l'intervallo varia a seconda delle versioni di
2498 kernel, ed è questo a partire dal kernel 1.3.43, anche se oggi si può avere
2499 anche l'intervallo fra $-20$ e $20$.} ma per \param{inc} si può specificare
2500 un valore qualunque, positivo o negativo, ed il sistema provvederà a troncare
2501 il risultato nell'intervallo consentito. Valori positivi comportano maggiore
2502 \textit{cortesia} e cioè una diminuzione della priorità, valori negativi
2503 comportano invece un aumento della priorità. Con i kernel precedenti il 2.6.12
2504 solo l'amministratore\footnote{o un processo con la \itindex{capabilities}
2505 \textit{capability} \const{CAP\_SYS\_NICE}, vedi
2506 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}.} può specificare valori negativi
2507 di \param{inc} che permettono di aumentare la priorità di un processo, a
2508 partire da questa versione è consentito anche agli utenti normali alzare
2509 (entro certi limiti, che vedremo in sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}) la
2510 priorità dei propri processi.
2512 Gli standard SUSv2 e POSIX.1 prevedono che la funzione ritorni il nuovo valore
2513 di \textit{nice} del processo; tuttavia la \textit{system call} di Linux non
2514 segue questa convenzione e restituisce sempre $0$ in caso di successo e $-1$
2515 in caso di errore; questo perché $-1$ è anche un valore di \textit{nice}
2516 legittimo e questo comporta una confusione con una eventuale condizione di
2517 errore. La \textit{system call} originaria inoltre non consente, se non dotati
2518 di adeguati privilegi, di diminuire un valore di \textit{nice} precedentemente
2521 Fino alla \acr{glibc} 2.2.4 la funzione di libreria riportava direttamente il
2522 risultato dalla \textit{system call}, violando lo standard, per cui per
2523 ottenere il nuovo valore occorreva una successiva chiamata alla funzione
2524 \func{getpriority}. A partire dalla \acr{glibc} 2.2.4 \func{nice} è stata
2525 reimplementata e non viene più chiamata la omonima \textit{system call}, con
2526 questa versione viene restituito come valore di ritorno il valore di
2527 \textit{nice}, come richiesto dallo standard.\footnote{questo viene fatto
2528 chiamando al suo interno \func{setpriority}, che tratteremo a breve.} In
2529 questo caso l'unico modo per rilevare in maniera affidabile una condizione di
2530 errore è quello di azzerare \var{errno} prima della chiamata della funzione e
2531 verificarne il valore quando \func{nice} restituisce $-1$.
2533 Per leggere il valore di \textit{nice} di un processo occorre usare la
2534 funzione di sistema \funcd{getpriority}, derivata da BSD; il suo prototipo è:
2538 \fhead{sys/resource.h}
2539 \fdecl{int getpriority(int which, int who)}
2540 \fdesc{Legge un valore di \textit{nice}.}
2542 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2543 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2545 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è uno di quelli
2546 elencati in tab.~\ref{tab:proc_getpriority}.
2547 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2548 \param{which} e \param{who}.
2552 La funzione permette, a seconda di quanto specificato
2553 nell'argomento \param{which}, di leggere il valore di \textit{nice} di un
2554 processo, di un gruppo di processi (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o di
2555 un utente indicato dall'argomento \param{who}. Nelle vecchie versioni può
2556 essere necessario includere anche \headfile{sys/time.h}, questo non è più
2557 necessario con versioni recenti delle librerie, ma è comunque utile per
2560 I valori possibili per \param{which}, ed il tipo di valore che occorre usare
2561 in corrispondenza per \param{who} solo elencati nella legenda di
2562 tab.~\ref{tab:proc_getpriority} insieme ai relativi significati. Usare un
2563 valore nullo per \param{who} indica, a seconda della corrispondente
2564 indicazione usata per \param{which} il processo, il gruppo di processi o
2570 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
2572 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
2575 \const{PRIO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo \\
2576 \const{PRIO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \itindex{process~group}
2577 \textit{process group} \\
2578 \const{PRIO\_USER} & \type{uid\_t} & utente \\
2581 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
2582 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{getpriority} e
2583 \func{setpriority} per le tre possibili scelte.}
2584 \label{tab:proc_getpriority}
2587 In caso di una indicazione che faccia riferimento a più processi, la funzione
2588 restituisce la priorità più alta (cioè il valore più basso) fra quelle dei
2589 processi corrispondenti. Come per \func{nice} $-1$ è un valore possibile
2590 corretto, per cui di nuovo per poter rilevare una condizione di errore è
2591 necessario cancellare sempre \var{errno} prima della chiamata alla funzione e
2592 quando si ottiene un valore di ritorno uguale a $-1$ per verificare che essa
2593 resti uguale a zero.
2595 Analoga a \func{getpriority} è la funzione di sistema \funcd{setpriority} che
2596 permette di impostare la priorità di uno o più processi; il suo prototipo è:
2600 \fhead{sys/resource.h}
2601 \fdecl{int setpriority(int which, int who, int prio)}
2602 \fdesc{Imposta un valore di \textit{nice}.}
2604 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2605 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2607 \item[\errcode{EACCES}] si è richiesto un aumento di priorità senza avere
2608 sufficienti privilegi.
2609 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è uno di quelli
2610 elencati in tab.~\ref{tab:proc_getpriority}.
2611 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2612 cercato di modificare la priorità di un processo di un altro utente.
2613 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2614 \param{which} e \param{who}.
2618 La funzione imposta la priorità dinamica al valore specificato da \param{prio}
2619 per tutti i processi indicati dagli argomenti \param{which} e \param{who}, per
2620 i quali valgono le stesse considerazioni fatte per \func{getpriority} e lo
2621 specchietto di tab.~\ref{tab:proc_getpriority}.
2623 In questo caso come valore di \param{prio} deve essere specificato il valore
2624 di \textit{nice} da assegnare, e non un incremento (positivo o negativo) come
2625 nel caso di \func{nice}, nell'intervallo fra \const{PRIO\_MIN} ($-20$) e
2626 \const{PRIO\_MAX} ($19$). La funzione restituisce il valore di \textit{nice}
2627 assegnato in caso di successo e $-1$ in caso di errore, e come per \func{nice}
2628 anche in questo caso per rilevare un errore occorre sempre porre a zero
2629 \var{errno} prima della chiamata della funzione, essendo $-1$ un valore di
2630 \textit{nice} valido.
2632 Si tenga presente che solo l'amministratore\footnote{o più precisamente un
2633 processo con la \itindex{capabilities} \textit{capability}
2634 \const{CAP\_SYS\_NICE}, vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}.} ha la
2635 possibilità di modificare arbitrariamente le priorità di qualunque
2636 processo. Un utente normale infatti può modificare solo la priorità dei suoi
2637 processi ed in genere soltanto diminuirla. Fino alla versione di kernel
2638 2.6.12 Linux ha seguito le specifiche dello standard SUSv3, e come per tutti i
2639 sistemi derivati da SysV veniva richiesto che l'\ids{UID} reale o quello
2640 effettivo del processo chiamante corrispondessero all'\ids{UID} reale (e solo
2641 a quello) del processo di cui si intendeva cambiare la priorità. A partire
2642 dalla versione 2.6.12 è stata adottata la semantica in uso presso i sistemi
2643 derivati da BSD (SunOS, Ultrix, *BSD), in cui la corrispondenza può essere
2644 anche con l'\ids{UID} effettivo.
2646 Sempre a partire dal kernel 2.6.12 è divenuto possibile anche per gli utenti
2647 ordinari poter aumentare la priorità dei propri processi specificando un
2648 valore di \param{prio} negativo. Questa operazione non è possibile però in
2649 maniera indiscriminata, ed in particolare può essere effettuata solo
2650 nell'intervallo consentito dal valore del limite \const{RLIMIT\_NICE}
2651 (torneremo su questo in sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}).
2653 Infine nonostante i valori siano sempre rimasti gli stessi, il significato del
2654 valore di \textit{nice} è cambiato parecchio nelle progressive riscritture
2655 dello \textit{scheduler} di Linux, ed in particolare a partire dal kernel
2656 2.6.23 l'uso di diversi valori di \textit{nice} ha un impatto molto più forte
2657 nella distribuzione della CPU ai processi. Infatti se viene comunque calcolata
2658 una priorità dinamica per i processi che non ricevono la CPU così che anche
2659 essi possano essere messi in esecuzione, un alto valore di \textit{nice}
2660 corrisponde comunque ad una \textit{time-slice} molto piccola che non cresce
2661 comunque, per cui un processo a bassa priorità avrà davvero scarse possibilità
2662 di essere eseguito in presenza di processi attivi a priorità più alta.
2666 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling real-time}}
2667 \label{sec:proc_real_time}
2669 Come spiegato in sez.~\ref{sec:proc_sched} lo standard POSIX.1b ha introdotto
2670 le priorità assolute per permettere la gestione di processi real-time. In
2671 realtà nel caso di Linux non si tratta di un vero \textit{hard real-time}, in
2672 quanto in presenza di eventuali interrupt il kernel interrompe l'esecuzione di
2673 un processo qualsiasi sia la sua priorità,\footnote{questo a meno che non si
2674 siano installate le patch di RTLinux, RTAI o Adeos, con i quali è possibile
2675 ottenere un sistema effettivamente \textit{hard real-time}. In tal caso
2676 infatti gli interrupt vengono intercettati dall'interfaccia
2677 \textit{real-time} (o nel caso di Adeos gestiti dalle code del nano-kernel),
2678 in modo da poterli controllare direttamente qualora ci sia la necessità di
2679 avere un processo con priorità più elevata di un \textit{interrupt
2680 handler}.} mentre con l'incorrere in un \itindex{page~fault} \textit{page
2681 fault} si possono avere ritardi non previsti. Se l'ultimo problema può
2682 essere aggirato attraverso l'uso delle funzioni di controllo della memoria
2683 virtuale (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}), il primo non è superabile e può
2684 comportare ritardi non prevedibili riguardo ai tempi di esecuzione di
2687 Nonostante questo, ed in particolare con una serie di miglioramenti che sono
2688 stati introdotti nello sviluppo del kernel,\footnote{in particolare a partire
2689 dalla versione 2.6.18 sono stati inserite nel kernel una serie di modifiche
2690 che consentono di avvicinarsi sempre di più ad un vero e proprio sistema
2691 \textit{real-time} estendendo il concetto di \textit{preemption} alle
2692 operazioni dello stesso kernel; esistono vari livelli a cui questo può
2693 essere fatto, ottenibili attivando in fase di compilazione una fra le
2694 opzioni \texttt{CONFIG\_PREEMPT\_NONE}, \texttt{CONFIG\_PREEMPT\_VOLUNTARY}
2695 e \texttt{CONFIG\_PREEMPT\_DESKTOP}.} si può arrivare ad una ottima
2696 approssimazione di sistema \textit{real-time} usando le priorità assolute.
2697 Occorre farlo però con molta attenzione: se si dà ad un processo una priorità
2698 assoluta e questo finisce in un loop infinito, nessun altro processo potrà
2699 essere eseguito, ed esso sarà mantenuto in esecuzione permanentemente
2700 assorbendo tutta la CPU e senza nessuna possibilità di riottenere l'accesso al
2701 sistema. Per questo motivo è sempre opportuno, quando si lavora con processi
2702 che usano priorità assolute, tenere attiva una shell cui si sia assegnata la
2703 massima priorità assoluta, in modo da poter essere comunque in grado di
2704 rientrare nel sistema.
2706 Quando c'è un processo con priorità assoluta lo \textit{scheduler} lo metterà
2707 in esecuzione prima di ogni processo normale. In caso di più processi sarà
2708 eseguito per primo quello con priorità assoluta più alta. Quando ci sono più
2709 processi con la stessa priorità assoluta questi vengono tenuti in una coda e
2710 tocca al kernel decidere quale deve essere eseguito. Il meccanismo con cui
2711 vengono gestiti questi processi dipende dalla politica di \textit{scheduling}
2712 che si è scelta; lo standard ne prevede due:
2713 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2714 \item[\textit{First In First Out} (FIFO)] Il processo viene eseguito
2715 fintanto che non cede volontariamente la CPU (con la funzione
2716 \func{sched\_yield}), si blocca, finisce o viene interrotto da un processo a
2717 priorità più alta. Se il processo viene interrotto da uno a priorità più
2718 alta esso resterà in cima alla lista e sarà il primo ad essere eseguito
2719 quando i processi a priorità più alta diverranno inattivi. Se invece lo si
2720 blocca volontariamente sarà posto in coda alla lista (ed altri processi con
2721 la stessa priorità potranno essere eseguiti).
2722 \item[\textit{Round Robin} (RR)] Il comportamento è del tutto analogo a quello
2723 precedente, con la sola differenza che ciascun processo viene eseguito al
2724 massimo per un certo periodo di tempo (la cosiddetta \textit{time-slice})
2725 dopo di che viene automaticamente posto in fondo alla coda dei processi con
2726 la stessa priorità. In questo modo si ha comunque una esecuzione a turno di
2727 tutti i processi, da cui il nome della politica. Solo i processi con la
2728 stessa priorità ed in stato \textit{runnable} entrano nel
2732 Lo standard POSIX.1-2001 prevede una funzione che consenta sia di modificare
2733 le politiche di \textit{scheduling}, passando da \textit{real-time} a
2734 ordinarie o viceversa, che di specificare, in caso di politiche
2735 \textit{real-time}, la eventuale priorità statica; la funzione di sistema è
2736 \funcd{sched\_setscheduler} ed il suo prototipo è:
2740 \fdecl{int sched\_setscheduler(pid\_t pid, int policy, const struct
2742 \fdesc{Imposta priorità e politica di \textit{scheduling}.}
2744 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2745 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2747 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non esiste o il
2748 relativo valore di \param{p} non è valido per la politica scelta.
