3 %% Copyright (C) 2000-2018 by Simone Piccardi. Permission is granted to
4 %% copy, distribute and/or modify this document under the terms of the GNU Free
5 %% Documentation License, Version 1.1 or any later version published by the
6 %% Free Software Foundation; with the Invariant Sections being "Un preambolo",
7 %% with no Front-Cover Texts, and with no Back-Cover Texts. A copy of the
8 %% license is included in the section entitled "GNU Free Documentation
12 \chapter{La gestione dei processi}
13 \label{cha:process_handling}
15 Come accennato nell'introduzione in un sistema unix-like tutte le operazioni
16 vengono svolte tramite opportuni processi. In sostanza questi ultimi vengono
17 a costituire l'unità base per l'allocazione e l'uso delle risorse del sistema.
19 Nel precedente capitolo abbiamo esaminato il funzionamento di un processo come
20 unità a se stante, in questo esamineremo il funzionamento dei processi
21 all'interno del sistema. Saranno cioè affrontati i dettagli della creazione e
22 della terminazione dei processi, della gestione dei loro attributi e
23 privilegi, e di tutte le funzioni a questo connesse. Infine nella sezione
24 finale introdurremo alcune problematiche generiche della programmazione in
25 ambiente \textit{multitasking}.
28 \section{Le funzioni di base della gestione dei processi}
29 \label{sec:proc_handling}
31 In questa sezione tratteremo le problematiche della gestione dei processi
32 all'interno del sistema, illustrandone tutti i dettagli. Inizieremo con una
33 panoramica dell'architettura dei processi, tratteremo poi le funzioni
34 elementari che permettono di leggerne gli identificatori, per poi passare alla
35 spiegazione delle funzioni base che si usano per la creazione e la
36 terminazione dei processi, e per la messa in esecuzione degli altri programmi.
39 \subsection{L'architettura della gestione dei processi}
40 \label{sec:proc_hierarchy}
42 A differenza di quanto avviene in altri sistemi, ad esempio nel VMS, dove la
43 generazione di nuovi processi è un'operazione privilegiata, una delle
44 caratteristiche fondanti di Unix, che esamineremo in dettaglio più avanti, è
45 che qualunque processo può a sua volta generarne altri. Ogni processo è
46 identificato presso il sistema da un numero univoco, il cosiddetto
47 \textit{Process ID}, o più brevemente \ids{PID}, assegnato in forma
48 progressiva (vedi sez.~\ref{sec:proc_pid}) quando il processo viene creato.
50 Una seconda caratteristica di un sistema unix-like è che la generazione di un
51 processo è un'operazione separata rispetto al lancio di un programma. In
52 genere la sequenza è sempre quella di creare un nuovo processo, il quale
53 eseguirà, in un passo successivo, il programma desiderato: questo è ad esempio
54 quello che fa la shell quando mette in esecuzione il programma che gli
55 indichiamo nella linea di comando.
57 Una terza caratteristica del sistema è che ogni processo è sempre stato
58 generato da un altro processo, il processo generato viene chiamato
59 \textit{processo figlio} (\textit{child process}) mentre quello che lo ha
60 generato viene chiamato \textsl{processo padre} (\textit{parent
61 process}). Questo vale per tutti i processi, con una sola eccezione; dato
62 che ci deve essere un punto di partenza esiste un processo iniziale (che
63 normalmente è \cmd{/sbin/init}), che come accennato in
64 sez.~\ref{sec:intro_kern_and_sys} viene lanciato dal kernel alla conclusione
65 della fase di avvio. Essendo questo il primo processo lanciato dal sistema ha
66 sempre \ids{PID} uguale a 1 e non è figlio di nessun altro processo.
68 Ovviamente \cmd{init} è un processo particolare che in genere si occupa di
69 lanciare tutti gli altri processi necessari al funzionamento del sistema,
70 inoltre \cmd{init} è essenziale per svolgere una serie di compiti
71 amministrativi nelle operazioni ordinarie del sistema (torneremo su alcuni di
72 essi in sez.~\ref{sec:proc_termination}) e non può mai essere terminato. La
73 struttura del sistema comunque consente di lanciare al posto di \cmd{init}
74 qualunque altro programma, e in casi di emergenza (ad esempio se il file di
75 \cmd{init} si fosse corrotto) è ad esempio possibile lanciare una shell al suo
76 posto.\footnote{la cosa si fa passando la riga \cmd{init=/bin/sh} come
77 parametro di avvio del kernel, l'argomento è di natura sistemistica e
78 trattato in sez.~5.3 di \cite{AGL}.}
83 [piccardi@gont piccardi]$ \textbf{pstree -n}
100 |-bash---startx---xinit-+-XFree86
101 | `-WindowMaker-+-ssh-agent
109 | |-wterm---bash---pstree
110 | `-wterm---bash-+-emacs
117 \caption{L'albero dei processi, così come riportato dal comando
119 \label{fig:proc_tree}
122 Dato che tutti i processi attivi nel sistema sono comunque generati da
123 \cmd{init} o da uno dei suoi figli si possono classificare i processi con la
124 relazione padre/figlio in un'organizzazione gerarchica ad albero. In
125 fig.~\ref{fig:proc_tree} si è mostrato il risultato del comando \cmd{pstree}
126 che permette di visualizzare questa struttura, alla cui base c'è \cmd{init}
127 che è progenitore di tutti gli altri processi.\footnote{in realtà questo non è
128 del tutto vero, in Linux, specialmente nelle versioni più recenti del
129 kernel, ci sono alcuni processi speciali (come \cmd{keventd}, \cmd{kswapd},
130 ecc.) che pur comparendo nei comandi come figli di \cmd{init}, o con
131 \ids{PID} successivi ad uno, sono in realtà processi interni al kernel e che
132 non rientrano in questa classificazione.}
134 \itindbeg{process~table}
136 Il kernel mantiene una tabella dei processi attivi, la cosiddetta
137 \textit{process table}. Per ciascun processo viene mantenuta una voce in
138 questa tabella, costituita da una struttura \kstruct{task\_struct}, che
139 contiene tutte le informazioni rilevanti per quel processo. Tutte le strutture
140 usate a questo scopo sono dichiarate nell'\textit{header file}
141 \file{linux/sched.h}, ed in fig.~\ref{fig:proc_task_struct} si è riportato uno
142 schema semplificato che mostra la struttura delle principali informazioni
143 contenute nella \texttt{task\_struct}, che in seguito incontreremo a più
147 \centering \includegraphics[width=14cm]{img/task_struct}
148 \caption{Schema semplificato dell'architettura delle strutture (
149 \kstructd{task\_struct}, \kstructd{fs\_struct}, \kstructd{file\_struct})
150 usate dal kernel nella gestione dei processi.}
151 \label{fig:proc_task_struct}
154 \itindend{process~table}
156 % TODO la task_struct è cambiata per qualche dettaglio vedi anche
157 % http://www.ibm.com/developerworks/linux/library/l-linux-process-management/
158 % TODO completare la parte su quando viene chiamato lo scheduler.
162 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_unix_struct} è lo \textit{scheduler} che
163 decide quale processo mettere in esecuzione; esso viene eseguito in occasione
164 di dell'invocazione di ogni \textit{system call} ed per ogni interrupt
165 dall'hardware oltre che in una serie di altre occasioni, e può essere anche
166 attivato esplicitamente. Il timer di sistema provvede comunque a che esso sia
167 invocato periodicamente, generando un interrupt periodico secondo una
168 frequenza predeterminata, specificata dalla costante \const{HZ} del kernel
169 (torneremo su questo argomento in sez.~\ref{sec:sys_unix_time}), che assicura
170 che lo \textit{scheduler} venga comunque eseguito ad intervalli regolari e
171 possa prendere le sue decisioni.
173 A partire dal kernel 2.6.21 è stato introdotto anche un meccanismo
174 completamente diverso, detto \textit{tickless}, in cui non c'è più una
175 interruzione periodica con frequenza prefissata, ma ad ogni chiamata del timer
176 viene programmata l'interruzione successiva sulla base di una stima; in questo
177 modo si evita di dover eseguire un migliaio di interruzioni al secondo anche
178 su macchine che non stanno facendo nulla, con un forte risparmio nell'uso
179 dell'energia da parte del processore che può essere messo in stato di
180 sospensione anche per lunghi periodi di tempo.
182 Ma, indipendentemente dalle motivazioni per cui questo avviene, ogni volta che
183 viene eseguito lo \textit{scheduler} effettua il calcolo delle priorità dei
184 vari processi attivi (torneremo su questo in sez.~\ref{sec:proc_priority}) e
185 stabilisce quale di essi debba essere posto in esecuzione fino alla successiva
190 \subsection{Gli identificatori dei processi}
193 \itindbeg{Process~ID~(PID)}
195 Come accennato nella sezione precedente ogni processo viene identificato dal
196 sistema da un numero identificativo univoco, il \textit{process ID} o
197 \ids{PID}. Questo è un tipo di dato standard, \type{pid\_t}, che in genere è un
198 intero con segno (nel caso di Linux e della \acr{glibc} il tipo usato è
201 Il \ids{PID} viene assegnato in forma progressiva ogni volta che un nuovo
202 processo viene creato,\footnote{in genere viene assegnato il numero successivo
203 a quello usato per l'ultimo processo creato, a meno che questo numero non
204 sia già utilizzato per un altro \ids{PID}, \acr{pgid} o \acr{sid} (vedi
205 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}).} fino ad un limite che, essendo il
206 tradizionalmente il \ids{PID} un numero positivo memorizzato in un intero a 16
207 bit, arriva ad un massimo di 32768. Oltre questo valore l'assegnazione
208 riparte dal numero più basso disponibile a partire da un minimo di
209 300,\footnote{questi valori, fino al kernel 2.4.x, erano definiti dalla macro
210 \constd{PID\_MAX} nei file \file{threads.h} e \file{fork.c} dei sorgenti del
211 kernel, con il 2.6.x e la nuova interfaccia per i \textit{thread} anche il
212 meccanismo di allocazione dei \ids{PID} è stato modificato ed il valore
213 massimo è impostabile attraverso il file \sysctlfiled{kernel/pid\_max} e di
214 default vale 32768.} che serve a riservare i \ids{PID} più bassi ai processi
215 eseguiti direttamente dal kernel. Per questo motivo, come visto in
216 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, il processo di avvio (\cmd{init}) ha sempre il
217 \ids{PID} uguale a uno.
219 \itindbeg{Parent~Process~ID~(PPID)}
221 Tutti i processi inoltre memorizzano anche il \ids{PID} del genitore da cui
222 sono stati creati, questo viene chiamato in genere \ids{PPID} (da
223 \textit{Parent Process ID}). Questi due identificativi possono essere
224 ottenuti usando le due funzioni di sistema \funcd{getpid} e \funcd{getppid}, i
230 \fdecl{pid\_t getpid(void)}
231 \fdesc{Restituisce il \ids{PID} del processo corrente..}
232 \fdecl{pid\_t getppid(void)}
233 \fdesc{Restituisce il \ids{PID} del padre del processo corrente.}
235 {Entrambe le funzioni non riportano condizioni di errore.}
238 \noindent esempi dell'uso di queste funzioni sono riportati in
239 fig.~\ref{fig:proc_fork_code}, nel programma \file{fork\_test.c}.
241 Il fatto che il \ids{PID} sia un numero univoco per il sistema lo rende un
242 candidato per generare ulteriori indicatori associati al processo di cui
243 diventa possibile garantire l'unicità: ad esempio in alcune implementazioni la
244 funzione \func{tempnam} (si veda sez.~\ref{sec:file_temp_file}) usa il
245 \ids{PID} per generare un \textit{pathname} univoco, che non potrà essere
246 replicato da un altro processo che usi la stessa funzione. Questo utilizzo
247 però può risultare pericoloso, un \ids{PID} infatti è univoco solo fintanto
248 che un processo è attivo, una volta terminato esso potrà essere riutilizzato
249 da un processo completamente diverso, e di questo bisogna essere ben
252 Tutti i processi figli dello stesso processo padre sono detti
253 \textit{sibling}, questa è una delle relazioni usate nel \textsl{controllo di
254 sessione}, in cui si raggruppano i processi creati su uno stesso terminale,
255 o relativi allo stesso login. Torneremo su questo argomento in dettaglio in
256 cap.~\ref{cha:session}, dove esamineremo gli altri identificativi associati ad
257 un processo e le varie relazioni fra processi utilizzate per definire una
260 Oltre al \ids{PID} e al \ids{PPID}, e a quelli che vedremo in
261 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}, relativi al controllo di sessione, ad ogni
262 processo vengono associati degli ulteriori identificatori ed in particolare
263 quelli che vengono usati per il controllo di accesso. Questi servono per
264 determinare se un processo può eseguire o meno le operazioni richieste, a
265 seconda dei privilegi e dell'identità di chi lo ha posto in esecuzione;
266 l'argomento è complesso e sarà affrontato in dettaglio in
267 sez.~\ref{sec:proc_perms}.
269 \itindend{Process~ID~(PID)}
270 \itindend{Parent~Process~ID~(PPID)}
272 \subsection{La funzione \func{fork} e le funzioni di creazione dei processi}
273 \label{sec:proc_fork}
275 La funzione di sistema \func{fork} è la funzione fondamentale della gestione
276 dei processi: come si è detto tradizionalmente l'unico modo di creare un nuovo
277 processo era attraverso l'uso di questa funzione,\footnote{in realtà oggi la
278 \textit{system call} usata da Linux per creare nuovi processi è \func{clone}
279 (vedi \ref{sec:process_clone}), anche perché a partire dalla \acr{glibc}
280 2.3.3 non viene più usata la \textit{system call} originale, ma la stessa
281 \func{fork} viene implementata tramite \func{clone}, cosa che consente una
282 migliore interazione coi \textit{thread}.} essa quindi riveste un ruolo
283 centrale tutte le volte che si devono scrivere programmi che usano il
284 \textit{multitasking}.\footnote{oggi questa rilevanza, con la diffusione
285 dell'uso dei \textit{thread}\unavref{ che tratteremo al
286 cap.~\ref{cha:threads}}, è in parte minore, ma \func{fork} resta comunque
287 la funzione principale per la creazione di processi.} Il prototipo di
292 \fdecl{pid\_t fork(void)}
293 \fdesc{Crea un nuovo processo.}
296 {La funzione ritorna in caso di successo il \ids{PID} del figlio nel padre e
297 $0$ nel figlio mentre ritorna $-1$ nel padre, senza creare il figlio, per un
298 errore, al caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
300 \item[\errcode{EAGAIN}] non ci sono risorse sufficienti per creare un altro
301 processo (per allocare la tabella delle pagine e le strutture del task) o
302 si è esaurito il numero di processi disponibili.
303 \item[\errcode{ENOMEM}] non è stato possibile allocare la memoria per le
304 strutture necessarie al kernel per creare il nuovo processo.
308 Dopo il successo dell'esecuzione di una \func{fork} sia il processo padre che
309 il processo figlio continuano ad essere eseguiti normalmente, a partire
310 dall'istruzione successiva alla \func{fork}. Il processo figlio è una copia
311 del padre, e riceve una copia dei segmenti di testo, dati e dello
312 \textit{stack} (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}), ed esegue esattamente lo
313 stesso codice del padre. Si tenga presente però che la memoria è copiata e non
314 condivisa, pertanto padre e figlio vedranno variabili diverse e le eventuali
315 modifiche saranno totalmente indipendenti.
317 \itindbeg{copy~on~write}
319 Per quanto riguarda la gestione della memoria, in generale il segmento di
320 testo, che è identico per i due processi, è condiviso e tenuto in sola lettura
321 per il padre e per i figli. Per gli altri segmenti Linux utilizza la tecnica
322 del \textit{copy on write}. Questa tecnica comporta che una pagina di memoria
323 viene effettivamente copiata per il nuovo processo solo quando ci viene
324 effettuata sopra una scrittura, e si ha quindi una reale differenza fra padre
325 e figlio. In questo modo si rende molto più efficiente il meccanismo della
326 creazione di un nuovo processo, non essendo più necessaria la copia di tutto
327 lo spazio degli indirizzi virtuali del padre, ma solo delle pagine di memoria
328 che sono state modificate, e solo al momento della modifica stessa.
330 \itindend{copy~on~write}
332 La differenza che si ha nei due processi è che nel processo padre il valore di
333 ritorno della funzione \func{fork} è il \ids{PID} del processo figlio, mentre
334 nel figlio è zero; in questo modo il programma può identificare se viene
335 eseguito dal padre o dal figlio. Si noti come la funzione \func{fork} ritorni
336 due volte, una nel padre e una nel figlio.
338 La scelta di questi valori di ritorno non è casuale, un processo infatti può
339 avere più figli, ed il valore di ritorno di \func{fork} è l'unico che gli
340 permette di identificare qual è quello appena creato. Al contrario un figlio
341 ha sempre un solo padre il cui \ids{PID}, come spiegato in
342 sez.~\ref{sec:proc_pid}, può sempre essere ottenuto con \func{getppid}; per
343 questo si ritorna un valore nullo, che non è il \ids{PID} di nessun processo.
345 Normalmente la chiamata a \func{fork} può fallire solo per due ragioni: o ci
346 sono già troppi processi nel sistema, il che di solito è sintomo che
347 qualcos'altro non sta andando per il verso giusto, o si è ecceduto il limite
348 sul numero totale di processi permessi all'utente, argomento che tratteremo in
349 dettaglio in sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}.
351 L'uso di \func{fork} avviene secondo due modalità principali; la prima è
352 quella in cui all'interno di un programma si creano processi figli cui viene
353 affidata l'esecuzione di una certa sezione di codice, mentre il processo padre
354 ne esegue un'altra. È il caso tipico dei programmi server (il modello
355 \textit{client-server} è illustrato in sez.~\ref{sec:net_cliserv}) in cui il
356 padre riceve ed accetta le richieste da parte dei programmi client, per
357 ciascuna delle quali pone in esecuzione un figlio che è incaricato di fornire
358 le risposte associate al servizio.
360 La seconda modalità è quella in cui il processo vuole eseguire un altro
361 programma; questo è ad esempio il caso della shell. In questo caso il processo
362 crea un figlio la cui unica operazione è quella di fare una \func{exec} (di
363 cui parleremo in sez.~\ref{sec:proc_exec}) subito dopo la \func{fork}.
365 Alcuni sistemi operativi (il VMS ad esempio) combinano le operazioni di questa
366 seconda modalità (una \func{fork} seguita da una \func{exec}) in un'unica
367 operazione che viene chiamata \textit{spawn}. Nei sistemi unix-like è stato
368 scelto di mantenere questa separazione, dato che, come per la prima modalità
369 d'uso, esistono numerosi scenari in cui si può usare una \func{fork} senza
370 aver bisogno di eseguire una \func{exec}.
372 Inoltre, anche nel caso della seconda modalità d'uso, avere le due funzioni
373 separate permette al figlio di cambiare alcune caratteristiche del processo
374 (maschera dei segnali, redirezione dell'output, utente per conto del cui viene
375 eseguito, e molto altro su cui torneremo in seguito) prima della \func{exec},
376 rendendo così relativamente facile intervenire sulle le modalità di esecuzione
380 \footnotesize \centering
381 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
382 \includecodesample{listati/fork_test.c}
385 \caption{Esempio di codice per la creazione di nuovi processi (da
386 \file{fork\_test.c}).}
387 \label{fig:proc_fork_code}
390 In fig.~\ref{fig:proc_fork_code} è riportato il corpo del codice del programma
391 di esempio \cmd{forktest}, che permette di illustrare molte caratteristiche
392 dell'uso della funzione \func{fork}. Il programma crea un numero di figli
393 specificato da linea di comando, e prende anche alcune opzioni per indicare
394 degli eventuali tempi di attesa in secondi (eseguiti tramite la funzione
395 \func{sleep}) per il padre ed il figlio (con \cmd{forktest -h} si ottiene la
396 descrizione delle opzioni). Il codice completo, compresa la parte che gestisce
397 le opzioni a riga di comando, è disponibile nel file \file{fork\_test.c},
398 distribuito insieme agli altri sorgenti degli esempi della guida su
399 \url{http://gapil.gnulinux.it}.
401 Decifrato il numero di figli da creare, il ciclo principale del programma
402 (\texttt{\small 24-40}) esegue in successione la creazione dei processi figli
403 controllando il successo della chiamata a \func{fork} (\texttt{\small
404 25-29}); ciascun figlio (\texttt{\small 31-34}) si limita a stampare il
405 suo numero di successione, eventualmente attendere il numero di secondi
406 specificato e scrivere un messaggio prima di uscire. Il processo padre invece
407 (\texttt{\small 36-38}) stampa un messaggio di creazione, eventualmente
408 attende il numero di secondi specificato, e procede nell'esecuzione del ciclo;
409 alla conclusione del ciclo, prima di uscire, può essere specificato un altro
412 Se eseguiamo il comando, che è preceduto dall'istruzione \code{export
413 LD\_LIBRARY\_PATH=./} per permettere l'uso delle librerie dinamiche, senza
414 specificare attese (come si può notare in (\texttt{\small 17-19}) i valori
415 predefiniti specificano di non attendere), otterremo come risultato sul
418 [piccardi@selidor sources]$ \textbf{export LD_LIBRARY_PATH=./; ./forktest 3}
419 Process 1963: forking 3 child
420 Spawned 1 child, pid 1964
421 Child 1 successfully executing
422 Child 1, parent 1963, exiting
424 Spawned 2 child, pid 1965
425 Child 2 successfully executing
426 Child 2, parent 1963, exiting
428 Child 3 successfully executing
429 Child 3, parent 1963, exiting
430 Spawned 3 child, pid 1966
435 Esaminiamo questo risultato: una prima conclusione che si può trarre è che non
436 si può dire quale processo fra il padre ed il figlio venga eseguito per primo
437 dopo la chiamata a \func{fork}; dall'esempio si può notare infatti come nei
438 primi due cicli sia stato eseguito per primo il padre (con la stampa del
439 \ids{PID} del nuovo processo) per poi passare all'esecuzione del figlio
440 (completata con i due avvisi di esecuzione ed uscita), e tornare
441 all'esecuzione del padre (con la stampa del passaggio al ciclo successivo),
442 mentre la terza volta è stato prima eseguito il figlio (fino alla conclusione)
445 In generale l'ordine di esecuzione dipenderà, oltre che dall'algoritmo di
446 \textit{scheduling} usato dal kernel, dalla particolare situazione in cui si
447 trova la macchina al momento della chiamata, risultando del tutto
448 impredicibile. Eseguendo più volte il programma di prova e producendo un
449 numero diverso di figli, si sono ottenute situazioni completamente diverse,
450 compreso il caso in cui il processo padre ha eseguito più di una \func{fork}
451 prima che uno dei figli venisse messo in esecuzione.
453 Pertanto non si può fare nessuna assunzione sulla sequenza di esecuzione delle
454 istruzioni del codice fra padre e figli, né sull'ordine in cui questi potranno
455 essere messi in esecuzione. Se è necessaria una qualche forma di precedenza
456 occorrerà provvedere ad espliciti meccanismi di sincronizzazione, pena il
457 rischio di incorrere nelle cosiddette \textit{race condition} (vedi
458 sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
460 In realtà con l'introduzione dei kernel della serie 2.6 lo \textit{scheduler}
461 è stato modificato per eseguire sempre per primo il figlio.\footnote{i
462 risultati precedenti infatti sono stati ottenuti usando un kernel della
463 serie 2.4.} Questa è una ottimizzazione adottata per evitare che il padre,
464 effettuando per primo una operazione di scrittura in memoria, attivasse il
465 meccanismo del \textit{copy on write}, operazione inutile quando il figlio
466 viene creato solo per eseguire una \func{exec} per lanciare un altro programma
467 che scarta completamente lo spazio degli indirizzi e rende superflua la copia
468 della memoria modificata dal padre. Eseguendo sempre per primo il figlio la
469 \func{exec} verrebbe effettuata subito, con la certezza di utilizzare il
470 \textit{copy on write} solo quando necessario.
472 Con il kernel 2.6.32 però il comportamento è stato nuovamente cambiato,
473 stavolta facendo eseguire per primo sempre il padre. Si è realizzato infatti
474 che l'eventualità prospettata per la scelta precedente era comunque poco
475 probabile, mentre l'esecuzione immediata del padre presenta sempre il
476 vantaggio di poter utilizzare immediatamente tutti i dati che sono nella cache
477 della CPU e nell'unità di gestione della memoria virtuale, senza doverli
478 invalidare, cosa che per i processori moderni, che hanno linee di cache
479 interne molto profonde, avrebbe un forte impatto sulle prestazioni.