2749 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi per attivare la
2751 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2755 La funzione esegue l'impostazione per il processo specificato dall'argomento
2756 \param{pid}, un valore nullo di questo argomento esegue l'impostazione per il
2757 processo corrente. La politica di \textit{scheduling} è specificata
2758 dall'argomento \param{policy} i cui possibili valori sono riportati in
2759 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}; la parte alta della tabella indica le
2760 politiche \textit{real-time}, quella bassa le politiche ordinarie. Un valore
2761 negativo per \param{policy} mantiene la politica di \textit{scheduling}
2767 \begin{tabular}[c]{|l|p{6cm}|}
2769 \textbf{Politica} & \textbf{Significato} \\
2772 \const{SCHED\_FIFO} & \textit{Scheduling real-time} con politica
2774 \const{SCHED\_RR} & \textit{Scheduling real-time} con politica
2775 \textit{Round Robin}. \\
2777 \const{SCHED\_OTHER}& \textit{Scheduling} ordinario.\\
2778 \const{SCHED\_BATCH}& \textit{Scheduling} ordinario con l'assunzione
2779 ulteriore di lavoro \textit{CPU
2780 intensive} (dal kernel 2.6.16)\\
2781 \const{SCHED\_IDLE} & \textit{Scheduling} di priorità estremamente
2782 bassa (dal kernel 2.6.23)\\
2785 \caption{Valori dell'argomento \param{policy} per la funzione
2786 \func{sched\_setscheduler}.}
2787 \label{tab:proc_sched_policy}
2790 Con le versioni più recenti del kernel sono state introdotte anche delle
2791 varianti sulla politica di \textit{scheduling} tradizionale per alcuni carichi
2792 di lavoro specifici, queste due nuove politiche sono specifiche di Linux e non
2793 devono essere usate se si vogliono scrivere programmi portabili.
2795 La politica \const{SCHED\_BATCH} è una variante della politica ordinaria con
2796 la sola differenza che i processi ad essa soggetti non ottengono, nel calcolo
2797 delle priorità dinamiche fatto dallo scheduler, il cosiddetto bonus di
2798 interattività che mira a favorire i processi che si svegliano dallo stato di
2799 \textit{sleep}.\footnote{cosa che accade con grande frequenza per i processi
2800 interattivi, dato che essi sono per la maggior parte del tempo in attesa di
2801 dati in ingresso da parte dell'utente.} La si usa pertanto, come indica il
2802 nome, per processi che usano molta CPU (come programmi di calcolo) che in
2803 questo modo sono leggermente sfavoriti rispetto ai processi interattivi che
2804 devono rispondere a dei dati in ingresso, pur non perdendo il loro valore di
2807 La politica \const{SCHED\_IDLE} invece è una politica dedicata ai processi che
2808 si desidera siano eseguiti con la più bassa priorità possibile, ancora più
2809 bassa di un processo con il minimo valore di \textit{nice}. In sostanza la si
2810 può utilizzare per processi che devono essere eseguiti se non c'è niente altro
2811 da fare. Va comunque sottolineato che anche un processo \const{SCHED\_IDLE}
2812 avrà comunque una sua possibilità di utilizzo della CPU, sia pure in
2813 percentuale molto bassa.
2815 Qualora si sia richiesta una politica \textit{real-time} il valore della
2816 priorità statica viene impostato attraverso la struttura
2817 \struct{sched\_param}, riportata in fig.~\ref{fig:sig_sched_param}, il cui
2818 solo campo attualmente definito è \var{sched\_priority}. Il campo deve
2819 contenere il valore della priorità statica da assegnare al processo; lo
2820 standard prevede che questo debba essere assegnato all'interno di un
2821 intervallo fra un massimo ed un minimo che nel caso di Linux sono
2822 rispettivamente 1 e 99.
2824 \begin{figure}[!htbp]
2825 \footnotesize \centering
2826 \begin{minipage}[c]{0.5\textwidth}
2827 \includestruct{listati/sched_param.c}
2830 \caption{La struttura \structd{sched\_param}.}
2831 \label{fig:sig_sched_param}
2834 I processi con politica di \textit{scheduling} ordinaria devono sempre
2835 specificare un valore nullo di \var{sched\_priority} altrimenti si avrà un
2836 errore \errcode{EINVAL}, questo valore infatti non ha niente a che vedere con
2837 la priorità dinamica determinata dal valore di \textit{nice}, che deve essere
2838 impostato con le funzioni viste in precedenza.
2840 Lo standard POSIX.1b prevede comunque che l'intervallo dei valori delle
2841 priorità statiche possa essere ottenuto con le funzioni di sistema
2842 \funcd{sched\_get\_priority\_max} e \funcd{sched\_get\_priority\_min}, i cui
2847 \fdecl{int sched\_get\_priority\_max(int policy)}
2848 \fdesc{Legge il valore massimo di una priorità statica.}
2849 \fdecl{int sched\_get\_priority\_min(int policy)}
2850 \fdesc{Legge il valore minimo di una priorità statica.}
2852 {Le funzioni ritornano il valore della priorità in caso di successo e $-1$ per
2853 un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore:
2855 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non è valido.
2859 Le funzioni ritornano rispettivamente i due valori della massima e minima
2860 priorità statica possano essere ottenuti per una delle politiche di
2861 \textit{scheduling} \textit{real-time} indicata dall'argomento \param{policy}.
2863 Si tenga presente che quando si imposta una politica di \textit{scheduling}
2864 real-time per un processo o se ne cambia la priorità statica questo viene
2865 messo in cima alla lista dei processi con la stessa priorità; questo comporta
2866 che verrà eseguito subito, interrompendo eventuali altri processi con la
2867 stessa priorità in quel momento in esecuzione.
2869 Il kernel mantiene i processi con la stessa priorità assoluta in una lista, ed
2870 esegue sempre il primo della lista, mentre un nuovo processo che torna in
2871 stato \textit{runnable} viene sempre inserito in coda alla lista. Se la
2872 politica scelta è \const{SCHED\_FIFO} quando il processo viene eseguito viene
2873 automaticamente rimesso in coda alla lista, e la sua esecuzione continua
2874 fintanto che non viene bloccato da una richiesta di I/O, o non rilascia
2875 volontariamente la CPU (in tal caso, tornando nello stato \textit{runnable}
2876 sarà reinserito in coda alla lista); l'esecuzione viene ripresa subito solo
2877 nel caso che esso sia stato interrotto da un processo a priorità più alta.
2879 Solo un processo con i privilegi di amministratore\footnote{più precisamente
2880 con la \itindex{capabilities} capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}, vedi
2881 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}.} può impostare senza restrizioni priorità
2882 assolute diverse da zero o politiche \const{SCHED\_FIFO} e
2883 \const{SCHED\_RR}. Un utente normale può modificare solo le priorità di
2884 processi che gli appartengono; è cioè richiesto che l'\ids{UID} effettivo del
2885 processo chiamante corrisponda all'\ids{UID} reale o effettivo del processo
2886 indicato con \param{pid}.
2888 Fino al kernel 2.6.12 gli utenti normali non potevano impostare politiche
2889 \textit{real-time} o modificare la eventuale priorità statica di un loro
2890 processo. A partire da questa versione è divenuto possibile anche per gli
2891 utenti normali usare politiche \textit{real-time} fintanto che la priorità
2892 assoluta che si vuole impostare è inferiore al limite \const{RLIMIT\_RTPRIO}
2893 (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}) ad essi assegnato.
2895 Unica eccezione a questa possibilità sono i processi \const{SCHED\_IDLE}, che
2896 non possono cambiare politica di \textit{scheduling} indipendentemente dal
2897 valore di \const{RLIMIT\_RTPRIO}. Inoltre, in caso di processo già sottoposto
2898 ad una politica \textit{real-time}, un utente può sempre, indipendentemente
2899 dal valore di \const{RLIMIT\_RTPRIO}, diminuirne la priorità o portarlo ad una
2902 Se si intende operare solo sulla priorità statica di un processo si possono
2903 usare le due funzioni di sistema \funcd{sched\_setparam} e
2904 \funcd{sched\_getparam} che consentono rispettivamente di impostarne e
2905 leggerne il valore, i loro prototipi sono:
2909 \fdecl{int sched\_setparam(pid\_t pid, const struct sched\_param *param)}
2910 \fdesc{Imposta la priorità statica di un processo.}
2911 \fdecl{int sched\_getparam(pid\_t pid, struct sched\_param *param)}
2912 \fdesc{Legge la priorità statica di un processo.}
2914 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2915 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2917 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{param} non ha senso per la
2918 politica usata dal processo.
2919 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno privilegi sufficienti per eseguire
2921 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2925 Le funzioni richiedono di indicare nell'argomento \param{pid} il processo su
2926 cui operare e usano l'argomento \param{param} per mantenere il valore della
2927 priorità dinamica. Questo è ancora una struttura \struct{sched\_param} ed
2928 assume gli stessi valori già visti per \func{sched\_setscheduler}.
2930 L'uso di \func{sched\_setparam}, compresi i controlli di accesso che vi si
2931 applicano, è del tutto equivalente a quello di \func{sched\_setscheduler} con
2932 argomento \param{policy} uguale a $-1$. Come per \func{sched\_setscheduler}
2933 specificando $0$ come valore dell'argomento \param{pid} si opera sul processo
2934 corrente. Benché la funzione sia utilizzabile anche con processi sottoposti a
2935 politica ordinaria essa ha senso soltanto per quelli \textit{real-time}, dato
2936 che per i primi la priorità statica può essere soltanto nulla. La
2937 disponibilità di entrambe le funzioni può essere verificata controllando la
2938 macro \macro{\_POSIX\_PRIORITY\_SCHEDULING} che è definita nell'\textit{header
2939 file} \headfile{sched.h}.
2941 Se invece si vuole sapere quale è politica di \textit{scheduling} di un
2942 processo si può usare la funzione di sistema \funcd{sched\_getscheduler}, il
2947 \fdecl{int sched\_getscheduler(pid\_t pid)}
2948 \fdesc{Legge la politica di \textit{scheduling}.}
2950 {La funzione ritorna la politica di \textit{scheduling} in caso di successo e
2951 $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2953 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno privilegi sufficienti per eseguire
2955 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2959 La funzione restituisce il valore, secondo quanto elencato in
2960 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}, della politica di \textit{scheduling} per il
2961 processo specificato dall'argomento \param{pid}, se questo è nullo viene
2962 restituito il valore relativo al processo chiamante.
2964 L'ultima funzione di sistema che permette di leggere le informazioni relative
2965 ai processi real-time è \funcd{sched\_rr\_get\_interval}, che permette di
2966 ottenere la lunghezza della \textit{time-slice} usata dalla politica
2967 \textit{round robin}; il suo prototipo è:
2971 \fdecl{int sched\_rr\_get\_interval(pid\_t pid, struct timespec *tp)}
2972 \fdesc{Legge la durata della \textit{time-slice} per lo \textit{scheduling}
2973 \textit{round robin}.}
2975 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2976 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2978 \item[\errcode{EINVAL}] l'argomento \param{pid} non è valido.
2979 \item[\errcode{ENOSYS}] la \textit{system call} non è presente (solo per
2981 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2983 ed inoltre anche \errval{EFAULT} nel suo significato generico.}
2986 La funzione restituisce nell'argomento \param{tp} come una struttura
2987 \struct{timespec}, (la cui definizione si può trovare in
2988 fig.~\ref{fig:sys_timeval_struct}) il valore dell'intervallo di tempo usato
2989 per la politica \textit{round robin} dal processo indicato da \ids{PID}. Il
2990 valore dipende dalla versione del kernel, a lungo infatti questo intervallo di
2991 tempo era prefissato e non modificabile ad un valore di 150 millisecondi,
2992 restituito indipendentemente dal \ids{PID} indicato.
2994 Con kernel recenti però è possibile ottenere una variazione della
2995 \textit{time-slice}, modificando il valore di \textit{nice} del processo
2996 (anche se questo non incide assolutamente sulla priorità statica) che come
2997 accennato in precedenza modifica il valore assegnato alla \textit{time-slice}
2998 di un processo ordinario, che però viene usato anche dai processi
3001 Come accennato ogni processo può rilasciare volontariamente la CPU in modo da
3002 consentire agli altri processi di essere eseguiti; la funzione di sistema che
3003 consente di fare tutto questo è \funcd{sched\_yield}, il cui prototipo è:
3007 \fdecl{int sched\_yield(void)}
3008 \fdesc{Rilascia volontariamente l'esecuzione.}
3010 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e teoricamente $-1$ per un
3011 errore, ma su Linux ha sempre successo.}
3015 Questa funzione ha un utilizzo effettivo soltanto quando si usa lo
3016 \textit{scheduling} \textit{real-time}, e serve a far sì che il processo
3017 corrente rilasci la CPU, in modo da essere rimesso in coda alla lista dei
3018 processi con la stessa priorità per permettere ad un altro di essere eseguito;
3019 se però il processo è l'unico ad essere presente sulla coda l'esecuzione non
3020 sarà interrotta. In genere usano questa funzione i processi con politica
3021 \const{SCHED\_FIFO}, per permettere l'esecuzione degli altri processi con pari
3022 priorità quando la sezione più urgente è finita.
3024 La funzione può essere utilizzata anche con processi che usano lo
3025 \textit{scheduling} ordinario, ma in questo caso il comportamento non è ben
3026 definito, e dipende dall'implementazione. Fino al kernel 2.6.23 questo
3027 comportava che i processi venissero messi in fondo alla coda di quelli attivi,
3028 con la possibilità di essere rimessi in esecuzione entro breve tempo, con
3029 l'introduzione del \textit{Completely Fair Scheduler} questo comportamento è
3030 cambiato ed un processo che chiama la funzione viene inserito nella lista dei
3031 processi inattivo, con un tempo molto maggiore.\footnote{è comunque possibile
3032 ripristinare un comportamento analogo al precedente scrivendo il valore 1
3033 nel file \sysctlfile{kernel/sched\_compat\_yield}.}
3035 L'uso delle funzione nella programmazione ordinaria può essere utile e
3036 migliorare le prestazioni generali del sistema quando si è appena rilasciata
3037 una risorsa contesa con altri processi, e si vuole dare agli altri una
3038 possibilità di approfittarne mettendoli in esecuzione, ma chiamarla senza
3039 necessità, specie se questo avviene ripetutamente all'interno di un qualche
3040 ciclo, può avere invece un forte impatto negativo per la generazione di
3041 \itindex{contest~switch} \textit{contest switch} inutili.
3044 \subsection{Il controllo dello \textit{scheduler} per i sistemi
3046 \label{sec:proc_sched_multiprocess}
3048 Con il supporto dei sistemi multiprocessore sono state introdotte delle
3049 funzioni che permettono di controllare in maniera più dettagliata la scelta di
3050 quale processore utilizzare per eseguire un certo programma. Uno dei problemi
3051 che si pongono nei sistemi multiprocessore è infatti quello del cosiddetto
3052 \index{effetto~ping-pong} \textsl{effetto ping-pong}. Può accadere cioè che lo
3053 \textit{scheduler}, quando riavvia un processo precedentemente interrotto
3054 scegliendo il primo processore disponibile, lo faccia eseguire da un
3055 processore diverso rispetto a quello su cui era stato eseguito in
3056 precedenza. Se il processo passa da un processore all'altro in questo modo,
3057 cosa che avveniva abbastanza di frequente con i kernel della seria 2.4.x, si
3058 ha l'\textsl{effetto ping-pong}.
3060 Questo tipo di comportamento può generare dei seri problemi di prestazioni;
3061 infatti tutti i processori moderni utilizzano una memoria interna (la
3062 \textit{cache}) contenente i dati più usati, che permette di evitare di
3063 eseguire un accesso (molto più lento) alla memoria principale sulla scheda
3064 madre. Chiaramente un processo sarà favorito se i suoi dati sono nella cache
3065 del processore, ma è ovvio che questo può essere vero solo per un processore
3066 alla volta, perché in presenza di più copie degli stessi dati su più
3067 processori, non si potrebbe determinare quale di questi ha la versione dei
3068 dati aggiornata rispetto alla memoria principale.
3070 Questo comporta che quando un processore inserisce un dato nella sua cache,
3071 tutti gli altri processori che hanno lo stesso dato devono invalidarlo, e
3072 questa operazione è molto costosa in termini di prestazioni. Il problema
3073 diventa serio quando si verifica l'\textsl{effetto ping-pong}, in tal caso
3074 infatti un processo \textsl{rimbalza} continuamente da un processore all'altro
3075 e si ha una continua invalidazione della cache, che non diventa mai
3078 \itindbeg{CPU~affinity}
3080 Per ovviare a questo tipo di problemi è nato il concetto di \textsl{affinità
3081 di processore} (o \textit{CPU affinity}); la possibilità cioè di far sì che
3082 un processo possa essere assegnato per l'esecuzione sempre allo stesso
3083 processore. Lo \textit{scheduler} dei kernel della serie 2.4.x aveva una
3084 scarsa \textit{CPU affinity}, e \index{effetto~ping-pong} l'effetto ping-pong
3085 era comune; con il nuovo \textit{scheduler} dei kernel della 2.6.x questo
3086 problema è stato risolto ed esso cerca di mantenere il più possibile ciascun
3087 processo sullo stesso processore.
3089 In certi casi però resta l'esigenza di poter essere sicuri che un processo sia
3090 sempre eseguito dallo stesso processore,\footnote{quella che viene detta
3091 \textit{hard CPU affinity}, in contrasto con quella fornita dallo
3092 \textit{scheduler}, detta \textit{soft CPU affinity}, che di norma indica
3093 solo una preferenza, non un requisito assoluto.} e per poter risolvere
3094 questo tipo di problematiche nei nuovi kernel\footnote{le due \textit{system
3095 call} per la gestione della \textit{CPU affinity} sono state introdotte
3096 nel kernel 2.5.8, e le corrispondenti funzioni di sistema nella
3097 \textsl{glibc} 2.3.} è stata introdotta l'opportuna infrastruttura ed una
3098 nuova \textit{system call} che permette di impostare su quali processori far
3099 eseguire un determinato processo attraverso una \textsl{maschera di
3100 affinità}. La corrispondente funzione di sistema è
3101 \funcd{sched\_setaffinity} ed il suo prototipo è:
3103 \index{insieme~di~processori|(}
3107 \fdecl{int sched\_setaffinity(pid\_t pid, size\_t setsize,
3109 \fdesc{Imposta la maschera di affinità di un processo.}
3111 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3112 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3114 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{mask} contiene riferimenti a
3115 processori non esistenti nel sistema o a cui non è consentito l'accesso.
3116 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3117 eseguire l'operazione.
3118 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3120 ed inoltre anche \errval{EFAULT} nel suo significato generico.}
3123 Questa funzione e la corrispondente \func{sched\_getaffinity} hanno una storia
3124 abbastanza complessa, la sottostante \textit{system call} infatti prevede
3125 l'uso di due soli argomenti (per il pid e l'indicazione della maschera dei
3126 processori), che corrispondono al fatto che l'implementazione effettiva usa
3127 una semplice maschera binaria. Quando le funzioni vennero incluse nella
3128 \acr{glibc} assunsero invece un prototipo simile a quello mostrato però con il
3129 secondo argomento di tipo \ctyp{unsigned int}. A complicare la cosa si
3130 aggiunge il fatto che nella versione 2.3.3 della \acr{glibc} detto argomento
3131 venne stato eliminato, per poi essere ripristinato nella versione 2.3.4 nella
3132 forma attuale.\footnote{pertanto se la vostra pagina di manuale non è
3133 aggiornata, o usate quella particolare versione della \acr{glibc}, potrete
3134 trovare indicazioni diverse, il prototipo illustrato è quello riportato
3135 nella versione corrente (maggio 2008) delle pagine di manuale e
3136 corrispondente alla definizione presente in \headfile{sched.h}.}
3138 La funzione imposta, con l'uso del valore contenuto all'indirizzo
3139 \param{mask}, l'insieme dei processori sui quali deve essere eseguito il
3140 processo identificato tramite il valore passato in \param{pid}. Come in
3141 precedenza il valore nullo di \param{pid} indica il processo corrente. Per
3142 poter utilizzare questa funzione sono richiesti i privilegi di amministratore
3143 (è necessaria la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}) altrimenti essa fallirà con
3144 un errore di \errcode{EPERM}. Una volta impostata una maschera di affinità,
3145 questa viene ereditata attraverso una \func{fork}, in questo modo diventa
3146 possibile legare automaticamente un gruppo di processi ad un singolo
3149 Nell'uso comune, almeno con i kernel successivi alla serie 2.6.x, l'uso di
3150 questa funzione non è necessario, in quanto è lo scheduler stesso che provvede
3151 a mantenere al meglio l'affinità di processore. Esistono però esigenze
3152 particolari, ad esempio quando un processo (o un gruppo di processi) è
3153 utilizzato per un compito importante (ad esempio per applicazioni
3154 \textit{real-time} o la cui risposta è critica) e si vuole la massima
3155 velocità, e con questa interfaccia diventa possibile selezionare gruppi di
3156 processori utilizzabili in maniera esclusiva. Lo stesso dicasi quando
3157 l'accesso a certe risorse (memoria o periferiche) può avere un costo diverso a
3158 seconda del processore, come avviene nelle architetture NUMA
3159 (\textit{Non-Uniform Memory Access}).
3161 Infine se un gruppo di processi accede alle stesse risorse condivise (ad
3162 esempio una applicazione con più \itindex{thread} \textit{thread}) può avere
3163 senso usare lo stesso processore in modo da sfruttare meglio l'uso della sua
3164 cache; questo ovviamente riduce i benefici di un sistema multiprocessore
3165 nell'esecuzione contemporanea dei \itindex{thread} \textit{thread}, ma in
3166 certi casi (quando i \itindex{thread} \textit{thread} sono inerentemente
3167 serializzati nell'accesso ad una risorsa) possono esserci sufficienti vantaggi
3168 nell'evitare la perdita della cache da rendere conveniente l'uso dell'affinità
3171 Dato che il numero di processori può variare a seconda delle architetture, per
3172 semplificare l'uso dell'argomento \param{mask} la \acr{glibc} ha introdotto un
3173 apposito dato di tipo, \type{cpu\_set\_t},\footnote{questa è una estensione
3174 specifica della \acr{glibc}, da attivare definendo la macro
3175 \macro{\_GNU\_SOURCE}, non esiste infatti una standardizzazione per questo
3176 tipo di interfaccia e POSIX al momento non prevede nulla al riguardo.} che
3177 permette di identificare un insieme di processori. Il dato è normalmente una
3178 maschera binaria: nei casi più comuni potrebbe bastare un intero a 32 bit, in
3179 cui ogni bit corrisponde ad un processore, ma oggi esistono architetture in
3180 cui questo numero può non essere sufficiente, e per questo è stato creato
3181 questo \index{tipo!opaco} tipo opaco e una interfaccia di gestione che
3182 permette di usare a basso livello un tipo di dato qualunque rendendosi
3183 indipendenti dal numero di bit e dalla loro disposizione. Per questo le
3184 funzioni richiedono anche che oltre all'insieme di processori si indichi anche
3185 la dimensione dello stesso con l'argomento \param{setsize}, per il quale, se
3186 non si usa l'allocazione dinamica che vedremo a breve, ed è in genere
3187 sufficiente passare il valore \code{sizeof(cpu\_set\_t)}.
3189 L'interfaccia di gestione degli insiemi di processori, oltre alla definizione
3190 del tipo \type{cpu\_set\_t}, prevede una serie di macro di preprocessore per
3191 la manipolazione degli stessi. Quelle di base, che consentono rispettivamente
3192 di svuotare un insieme, di aggiungere o togliere un processore o di verificare
3193 se esso è già presente in un insieme, sono le seguenti:
3199 \fdecl{void \macro{CPU\_ZERO}(cpu\_set\_t *set)}
3200 \fdesc{Inizializza un insieme di processori vuoto \param{set}.}
3201 \fdecl{void \macro{CPU\_SET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3202 \fdesc{Inserisce il processore \param{cpu} nell'insieme di processori \param{set}.}
3203 \fdecl{void \macro{CPU\_CLR}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3204 \fdesc{Rimuove il processore \param{cpu} nell'insieme di processori \param{set}.}
3205 \fdecl{int \macro{CPU\_ISSET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3206 \fdesc{Controlla se il processore \param{cpu} è nell'insieme di processori \param{set}.}
3210 Queste macro che sono ispirate dalle analoghe usate per gli insiemi di
3211 \textit{file descriptor} (vedi sez.~\ref{sec:file_select}) e sono state
3212 introdotte con la versione 2.3.3 della \acr{glibc}. Tutte richiedono che si
3213 specifichi il numero di una CPU nell'argomento \param{cpu}, ed un insieme su
3214 cui operare. L'unica che ritorna un risultato è \macro{CPU\_ISSET}, che
3215 restituisce un intero da usare come valore logico (zero se la CPU non è
3216 presente, diverso da zero se è presente).
3218 Si tenga presente che trattandosi di macro l'argomento \param{cpu} può essere
3219 valutato più volte. Questo significa ad esempio che non si può usare al suo
3220 posto una funzione o un'altra macro, altrimenti queste verrebbero eseguite più
3221 volte, l'argomento cioè non deve avere \textsl{effetti collaterali} (in gergo
3222 \itindex{side~effects} \textit{side effects}).\footnote{nel linguaggio C si
3223 parla appunto di \textit{side effects} quando si usano istruzioni la cui
3224 valutazione comporta effetti al di fuori dell'istruzione stessa, come il
3225 caso indicato in cui si passa una funzione ad una macro che usa l'argomento
3226 al suo interno più volte, o si scrivono espressioni come \code{a=a++} in cui
3227 non è chiaro se prima avvenga l'incremento e poi l'assegnazione, ed il cui
3228 risultato dipende dall'implementazione del compilatore.}
3230 Le CPU sono numerate da zero (che indica la prima disponibile) fino ad
3231 un numero massimo che dipende dalla architettura hardware. La costante
3232 \const{CPU\_SETSIZE} indica il numero massimo di processori che possono far
3233 parte di un insieme (al momento vale sempre 1024), e costituisce un limite
3234 massimo al valore dell'argomento \param{cpu}.