481 Allora anche se quanto detto in precedenza si verifica nel comportamento
482 effettivo dei programmi soltanto per i kernel fino alla serie 2.4, per
483 mantenere la portabilità con altri kernel unix-like e con i diversi
484 comportamenti adottati dalle Linux nella sua evoluzione, è comunque opportuno
485 non fare nessuna assunzione sull'ordine di esecuzione di padre e figlio dopo
486 la chiamata a \func{fork}.
488 Si noti infine come dopo la \func{fork}, essendo i segmenti di memoria
489 utilizzati dai singoli processi completamente indipendenti, le modifiche delle
490 variabili nei processi figli, come l'incremento di \var{i} in (\texttt{\small
491 31}), sono visibili solo a loro, (ogni processo vede solo la propria copia
492 della memoria), e non hanno alcun effetto sul valore che le stesse variabili
493 hanno nel processo padre ed in eventuali altri processi figli che eseguano lo
496 Un secondo aspetto molto importante nella creazione dei processi figli è
497 quello dell'interazione dei vari processi con i file. Ne parleremo qui anche
498 se buona parte dei concetti relativi ai file verranno trattati più avanti
499 (principalmente in sez.~\ref{sec:file_unix_interface}). Per illustrare meglio
500 quello che avviene si può redirigere su un file l'output del programma di
501 test, quello che otterremo è:
503 [piccardi@selidor sources]$ \textbf{./forktest 3 > output}
504 [piccardi@selidor sources]$ \textbf{cat output}
505 Process 1967: forking 3 child
506 Child 1 successfully executing
507 Child 1, parent 1967, exiting
508 Test for forking 3 child
509 Spawned 1 child, pid 1968
511 Child 2 successfully executing
512 Child 2, parent 1967, exiting
513 Test for forking 3 child
514 Spawned 1 child, pid 1968
516 Spawned 2 child, pid 1969
518 Child 3 successfully executing
519 Child 3, parent 1967, exiting
520 Test for forking 3 child
521 Spawned 1 child, pid 1968
523 Spawned 2 child, pid 1969
525 Spawned 3 child, pid 1970
528 che come si vede è completamente diverso da quanto ottenevamo sul terminale.
530 Il comportamento delle varie funzioni di interfaccia con i file è analizzato
531 in gran dettaglio in sez.~\ref{sec:file_unix_interface} per l'interfaccia
532 nativa Unix ed in sez.~\ref{sec:files_std_interface} per la standardizzazione
533 adottata nelle librerie del linguaggio C, valida per qualunque sistema
536 Qui basta accennare che si sono usate le funzioni standard della libreria del
537 C che prevedono l'output bufferizzato. Il punto è che questa bufferizzazione
538 (che tratteremo in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_buffering}) varia a seconda
539 che si tratti di un file su disco, in cui il buffer viene scaricato su disco
540 solo quando necessario, o di un terminale, in cui il buffer viene scaricato ad
541 ogni carattere di ``a capo''.
543 Nel primo esempio allora avevamo che, essendovi un a capo nella stringa
544 stampata, ad ogni chiamata a \func{printf} il buffer veniva scaricato, per cui
545 le singole righe comparivano a video subito dopo l'esecuzione della
546 \func{printf}. Ma con la redirezione su file la scrittura non avviene più alla
547 fine di ogni riga e l'output resta nel buffer.
549 Dato che ogni figlio riceve una copia della memoria del padre, esso riceverà
550 anche quanto c'è nel buffer delle funzioni di I/O, comprese le linee scritte
551 dal padre fino allora. Così quando il buffer viene scritto su disco all'uscita
552 del figlio, troveremo nel file anche tutto quello che il processo padre aveva
553 scritto prima della sua creazione. E alla fine del file (dato che in questo
554 caso il padre esce per ultimo) troveremo anche l'output completo del padre.
556 L'esempio ci mostra un altro aspetto fondamentale dell'interazione con i file,
557 valido anche per l'esempio precedente, ma meno evidente: il fatto cioè che non
558 solo processi diversi possono scrivere in contemporanea sullo stesso file
559 (l'argomento dell'accesso concorrente ai file è trattato in dettaglio in
560 sez.~\ref{sec:file_shared_access}), ma anche che, a differenza di quanto
561 avviene per le variabili in memoria, la posizione corrente sul file è
562 condivisa fra il padre e tutti i processi figli.
564 Quello che succede è che quando lo \textit{standard output}\footnote{si chiama
565 così il file su cui di default un programma scrive i suoi dati in uscita,
566 tratteremo l'argomento in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_fd}.} del padre
567 viene rediretto come si è fatto nell'esempio, lo stesso avviene anche per
568 tutti i figli. La funzione \func{fork} infatti ha la caratteristica di
569 duplicare nei processi figli tutti i \textit{file descriptor} (vedi
570 sez.~\ref{sec:file_fd}) dei file aperti nel processo padre (allo stesso modo
571 in cui lo fa la funzione \func{dup}, trattata in sez.~\ref{sec:file_dup}). Ciò
572 fa sì che padre e figli condividano le stesse voci della \textit{file table}
573 (tratteremo in dettaglio questi termini in sez.~\ref{sec:file_fd} e
574 sez.~\ref{sec:file_shared_access}) fra le quali c'è anche la posizione
577 Quando un processo scrive su un file la posizione corrente viene aggiornata
578 sulla \textit{file table}, e tutti gli altri processi, che vedono la stessa
579 \textit{file table}, vedranno il nuovo valore. In questo modo si evita, in
580 casi come quello appena mostrato in cui diversi figli scrivono sullo stesso
581 file usato dal padre, che una scrittura eseguita in un secondo tempo da un
582 processo vada a sovrapporsi a quelle precedenti: l'output potrà risultare
583 mescolato, ma non ci saranno parti perdute per via di una sovrascrittura.
585 Questo tipo di comportamento è essenziale in tutti quei casi in cui il padre
586 crea un figlio e attende la sua conclusione per proseguire, ed entrambi
587 scrivono sullo stesso file. Un caso tipico di questo comportamento è la shell
588 quando lancia un programma. In questo modo, anche se lo standard output viene
589 rediretto, il padre potrà sempre continuare a scrivere in coda a quanto
590 scritto dal figlio in maniera automatica; se così non fosse ottenere questo
591 comportamento sarebbe estremamente complesso, necessitando di una qualche
592 forma di comunicazione fra i due processi per far riprendere al padre la
593 scrittura al punto giusto.
595 In generale comunque non è buona norma far scrivere più processi sullo stesso
596 file senza una qualche forma di sincronizzazione in quanto, come visto anche
597 con il nostro esempio, le varie scritture risulteranno mescolate fra loro in
598 una sequenza impredicibile. Per questo le modalità con cui in genere si usano
599 i file dopo una \func{fork} sono sostanzialmente due:
601 \item Il processo padre aspetta la conclusione del figlio. In questo caso non
602 è necessaria nessuna azione riguardo ai file, in quanto la sincronizzazione
603 della posizione corrente dopo eventuali operazioni di lettura e scrittura
604 effettuate dal figlio è automatica.
605 \item L'esecuzione di padre e figlio procede indipendentemente. In questo caso
606 ciascuno dei due processi deve chiudere i file che non gli servono una volta
607 che la \func{fork} è stata eseguita, per evitare ogni forma di interferenza.
610 Oltre ai file aperti i processi figli ereditano dal padre una serie di altre
611 proprietà; la lista dettagliata delle proprietà che padre e figlio hanno in
612 comune dopo l'esecuzione di una \func{fork} è la seguente:
614 \item i file aperti e gli eventuali flag di \textit{close-on-exec} impostati
615 (vedi sez.~\ref{sec:proc_exec} e sez.~\ref{sec:file_fcntl_ioctl});
616 \item gli identificatori per il controllo di accesso: l'\textsl{user-ID
617 reale}, il \textsl{group-ID reale}, l'\textsl{user-ID effettivo}, il
618 \textsl{group-ID effettivo} ed i \textsl{group-ID supplementari} (vedi
619 sez.~\ref{sec:proc_access_id});
620 \item gli identificatori per il controllo di sessione: il \textit{process
621 group-ID} e il \textit{session id} ed il terminale di controllo (vedi
622 sez.~\ref{sec:sess_proc_group});
623 \item la directory di lavoro (vedi sez.~\ref{sec:file_work_dir}) e la
624 directory radice (vedi sez.~\ref{sec:file_chroot});
625 \item la maschera dei permessi di creazione dei file (vedi
626 sez.~\ref{sec:file_perm_management});
627 \item la maschera dei segnali bloccati (vedi
628 sez.~\ref{sec:sig_sigmask}) e le azioni installate (vedi
629 sez.~\ref{sec:sig_gen_beha});
630 \item i segmenti di memoria condivisa agganciati al processo (vedi
631 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm});
632 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
633 \item il valori di \textit{nice}, le priorità \textit{real-time} e le affinità
634 di processore (vedi sez.~\ref{sec:proc_sched_stand},
635 sez.~\ref{sec:proc_real_time} e sez.~\ref{sec:proc_sched_multiprocess});
636 \item le variabili di ambiente (vedi sez.~\ref{sec:proc_environ}).
637 \item l'insieme dei descrittori associati alle code di messaggi POSIX (vedi
638 sez.~\ref{sec:ipc_posix_mq}) che vengono copiate come i \textit{file
639 descriptor}, questo significa che entrambi condivideranno gli stessi flag.
642 Oltre a quelle relative ad un diverso spazio degli indirizzi (e una memoria
643 totalmente indipendente) le differenze fra padre e figlio dopo l'esecuzione di
644 una \func{fork} invece sono:\footnote{a parte le ultime quattro, relative a
645 funzionalità specifiche di Linux, le altre sono esplicitamente menzionate
646 dallo standard POSIX.1-2001.}
648 \item il valore di ritorno di \func{fork};
649 \item il \ids{PID} (\textit{process id}), quello del figlio viene assegnato ad
650 un nuovo valore univoco;
651 \item il \ids{PPID} (\textit{parent process id}), quello del figlio viene
652 impostato al \ids{PID} del padre;
653 \item i valori dei tempi di esecuzione (vedi sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}) e
654 delle risorse usate (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_use}), che nel figlio
656 \item i \textit{lock} sui file (vedi sez.~\ref{sec:file_locking}) e sulla
657 memoria (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}), che non vengono ereditati dal
659 \item gli allarmi, i timer (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort}) ed i segnali
660 pendenti (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}), che per il figlio vengono
662 \item le operazioni di I/O asincrono in corso (vedi
663 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_io}) che non vengono ereditate dal figlio;
664 \item gli aggiustamenti fatti dal padre ai semafori con \func{semop} (vedi
665 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}).
666 \item le notifiche sui cambiamenti delle directory con \textit{dnotify} (vedi
667 sez.~\ref{sec:sig_notification}), che non vengono ereditate dal figlio;
668 \item le mappature di memoria marcate come \const{MADV\_DONTFORK} (vedi
669 sez.~\ref{sec:file_memory_map}) che non vengono ereditate dal figlio;
670 \item l'impostazione con \func{prctl} (vedi sez.~\ref{sec:process_prctl}) che
671 notifica al figlio la terminazione del padre viene cancellata se presente
673 \item il segnale di terminazione del figlio è sempre \signal{SIGCHLD} anche
674 qualora nel padre fosse stato modificato (vedi sez.~\ref{sec:process_clone}).
677 Una seconda funzione storica usata per la creazione di un nuovo processo è
678 \funcm{vfork}, che è esattamente identica a \func{fork} ed ha la stessa
679 semantica e gli stessi errori; la sola differenza è che non viene creata la
680 tabella delle pagine né la struttura dei task per il nuovo processo. Il
681 processo padre è posto in attesa fintanto che il figlio non ha eseguito una
682 \func{execve} o non è uscito con una \func{\_exit}. Il figlio condivide la
683 memoria del padre (e modifiche possono avere effetti imprevedibili) e non deve
684 ritornare o uscire con \func{exit} ma usare esplicitamente \func{\_exit}.
686 Questa funzione è un rimasuglio dei vecchi tempi in cui eseguire una
687 \func{fork} comportava anche la copia completa del segmento dati del processo
688 padre, che costituiva un inutile appesantimento in tutti quei casi in cui la
689 \func{fork} veniva fatta solo per poi eseguire una \func{exec}. La funzione
690 venne introdotta in BSD per migliorare le prestazioni.
692 Dato che Linux supporta il \textit{copy on write} la perdita di prestazioni è
693 assolutamente trascurabile, e l'uso di questa funzione, che resta un caso
694 speciale della \textit{system call} \func{clone} (che tratteremo in dettaglio
695 in sez.~\ref{sec:process_clone}) è deprecato; per questo eviteremo di
696 trattarla ulteriormente.
699 \subsection{La conclusione di un processo}
700 \label{sec:proc_termination}
702 In sez.~\ref{sec:proc_conclusion} abbiamo già affrontato le modalità con cui
703 chiudere un programma, ma dall'interno del programma stesso. Avendo a che fare
704 con un sistema \textit{multitasking} resta da affrontare l'argomento dal punto
705 di vista di come il sistema gestisce la conclusione dei processi.
707 Abbiamo visto in sez.~\ref{sec:proc_conclusion} le tre modalità con cui un
708 programma viene terminato in maniera normale: la chiamata di \func{exit}, che
709 esegue le funzioni registrate per l'uscita e chiude gli \textit{stream} e poi
710 esegue \func{\_exit}, il ritorno dalla funzione \code{main} equivalente alla
711 chiamata di \func{exit}, e la chiamata diretta a \func{\_exit}, che passa
712 direttamente alle operazioni di terminazione del processo da parte del kernel.
714 Ma abbiamo accennato che oltre alla conclusione normale esistono anche delle
715 modalità di conclusione anomala. Queste sono in sostanza due: il programma può
716 chiamare la funzione \func{abort} (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort}) per
717 invocare una chiusura anomala, o essere terminato da un segnale (torneremo sui
718 segnali in cap.~\ref{cha:signals}). In realtà anche la prima modalità si
719 riconduce alla seconda, dato che \func{abort} si limita a generare il segnale
722 Qualunque sia la modalità di conclusione di un processo, il kernel esegue
723 comunque una serie di operazioni di terminazione: chiude tutti i file aperti,
724 rilascia la memoria che stava usando, e così via; l'elenco completo delle
725 operazioni eseguite alla chiusura di un processo è il seguente:
727 \item tutti i \textit{file descriptor} (vedi sez.~\ref{sec:file_fd}) sono
729 \item viene memorizzato lo stato di terminazione del processo;
730 \item ad ogni processo figlio viene assegnato un nuovo padre (in genere
732 \item viene inviato il segnale \signal{SIGCHLD} al processo padre (vedi
733 sez.~\ref{sec:sig_sigchld});
734 \item se il processo è un leader di sessione ed il suo terminale di controllo
735 è quello della sessione viene mandato un segnale di \signal{SIGHUP} a tutti i
736 processi del gruppo di \textit{foreground} e il terminale di controllo viene
737 disconnesso (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
738 \item se la conclusione di un processo rende orfano un \textit{process
739 group} ciascun membro del gruppo viene bloccato, e poi gli vengono
740 inviati in successione i segnali \signal{SIGHUP} e \signal{SIGCONT}
741 (vedi ancora sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
744 \itindbeg{termination~status}
746 Oltre queste operazioni è però necessario poter disporre di un meccanismo
747 ulteriore che consenta di sapere come la terminazione è avvenuta: dato che in
748 un sistema unix-like tutto viene gestito attraverso i processi, il meccanismo
749 scelto consiste nel riportare lo \textsl{stato di terminazione} (il cosiddetto
750 \textit{termination status}) al processo padre.
752 Nel caso di conclusione normale, abbiamo visto in
753 sez.~\ref{sec:proc_conclusion} che lo stato di uscita del processo viene
754 caratterizzato tramite il valore del cosiddetto \textit{exit status}, cioè il
755 valore passato come argomento alle funzioni \func{exit} o \func{\_exit} o il
756 valore di ritorno per \code{main}. Ma se il processo viene concluso in
757 maniera anomala il programma non può specificare nessun \textit{exit status},
758 ed è il kernel che deve generare autonomamente il \textit{termination status}
759 per indicare le ragioni della conclusione anomala.
761 Si noti la distinzione fra \textit{exit status} e \textit{termination status}:
762 quello che contraddistingue lo stato di chiusura del processo e viene
763 riportato attraverso le funzioni \func{wait} o \func{waitpid} (vedi
764 sez.~\ref{sec:proc_wait}) è sempre quest'ultimo; in caso di conclusione
765 normale il kernel usa il primo (nel codice eseguito da \func{\_exit}) per
768 La scelta di riportare al padre lo stato di terminazione dei figli, pur
769 essendo l'unica possibile, comporta comunque alcune complicazioni: infatti se
770 alla sua creazione è scontato che ogni nuovo processo abbia un padre, non è
771 detto che sia così alla sua conclusione, dato che il padre potrebbe essere già
772 terminato; si potrebbe avere cioè quello che si chiama un processo
775 Questa complicazione viene superata facendo in modo che il processo orfano
776 venga \textsl{adottato} da \cmd{init}, o meglio dal processo con \ids{PID}
777 1,\footnote{anche se, come vedremo in sez.~\ref{sec:process_prctl}, a partire
778 dal kernel 3.4 è diventato possibile delegare questo compito anche ad un
779 altro processo.} cioè quello lanciato direttamente dal kernel all'avvio, che
780 sta alla base dell'albero dei processi visto in sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}
781 e che anche per questo motivo ha un ruolo essenziale nel sistema e non può mai
782 terminare.\footnote{almeno non senza un blocco completo del sistema, in caso
783 di terminazione o di non esecuzione di \cmd{init} infatti il kernel si
784 blocca con un cosiddetto \textit{kernel panic}, dato che questo è un errore
787 Come già accennato quando un processo termina, il kernel controlla se è il
788 padre di altri processi in esecuzione: in caso positivo allora il \ids{PPID}
789 di tutti questi processi verrà sostituito dal kernel con il \ids{PID} di
790 \cmd{init}, cioè con 1. In questo modo ogni processo avrà sempre un padre (nel
791 caso possiamo parlare di un padre \textsl{adottivo}) cui riportare il suo
792 stato di terminazione.
794 Come verifica di questo comportamento possiamo eseguire il nostro programma
795 \cmd{forktest} imponendo a ciascun processo figlio due secondi di attesa prima
796 di uscire, il risultato è:
798 [piccardi@selidor sources]$ \textbf{./forktest -c2 3}
799 Process 1972: forking 3 child
800 Spawned 1 child, pid 1973
801 Child 1 successfully executing
803 Spawned 2 child, pid 1974
804 Child 2 successfully executing
806 Child 3 successfully executing
807 Spawned 3 child, pid 1975
810 [piccardi@selidor sources]$ Child 3, parent 1, exiting
811 Child 2, parent 1, exiting
812 Child 1, parent 1, exiting
814 come si può notare in questo caso il processo padre si conclude prima dei
815 figli, tornando alla shell, che stampa il prompt sul terminale: circa due
816 secondi dopo viene stampato a video anche l'output dei tre figli che
817 terminano, e come si può notare in questo caso, al contrario di quanto visto
818 in precedenza, essi riportano 1 come \ids{PPID}.
820 Altrettanto rilevante è il caso in cui il figlio termina prima del padre,
821 perché non è detto che il padre sia in esecuzione e possa ricevere
822 immediatamente lo stato di terminazione, quindi il kernel deve comunque
823 conservare una certa quantità di informazioni riguardo ai processi che sta
826 Questo viene fatto mantenendo attiva la voce nella tabella dei processi, e
827 memorizzando alcuni dati essenziali, come il \ids{PID}, i tempi di CPU usati
828 dal processo (vedi sez.~\ref{sec:sys_unix_time}) e lo stato di terminazione,
829 mentre la memoria in uso ed i file aperti vengono rilasciati immediatamente.
833 I processi che sono terminati, ma il cui stato di terminazione non è stato
834 ancora ricevuto dal padre sono chiamati \textit{zombie}, essi restano presenti
835 nella tabella dei processi ed in genere possono essere identificati
836 dall'output di \cmd{ps} per la presenza di una \texttt{Z} nella colonna che ne
837 indica lo stato (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}). Quando il padre
838 effettuerà la lettura dello stato di terminazione anche questa informazione,
839 non più necessaria, verrà scartata ed il processo potrà considerarsi
840 completamente concluso.
842 Possiamo utilizzare il nostro programma di prova per analizzare anche questa
843 condizione: lanciamo il comando \cmd{forktest} in \textit{background} (vedi
844 sez.~\ref{sec:sess_job_control}), indicando al processo padre di aspettare 10
845 secondi prima di uscire. In questo caso, usando \cmd{ps} sullo stesso
846 terminale (prima dello scadere dei 10 secondi) otterremo:
848 [piccardi@selidor sources]$ \textbf{ps T}
849 PID TTY STAT TIME COMMAND
850 419 pts/0 S 0:00 bash
851 568 pts/0 S 0:00 ./forktest -e10 3
852 569 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
853 570 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
854 571 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
855 572 pts/0 R 0:00 ps T
858 e come si vede, dato che non si è fatto nulla per riceverne lo stato di
859 terminazione, i tre processi figli sono ancora presenti pur essendosi
860 conclusi, con lo stato di \textit{zombie} e l'indicazione che sono terminati
861 (la scritta \texttt{defunct}).
863 La possibilità di avere degli \textit{zombie} deve essere tenuta sempre
864 presente quando si scrive un programma che deve essere mantenuto in esecuzione
865 a lungo e creare molti processi figli. In questo caso si deve sempre avere
866 cura di far leggere al programma l'eventuale stato di uscita di tutti i
867 figli. Una modalità comune di farlo è attraverso l'utilizzo di un apposito
868 \textit{signal handler} che chiami la funzione \func{wait}, (vedi
869 sez.~\ref{sec:proc_wait}), ne esamineremo in dettaglio un esempio
870 (fig.~\ref{fig:sig_sigchld_handl}) in sez.~\ref{sec:sig_sigchld}.
872 La lettura degli stati di uscita è necessaria perché anche se gli
873 \textit{zombie} non consumano risorse di memoria o processore, occupano
874 comunque una voce nella tabella dei processi e se li si lasciano accumulare a
875 lungo quest'ultima potrebbe esaurirsi, con la conseguente impossibilità di
876 lanciare nuovi processi.
878 Si noti tuttavia che quando un processo adottato da \cmd{init} termina, non
879 diviene mai uno \textit{zombie}. Questo perché una delle funzioni di
880 \cmd{init} è appunto quella di chiamare la funzione \func{wait} per i processi
881 a cui fa da padre, completandone la terminazione. Questo è quanto avviene
882 anche quando, come nel caso del precedente esempio con \cmd{forktest}, il
883 padre termina con dei figli in stato di \textit{zombie}. Questi scompaiono
884 quando, alla terminazione del padre dopo i secondi programmati, tutti figli
885 che avevamo generato, e che erano diventati \textit{zombie}, vengono adottati
886 da \cmd{init}, il quale provvede a completarne la terminazione.
888 Si tenga presente infine che siccome gli \textit{zombie} sono processi già
889 terminati, non c'è modo di eliminarli con il comando \cmd{kill} o inviandogli
890 un qualunque segnale di terminazione (l'argomento è trattato in
891 sez.~\ref{sec:sig_termination}). Qualora ci si trovi in questa situazione
892 l'unica possibilità di cancellarli dalla tabella dei processi è quella di
893 terminare il processo che li ha generati e che non sta facendo il suo lavoro,
894 in modo che \cmd{init} possa adottarli e concluderne correttamente la
897 Si tenga anche presente che la presenza di \textit{zombie} nella tabella dei
898 processi non è sempre indice di un qualche malfunzionamento, in una macchina
899 con molto carico infatti può esservi una presenza temporanea dovuta al fatto
900 che il processo padre ancora non ha avuto il tempo di gestirli.
905 \subsection{Le funzioni di attesa e ricezione degli stati di uscita}
906 \label{sec:proc_wait}
908 Uno degli usi più comuni delle capacità \textit{multitasking} di un sistema
909 unix-like consiste nella creazione di programmi di tipo server, in cui un
910 processo principale attende le richieste che vengono poi soddisfatte da una
911 serie di processi figli.