3235 Dalla versione 2.6 della \acr{glibc} alle precedenti macro è stata aggiunta,
3236 per contare il numero di processori in un insieme, l'ulteriore:
3242 \fdecl{int \macro{CPU\_COUNT}(cpu\_set\_t *set)}
3243 \fdesc{Conta il numero di processori presenti nell'insieme \param{set}.}
3247 A partire dalla versione 2.7 della \acr{glibc} sono state introdotte altre
3248 macro che consentono ulteriori manipolazioni, in particolare si possono
3249 compiere delle operazioni logiche sugli insiemi di processori con:
3255 \fdecl{void \macro{CPU\_AND}(cpu\_set\_t *destset, cpu\_set\_t *srcset1, cpu\_set\_t *srcset2)}
3256 \fdesc{Esegue l'AND logico di due insiemi di processori.}
3257 \fdecl{void \macro{CPU\_OR}(cpu\_set\_t *destset, cpu\_set\_t *srcset1, cpu\_set\_t *srcset2)}
3258 \fdesc{Esegue l'OR logico di due insiemi di processori.}
3259 \fdecl{void \macro{CPU\_XOR}(cpu\_set\_t *destset, cpu\_set\_t *srcset1, cpu\_set\_t *srcset2)}
3260 \fdesc{Esegue lo XOR logico di due insiemi di processori.}
3261 \fdecl{int \macro{CPU\_EQUAL}(cpu\_set\_t *set1, cpu\_set\_t *set2)}
3262 \fdesc{Verifica se due insiemi di processori sono uguali.}
3266 Le prime tre macro richiedono due insiemi di partenza, \param{srcset1}
3267 e \param{srcset2} e forniscono in un terzo insieme \param{destset} (che può
3268 essere anche lo stesso di uno dei precedenti) il risultato della rispettiva
3269 operazione logica sui contenuti degli stessi. In sostanza con \macro{CPU\_AND}
3270 si otterrà come risultato l'insieme che contiene le CPU presenti in entrambi
3271 gli insiemi di partenza, con \macro{CPU\_OR} l'insieme che contiene le CPU
3272 presenti in uno qualunque dei due insiemi di partenza, e con \macro{CPU\_XOR}
3273 l'insieme che contiene le CPU presenti presenti in uno solo dei due insiemi di
3274 partenza. Infine \macro{CPU\_EQUAL} confronta due insiemi ed è l'unica che
3275 restituisce un intero, da usare come valore logico che indica se sono
3278 Inoltre, sempre a partire dalla versione 2.7 della \acr{glibc}, è stata
3279 introdotta la possibilità di una allocazione dinamica degli insiemi di
3280 processori, per poterli avere di dimensioni corrispondenti al numero di CPU
3281 effettivamente in gioco, senza dover fare riferimento necessariamente alla
3282 precedente dimensione preimpostata di 1024. Per questo motivo sono state
3283 definite tre ulteriori macro, che consentono rispettivamente di allocare,
3284 disallocare ed ottenere la dimensione in byte di un insieme di processori:
3290 \fdecl{cpu\_set\_t * \macro{CPU\_ALLOC}(num\_cpus)}
3291 \fdesc{Alloca dinamicamente un insieme di processori di dimensione voluta.}
3292 \fdecl{void \macro{CPU\_FREE}(cpu\_set\_t *set)}
3293 \fdesc{Disalloca un insieme di processori allocato dinamicamente.}
3294 \fdecl{size\_t \macro{CPU\_ALLOC\_SIZE}(num\_cpus)}
3295 \fdesc{Ritorna la dimensione di un insieme di processori allocato dinamicamente.}
3299 La prima macro, \macro{CPU\_ALLOC}, restituisce il puntatore ad un insieme di
3300 processori in grado di contenere almeno \param{num\_cpus} che viene allocato
3301 dinamicamente. Ogni insieme così allocato dovrà essere disallocato con
3302 \macro{CPU\_FREE} passandogli un puntatore ottenuto da una precedente
3303 \macro{CPU\_ALLOC}. La terza macro, \macro{CPU\_ALLOC\_SIZE}, consente di
3304 ottenere la dimensione in byte di un insieme allocato dinamicamente che
3305 contenga \param{num\_cpus} processori.
3307 Dato che le dimensioni effettive possono essere diverse le macro di gestione e
3308 manipolazione che abbiamo trattato in precedenza non si applicano agli insiemi
3309 allocati dinamicamente, per i quali dovranno sono state definite altrettante
3310 macro equivalenti contraddistinte dal suffisso \texttt{\_S}, che effettuano le
3311 stesse operazioni, ma richiedono in più un argomento
3312 aggiuntivo \param{setsize} che deve essere assegnato al valore ottenuto con
3313 \macro{CPU\_ALLOC\_SIZE}. Questo stesso valore deve essere usato per l'omonimo
3314 argomento delle funzioni \func{sched\_setaffinity} o \func{sched\_getaffinity}
3315 quando si vuole usare per l'argomento che indica la maschera di affinità un
3316 insieme di processori allocato dinamicamente.
3318 \index{insieme~di~processori|)}
3320 A meno di non aver utilizzato \func{sched\_setaffinity}, in condizioni
3321 ordinarie la maschera di affinità di un processo è preimpostata dal sistema in
3322 modo che esso possa essere eseguito su qualunque processore. Se ne può
3323 comunque ottenere il valore corrente usando la funzione di sistema
3324 \funcd{sched\_getaffinity}, il cui prototipo è:
3328 \fdecl{int sched\_getaffinity (pid\_t pid, size\_t setsize,
3330 \fdesc{Legge la maschera di affinità di un processo.}
3332 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3333 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3335 \item[\errcode{EINVAL}] \param{setsize} è più piccolo delle dimensioni
3336 della maschera di affinità usata dal kernel.
3337 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3339 ed inoltre anche \errval{EFAULT} nel suo significato generico.}
3342 La funzione restituirà all'indirizzo specificato da \param{mask} il valore
3343 della maschera di affinità del processo indicato dall'argomento \param{pid}
3344 (al solito un valore nullo indica il processo corrente) così da poterla
3345 riutilizzare per una successiva reimpostazione.
3347 È chiaro che queste funzioni per la gestione dell'affinità hanno significato
3348 soltanto su un sistema multiprocessore, esse possono comunque essere
3349 utilizzate anche in un sistema con un processore singolo, nel qual caso però
3350 non avranno alcun risultato effettivo.
3353 \itindend{scheduler}
3354 \itindend{CPU~affinity}
3357 \subsection{Le priorità per le operazioni di I/O}
3358 \label{sec:io_priority}
3360 A lungo l'unica priorità usata per i processi è stata quella relativa
3361 all'assegnazione dell'uso del processore. Ma il processore non è l'unica
3362 risorsa che i processi devono contendersi, un'altra, altrettanto importante
3363 per le prestazioni, è quella dell'accesso a disco. Per questo motivo nello
3364 sviluppo del kernel sono stati introdotti diversi \textit{I/O scheduler} in
3365 grado di distribuire in maniera opportuna questa risorsa ai vari processi.
3367 Fino al kernel 2.6.17 era possibile soltanto differenziare le politiche
3368 generali di gestione, scegliendo di usare un diverso \textit{I/O scheduler}. A
3369 partire da questa versione, con l'introduzione dello \textit{scheduler} CFQ
3370 (\textit{Completely Fair Queuing}) è divenuto possibile, qualora si usi questo
3371 \textit{scheduler}, impostare anche delle diverse priorità di accesso per i
3372 singoli processi.\footnote{al momento (kernel 2.6.31), le priorità di I/O sono
3373 disponibili soltanto per questo \textit{scheduler}.}
3375 La scelta di uno \textit{scheduler} di I/O si può fare in maniera generica per
3376 tutto il sistema all'avvio del kernel con il parametro di avvio
3377 \texttt{elevator},\footnote{per la trattazione dei parametri di avvio del
3378 kernel si rimanda al solito alla sez.~5.3 di \cite{AGL}.} cui assegnare il
3379 nome dello \textit{scheduler}, ma se ne può anche indicare uno specifico per
3380 l'accesso al singolo disco scrivendo nel file
3381 \texttt{/sys/block/\textit{<dev>}/queue/scheduler} (dove
3382 \texttt{\textit{<dev>}} è il nome del dispositivo associato al disco).
3384 Gli \textit{scheduler} disponibili sono mostrati dal contenuto dello stesso
3385 file che riporta fra parentesi quadre quello attivo, il default in tutti i
3386 kernel recenti è proprio il \texttt{cfq},\footnote{nome con cui si indica
3387 appunto lo \textit{scheduler} CFQ.} che supporta le priorità. Per i dettagli
3388 sulle caratteristiche specifiche degli altri \textit{scheduler}, la cui
3389 discussione attiene a problematiche di ambito sistemistico, si consulti la
3390 documentazione nella directory \texttt{Documentation/block/} dei sorgenti del
3393 Una volta che si sia impostato lo \textit{scheduler} CFQ ci sono due
3394 specifiche \textit{system call}, specifiche di Linux, che consentono di
3395 leggere ed impostare le priorità di I/O.\footnote{se usate in corrispondenza
3396 ad uno \textit{scheduler} diverso il loro utilizzo non avrà alcun effetto.}
3397 Dato che non esiste una interfaccia diretta nella \acr{glibc} per queste due
3398 funzioni\footnote{almeno al momento della scrittura di questa sezione, con la
3399 versione 2.11 della \acr{glibc}.} occorrerà invocarle tramite la funzione
3400 \func{syscall} (come illustrato in sez.~\ref{sec:proc_syscall}). Le due
3401 \textit{system call} sono \funcd{ioprio\_get} ed \funcd{ioprio\_set}; i
3402 rispettivi prototipi sono:
3405 \fhead{linux/ioprio.h}
3406 \fdecl{int ioprio\_get(int which, int who)}
3407 \fdesc{Legge la priorità di I/O di un processo.}
3408 \fdecl{int ioprio\_set(int which, int who, int ioprio)}
3409 \fdesc{Imposta la priorità di I/O di un processo.}
3411 {Le funzioni ritornano rispettivamente un intero positivo o 0 in caso di
3412 successo e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei
3415 \item[\errcode{EINVAL}] i valori di \param{which} o di \param{ioprio} non
3417 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno i privilegi per eseguire
3418 l'impostazione (solo per \func{ioprio\_set}).
3419 \item[\errcode{ESRCH}] non esiste un processo corrispondente alle indicazioni.
3423 Le funzioni leggono o impostano la priorità di I/O sulla base dell'indicazione
3424 dei due argomenti \param{which} e \param{who} che hanno lo stesso significato
3425 già visto per gli omonimi argomenti di \func{getpriority} e
3426 \func{setpriority}. Anche in questo caso si deve specificare il valore
3427 di \param{which} tramite le opportune costanti riportate in
3428 tab.~\ref{tab:ioprio_args} che consentono di indicare un singolo processo, i
3429 processi di un \textit{process group} (tratteremo questo argomento in
3430 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o tutti i processi di un utente.
3435 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
3437 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
3440 \const{IPRIO\_WHO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo\\
3441 \const{IPRIO\_WHO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \itindex{process~group}
3442 \textit{process group}\\
3443 \const{IPRIO\_WHO\_USER} & \type{uid\_t} & utente\\
3446 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
3447 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{ioprio\_get} e
3448 \func{ioprio\_set} per le tre possibili scelte.}
3449 \label{tab:ioprio_args}
3452 In caso di successo \func{ioprio\_get} restituisce un intero positivo che
3453 esprime il valore della priorità di I/O, questo valore è una maschera binaria
3454 composta da due parti, una che esprime la \textsl{classe} di
3455 \textit{scheduling} di I/O del processo, l'altra che esprime, quando la classe
3456 di \textit{scheduling} lo prevede, la priorità del processo all'interno della
3457 classe stessa. Questo stesso formato viene utilizzato per indicare il valore
3458 della priorità da impostare con l'argomento \param{ioprio} di
3463 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
3465 \textbf{Macro} & \textbf{Significato}\\
3468 \macro{IOPRIO\_PRIO\_CLASS}\texttt{(\textit{value})}
3469 & Dato il valore di una priorità come
3470 restituito da \func{ioprio\_get} estrae il
3471 valore della classe.\\
3472 \macro{IOPRIO\_PRIO\_DATA}\texttt{(\textit{value})}
3473 & Dato il valore di una priorità come
3474 restituito da \func{ioprio\_get} estrae il
3475 valore della priorità.\\
3476 \macro{IOPRIO\_PRIO\_VALUE}\texttt{(\textit{class},\textit{prio})}
3477 & Dato un valore di priorità ed una classe
3478 ottiene il valore numerico da passare a
3479 \func{ioprio\_set}.\\
3482 \caption{Le macro per la gestione dei valori numerici .}
3483 \label{tab:IOsched_class_macro}
3487 Per la gestione dei valori che esprimono le priorità di I/O sono state
3488 definite delle opportune macro di preprocessore, riportate in
3489 tab.~\ref{tab:IOsched_class_macro}. I valori delle priorità si ottengono o si
3490 impostano usando queste macro. Le prime due si usano con il valore restituito
3491 da \func{ioprio\_get} e per ottenere rispettivamente la classe di
3492 \textit{scheduling}\footnote{restituita dalla macro con i valori di
3493 tab.~\ref{tab:IOsched_class}.} e l'eventuale valore della priorità. La terza
3494 macro viene invece usata per creare un valore di priorità da usare come
3495 argomento di \func{ioprio\_set} per eseguire una impostazione.
3500 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
3502 \textbf{Classe} & \textbf{Significato} \\
3505 \const{IOPRIO\_CLASS\_RT} & \textit{Scheduling} di I/O \textit{real-time}.\\
3506 \const{IOPRIO\_CLASS\_BE} & \textit{Scheduling} di I/O ordinario.\\
3507 \const{IOPRIO\_CLASS\_IDLE}& \textit{Scheduling} di I/O di priorità minima.\\
3510 \caption{Costanti che identificano le classi di \textit{scheduling} di I/O.}
3511 \label{tab:IOsched_class}
3514 Le classi di \textit{scheduling} previste dallo \textit{scheduler} CFQ sono
3515 tre, e ricalcano tre diverse modalità di distribuzione delle risorse analoghe
3516 a quelle già adottate anche nel funzionamento dello \textit{scheduler} del
3517 processore. Ciascuna di esse è identificata tramite una opportuna costante,
3518 secondo quanto riportato in tab.~\ref{tab:IOsched_class}.