913 Si è già sottolineato al paragrafo precedente come in questo caso diventi
914 necessario gestire esplicitamente la conclusione dei figli onde evitare di
915 riempire di \textit{zombie} la tabella dei processi. Tratteremo in questa
916 sezione le funzioni di sistema deputate a questo compito; la prima è
917 \funcd{wait} ed il suo prototipo è:
922 \fdecl{pid\_t wait(int *status)}
923 \fdesc{Attende la terminazione di un processo.}
925 {La funzione ritorna il \ids{PID} del figlio in caso di successo e $-1$ per un
926 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
928 \item[\errcode{ECHILD}] il processo non ha nessun figlio di cui attendere
929 uno stato di terminazione.
930 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
934 Questa funzione è presente fin dalle prime versioni di Unix ed è quella usata
935 tradizionalmente per attendere la terminazione dei figli. La funzione sospende
936 l'esecuzione del processo corrente e ritorna non appena un qualunque processo
937 figlio termina. Se un figlio è già terminato prima della sua chiamata la
938 funzione ritorna immediatamente, se più processi figli sono già terminati
939 occorrerà continuare a chiamare la funzione più volte fintanto che non si è
940 recuperato lo stato di terminazione di tutti quanti.
942 Al ritorno della funzione lo stato di terminazione del figlio viene salvato
943 (come \textit{value result argument}) nella variabile puntata
944 da \param{status} e tutte le risorse del kernel relative al processo (vedi
945 sez.~\ref{sec:proc_termination}) vengono rilasciate. Nel caso un processo
946 abbia più figli il valore di ritorno della funzione sarà impostato al
947 \ids{PID} del processo di cui si è ricevuto lo stato di terminazione, cosa che
948 permette di identificare qual è il figlio che è terminato.
950 \itindend{termination~status}
952 Questa funzione ha il difetto di essere poco flessibile, in quanto ritorna
953 all'uscita di un qualunque processo figlio. Nelle occasioni in cui è
954 necessario attendere la conclusione di uno specifico processo fra tutti quelli
955 esistenti occorre predisporre un meccanismo che tenga conto di tutti processi
956 che sono terminati, e provveda a ripetere la chiamata alla funzione nel caso
957 il processo cercato non risulti fra questi. Se infatti il processo cercato è
958 già terminato e se è già ricevuto lo stato di uscita senza registrarlo, la
959 funzione non ha modo di accorgersene, e si continuerà a chiamarla senza
960 accorgersi che quanto interessava è già accaduto.
962 Per questo motivo lo standard POSIX.1 ha introdotto una seconda funzione che
963 effettua lo stesso servizio, ma dispone di una serie di funzionalità più
964 ampie, legate anche al controllo di sessione (si veda
965 sez.~\ref{sec:sess_job_control}). Dato che è possibile ottenere lo stesso
966 comportamento di \func{wait}\footnote{in effetti il codice
967 \code{wait(\&status)} è del tutto equivalente a \code{waitpid(WAIT\_ANY,
968 \&status, 0)}.} si consiglia di utilizzare sempre questa nuova funzione di
969 sistema, \funcd{waitpid}, il cui prototipo è:
974 \fdecl{pid\_t waitpid(pid\_t pid, int *status, int options)}
975 \fdesc{Attende il cambiamento di stato di un processo figlio.}
977 {La funzione ritorna il \ids{PID} del processo che ha cambiato stato in caso
978 di successo, o 0 se è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e il
979 processo non è uscito e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno}
980 assumerà uno dei valori:
982 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
983 non è figlio del processo chiamante.
984 \item[\errcode{EINTR}] non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
985 la funzione è stata interrotta da un segnale.
986 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
987 l'argomento \param{options}.
991 La prima differenza fra le due funzioni è che con \func{waitpid} si può
992 specificare in maniera flessibile quale processo attendere, sulla base del
993 valore fornito dall'argomento \param{pid}. Questo può assumere diversi valori,
994 secondo lo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_waidpid_pid}, dove si
995 sono riportate anche le costanti definite per indicare alcuni di essi.
1000 \begin{tabular}[c]{|c|c|p{8cm}|}
1002 \textbf{Valore} & \textbf{Costante} &\textbf{Significato}\\
1005 $<-1$& -- & Attende per un figlio il cui \textit{process
1006 group} (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è
1007 uguale al valore assoluto di \param{pid}.\\
1008 $-1$&\constd{WAIT\_ANY} & Attende per un figlio qualsiasi, usata in
1009 questa maniera senza specificare nessuna opzione
1010 è equivalente a \func{wait}.\\
1011 $ 0$&\constd{WAIT\_MYPGRP}&Attende per un figlio il cui \textit{process
1012 group} (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è
1013 uguale a quello del processo chiamante.\\
1014 $>0$& -- & Attende per un figlio il cui \ids{PID} è uguale
1015 al valore di \param{pid}.\\
1018 \caption{Significato dei valori dell'argomento \param{pid} della funzione
1020 \label{tab:proc_waidpid_pid}
1023 Il comportamento di \func{waitpid} può inoltre essere modificato passando alla
1024 funzione delle opportune opzioni tramite l'argomento \param{options}; questo
1025 deve essere specificato come maschera binaria delle costanti riportati nella
1026 prima parte in tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options} che possono essere
1027 combinate fra loro con un OR aritmetico. Nella seconda parte della stessa
1028 tabella si sono riportati anche alcune opzioni non standard specifiche di
1029 Linux, che consentono un controllo più dettagliato per i processi creati con
1030 la \textit{system call} generica \func{clone} (vedi
1031 sez.~\ref{sec:process_clone}) e che vengono usati principalmente per la
1032 gestione della terminazione dei \textit{thread}\unavref{ (vedi
1033 sez.~\ref{sec:thread_xxx})}.
1038 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1040 \textbf{Costante} & \textbf{Descrizione}\\
1043 \const{WNOHANG} & La funzione ritorna immediatamente anche se non è
1044 terminato nessun processo figlio.\\
1045 \const{WUNTRACED} & Ritorna anche quando un processo figlio è stato
1047 \const{WCONTINUED}& Ritorna anche quando un processo figlio che era stato
1048 fermato ha ripreso l'esecuzione (dal kernel 2.6.10).\\
1050 \constd{\_\_WCLONE}& Attende solo per i figli creati con \func{clone}
1051 (vedi sez.~\ref{sec:process_clone}), vale a dire
1052 processi che non emettono nessun segnale
1053 o emettono un segnale diverso da \signal{SIGCHLD} alla
1054 terminazione, il default è attendere soltanto i
1055 processi figli ordinari ignorando quelli creati da
1057 \constd{\_\_WALL} & Attende per qualunque figlio, sia ordinario che creato
1058 con \func{clone}, se specificata con
1059 \const{\_\_WCLONE} quest'ultima viene ignorata. \\
1060 \constd{\_\_WNOTHREAD}& Non attende per i figli di altri \textit{thread}
1061 dello stesso \textit{thread group}, questo era il
1062 comportamento di default del kernel 2.4 che non
1063 supportava la possibilità, divenuta il default a
1064 partire dal 2.6, di attendere un qualunque figlio
1065 appartenente allo stesso \textit{thread group}. \\
1068 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
1069 della funzione \func{waitpid}.}
1070 \label{tab:proc_waitpid_options}
1075 L'uso dell'opzione \const{WNOHANG} consente di prevenire il blocco della
1076 funzione qualora nessun figlio sia uscito o non si siano verificate le altre
1077 condizioni per l'uscita della funzione. in tal caso. In tal caso la funzione,
1078 invece di restituire il \ids{PID} del processo (che è sempre un intero
1079 positivo) ritornerà un valore nullo.
1082 \constbeg{WUNTRACED}
1083 \constbeg{WCONTINUED}
1085 Le altre due opzioni, \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED}, consentono
1086 rispettivamente di tracciare non la terminazione di un processo, ma il fatto
1087 che esso sia stato fermato, o fatto ripartire, e sono utilizzate per la
1088 gestione del controllo di sessione (vedi sez.~\ref{sec:sess_job_control}).
1090 Nel caso di \const{WUNTRACED} la funzione ritorna, restituendone il \ids{PID},
1091 quando un processo figlio entra nello stato \textit{stopped}\footnote{in
1092 realtà viene notificato soltanto il caso in cui il processo è stato fermato
1093 da un segnale di stop (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}), e non quello in
1094 cui lo stato \textit{stopped} è dovuto all'uso di \func{ptrace}\unavref{
1095 (vedi sez.~\ref{sec:process_ptrace})}.} (vedi
1096 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}), mentre con \const{WCONTINUED} la funzione
1097 ritorna quando un processo in stato \textit{stopped} riprende l'esecuzione per
1098 la ricezione del segnale \signal{SIGCONT} (l'uso di questi segnali per il
1099 controllo di sessione è trattato in sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
1101 \constend{WUNTRACED}
1102 \constend{WCONTINUED}
1104 La terminazione di un processo figlio (così come gli altri eventi osservabili
1105 con \func{waitpid}) è chiaramente un evento asincrono rispetto all'esecuzione
1106 di un programma e può avvenire in un qualunque momento. Per questo motivo,
1107 come accennato nella sezione precedente, una delle azioni prese dal kernel
1108 alla conclusione di un processo è quella di mandare un segnale di
1109 \signal{SIGCHLD} al padre. L'azione predefinita per questo segnale (si veda
1110 sez.~\ref{sec:sig_base}) è di essere ignorato, ma la sua generazione
1111 costituisce il meccanismo di comunicazione asincrona con cui il kernel avverte
1112 il processo padre che uno dei suoi figli è terminato.
1114 Il comportamento delle funzioni è però cambiato nel passaggio dal kernel 2.4
1115 al kernel 2.6, quest'ultimo infatti si è adeguato alle prescrizioni dello
1116 standard POSIX.1-2001 e come da esso richiesto se \signal{SIGCHLD} viene
1117 ignorato, o se si imposta il flag di \const{SA\_NOCLDSTOP} nella ricezione
1118 dello stesso (si veda sez.~\ref{sec:sig_sigaction}) i processi figli che
1119 terminano non diventano \textit{zombie} e sia \func{wait} che \func{waitpid}
1120 si bloccano fintanto che tutti i processi figli non sono terminati, dopo di
1121 che falliscono con un errore di \errcode{ENOCHLD}.\footnote{questo è anche il
1122 motivo per cui le opzioni \const{WUNTRACED} e \const{WCONTINUED} sono
1123 utilizzabili soltanto qualora non si sia impostato il flag di
1124 \const{SA\_NOCLDSTOP} per il segnale \signal{SIGCHLD}.}
1126 Con i kernel della serie 2.4 e tutti i kernel delle serie precedenti entrambe
1127 le funzioni di attesa ignorano questa prescrizione e si comportano sempre
1128 nello stesso modo,\footnote{lo standard POSIX.1 originale infatti lascia
1129 indefinito il comportamento di queste funzioni quando \signal{SIGCHLD} viene
1130 ignorato.} indipendentemente dal fatto \signal{SIGCHLD} sia ignorato o meno:
1131 attendono la terminazione di un processo figlio e ritornano il relativo
1132 \ids{PID} e lo stato di terminazione nell'argomento \param{status}.
1134 In generale in un programma non si vuole essere forzati ad attendere la
1135 conclusione di un processo figlio per proseguire l'esecuzione, specie se tutto
1136 questo serve solo per leggerne lo stato di chiusura (ed evitare eventualmente
1137 la presenza di \textit{zombie}). Per questo la modalità più comune di
1138 chiamare queste funzioni è quella di utilizzarle all'interno di un
1139 \textit{signal handler} (vedremo un esempio di come gestire \signal{SIGCHLD}
1140 con i segnali in sez.~\ref{sec:sig_example}). In questo caso infatti, dato che
1141 il segnale è generato dalla terminazione di un figlio, avremo la certezza che
1142 la chiamata a \func{waitpid} non si bloccherà.