3520 La classe di priorità più bassa è \const{IOPRIO\_CLASS\_IDLE}; i processi in
3521 questa classe riescono ad accedere a disco soltanto quando nessun altro
3522 processo richiede l'accesso. Occorre pertanto usarla con molta attenzione,
3523 perché un processo in questa classe può venire completamente bloccato quando
3524 ci sono altri processi in una qualunque delle altre due classi che stanno
3525 accedendo al disco. Quando si usa questa classe non ha senso indicare un
3526 valore di priorità, dato che in questo caso non esiste nessuna gerarchia e la
3527 priorità è identica, la minima possibile, per tutti i processi.
3529 La seconda classe di priorità di I/O è \const{IOPRIO\_CLASS\_BE} (il nome sta
3530 per \textit{best-effort}) che è quella usata ordinariamente da tutti
3531 processi. In questo caso esistono priorità diverse che consentono di
3532 assegnazione di una maggiore banda passante nell'accesso a disco ad un
3533 processo rispetto agli altri, con meccanismo simile a quello dei valori di
3534 \textit{nice} in cui si evita che un processo a priorità più alta possa
3535 bloccare indefinitamente quelli a priorità più bassa. In questo caso però le
3536 diverse priorità sono soltanto otto, indicate da un valore numerico fra 0 e 7
3537 e come per \textit{nice} anche in questo caso un valore più basso indica una
3541 Infine la classe di priorità di I/O \textit{real-time}
3542 \const{IOPRIO\_CLASS\_RT} ricalca le omonime priorità di processore: un
3543 processo in questa classe ha sempre la precedenza nell'accesso a disco
3544 rispetto a tutti i processi delle altre classi e di un processo nella stessa
3545 classe ma con priorità inferiore, ed è pertanto in grado di bloccare
3546 completamente tutti gli altri. Anche in questo caso ci sono 8 priorità diverse
3547 con un valore numerico fra 0 e 7, con una priorità più elevata per valori più
3550 In generale nel funzionamento ordinario la priorità di I/O di un processo
3551 viene impostata in maniera automatica nella classe \const{IOPRIO\_CLASS\_BE}
3552 con un valore ottenuto a partire dal corrispondente valore di \textit{nice}
3553 tramite la formula: $\mathtt{\mathit{prio}}=(\mathtt{\mathit{nice}}+20)/5$. Un
3554 utente ordinario può modificare con \func{ioprio\_set} soltanto le priorità
3555 dei processi che gli appartengono,\footnote{per la modifica delle priorità di
3556 altri processi occorrono privilegi amministrativi, ed in particolare la
3557 capacità \const{CAP\_SYS\_NICE} (vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}).}
3558 cioè quelli il cui \ids{UID} reale corrisponde all'\ids{UID} reale o effettivo
3559 del chiamante. Data la possibilità di ottenere un blocco totale del sistema,
3560 solo l'amministratore\footnote{o un processo con la capacità
3561 \const{CAP\_SYS\_ADMIN} (vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}).} può
3562 impostare un processo ad una priorità di I/O nella classe
3563 \const{IOPRIO\_CLASS\_RT}, lo stesso privilegio era richiesto anche per la
3564 classe \const{IOPRIO\_CLASS\_IDLE} fino al kernel 2.6.24, ma dato che in
3565 questo caso non ci sono effetti sugli altri processi questo limite è stato
3566 rimosso a partire dal kernel 2.6.25.
3568 %TODO verificare http://lwn.net/Articles/355987/
3569 \section{Funzioni di gestione avanzata}
3570 \label{sec:proc_advanced_control}
3572 Nelle precedenti sezioni si sono trattate la gran parte delle funzioni che
3573 attengono alla gestione ordinaria dei processi e delle loro proprietà più
3574 comuni. Tratteremo qui alcune \textit{system call} dedicate alla gestione di
3575 funzionalità dei processi molto specifiche ed avanzate, il cui uso è in genere
3576 piuttosto ridotto. Trattandosi di problematiche abbastanza complesse, che
3577 spesso presuppongono la conoscenza di altri argomenti trattati nel seguito
3578 della guida, si può saltare questa sezione in una prima lettura, tornando su
3579 di essa in un secondo tempo.
3582 \subsection{La funzione \func{prctl}}
3583 \label{sec:process_prctl}
3585 Benché la gestione ordinaria possa essere effettuata attraverso le funzioni
3586 che abbiamo già esaminato nelle sezioni precedenti, esistono una serie di
3587 proprietà e caratteristiche particolari dei processi non coperte da esse, per
3588 la cui gestione è stata predisposta una apposita \textit{system call} che
3589 fornisce una interfaccia generica per tutte le operazioni specialistiche. La
3590 funzione di sistema è \funcd{prctl} ed il suo prototipo è:\footnote{la
3591 funzione non è standardizzata ed è specifica di Linux, anche se ne esiste
3592 una analoga in IRIX; è stata introdotta con il kernel 2.1.57.}
3596 \fdecl{int prctl(int option, unsigned long arg2, unsigned long arg3, unsigned
3598 \phantom{int prctl(}unsigned long arg5)}
3599 \fdesc{Esegue una operazione speciale sul processo corrente.}
3601 {La funzione ritorna $0$ o un valore positivo dipendente dall'operazione in
3602 caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà
3603 valori diversi a seconda del tipo di operazione richiesta (in genere
3604 \errval{EINVAL} o \errval{EPERM}).}
3607 La funzione ritorna un valore nullo o positivo in caso di successo e $-1$ in
3608 caso di errore; il significato degli argomenti della funzione successivi al
3609 primo, il valore di ritorno in caso di successo, il tipo di errore restituito
3610 in \var{errno} dipendono dall'operazione eseguita, indicata tramite il primo
3611 argomento, \param{option}. Questo è un valore intero che identifica
3612 l'operazione, e deve essere specificato con l'uso di una delle costanti
3613 predefinite del seguente elenco, che illustra quelle disponibili al
3614 momento:\footnote{alla stesura di questa sezione, cioè con il kernel 3.2.}
3616 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3617 \item[\const{PR\_CAPBSET\_READ}] Controlla la disponibilità di una delle
3618 \itindex{capabilities} \textit{capabilities} (vedi
3619 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}). La funzione ritorna 1 se la capacità
3620 specificata nell'argomento \param{arg2} (con una delle costanti di
3621 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}) è presente nel \textit{capabilities
3622 bounding set} del processo e zero altrimenti, se \param{arg2} non è un
3623 valore valido si avrà un errore di \errval{EINVAL}. Introdotta a partire
3626 \item[\const{PR\_CAPBSET\_DROP}] Rimuove permanentemente una delle
3627 \itindex{capabilities} \textit{capabilities} (vedi
3628 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}) dal processo e da tutti i suoi
3629 discendenti. La funzione cancella la capacità specificata
3630 nell'argomento \param{arg2} con una delle costanti di
3631 tab.~\ref{tab:proc_capabilities} dal \textit{capabilities bounding set}
3632 \itindex{capabilities~bounding~set} del processo. L'operazione richiede i
3633 privilegi di amministratore (la capacità \const{CAP\_SETPCAP}), altrimenti
3634 la chiamata fallirà con un errore di \errcode{EPERM}; se il valore
3635 di \param{arg2} non è valido o se il supporto per le \textit{file
3636 capabilities} non è stato compilato nel kernel la chiamata fallirà con un
3637 errore di \errval{EINVAL}. Introdotta a partire dal kernel 2.6.25.
3639 \item[\const{PR\_SET\_DUMPABLE}] Imposta il flag che determina se la
3640 terminazione di un processo a causa di un segnale per il quale è prevista la
3641 generazione di un file di \itindex{core~dump} \textit{core dump} (vedi
3642 sez.~\ref{sec:sig_standard}) lo genera effettivamente. In genere questo flag
3643 viene attivato automaticamente, ma per evitare problemi di sicurezza (la
3644 generazione di un file da parte di processi privilegiati può essere usata
3645 per sovrascriverne altri) viene cancellato quando si mette in esecuzione un
3646 programma con i bit \acr{suid} e \acr{sgid} attivi (vedi
3647 sez.~\ref{sec:file_special_perm}) o con l'uso delle funzioni per la modifica
3648 degli \ids{UID} dei processi (vedi sez.~\ref{sec:proc_setuid}).
3650 L'operazione è stata introdotta a partire dal kernel 2.3.20, fino al kernel
3651 2.6.12 e per i kernel successivi al 2.6.17 era possibile usare solo un
3652 valore 0 di \param{arg2} per disattivare il flag ed un valore 1 per
3653 attivarlo. Nei kernel dal 2.6.13 al 2.6.17 è stato supportato anche il
3654 valore 2, che causava la generazione di un \itindex{core~dump} \textit{core
3655 dump} leggibile solo dall'amministratore, ma questa funzionalità è stata
3656 rimossa per motivi di sicurezza, in quanto consentiva ad un utente normale
3657 di creare un file di \textit{core dump} appartenente all'amministratore in
3658 directory dove l'utente avrebbe avuto permessi di accesso.
3660 \item[\const{PR\_GET\_DUMPABLE}] Ottiene come valore di ritorno della funzione
3661 lo stato corrente del flag che controlla la effettiva generazione dei
3662 \itindex{core~dump} \textit{core dump}. Introdotta a partire dal kernel
3665 \item[\const{PR\_SET\_ENDIAN}] Imposta la \itindex{endianness}
3666 \textit{endianness} del processo chiamante secondo il valore fornito
3667 in \param{arg2}. I valori possibili sono sono: \const{PR\_ENDIAN\_BIG}
3668 (\textit{big endian}), \const{PR\_ENDIAN\_LITTLE} (\textit{little endian}),
3669 e \const{PR\_ENDIAN\_PPC\_LITTLE} (lo pseudo \textit{little endian} del
3670 PowerPC). Introdotta a partire dal kernel 2.6.18, solo per architettura
3673 \item[\const{PR\_GET\_ENDIAN}] Ottiene il valore della \itindex{endianness}
3674 \textit{endianness} del processo chiamante, salvato sulla variabile puntata
3675 da \param{arg2} che deve essere passata come di tipo ``\ctyp{int
3676 *}''. Introdotta a partire dal kernel 2.6.18, solo su PowerPC.
3678 \item[\const{PR\_SET\_FPEMU}] Imposta i bit di controllo per l'emulazione
3679 della virgola mobile su architettura ia64, secondo il valore
3680 di \param{arg2}, si deve passare \const{PR\_FPEMU\_NOPRINT} per emulare in
3681 maniera trasparente l'accesso alle operazioni in virgola mobile, o
3682 \const{PR\_FPEMU\_SIGFPE} per non emularle ed inviare il segnale
3683 \signal{SIGFPE} (vedi sez.~\ref{sec:sig_prog_error}). Introdotta a partire
3684 dal kernel 2.4.18, solo su architettura ia64.
3686 \item[\const{PR\_GET\_FPEMU}] Ottiene il valore dei flag di controllo
3687 dell'emulazione della virgola mobile, salvato all'indirizzo puntato
3688 da \param{arg2}, che deve essere di tipo ``\ctyp{int *}''. Introdotta a
3689 partire dal kernel 2.4.18, solo su architettura ia64.
3691 \item[\const{PR\_SET\_FPEXC}] Imposta la modalità delle eccezioni in virgola
3692 mobile (\textit{floating-point exception mode}) al valore di \param{arg2}.
3693 I valori possibili sono:
3695 \item \const{PR\_FP\_EXC\_SW\_ENABLE} per usare FPEXC per le eccezioni,
3696 \item \const{PR\_FP\_EXC\_DIV} per la divisione per zero in virgola mobile,
3697 \item \const{PR\_FP\_EXC\_OVF} per gli overflow,
3698 \item \const{PR\_FP\_EXC\_UND} per gli underflow,
3699 \item \const{PR\_FP\_EXC\_RES} per risultati non esatti,
3700 \item \const{PR\_FP\_EXC\_INV} per operazioni invalide,
3701 \item \const{PR\_FP\_EXC\_DISABLED} per disabilitare le eccezioni,
3702 \item \const{PR\_FP\_EXC\_NONRECOV} per usare la modalità di eccezione
3703 asincrona non recuperabile,
3704 \item \const{PR\_FP\_EXC\_ASYNC} per usare la modalità di eccezione
3705 asincrona recuperabile,
3706 \item \const{PR\_FP\_EXC\_PRECISE} per la modalità precisa di
3707 eccezione.\footnote{trattasi di gestione specialistica della gestione
3708 delle eccezioni dei calcoli in virgola mobile che, i cui dettagli al
3709 momento vanno al di là dello scopo di questo testo.}
3711 Introdotta a partire dal kernel 2.4.21, solo su PowerPC.
3713 \item[\const{PR\_GET\_FPEXC}] Ottiene il valore della modalità delle eccezioni
3714 delle operazioni in virgola mobile, salvata all'indirizzo
3715 puntato \param{arg2}, che deve essere di tipo ``\ctyp{int *}''. Introdotta
3716 a partire dal kernel 2.4.21, solo su PowerPC.
3718 \item[\const{PR\_SET\_KEEPCAPS}] Consente di controllare quali
3719 \itindex{capabilities} \textit{capabilities} vengono cancellate quando si
3720 esegue un cambiamento di \ids{UID} del processo (per i dettagli si veda
3721 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}, in particolare quanto illustrato a
3722 pag.~\pageref{sec:capability-uid-transition}). Un valore nullo (il default)
3723 per \param{arg2} comporta che vengano cancellate, il valore 1 che vengano
3724 mantenute, questo valore viene sempre cancellato attraverso una \func{exec}.
3725 L'uso di questo flag è stato sostituito, a partire dal kernel 2.6.26, dal
3726 flag \const{SECURE\_KEEP\_CAPS} dei \itindex{securebits} \textit{securebits}
3727 (vedi l'uso di \const{PR\_SET\_SECUREBITS} più avanti). Introdotta a partire
3730 \item[\const{PR\_GET\_KEEPCAPS}] Ottiene come valore di ritorno della funzione
3731 il valore del flag di controllo delle \itindex{capabilities}
3732 \textit{capabilities} impostato con \const{PR\_SET\_KEEPCAPS}. Introdotta a
3733 partire dal kernel 2.2.18.
3735 \item[\const{PR\_SET\_NAME}] Imposta il nome del processo chiamante alla
3736 stringa puntata da \param{arg2}, che deve essere di tipo ``\ctyp{char *}''. Il
3737 nome può essere lungo al massimo 16 caratteri, e la stringa deve essere
3738 terminata da NUL se più corta. Introdotta a partire dal kernel 2.6.9.
3740 \item[\const{PR\_GET\_NAME}] Ottiene il nome del processo chiamante nella
3741 stringa puntata da \param{arg2}, che deve essere di tipo ``\ctyp{char *}'';
3742 si devono allocare per questo almeno 16 byte, e il nome sarà terminato da
3743 NUL se più corto. Introdotta a partire dal kernel 2.6.9.
3745 \item[\const{PR\_SET\_PDEATHSIG}] Consente di richiedere l'emissione di un
3746 segnale, che sarà ricevuto dal processo chiamante, in occorrenza della
3747 terminazione del proprio processo padre; in sostanza consente di invertire
3748 il ruolo di \signal{SIGCHLD}. Il valore di \param{arg2} deve indicare il
3749 numero del segnale, o 0 per disabilitare l'emissione. Il valore viene
3750 automaticamente cancellato per un processo figlio creato con \func{fork}.
3751 Introdotta a partire dal kernel 2.1.57.
3753 \item[\const{PR\_GET\_PDEATHSIG}] Ottiene il valore dell'eventuale segnale
3754 emesso alla terminazione del padre, salvato all'indirizzo
3755 puntato \param{arg2}, che deve essere di tipo ``\ctyp{int *}''. Introdotta a
3756 partire dal kernel 2.3.15.
3758 \item[\const{PR\_SET\_SECCOMP}] Imposta il cosiddetto
3759 \itindex{secure~computing~mode} \textit{secure computing mode} per il
3760 processo corrente. Prevede come unica possibilità che \param{arg2} sia
3761 impostato ad 1. Una volta abilitato il \itindex{secure~computing~mode}
3762 \textit{secure computing mode} il processo potrà utilizzare soltanto un
3763 insieme estremamente limitato di \textit{system call}: \func{read},
3764 \func{write}, \func{\_exit} e \funcm{sigreturn}. Ogni altra \textit{system
3765 call} porterà all'emissione di un \signal{SIGKILL} (vedi
3766 sez.~\ref{sec:sig_termination}). Il \textit{secure computing mode} è stato
3767 ideato per fornire un supporto per l'esecuzione di codice esterno non fidato
3768 e non verificabile a scopo di calcolo;\footnote{lo scopo è quello di poter
3769 vendere la capacità di calcolo della proprio macchina ad un qualche
3770 servizio di calcolo distribuito senza comprometterne la sicurezza
3771 eseguendo codice non sotto il proprio controllo.} in genere i dati vengono
3772 letti o scritti grazie ad un socket o una pipe, e per evitare problemi di
3773 sicurezza non sono possibili altre operazioni se non quelle citate.
3774 Introdotta a partire dal kernel 2.6.23, disponibile solo se si è abilitato
3775 il supporto nel kernel con \texttt{CONFIG\_SECCOMP}.
3777 \item[\const{PR\_GET\_SECCOMP}] Ottiene come valore di ritorno della funzione
3778 lo stato corrente del \textit{secure computing mode}, al momento attuale la
3779 funzione è totalmente inutile in quanto l'unico valore ottenibile è 0, dato
3780 che la chiamata di questa funzione in \itindex{secure~computing~mode}
3781 \textit{secure computing mode} comporterebbe l'emissione di
3782 \signal{SIGKILL}, è stata comunque definita per eventuali estensioni future.
3783 Introdotta a partire dal kernel 2.6.23.
3785 \item[\const{PR\_SET\_SECUREBITS}] Imposta i \itindex{securebits}
3786 \textit{securebits} per il processo chiamante al valore indicato
3787 da \param{arg2}; per i dettagli sul significato dei \textit{securebits} si
3788 veda sez.~\ref{sec:proc_capabilities}, ed in particolare i valori di
3789 tab.~\ref{tab:securebits_values} e la relativa trattazione. L'operazione
3790 richiede i privilegi di amministratore (la \itindex{capabilities} capacità
3791 \const{CAP\_SETPCAP}), altrimenti la chiamata fallirà con un errore di
3792 \errval{EPERM}. Introdotta a partire dal kernel 2.6.26.
3794 \item[\const{PR\_GET\_SECUREBITS}] Ottiene come valore di ritorno della
3795 funzione l'impostazione corrente per i \itindex{securebits}
3796 \textit{securebits}. Introdotta a partire dal kernel 2.6.26.
3798 \item[\const{PR\_SET\_TIMING}] Imposta il metodo di temporizzazione del
3799 processo da indicare con il valore di \param{arg2}, attualmente i valori
3800 possibili sono due, con \const{PR\_TIMING\_STATISTICAL} si usa il metodo
3801 statistico tradizionale, con \const{PR\_TIMING\_TIMESTAMP} il più accurato
3802 basato su dei \textit{timestamp}, quest'ultimo però non è ancora
3803 implementato ed il suo uso comporta la restituzione di un errore di
3804 \errval{EINVAL}. Introdotta a partire dal kernel 2.6.0-test4.
3806 \item[\const{PR\_GET\_TIMING}] Ottiene come valore di ritorno della funzione
3807 il metodo di temporizzazione del processo attualmente in uso (uno dei due
3808 valori citati per \const{PR\_SET\_TIMING}). Introdotta a partire dal kernel
3811 \item[\const{PR\_SET\_TSC}] Imposta il flag che indica se il processo
3812 chiamante può leggere il registro di processore contenente il contatore dei
3813 \textit{timestamp} (TSC, o \textit{Time Stamp Counter}) da indicare con il
3814 valore di \param{arg2}. Si deve specificare \const{PR\_TSC\_ENABLE} per
3815 abilitare la lettura o \const{PR\_TSC\_SIGSEGV} per disabilitarla con la
3816 generazione di un segnale di \signal{SIGSEGV} (vedi
3817 sez.~\ref{sec:sig_prog_error}). La lettura viene automaticamente
3818 disabilitata se si attiva il \itindex{secure~computing~mode} \textit{secure
3819 computing mode}. Introdotta a partire dal kernel 2.6.26, solo su x86.
3821 \item[\const{PR\_GET\_TSC}] Ottiene il valore del flag che controlla la
3822 lettura del contattore dei \textit{timestamp}, salvato all'indirizzo
3823 puntato \param{arg2}, che deve essere di tipo ``\ctyp{int *}''. Introdotta a
3824 partire dal kernel 2.6.26, solo su x86.
3825 % articoli sul TSC e relativi problemi: http://lwn.net/Articles/209101/,
3826 % http://blog.cr0.org/2009/05/time-stamp-counter-disabling-oddities.html,
3827 % http://en.wikipedia.org/wiki/Time_Stamp_Counter
3829 \item[\const{PR\_SET\_UNALIGN}] Imposta la modalità di controllo per l'accesso
3830 a indirizzi di memoria non allineati, che in varie architetture risultano
3831 illegali, da indicare con il valore di \param{arg2}. Si deve specificare il
3832 valore \const{PR\_UNALIGN\_NOPRINT} per ignorare gli accessi non allineati,
3833 ed il valore \const{PR\_UNALIGN\_SIGBUS} per generare un segnale di
3834 \signal{SIGBUS} (vedi sez.~\ref{sec:sig_prog_error}) in caso di accesso non
3835 allineato. Introdotta con diverse versioni su diverse architetture.
3837 \item[\const{PR\_GET\_UNALIGN}] Ottiene il valore della modalità di controllo
3838 per l'accesso a indirizzi di memoria non allineati, salvato all'indirizzo
3839 puntato \param{arg2}, che deve essere di tipo \code{(int *)}. Introdotta con
3840 diverse versioni su diverse architetture.
3841 \item[\const{PR\_MCE\_KILL}] Imposta la politica di gestione degli errori
3842 dovuti a corruzione della memoria per problemi hardware. Questo tipo di
3843 errori vengono riportati dall'hardware di controllo della RAM e vengono
3844 gestiti dal kernel,\footnote{la funzionalità è disponibile solo sulle
3845 piattaforme più avanzate che hanno il supporto hardware per questo tipo di
3846 controlli.} ma devono essere opportunamente riportati ai processi che
3847 usano quella parte di RAM che presenta errori; nel caso specifico questo
3848 avviene attraverso l'emissione di un segnale di \signal{SIGBUS} (vedi
3849 sez.~\ref{sec:sig_prog_error}).\footnote{in particolare viene anche
3850 impostato il valore di \var{si\_code} in \struct{siginfo\_t} a
3851 \const{BUS\_MCEERR\_AO}; per il significato di tutto questo si faccia
3852 riferimento alla trattazione di sez.~\ref{sec:sig_sigaction}.}
3854 Il comportamento di default prevede che per tutti i processi si applichi la
3855 politica generale di sistema definita nel file
3856 \sysctlfile{vm/memory\_failure\_early\_kill}, ma specificando
3857 per \param{arg2} il valore \const{PR\_MCE\_KILL\_SET} è possibile impostare
3858 con il contenuto di \param{arg3} una politica specifica del processo
3859 chiamante. Si può tornare alla politica di default del sistema utilizzando
3860 invece per \param{arg2} il valore \const{PR\_MCE\_KILL\_CLEAR}. In tutti i
3861 casi, per compatibilità con eventuali estensioni future, tutti i valori
3862 degli argomenti non utilizzati devono essere esplicitamente posti a zero,
3863 pena il fallimento della chiamata con un errore di \errval{EINVAL}.
3865 In caso di impostazione di una politica specifica del processo con
3866 \const{PR\_MCE\_KILL\_SET} i valori di \param{arg3} possono essere soltanto
3867 due, che corrispondono anche al valore che si trova nell'impostazione
3868 generale di sistema di \texttt{memory\_failure\_early\_kill}, con
3869 \const{PR\_MCE\_KILL\_EARLY} si richiede l'emissione immediata di
3870 \signal{SIGBUS} non appena viene rilevato un errore, mentre con
3871 \const{PR\_MCE\_KILL\_LATE} il segnale verrà inviato solo quando il processo
3872 tenterà un accesso alla memoria corrotta. Questi due valori corrispondono
3873 rispettivamente ai valori 1 e 0 di
3874 \texttt{memory\_failure\_early\_kill}.\footnote{in sostanza nel primo caso
3875 viene immediatamente inviato il segnale a tutti i processi che hanno la
3876 memoria corrotta mappata all'interno del loro spazio degli indirizzi, nel
3877 secondo caso prima la pagina di memoria viene tolta dallo spazio degli
3878 indirizzi di ciascun processo, mentre il segnale viene inviato solo quei
3879 processi che tentano di accedervi.} Si può usare per \param{arg3} anche un
3880 terzo valore, \const{PR\_MCE\_KILL\_DEFAULT}, che corrisponde a impostare
3881 per il processo la politica di default.\footnote{si presume la politica di
3882 default corrente, in modo da non essere influenzati da un eventuale
3883 successivo cambiamento della stessa.} Introdotta a partire dal kernel
3885 \item[\const{PR\_MCE\_KILL\_GET}] Ottiene come valore di ritorno della
3886 funzione la politica di gestione degli errori dovuti a corruzione della
3887 memoria. Tutti gli argomenti non utilizzati (al momento tutti) devono essere
3888 nulli pena la ricezione di un errore di \errval{EINVAL}. Introdotta a
3889 partire dal kernel 2.6.32.
3890 \label{sec:prctl_operation}
3895 \subsection{La \textit{system call} \func{clone}}
3896 \label{sec:process_clone}
3898 La funzione tradizionale con cui creare un nuovo processo in un sistema
3899 Unix-like, come illustrato in sez.~\ref{sec:proc_fork}, è \func{fork}, ma con
3900 l'introduzione del supporto del kernel per i \textit{thread} (vedi
3901 cap.~\ref{cha:threads}), si è avuta la necessità di una interfaccia che
3902 consentisse un maggiore controllo sulla modalità con cui vengono creati nuovi
3903 processi, che poi è stata utilizzata anche per fornire supporto per le
3904 tecnologie di virtualizzazione dei processi (i cosiddetti \textit{container}).
3906 Per questo l'interfaccia per la creazione di un nuovo processo è stata
3907 delegata ad una nuova \textit{system call}, \funcm{sys\_clone}, che consente
3908 di reimplementare anche la tradizionale \func{fork}. In realtà in questo caso
3909 più che di nuovi processi si può parlare della creazioni di nuovi
3910 ``\textit{task}'' del kernel che possono assumere la veste sia di un processo
3911 classico isolato dagli altri come quelli trattati finora, che di un
3912 \textit{thread} in cui la memoria viene condivisa fra il processo chiamante ed
3913 il nuovo processo creato, come quelli che vedremo in
3914 sez.~\ref{sec:linux_thread}. Per evitare confusione fra \textit{thread} e
3915 processi ordinari, abbiamo deciso di usare la nomenclatura \textit{task} per
3916 indicare la unità di esecuzione generica messa a disposizione del kernel che
3917 \texttt{sys\_clone} permette di creare.