1144 Come accennato sia \func{wait} che \func{waitpid} restituiscono lo stato di
1145 terminazione del processo tramite il puntatore \param{status}, e se non
1146 interessa memorizzarlo si può passare un puntatore nullo. Il valore restituito
1147 da entrambe le funzioni dipende dall'implementazione, ma tradizionalmente gli
1148 8 bit meno significativi sono riservati per memorizzare lo stato di uscita del
1149 processo, e gli altri per indicare il segnale che ha causato la terminazione
1150 (in caso di conclusione anomala), uno per indicare se è stato generato un
1151 \textit{core dump} (vedi sez.~\ref{sec:sig_standard}), ecc.\footnote{le
1152 definizioni esatte si possono trovare in \file{<bits/waitstatus.h>} ma
1153 questo file non deve mai essere usato direttamente, esso viene incluso
1154 attraverso \file{<sys/wait.h>}.}
1159 \begin{tabular}[c]{|l|p{10cm}|}
1161 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
1164 \macrod{WIFEXITED}\texttt{(s)} & Condizione vera (valore non nullo) per
1165 un processo figlio che sia terminato
1167 \macrod{WEXITSTATUS}\texttt{(s)} & Restituisce gli otto bit meno
1168 significativi dello stato di uscita del
1169 processo (passato attraverso
1170 \func{\_exit}, \func{exit} o come valore
1171 di ritorno di \code{main}); può essere
1172 valutata solo se \val{WIFEXITED} ha
1173 restituito un valore non nullo.\\
1174 \macrod{WIFSIGNALED}\texttt{(s)} & Condizione vera se il processo figlio è
1175 terminato in maniera anomala a causa di
1176 un segnale che non è stato catturato
1177 (vedi sez.~\ref{sec:sig_notification}).\\
1178 \macrod{WTERMSIG}\texttt{(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha
1179 causato la terminazione anomala del
1180 processo; può essere valutata solo se
1181 \val{WIFSIGNALED} ha restituito un
1183 \macrod{WCOREDUMP}\texttt{(s)} & Vera se il processo terminato ha
1185 \textit{core dump}; può essere valutata
1186 solo se \val{WIFSIGNALED} ha restituito
1187 un valore non nullo.\footnotemark \\
1188 \macrod{WIFSTOPPED}\texttt{(s)} & Vera se il processo che ha causato il
1189 ritorno di \func{waitpid} è bloccato;
1190 l'uso è possibile solo con
1191 \func{waitpid} avendo specificato
1192 l'opzione \const{WUNTRACED}.\\
1193 \macrod{WSTOPSIG}\texttt{(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha
1194 bloccato il processo; può essere
1195 valutata solo se \val{WIFSTOPPED} ha
1196 restituito un valore non nullo. \\
1197 \macrod{WIFCONTINUED}\texttt{(s)}& Vera se il processo che ha causato il
1198 ritorno è stato riavviato da un
1199 \signal{SIGCONT} (disponibile solo a
1200 partire dal kernel 2.6.10).\\
1203 \caption{Descrizione delle varie macro di preprocessore utilizzabili per
1204 verificare lo stato di terminazione \var{s} di un processo.}
1205 \label{tab:proc_status_macro}
1208 \footnotetext{questa macro non è definita dallo standard POSIX.1-2001, ma è
1209 presente come estensione sia in Linux che in altri Unix, deve essere
1210 pertanto utilizzata con attenzione (ad esempio è il caso di usarla in un
1211 blocco \texttt{\#ifdef WCOREDUMP ... \#endif}.}
1213 Lo standard POSIX.1 definisce una serie di macro di preprocessore da usare per
1214 analizzare lo stato di uscita. Esse sono definite sempre in
1215 \file{<sys/wait.h>} ed elencate in tab.~\ref{tab:proc_status_macro}. Si tenga
1216 presente che queste macro prevedono che gli si passi come parametro la
1217 variabile di tipo \ctyp{int} puntata dall'argomento \param{status} restituito
1218 da \func{wait} o \func{waitpid}.
1220 Si tenga conto che nel caso di conclusione anomala il valore restituito da
1221 \val{WTERMSIG} può essere confrontato con le costanti che identificano i
1222 segnali definite in \headfile{signal.h} ed elencate in
1223 tab.~\ref{tab:sig_signal_list}, e stampato usando le apposite funzioni
1224 trattate in sez.~\ref{sec:sig_strsignal}.
1226 A partire dal kernel 2.6.9, sempre in conformità allo standard POSIX.1-2001, è
1227 stata introdotta una nuova funzione di attesa che consente di avere un
1228 controllo molto più preciso sui possibili cambiamenti di stato dei processi
1229 figli e più dettagli sullo stato di uscita; la funzione di sistema è
1230 \funcd{waitid} ed il suo prototipo è:
1235 \fdecl{int waitid(idtype\_t idtype, id\_t id, siginfo\_t *infop, int options)}
1236 \fdesc{Attende il cambiamento di stato di un processo figlio.}
1238 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1239 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1241 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
1242 non è figlio del processo chiamante.
1243 \item[\errcode{EINTR}] non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
1244 la funzione è stata interrotta da un segnale.
1245 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore non valido per
1246 l'argomento \param{options}.
1250 La funzione prevede che si specifichi quali processi si intendono osservare
1251 usando i due argomenti \param{idtype} ed \param{id}; il primo indica se ci si
1252 vuole porre in attesa su un singolo processo, un gruppo di processi o un
1253 processo qualsiasi, e deve essere specificato secondo uno dei valori di
1254 tab.~\ref{tab:proc_waitid_idtype}; il secondo indica, a seconda del valore del
1255 primo, quale processo o quale gruppo di processi selezionare.
1260 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1262 \textbf{Valore} & \textbf{Descrizione}\\
1265 \constd{P\_PID} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1266 il cui \ids{PID} corrisponda al valore dell'argomento
1268 \constd{P\_PGID}& Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1269 appartenente al \textit{process group} (vedi
1270 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) il cui \acr{pgid}
1271 corrisponda al valore dell'argomento \param{id}.\\
1272 \constd{P\_ALL} & Indica la richiesta di attendere per un processo figlio
1273 generico, il valore dell'argomento \param{id} viene
1277 \caption{Costanti per i valori dell'argomento \param{idtype} della funzione
1279 \label{tab:proc_waitid_idtype}
1282 Come per \func{waitpid} anche il comportamento di \func{waitid} è
1283 controllato dall'argomento \param{options}, da specificare come maschera
1284 binaria dei valori riportati in tab.~\ref{tab:proc_waitid_options}. Benché
1285 alcuni di questi siano identici come significato ed effetto ai precedenti di
1286 tab.~\ref{tab:proc_waitpid_options}, ci sono delle differenze significative:
1287 in questo caso si dovrà specificare esplicitamente l'attesa della terminazione
1288 di un processo impostando l'opzione \const{WEXITED}, mentre il precedente
1289 \const{WUNTRACED} è sostituito da \const{WSTOPPED}. Infine è stata aggiunta
1290 l'opzione \const{WNOWAIT} che consente una lettura dello stato mantenendo il
1291 processo in attesa di ricezione, così che una successiva chiamata possa di
1292 nuovo riceverne lo stato.
1297 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
1299 \textbf{Valore} & \textbf{Descrizione}\\
1302 \constd{WEXITED} & Ritorna quando un processo figlio è terminato.\\
1303 \constd{WNOHANG} & Ritorna immediatamente anche se non c'è niente da
1305 \constd{WSTOPPED} & Ritorna quando un processo figlio è stato fermato.\\
1306 \const{WCONTINUED} & Ritorna quando un processo figlio che era stato
1307 fermato ha ripreso l'esecuzione.\\
1308 \constd{WNOWAIT} & Lascia il processo ancora in attesa di ricezione, così
1309 che una successiva chiamata possa di nuovo riceverne
1313 \caption{Costanti che identificano i bit dell'argomento \param{options}
1314 della funzione \func{waitid}.}
1315 \label{tab:proc_waitid_options}
1318 La funzione \func{waitid} restituisce un valore nullo in caso di successo, e
1319 $-1$ in caso di errore; viene restituito un valore nullo anche se è stata
1320 specificata l'opzione \const{WNOHANG} e la funzione è ritornata immediatamente
1321 senza che nessun figlio sia terminato. Pertanto per verificare il motivo del
1322 ritorno della funzione occorre analizzare le informazioni che essa
1323 restituisce; queste, al contrario delle precedenti \func{wait} e
1324 \func{waitpid} che usavano un semplice valore numerico, sono ritornate in una
1325 struttura di tipo \struct{siginfo\_t} (vedi fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t})
1326 all'indirizzo puntato dall'argomento \param{infop}.
1328 Tratteremo nei dettagli la struttura \struct{siginfo\_t} ed il significato dei
1329 suoi vari campi in sez.~\ref{sec:sig_sigaction}, per quanto ci interessa qui
1330 basta dire che al ritorno di \func{waitid} verranno avvalorati i seguenti
1332 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.8cm}}
1333 \item[\var{si\_pid}] con il \ids{PID} del figlio.
1334 \item[\var{si\_uid}] con l'\textsl{user-ID reale} (vedi
1335 sez.~\ref{sec:proc_perms}) del figlio.
1336 \item[\var{si\_signo}] con \signal{SIGCHLD}.
1337 \item[\var{si\_status}] con lo stato di uscita del figlio o con il segnale che
1338 lo ha terminato, fermato o riavviato.
1339 \item[\var{si\_code}] con uno fra \const{CLD\_EXITED}, \const{CLD\_KILLED},
1340 \const{CLD\_STOPPED}, \const{CLD\_CONTINUED}, \const{CLD\_TRAPPED} e
1341 \const{CLD\_DUMPED} a indicare la ragione del ritorno della funzione, il cui
1342 significato è, nell'ordine: uscita normale, terminazione da segnale,
1343 processo fermato, processo riavviato, processo terminato in
1344 \textit{core dump} (vedi sez.~\ref{sec:sig_standard}).
1347 Infine Linux, seguendo un'estensione di BSD, supporta altre due funzioni per
1348 la lettura dello stato di terminazione di un processo, analoghe alle
1349 precedenti ma che prevedono un ulteriore argomento attraverso il quale il
1350 kernel può restituire al padre informazioni sulle risorse (vedi
1351 sez.~\ref{sec:sys_res_limits}) usate dal processo terminato e dai vari figli.
1352 Le due funzioni di sistema sono \funcd{wait3} e \funcd{wait4}, che diventano
1353 accessibili definendo la macro \macro{\_USE\_BSD}, i loro prototipi sono:
1358 \fhead{sys/resource.h}
1360 \fdecl{int wait3(int *status, int options, struct rusage *rusage)}
1361 \fdecl{int wait4(pid\_t pid, int *status, int options, struct rusage *rusage)}
1362 \fdesc{Attende il cambiamento di stato di un processo figlio, riportando l'uso
1365 {La funzione ha gli stessi valori di ritorno e codici di errore di
1369 La funzione \func{wait4} è identica \func{waitpid} sia nel comportamento che
1370 per i valori dei primi tre argomenti, ma in più restituisce nell'argomento
1371 aggiuntivo \param{rusage} un sommario delle risorse usate dal processo. Questo
1372 argomento è una struttura di tipo \struct{rusage} definita in
1373 \headfile{sys/resource.h}, che viene utilizzata anche dalla funzione
1374 \func{getrusage} per ottenere le risorse di sistema usate da un processo. La
1375 sua definizione è riportata in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct} e ne
1376 tratteremo in dettaglio il significato sez.~\ref{sec:sys_resource_use}. La
1377 funzione \func{wait3} è semplicemente un caso particolare di (e con Linux
1378 viene realizzata con la stessa \textit{system call}), ed è equivalente a
1379 chiamare \code{wait4(-1, \&status, opt, rusage)}, per questo motivo è ormai
1380 deprecata in favore di \func{wait4}.
1384 \subsection{La famiglia delle funzioni \func{exec} per l'esecuzione dei
1386 \label{sec:proc_exec}
1388 Abbiamo già detto che una delle modalità principali con cui si utilizzano i
1389 processi in Unix è quella di usarli per lanciare nuovi programmi: questo viene
1390 fatto attraverso una delle funzioni della famiglia \func{exec}. Quando un
1391 processo chiama una di queste funzioni esso viene completamente sostituito dal
1392 nuovo programma, il \ids{PID} del processo non cambia, dato che non viene
1393 creato un nuovo processo, la funzione semplicemente rimpiazza lo
1394 \textit{stack}, i dati ed il testo del processo corrente con un nuovo
1395 programma letto da disco, eseguendo il \textit{link-loader} con gli effetti
1396 illustrati in sez.~\ref{sec:proc_main}.