3919 Oltre a questo la funzione consente, ad uso delle nuove funzionalità di
3920 virtualizzazione dei processi, di creare nuovi \textit{namespace} per una
3921 serie di proprietà generali dei processi (come l'elenco dei \ids{PID},
3922 l'albero dei file, i \itindex{mount~point} \textit{mount point}, la rete,
3923 ecc.), che consentono di creare gruppi di processi che vivono in una sorta di
3924 spazio separato dagli altri, che costituisce poi quello che viene chiamato un
3927 La \textit{system call} richiede soltanto due argomenti: il
3928 primo, \param{flags}, consente di controllare le modalità di creazione del
3929 nuovo \textit{task}, il secondo, \param{child\_stack}, imposta l'indirizzo
3930 dello \itindex{stack} \textit{stack} per il nuovo \textit{task}, e deve essere
3931 indicato quando si intende creare un \textit{thread}. L'esecuzione del
3932 programma creato da \func{sys\_clone} riprende, come per \func{fork}, da
3933 dopo l'esecuzione della stessa.
3935 La necessità di avere uno \itindex{stack} \textit{stack} alternativo c'è solo
3936 quando si intende creare un \textit{thread}, in tal caso infatti il nuovo
3937 \textit{task} vede esattamente la stessa memoria del \textit{task}
3938 ``\textsl{padre}'',\footnote{in questo caso per padre si intende semplicemente
3939 il \textit{task} che ha eseguito \func{sys\_clone} rispetto al \textit{task}
3940 da essa creato, senza nessuna delle implicazioni che il concetto ha per i
3941 processi.} e nella sua esecuzione alla prima chiamata di una funzione
3942 andrebbe a scrivere sullo \textit{stack} usato anche dal padre (si ricordi
3943 quanto visto in sez.~\ref{sec:proc_mem_layout} riguardo all'uso dello
3946 Per evitare di doversi garantire contro la evidente possibilità di
3947 \itindex{race~condition} \textit{race condition} che questa situazione
3948 comporta (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond} per una spiegazione della
3949 problematica) è necessario che il chiamante allochi preventivamente un'area di
3950 memoria. In genere lo si fa con una \func{malloc} che allochi un buffer che
3951 la funzione imposterà come \textit{stack} del nuovo processo, avendo
3952 ovviamente cura di non utilizzarlo direttamente nel processo chiamante.
3954 In questo modo i due \textit{task} avranno degli \textit{stack} indipendenti e
3955 non si dovranno affrontare problematiche di \itindex{race~condition}
3956 \textit{race condition}. Si tenga presente inoltre che in molte architetture
3957 di processore lo \textit{stack} cresce verso il basso, pertanto in tal caso
3958 non si dovrà specificare per \param{child\_stack} il puntatore restituito da
3959 \func{malloc}, ma un puntatore alla fine del buffer da essa allocato.
3961 Dato che tutto ciò è necessario solo per i \textit{thread} che condividono la
3962 memoria, la \textit{system call}, a differenza della funzione di libreria che
3963 vedremo a breve, consente anche di passare per \param{child\_stack} il valore
3964 \val{NULL}, che non imposta un nuovo \textit{stack}. Se infatti si crea un
3965 processo, questo ottiene un suo nuovo spazio degli indirizzi,\footnote{è
3966 sottinteso cioè che non si stia usando il flag \const{CLONE\_VM} che vedremo
3967 a breve.} ed in questo caso si applica la semantica del
3968 \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write} illustrata in
3969 sez.~\ref{sec:proc_fork}, per cui le pagine dello \textit{stack} verranno
3970 automaticamente copiate come le altre e il nuovo processo avrà un suo
3971 \textit{stack} totalmente indipendente da quello del padre.
3973 Dato che l'uso principale della nuova \textit{system call} è quello relativo
3974 alla creazione dei \textit{thread}, la \acr{glibc} definisce una funzione di
3975 libreria con una sintassi diversa, orientata a questo scopo, e la
3976 \textit{system call} resta accessibile solo se invocata esplicitamente come
3977 visto in sez.~\ref{sec:proc_syscall}.\footnote{ed inoltre per questa
3978 \textit{system call} non è disponibile la chiamata veloce con
3979 \texttt{vsyscall}.} La funzione di libreria si chiama semplicemente
3980 \funcd{clone} ed il suo prototipo è:
3984 \fdecl{int clone(int (*fn)(void *), void *child\_stack, int flags, void *arg,
3986 \phantom{int clone(}/* pid\_t *ptid, struct user\_desc *tls, pid\_t *ctid */ )}
3987 \fdesc{Crea un nuovo processo o \textit{thread}.}
3989 {La funzione ritorna il \textit{Thread ID} assegnato al nuovo processo in caso
3990 di successo e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei
3993 \item[\errcode{EAGAIN}] sono già in esecuzione troppi processi.
3994 \item[\errcode{EINVAL}] si è usata una combinazione non valida di flag o
3995 un valore nullo per \param{child\_stack}.
3996 \item[\errcode{ENOMEM}] non c'è memoria sufficiente per creare una nuova
3997 \struct{task\_struct} o per copiare le parti del contesto del chiamante
3998 necessarie al nuovo \textit{task}.
3999 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno i privilegi di amministratore
4000 richiesti dai flag indicati.
4004 % NOTE: una pagina con la descrizione degli argomenti:
4005 % * http://www.lindevdoc.org/wiki/Clone
4007 La funzione prende come primo argomento \param{fn} il puntatore alla funzione
4008 che verrà messa in esecuzione nel nuovo processo, che può avere un unico
4009 argomento di tipo puntatore a \ctyp{void}, il cui valore viene passato dal
4010 terzo argomento \param{arg}. Per quanto il precedente prototipo possa
4011 intimidire nella sua espressione, in realtà l'uso è molto semplice basterà
4012 definire una qualunque funzione \param{fn} che restituisce un intero ed ha
4013 come argomento un puntatore a \ctyp{void}, e \code{fn(arg)} sarà eseguita in
4016 Il nuovo processo resterà in esecuzione fintanto che la funzione \param{fn}
4017 non ritorna, o esegue \func{exit} o viene terminata da un segnale. Il valore
4018 di ritorno della funzione (o quello specificato con \func{exit}) verrà
4019 utilizzato come stato di uscita della funzione. I tre
4020 argomenti \param{ptid}, \param{tls} e \param{ctid} sono opzionali e sono
4021 presenti solo a partire dal kernel 2.6 e sono stati aggiunti come supporto per
4022 le funzioni di gestione dei \textit{thread} (la \textit{Native Thread Posix
4023 Library}, vedi sez.~\ref{sec:linux_ntpl}) nella \acr{glibc}, essi vengono
4024 utilizzati soltanto se si sono specificati rispettivamente i flag
4025 \const{CLONE\_PARENT\_SETTID}, \const{CLONE\_SETTLS} e
4026 \const{CLONE\_CHILD\_SETTID}.
4028 La funzione ritorna un l'identificatore del nuovo \textit{task}, denominato
4029 \texttt{Thread ID} (da qui in avanti \ids{TID}) il cui significato è analogo
4030 al \ids{PID} dei normali processi e che a questo corrisponde qualora si crei
4033 Il comportamento di \func{clone}, che si riflette sulle caratteristiche del
4034 nuovo processo da essa creato, è controllato principalmente
4035 dall'argomento \param{flags}, che deve essere specificato come maschera
4036 binaria, ottenuta con un OR aritmetico di una delle costanti del seguente
4037 elenco, che illustra quelle attualmente disponibili:\footnote{si fa
4038 riferimento al momento della stesura di questa sezione, cioè con il kernel
4041 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
4043 \item[\const{CLONE\_CHILD\_CLEARTID}] cancella il valore del \ids{TID}
4044 \item[\const{CLONE\_CHILD\_SETTID}]
4045 \item[\const{CLONE\_FILES}]
4046 \item[\const{CLONE\_FS}]
4047 \item[\const{CLONE\_IO}]
4048 \item[\const{CLONE\_NEWIPC}]
4049 \item[\const{CLONE\_NEWNET}]
4050 \item[\const{CLONE\_NEWNS}]
4051 \item[\const{CLONE\_NEWPID}]
4052 \item[\const{CLONE\_NEWUTS}]
4053 \item[\const{CLONE\_PARENT}]
4054 \item[\const{CLONE\_PARENT\_SETTID}]
4055 \item[\const{CLONE\_PID}]
4056 \item[\const{CLONE\_PTRACE}]
4057 \item[\const{CLONE\_SETTLS}]
4058 \item[\const{CLONE\_SIGHAND}]
4059 \item[\const{CLONE\_STOPPED}]
4060 \item[\const{CLONE\_SYSVSEM}]
4061 \item[\const{CLONE\_THREAD}]
4062 \item[\const{CLONE\_UNTRACED}]
4063 \item[\const{CLONE\_VFORK}]
4064 \item[\const{CLONE\_VM}]
4068 %TODO trattare unshare
4071 \subsection{La funzione \func{ptrace}}
4072 \label{sec:process_ptrace}
4076 % TODO: trattare PTRACE_SEIZE, aggiunta con il kernel 3.1
4079 \subsection{La gestione delle operazioni in virgola mobile}
4080 \label{sec:process_fenv}
4084 % TODO eccezioni ed arrotondamenti per la matematica in virgola mobile
4085 % consultare la manpage di fenv, math_error, fpclassify, matherr, isgreater,
4086 % isnan, nan, INFINITY
4089 \subsection{L'accesso alle porte di I/O}
4090 \label{sec:process_io_port}
4093 % TODO l'I/O sulle porte di I/O
4094 % consultare le manpage di ioperm, iopl e outb
4095 % non c'entra nulla qui, va trovato un altro posto (altri meccanismi di I/O in
4101 %\subsection{La gestione di architetture a nodi multipli}
4102 %\label{sec:process_NUMA}
4104 % TODO trattare i cpuset, che attiene anche a NUMA, e che possono essere usati
4105 % per associare l'uso di gruppi di processori a gruppi di processi (vedi
4107 % TODO trattare getcpu, che attiene anche a NUMA, mettere qui anche
4108 % sched_getcpu, che potrebbe essere indipendente ma richiama getcpu
4110 %TODO trattare le funzionalità per il NUMA
4111 % vedi man numa e, mbind, get_mempolicy, set_mempolicy,
4112 % le pagine di manuale relative
4113 % vedere anche dove metterle...
4116 \section{Problematiche di programmazione multitasking}
4117 \label{sec:proc_multi_prog}
4119 Benché i processi siano strutturati in modo da apparire il più possibile come
4120 indipendenti l'uno dall'altro, nella programmazione in un sistema multitasking
4121 occorre tenere conto di una serie di problematiche che normalmente non
4122 esistono quando si ha a che fare con un sistema in cui viene eseguito un solo
4123 programma alla volta.
4125 Per questo motivo, essendo questo argomento di carattere generale, ci è parso
4126 opportuno introdurre sinteticamente queste problematiche, che ritroveremo a
4127 più riprese in capitoli successivi, in questa sezione conclusiva del capitolo
4128 in cui abbiamo affrontato la gestione dei processi, sottolineando come esse
4129 diventino cogenti quando invece si usano i \textit{thread}.
4132 \subsection{Le operazioni atomiche}
4133 \label{sec:proc_atom_oper}
4135 La nozione di \textsl{operazione atomica} deriva dal significato greco della
4136 parola atomo, cioè indivisibile; si dice infatti che un'operazione è atomica
4137 quando si ha la certezza che, qualora essa venga effettuata, tutti i passaggi
4138 che devono essere compiuti per realizzarla verranno eseguiti senza possibilità
4139 di interruzione in una fase intermedia.
4141 In un ambiente multitasking il concetto è essenziale, dato che un processo può
4142 essere interrotto in qualunque momento dal kernel che mette in esecuzione un
4143 altro processo o dalla ricezione di un segnale. Occorre pertanto essere
4144 accorti nei confronti delle possibili \itindex{race~condition} \textit{race
4145 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}) derivanti da operazioni
4146 interrotte in una fase in cui non erano ancora state completate.
4148 Nel caso dell'interazione fra processi la situazione è molto più semplice, ed
4149 occorre preoccuparsi della atomicità delle operazioni solo quando si ha a che
4150 fare con meccanismi di intercomunicazione (che esamineremo in dettaglio in
4151 cap.~\ref{cha:IPC}) o nelle operazioni con i file (vedremo alcuni esempi in
4152 sez.~\ref{sec:file_shared_access}). In questi casi in genere l'uso delle
4153 appropriate funzioni di libreria per compiere le operazioni necessarie è
4154 garanzia sufficiente di atomicità in quanto le \textit{system call} con cui
4155 esse sono realizzate non possono essere interrotte (o subire interferenze
4156 pericolose) da altri processi.
4158 Nel caso dei segnali invece la situazione è molto più delicata, in quanto lo
4159 stesso processo, e pure alcune \textit{system call}, possono essere interrotti
4160 in qualunque momento, e le operazioni di un eventuale \textit{signal handler}
4161 sono compiute nello stesso spazio di indirizzi del processo. Per questo, anche
4162 il solo accesso o l'assegnazione di una variabile possono non essere più
4163 operazioni atomiche (torneremo su questi aspetti in
4164 sez.~\ref{sec:sig_adv_control}).
4166 Qualora invece si usino i \textit{thread}, in cui lo spazio degli indirizzi è
4167 condiviso, il problema è sempre presente, perché qualunque \textit{thread} può
4168 interromperne un altro in qualunque momento e l'atomicità di qualunque
4169 operazione è messa in discussione, per cui l'assenza di eventuali
4170 \itindex{race~condition} \textit{race condition} deve essere sempre verificata
4171 nei minimi dettagli.