1398 \begin{figure}[!htb]
1399 \centering \includegraphics[width=8cm]{img/exec_rel}
1400 \caption{La interrelazione fra le sei funzioni della famiglia \func{exec}.}
1401 \label{fig:proc_exec_relat}
1404 Ci sono sei diverse versioni di \func{exec} (per questo la si è chiamata
1405 famiglia di funzioni) che possono essere usate per questo compito, in realtà
1406 (come mostrato in fig.~\ref{fig:proc_exec_relat}), tutte queste funzioni sono
1407 tutte varianti che consentono di invocare in modi diversi, semplificando il
1408 passaggio degli argomenti, la funzione di sistema \funcd{execve}, il cui
1413 \fdecl{int execve(const char *filename, char *const argv[], char *const envp[])}
1414 \fdesc{Esegue un programma.}
1416 {La funzione ritorna solo in caso di errore, restituendo $-1$, nel qual
1417 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1419 \item[\errcode{EACCES}] il file o l'interprete non file ordinari, o non sono
1420 eseguibili, o il file è su un filesystem montato con l'opzione
1421 \cmd{noexec}, o manca il permesso di attraversamento di una delle
1422 directory del \textit{pathname}.
1423 \item[\errcode{EAGAIN}] dopo un cambio di \ids{UID} si è ancora sopra il
1424 numero massimo di processi consentiti per l'utente (dal kernel 3.1, per i
1425 dettagli vedi sez.~\ref{sec:proc_setuid}).
1426 \item[\errcode{EINVAL}] l'eseguibile ELF ha più di un segmento
1427 \const{PT\_INTERP}, cioè chiede di essere eseguito da più di un
1429 \item[\errcode{ELIBBAD}] un interprete ELF non è in un formato
1431 \item[\errcode{ENOENT}] il file o una delle librerie dinamiche o l'interprete
1432 necessari per eseguirlo non esistono.
1433 \item[\errcode{ENOEXEC}] il file è in un formato non eseguibile o non
1434 riconosciuto come tale, o compilato per un'altra architettura.
1435 \item[\errcode{EPERM}] il file ha i bit \acr{suid} o \acr{sgid} e l'utente
1436 non è root, ed il processo viene tracciato, oppure il filesystem è montato
1437 con l'opzione \cmd{nosuid}.
1438 \item[\errcode{ETXTBSY}] l'eseguibile è aperto in scrittura da uno o più
1440 \item[\errcode{E2BIG}] la lista degli argomenti è troppo grande.
1442 ed inoltre \errval{EFAULT}, \errval{EIO}, \errval{EISDIR}, \errval{ELOOP},
1443 \errval{EMFILE}, \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ENFILE}, \errval{ENOMEM},
1444 \errval{ENOTDIR} nel loro significato generico. }
1447 La funzione \func{execve} esegue il programma o lo script indicato dal
1448 \textit{pathname} \param{filename}, passandogli la lista di argomenti indicata
1449 da \param{argv} e come ambiente la lista di stringhe indicata
1450 da \param{envp}. Entrambe le liste devono essere terminate da un puntatore
1451 nullo. I vettori degli argomenti e dell'ambiente possono essere acceduti dal
1452 nuovo programma quando la sua funzione \code{main} è dichiarata nella forma
1453 \code{main(int argc, char *argv[], char *envp[])}. Si tenga presente per il
1454 passaggio degli argomenti e dell'ambiente esistono comunque dei limiti, su cui
1455 torneremo in sez.~\ref{sec:sys_res_limits}).
1456 % TODO aggiungere la parte sul numero massimo di argomenti, da man execve
1458 In caso di successo la funzione non ritorna, in quanto al posto del programma
1459 chiamante viene eseguito il nuovo programma indicato da \param{filename}. Se
1460 il processo corrente è tracciato con \func{ptrace}\unavref{ (vedi
1461 sez.~\ref{sec:process_ptrace})} in caso di successo viene emesso il segnale
1464 Le altre funzioni della famiglia (\funcd{execl}, \funcd{execv},
1465 \funcd{execle}, \funcd{execlp}, \funcd{execvp}) servono per fornire all'utente
1466 una serie di possibili diverse interfacce nelle modalità di passaggio degli
1467 argomenti all'esecuzione del nuovo programma. I loro prototipi sono:
1471 \fdecl{int execl(const char *path, const char *arg, ...)}
1472 \fdecl{int execv(const char *path, char *const argv[])}
1473 \fdecl{int execle(const char *path, const char *arg, ..., char * const envp[])}
1474 \fdecl{int execlp(const char *file, const char *arg, ...)}
1475 \fdecl{int execvp(const char *file, char *const argv[])}
1476 \fdesc{Eseguono un programma.}
1478 {Le funzioni ritornano solo in caso di errore, restituendo $-1$, i codici di
1479 errore sono gli stessi di \func{execve}.
1483 Tutte le funzioni mettono in esecuzione nel processo corrente il programma
1484 indicati nel primo argomento. Gli argomenti successivi consentono di
1485 specificare gli argomenti e l'ambiente che saranno ricevuti dal nuovo
1486 processo. Per capire meglio le differenze fra le funzioni della famiglia si può
1487 fare riferimento allo specchietto riportato in
1488 tab.~\ref{tab:proc_exec_scheme}. La relazione fra le funzioni è invece
1489 illustrata in fig.~\ref{fig:proc_exec_relat}.
1494 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|c||c|c|c|}
1496 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Caratteristiche}} &
1497 \multicolumn{6}{|c|}{\textbf{Funzioni}} \\
1499 &\func{execl}\texttt{ }&\func{execlp}&\func{execle}
1500 &\func{execv}\texttt{ }& \func{execvp}& \func{execve} \\
1503 argomenti a lista &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$&&& \\
1504 argomenti a vettore &&&&$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$\\
1506 filename completo &$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$\\
1507 ricerca su \var{PATH} &&$\bullet$&&&$\bullet$& \\
1509 ambiente a vettore &&&$\bullet$&&&$\bullet$ \\
1510 uso di \var{environ} &$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$& \\
1513 \caption{Confronto delle caratteristiche delle varie funzioni della
1514 famiglia \func{exec}.}
1515 \label{tab:proc_exec_scheme}
1518 La prima differenza fra le funzioni riguarda le modalità di passaggio dei
1519 valori che poi andranno a costituire gli argomenti a linea di comando (cioè i
1520 valori di \param{argv} e \param{argc} visti dalla funzione \code{main} del
1521 programma chiamato). Queste modalità sono due e sono riassunte dagli mnemonici
1522 ``\texttt{v}'' e ``\texttt{l}'' che stanno rispettivamente per \textit{vector}
1525 Nel primo caso gli argomenti sono passati tramite il vettore di puntatori
1526 \var{argv[]} a stringhe terminate con zero che costituiranno gli argomenti a
1527 riga di comando, questo vettore \emph{deve} essere terminato da un puntatore
1528 nullo. Nel secondo caso le stringhe degli argomenti sono passate alla funzione
1529 come lista di puntatori, nella forma:
1530 \includecodesnip{listati/char_list.c}
1531 che deve essere terminata da un puntatore nullo. In entrambi i casi vale la
1532 convenzione che il primo argomento (\var{arg0} o \var{argv[0]}) viene usato
1533 per indicare il nome del file che contiene il programma che verrà eseguito.
1535 La seconda differenza fra le funzioni riguarda le modalità con cui si
1536 specifica il programma che si vuole eseguire. Con lo mnemonico ``\texttt{p}''
1537 si indicano le due funzioni che replicano il comportamento della shell nello
1538 specificare il comando da eseguire; quando l'argomento \param{file} non
1539 contiene una ``\texttt{/}'' esso viene considerato come un nome di programma,
1540 e viene eseguita automaticamente una ricerca fra i file presenti nella lista
1541 di directory specificate dalla variabile di ambiente \envvar{PATH}. Il file
1542 che viene posto in esecuzione è il primo che viene trovato. Se si ha un errore
1543 relativo a permessi di accesso insufficienti (cioè l'esecuzione della
1544 sottostante \func{execve} ritorna un \errcode{EACCES}), la ricerca viene
1545 proseguita nelle eventuali ulteriori directory indicate in \envvar{PATH}; solo
1546 se non viene trovato nessun altro file viene finalmente restituito
1547 \errcode{EACCES}. Le altre quattro funzioni si limitano invece a cercare di
1548 eseguire il file indicato dall'argomento \param{path}, che viene interpretato
1549 come il \textit{pathname} del programma.
1551 La terza differenza è come viene passata la lista delle variabili di ambiente.
1552 Con lo mnemonico ``\texttt{e}'' vengono indicate quelle funzioni che
1553 necessitano di un vettore di parametri \var{envp[]} analogo a quello usato per
1554 gli argomenti a riga di comando (terminato quindi da un \val{NULL}), le altre
1555 usano il valore della variabile \var{environ} (vedi
1556 sez.~\ref{sec:proc_environ}) del processo di partenza per costruire
1559 Oltre a mantenere lo stesso \ids{PID}, il nuovo programma fatto partire da una
1560 delle funzioni della famiglia \func{exec} mantiene la gran parte delle
1561 proprietà del processo chiamante; una lista delle più significative è la
1564 \item il \textit{process id} (\ids{PID}) ed il \textit{parent process id}
1566 \item l'\textsl{user-ID reale}, il \textsl{group-ID reale} ed i
1567 \textsl{group-ID supplementari} (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id});
1568 \item la directory radice (vedi sez.~\ref{sec:file_chroot}) e la directory di
1569 lavoro corrente (vedi sez.~\ref{sec:file_work_dir});
1570 \item la maschera di creazione dei file (\textit{umask}, vedi
1571 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) ed i \textit{lock} sui file (vedi
1572 sez.~\ref{sec:file_locking});
1573 \item il valori di \textit{nice}, le priorità real-time e le affinità di
1574 processore (vedi sez.~\ref{sec:proc_sched_stand};
1575 sez.~\ref{sec:proc_real_time} e sez.~\ref{sec:proc_sched_multiprocess});
1576 \item il \textit{session ID} (\acr{sid}) ed il \textit{process group ID}
1577 (\acr{pgid}), vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group};
1578 \item il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
1579 \item il tempo restante ad un allarme (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort});
1580 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
1581 \item i valori delle variabili \var{tms\_utime}, \var{tms\_stime};
1582 \var{tms\_cutime}, \var{tms\_ustime} (vedi sez.~\ref{sec:sys_cpu_times});
1583 \item la maschera dei segnali (si veda sez.~\ref{sec:sig_sigmask});
1584 \item l'insieme dei segnali pendenti (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}).
1587 Una serie di proprietà del processo originale, che non avrebbe senso mantenere
1588 in un programma che esegue un codice completamente diverso in uno spazio di
1589 indirizzi totalmente indipendente e ricreato da zero, vengono perse con
1590 l'esecuzione di una \func{exec}. Lo standard POSIX.1-2001 prevede che le
1591 seguenti proprietà non vengano preservate:
1593 \item gli eventuali stack alternativi per i segnali (vedi
1594 sez.~\ref{sec:sig_specific_features});
1595 \item i \textit{directory stream} (vedi sez.~\ref{sec:file_dir_read}), che
1597 \item le mappature dei file in memoria (vedi sez.~\ref{sec:file_memory_map});
1598 \item i segmenti di memoria condivisa SysV (vedi sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm})
1599 e POSIX (vedi sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm});
1600 \item i \textit{memory lock} (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_lock});
1601 \item le funzioni registrate all'uscita (vedi sez.~\ref{sec:proc_atexit});
1602 \item i semafori e le code di messaggi POSIX (vedi
1603 sez.~\ref{sec:ipc_posix_sem} e sez.~\ref{sec:ipc_posix_mq});
1604 \item i timer POSIX (vedi sez.~\ref{sec:sig_timer_adv}).