4173 In questo caso il sistema provvede un tipo di dato, il \type{sig\_atomic\_t},
4174 il cui accesso è assicurato essere atomico. In pratica comunque si può
4175 assumere che, in ogni piattaforma su cui è implementato Linux, il tipo
4176 \ctyp{int}, gli altri interi di dimensione inferiore ed i puntatori sono
4177 atomici. Non è affatto detto che lo stesso valga per interi di dimensioni
4178 maggiori (in cui l'accesso può comportare più istruzioni in assembler) o per
4179 le strutture di dati. In tutti questi casi è anche opportuno marcare come
4180 \direct{volatile} le variabili che possono essere interessate ad accesso
4181 condiviso, onde evitare problemi con le ottimizzazioni del codice.
4185 \subsection{Le \textit{race condition} ed i \textit{deadlock}}
4186 \label{sec:proc_race_cond}
4188 \itindbeg{race~condition}
4190 Si definiscono \textit{race condition} tutte quelle situazioni in cui processi
4191 diversi operano su una risorsa comune, ed in cui il risultato viene a
4192 dipendere dall'ordine in cui essi effettuano le loro operazioni. Il caso
4193 tipico è quello di un'operazione che viene eseguita da un processo in più
4194 passi, e può essere compromessa dall'intervento di un altro processo che
4195 accede alla stessa risorsa quando ancora non tutti i passi sono stati
4198 Dato che in un sistema multitasking ogni processo può essere interrotto in
4199 qualunque momento per farne subentrare un altro in esecuzione, niente può
4200 assicurare un preciso ordine di esecuzione fra processi diversi o che una
4201 sezione di un programma possa essere eseguita senza interruzioni da parte di
4202 altri. Queste situazioni comportano pertanto errori estremamente subdoli e
4203 difficili da tracciare, in quanto nella maggior parte dei casi tutto
4204 funzionerà regolarmente, e solo occasionalmente si avranno degli errori.
4206 Per questo occorre essere ben consapevoli di queste problematiche, e del fatto
4207 che l'unico modo per evitarle è quello di riconoscerle come tali e prendere
4208 gli adeguati provvedimenti per far sì che non si verifichino. Casi tipici di
4209 \textit{race condition} si hanno quando diversi processi accedono allo stesso
4210 file, o nell'accesso a meccanismi di intercomunicazione come la memoria
4213 In questi casi, se non si dispone della possibilità di eseguire atomicamente
4214 le operazioni necessarie, occorre che quelle parti di codice in cui si
4215 compiono le operazioni sulle risorse condivise (le cosiddette
4216 \index{sezione~critica} \textsl{sezioni critiche}) del programma, siano
4217 opportunamente protette da meccanismi di sincronizzazione (torneremo su queste
4218 problematiche di questo tipo in cap.~\ref{cha:IPC}).
4220 Nel caso dei \textit{thread} invece la situazione è molto più delicata e
4221 sostanzialmente qualunque accesso in memoria (a buffer, variabili o altro) può
4222 essere soggetto a \textit{race condition} dato potrebbe essere interrotto in
4223 qualunque momento da un altro \textit{thread}. In tal caso occorre pianificare
4224 con estrema attenzione l'uso delle variabili ed utilizzare i vari meccanismi
4225 di sincronizzazione che anche in questo caso sono disponibili (torneremo su
4226 queste problematiche di questo tipo in cap.~\ref{sez:thread_xxx})
4228 \itindbeg{deadlock} Un caso particolare di \textit{race condition} sono poi i
4229 cosiddetti \textit{deadlock} (traducibile in \textsl{condizione di stallo}),
4230 che particolarmente gravi in quanto comportano spesso il blocco completo di un
4231 servizio, e non il fallimento di una singola operazione. Per definizione un
4232 \textit{deadlock} è una situazione in cui due o più processi non sono più in
4233 grado di proseguire perché ciascuno aspetta il risultato di una operazione che
4234 dovrebbe essere eseguita dall'altro.
4236 L'esempio tipico di una situazione che può condurre ad un
4237 \textit{deadlock} è quello in cui un flag di
4238 ``\textsl{occupazione}'' viene rilasciato da un evento asincrono (come un
4239 segnale o un altro processo) fra il momento in cui lo si è controllato
4240 (trovandolo occupato) e la successiva operazione di attesa per lo sblocco. In
4241 questo caso, dato che l'evento di sblocco del flag è avvenuto senza che ce ne
4242 accorgessimo proprio fra il controllo e la messa in attesa, quest'ultima
4243 diventerà perpetua (da cui il nome di \textit{deadlock}).
4245 In tutti questi casi è di fondamentale importanza il concetto di atomicità
4246 visto in sez.~\ref{sec:proc_atom_oper}; questi problemi infatti possono essere
4247 risolti soltanto assicurandosi, quando essa sia richiesta, che sia possibile
4248 eseguire in maniera atomica le operazioni necessarie.
4250 \itindend{race~condition}
4254 \subsection{Le funzioni rientranti}
4255 \label{sec:proc_reentrant}
4257 \index{funzioni!rientranti|(}
4259 Si dice \textsl{rientrante} una funzione che può essere interrotta in
4260 qualunque punto della sua esecuzione ed essere chiamata una seconda volta da
4261 un altro \itindex{thread} \textit{thread} di esecuzione senza che questo
4262 comporti nessun problema nell'esecuzione della stessa. La problematica è
4263 comune nella programmazione \itindex{thread} \textit{multi-thread}, ma si
4264 hanno gli stessi problemi quando si vogliono chiamare delle funzioni
4265 all'interno dei gestori dei segnali.
4267 Fintanto che una funzione opera soltanto con le variabili locali è rientrante;
4268 queste infatti vengono allocate nello \itindex{stack} \textit{stack}, ed
4269 un'altra invocazione non fa altro che allocarne un'altra copia. Una funzione
4270 può non essere rientrante quando opera su memoria che non è nello
4271 \itindex{stack} \textit{stack}. Ad esempio una funzione non è mai rientrante
4272 se usa una \index{variabili!globali} variabile globale o
4273 \index{variabili!statiche} statica.
4275 Nel caso invece la funzione operi su un oggetto allocato dinamicamente, la
4276 cosa viene a dipendere da come avvengono le operazioni: se l'oggetto è creato
4277 ogni volta e ritornato indietro la funzione può essere rientrante, se invece
4278 esso viene individuato dalla funzione stessa due chiamate alla stessa funzione
4279 potranno interferire quando entrambe faranno riferimento allo stesso oggetto.
4280 Allo stesso modo una funzione può non essere rientrante se usa e modifica un
4281 oggetto che le viene fornito dal chiamante: due chiamate possono interferire
4282 se viene passato lo stesso oggetto; in tutti questi casi occorre molta cura da
4283 parte del programmatore.
4285 In genere le funzioni di libreria non sono rientranti, molte di esse ad
4286 esempio utilizzano \index{variabili!statiche} variabili statiche, la
4287 \acr{glibc} però mette a disposizione due macro di compilatore,
4288 \macro{\_REENTRANT} e \macro{\_THREAD\_SAFE}, la cui definizione attiva le
4289 versioni rientranti di varie funzioni di libreria, che sono identificate
4290 aggiungendo il suffisso \code{\_r} al nome della versione normale.
4292 \index{funzioni!rientranti|)}
4295 % LocalWords: multitasking like VMS child process identifier pid sez shell fig
4296 % LocalWords: parent kernel init pstree keventd kswapd table struct linux call
4297 % LocalWords: nell'header scheduler system interrupt timer HZ asm Hertz clock
4298 % LocalWords: l'alpha tick fork wait waitpid exit exec image glibc int pgid ps
4299 % LocalWords: sid thread Ingo Molnar ppid getpid getppid sys unistd LD threads
4300 % LocalWords: void tempnam pathname sibling cap errno EAGAIN ENOMEM
4301 % LocalWords: stack read only copy write tab client spawn forktest sleep PATH
4302 % LocalWords: source LIBRARY scheduling race condition printf descriptor dup
4303 % LocalWords: close group session tms lock vfork execve BSD stream main abort
4304 % LocalWords: SIGABRT SIGCHLD SIGHUP foreground SIGCONT termination signal ANY
4305 % LocalWords: handler kill EINTR POSIX options WNOHANG ECHILD option WUNTRACED
4306 % LocalWords: dump bits rusage getrusage heap const filename argv envp EACCES
4307 % LocalWords: filesystem noexec EPERM suid sgid root nosuid ENOEXEC ENOENT ELF
4308 % LocalWords: ETXTBSY EINVAL ELIBBAD BIG EFAULT EIO ENAMETOOLONG ELOOP ENOTDIR
4309 % LocalWords: ENFILE EMFILE argc execl path execv execle execlp execvp vector
4310 % LocalWords: list environ NULL umask pending utime cutime ustime fcntl linker
4311 % LocalWords: opendir libc interpreter FreeBSD capabilities mandatory access
4312 % LocalWords: control MAC SELinux security modules LSM superuser uid gid saved
4313 % LocalWords: effective euid egid dell' fsuid fsgid getuid geteuid getgid SVr
4314 % LocalWords: getegid IDS NFS setuid setgid all' logout utmp screen xterm TODO
4315 % LocalWords: setreuid setregid FIXME ruid rgid seteuid setegid setresuid size
4316 % LocalWords: setresgid getresuid getresgid value result argument setfsuid DAC
4317 % LocalWords: setfsgid NGROUPS sysconf getgroups getgrouplist groups ngroups
4318 % LocalWords: setgroups initgroups patch LIDS CHOWN OVERRIDE Discrectionary PF
4319 % LocalWords: SEARCH chattr sticky NOATIME socket domain immutable append mmap
4320 % LocalWords: broadcast multicast multicasting memory locking mlock mlockall
4321 % LocalWords: shmctl ioperm iopl chroot ptrace accounting swap reboot hangup
4322 % LocalWords: vhangup mknod lease permitted inherited inheritable bounding AND
4323 % LocalWords: capability capget capset header ESRCH undef version obj clear PT
4324 % LocalWords: pag ssize length proc capgetp preemptive cache runnable contest
4325 % LocalWords: SIGSTOP soft slice nice niceness counter which SC switch side
4326 % LocalWords: getpriority who setpriority RTLinux RTAI Adeos fault FIFO COUNT
4327 % LocalWords: yield Robin setscheduler policy param OTHER priority setparam to
4328 % LocalWords: min getparam getscheduler interval robin ENOSYS fifo ping long
4329 % LocalWords: affinity setaffinity unsigned mask cpu NUMA CLR ISSET SETSIZE RR
4330 % LocalWords: getaffinity assembler deadlock REENTRANT SAFE tgz MYPGRP l'OR rr
4331 % LocalWords: WIFEXITED WEXITSTATUS WIFSIGNALED WTERMSIG WCOREDUMP WIFSTOPPED
4332 % LocalWords: WSTOPSIG opt char INTERP arg SIG IGN DFL mascheck grp FOWNER RAW
4333 % LocalWords: FSETID SETPCAP BIND SERVICE ADMIN PACKET IPC OWNER MODULE RAWIO
4334 % LocalWords: PACCT RESOURCE TTY CONFIG SETFCAP hdrp datap libcap lcap text tp
4335 % LocalWords: get ncap caps CapInh CapPrm fffffeff CapEff getcap STAT dall'I
4336 % LocalWords: inc PRIO SUSv PRGR prio SysV SunOS Ultrix sched timespec len sig
4337 % LocalWords: cpusetsize cpuset atomic tickless redirezione WCONTINUED stopped
4338 % LocalWords: waitid NOCLDSTOP ENOCHLD WIFCONTINUED ifdef endif idtype siginfo
4339 % LocalWords: infop ALL WEXITED WSTOPPED WNOWAIT signo CLD EXITED KILLED page
4340 % LocalWords: CONTINUED sources forking Spawned successfully executing exiting
4341 % LocalWords: next cat for COMMAND pts bash defunct TRAPPED DUMPED PR effects
4342 % LocalWords: SIGKILL static RLIMIT preemption PREEMPT VOLUNTARY IDLE RTPRIO
4343 % LocalWords: completely fair compat uniform CFQ queuing elevator dev cfq RT
4344 % LocalWords: documentation block syscall ioprio IPRIO CLASS class best effort
4345 % LocalWords: refresh semop dnotify MADV DONTFORK prctl WCLONE WALL big mount
4346 % LocalWords: WNOTHREAD DUMPABLE KEEPCAPS IRIX CAPBSET endianness endian flags
4347 % LocalWords: little PPC PowerPC FPEMU NOPRINT SIGFPE FPEXC point FP SW malloc
4348 % LocalWords: exception EXC ENABLE OVF overflow UND underflow RES INV DISABLED
4349 % LocalWords: NONRECOV ASYNC KEEP securebits NAME NUL PDEATHSIG SECCOMP VM FS
4350 % LocalWords: secure computing sigreturn TIMING STATISTICAL TSC MCE conditions
4351 % LocalWords: timestamp Stamp SIGSEGV UNALIGN SIGBUS MCEERR AO failure early
4352 % LocalWords: namespace vsyscall SETTID FILES NEWIPC NEWNET NEWNS NEWPID ptid
4353 % LocalWords: NEWUTS SETTLS SIGHAND SYSVSEM UNTRACED tls ctid CLEARTID panic
4354 % LocalWords: loader EISDIR SIGTRAP uninterrutible killable EQUAL sizeof XOR
4355 % LocalWords: destset srcset ALLOC num cpus setsize emacs pager getty TID
4357 %%% Local Variables:
4359 %%% TeX-master: "gapil"