1607 Inoltre i segnali che sono stati impostati per essere ignorati nel processo
1608 chiamante mantengono la stessa impostazione pure nel nuovo programma, ma tutti
1609 gli altri segnali, ed in particolare quelli per i quali è stato installato un
1610 gestore vengono impostati alla loro azione predefinita (vedi
1611 sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}). Un caso speciale è il segnale \signal{SIGCHLD}
1612 che, quando impostato a \const{SIG\_IGN}, potrebbe anche essere reimpostato a
1613 \const{SIG\_DFL}. Lo standard POSIX.1-2001 prevede che questo comportamento
1614 sia deciso dalla singola implementazione, quella di Linux è di non modificare
1615 l'impostazione precedente.
1617 Oltre alle precedenti, che sono completamente generali e disponibili anche su
1618 altri sistemi unix-like, esistono altre proprietà dei processi, attinenti alle
1619 caratteristiche specifiche di Linux, che non vengono preservate
1620 nell'esecuzione della funzione \func{exec}, queste sono:
1622 \item le operazioni di I/O asincrono (vedi sez.~\ref{sec:file_asyncronous_io})
1623 pendenti vengono cancellate;
1624 \item le \textit{capabilities} vengono modificate come
1625 illustrato in sez.~\ref{sec:proc_capabilities};
1626 \item tutti i \textit{thread} tranne il chiamante\unavref{ (vedi
1627 sez.~\ref{sec:thread_xxx})} vengono cancellati e tutti gli oggetti ad essi
1628 relativi\unavref{ (vedi sez.~\ref{sec:thread_xxx})} sono rimossi;
1629 \item viene impostato il flag \const{PR\_SET\_DUMPABLE} di \func{prctl} (vedi
1630 sez.~\ref{sec:process_prctl}) a meno che il programma da eseguire non sia
1631 \acr{suid} o \acr{sgid} (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id} e
1632 sez.~\ref{sec:file_special_perm});
1633 \item il flag \const{PR\_SET\_KEEPCAPS} di \func{prctl} (vedi
1634 sez.~\ref{sec:process_prctl}) viene cancellato;
1635 \item il nome del processo viene impostato al nome del file contenente il
1636 programma messo in esecuzione;
1637 \item il segnale di terminazione viene reimpostato a \signal{SIGCHLD};
1638 \item l'ambiente viene reinizializzato impostando le variabili attinenti alla
1639 localizzazione al valore di default POSIX.
1642 \itindbeg{close-on-exec}
1644 La gestione dei file aperti nel passaggio al nuovo programma lanciato con
1645 \func{exec} dipende dal valore che ha il flag di \textit{close-on-exec} (vedi
1646 sez.~\ref{sec:file_fcntl_ioctl}) per ciascun \textit{file descriptor}. I file
1647 per cui è impostato vengono chiusi, tutti gli altri file restano
1648 aperti. Questo significa che il comportamento predefinito è che i file restano
1649 aperti attraverso una \func{exec}, a meno di una chiamata esplicita a
1650 \func{fcntl} che imposti il suddetto flag. Per le directory, lo standard
1651 POSIX.1 richiede che esse vengano chiuse attraverso una \func{exec}, in genere
1652 questo è fatto dalla funzione \func{opendir} (vedi
1653 sez.~\ref{sec:file_dir_read}) che effettua da sola l'impostazione del flag di
1654 \textit{close-on-exec} sulle directory che apre, in maniera trasparente
1657 \itindend{close-on-exec}
1659 Il comportamento della funzione in relazione agli identificatori relativi al
1660 controllo di accesso verrà trattato in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_perms},
1661 qui è sufficiente anticipare (si faccia riferimento a
1662 sez.~\ref{sec:proc_access_id} per la definizione di questi identificatori)
1663 come l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID reale} restano sempre gli
1664 stessi, mentre l'\textsl{user-ID salvato} ed il \textsl{group-ID salvato}
1665 vengono impostati rispettivamente all'\textsl{user-ID effettivo} ed il
1666 \textsl{group-ID effettivo}. Questi ultimi normalmente non vengono modificati,
1667 a meno che il file di cui viene chiesta l'esecuzione non abbia o il \acr{suid}
1668 bit o lo \acr{sgid} bit impostato (vedi sez.~\ref{sec:file_special_perm}), in
1669 questo caso l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo}
1670 vengono impostati rispettivamente all'utente o al gruppo cui il file
1673 Se il file da eseguire è in formato \emph{a.out} e necessita di librerie
1674 condivise, viene lanciato il \textit{linker} dinamico \cmd{/lib/ld.so} prima
1675 del programma per caricare le librerie necessarie ed effettuare il link
1676 dell'eseguibile; il formato è ormai in completo disuso, per cui è molto
1677 probabile che non il relativo supporto non sia disponibile. Se il programma è
1678 in formato ELF per caricare le librerie dinamiche viene usato l'interprete
1679 indicato nel segmento \constd{PT\_INTERP} previsto dal formato stesso, in
1680 genere questo è \sysfiled{/lib/ld-linux.so.1} per programmi collegati con la
1681 \acr{libc5}, e \sysfiled{/lib/ld-linux.so.2} per programmi collegati con la
1684 Infine nel caso il programma che si vuole eseguire sia uno script e non un
1685 binario, questo deve essere un file di testo che deve iniziare con una linea
1688 #!/path/to/interpreter [argomenti]
1690 dove l'interprete indicato deve essere un eseguibile binario e non un altro
1691 script, che verrà chiamato come se si fosse eseguito il comando
1692 \cmd{interpreter [argomenti] filename}.
1694 Si tenga presente che con Linux quanto viene scritto come \texttt{argomenti}
1695 viene passato all'interprete come un unico argomento con una unica stringa di
1696 lunghezza massima di 127 caratteri e se questa dimensione viene ecceduta la
1697 stringa viene troncata; altri Unix hanno dimensioni massime diverse, e diversi
1698 comportamenti, ad esempio FreeBSD esegue la scansione della riga e la divide
1699 nei vari argomenti e se è troppo lunga restituisce un errore di
1700 \errval{ENAMETOOLONG}; una comparazione dei vari comportamenti sui diversi
1701 sistemi unix-like si trova su
1702 \url{http://www.in-ulm.de/~mascheck/various/shebang/}.
1704 Con la famiglia delle \func{exec} si chiude il novero delle funzioni su cui è
1705 basata la gestione tradizionale dei processi in Unix: con \func{fork} si crea
1706 un nuovo processo, con \func{exec} si lancia un nuovo programma, con
1707 \func{exit} e \func{wait} si effettua e verifica la conclusione dei
1708 processi. Tutte le altre funzioni sono ausiliarie e servono per la lettura e
1709 l'impostazione dei vari parametri connessi ai processi.
1713 \section{Il controllo di accesso}
1714 \label{sec:proc_perms}
1716 In questa sezione esamineremo le problematiche relative al controllo di
1717 accesso dal punto di vista dei processi; vedremo quali sono gli identificatori
1718 usati, come questi possono essere modificati nella creazione e nel lancio di
1719 nuovi processi, le varie funzioni per la loro manipolazione diretta e tutte le
1720 problematiche connesse ad una gestione accorta dei privilegi.
1723 \subsection{Gli identificatori del controllo di accesso}
1724 \label{sec:proc_access_id}
1726 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_multiuser} il modello base\footnote{in
1727 realtà già esistono estensioni di questo modello base, che lo rendono più
1728 flessibile e controllabile, come le \textit{capabilities} illustrate in
1729 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}, le ACL per i file (vedi
1730 sez.~\ref{sec:file_ACL}) o il \textit{Mandatory Access Control} di
1731 \textit{SELinux}; inoltre basandosi sul lavoro effettuato con
1732 \textit{SELinux}, a partire dal kernel 2.5.x, è iniziato lo sviluppo di una
1733 infrastruttura di sicurezza, i \textit{Linux Security Modules}, o LSM, in
1734 grado di fornire diversi agganci a livello del kernel per modularizzare
1735 tutti i possibili controlli di accesso, cosa che ha permesso di realizzare
1736 diverse alternative a \textit{SELinux}.}
1737 di sicurezza di un sistema unix-like è fondato sui concetti di utente e
1738 gruppo, e sulla separazione fra l'amministratore (\textsl{root}, detto spesso
1739 anche \textit{superuser}) che non è sottoposto a restrizioni, ed il resto
1740 degli utenti, per i quali invece vengono effettuati i vari controlli di
1743 Abbiamo già accennato come il sistema associ ad ogni utente e gruppo due
1744 identificatori univoci, lo \itindex{User~ID~(UID)} \textsl{User-ID}
1745 (abbreviato in \ids{UID}) ed il \itindex{Group~ID~(GID)} \textsl{Group-ID}
1746 (abbreviato in \ids{GID}). Questi servono al kernel per identificare uno
1747 specifico utente o un gruppo di utenti, per poi poter controllare che essi
1748 siano autorizzati a compiere le operazioni richieste. Ad esempio in
1749 sez.~\ref{sec:file_access_control} vedremo come ad ogni file vengano associati
1750 un utente ed un gruppo (i suoi \textsl{proprietari}, indicati appunto tramite
1751 un \ids{UID} ed un \ids{GID}) che vengono controllati dal kernel nella
1752 gestione dei permessi di accesso.
1754 Dato che tutte le operazioni del sistema vengono compiute dai processi, è
1755 evidente che per poter implementare un controllo sulle operazioni occorre
1756 anche poter identificare chi è che ha lanciato un certo programma, e pertanto
1757 anche a ciascun processo dovrà essere associato un utente e un gruppo.
1759 Un semplice controllo di una corrispondenza fra identificativi non garantisce
1760 però sufficiente flessibilità per tutti quei casi in cui è necessario poter
1761 disporre di privilegi diversi, o dover impersonare un altro utente per un
1762 limitato insieme di operazioni. Per questo motivo in generale tutti i sistemi
1763 unix-like prevedono che i processi abbiano almeno due gruppi di
1764 identificatori, chiamati rispettivamente \textit{real} ed \textit{effective}
1765 (cioè \textsl{reali} ed \textsl{effettivi}). Nel caso di Linux si aggiungono
1766 poi altri due gruppi, il \textit{saved} (\textsl{salvati}) ed il
1767 \textit{filesystem} (\textsl{di filesystem}), secondo la situazione illustrata
1768 in tab.~\ref{tab:proc_uid_gid}.
1773 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|p{7cm}|}
1775 \textbf{Suffisso} & \textbf{Gruppo} & \textbf{Denominazione}
1776 & \textbf{Significato} \\
1779 \texttt{uid} & \textit{real} & \textsl{user-ID reale}
1780 & Indica l'utente che ha lanciato il programma.\\
1781 \texttt{gid} & '' &\textsl{group-ID reale}
1782 & Indica il gruppo principale dell'utente che ha lanciato
1785 \texttt{euid}& \textit{effective} &\textsl{user-ID effettivo}
1786 & Indica l'utente usato nel controllo di accesso.\\
1787 \texttt{egid}& '' & \textsl{group-ID effettivo}
1788 & Indica il gruppo usato nel controllo di accesso.\\
1789 -- & -- & \textsl{group-ID supplementari}
1790 & Indicano gli ulteriori gruppi cui l'utente appartiene.\\
1792 -- & \textit{saved} & \textsl{user-ID salvato}
1793 & Mantiene una copia dell'\acr{euid} iniziale.\\
1794 -- & '' & \textsl{group-ID salvato}
1795 & Mantiene una copia dell'\acr{egid} iniziale.\\
1797 \texttt{fsuid}& \textit{filesystem} &\textsl{user-ID di filesystem}
1798 & Indica l'utente effettivo per l'accesso al filesystem. \\
1799 \texttt{fsgid}& '' & \textsl{group-ID di filesystem}
1800 & Indica il gruppo effettivo per l'accesso al filesystem.\\
1803 \caption{Identificatori di utente e gruppo associati a ciascun processo con
1804 indicazione dei suffissi usati dalle varie funzioni di manipolazione.}
1805 \label{tab:proc_uid_gid}
1808 Al primo gruppo appartengono l'\ids{UID} \textsl{reale} ed il \ids{GID}
1809 \textsl{reale}: questi vengono impostati al login ai valori corrispondenti
1810 all'utente con cui si accede al sistema (e relativo gruppo principale).
1811 Servono per l'identificazione dell'utente e normalmente non vengono mai
1812 cambiati. In realtà vedremo (in sez.~\ref{sec:proc_setuid}) che è possibile
1813 modificarli, ma solo ad un processo che abbia i privilegi di amministratore;
1814 questa possibilità è usata proprio dal programma \cmd{login} che, una volta
1815 completata la procedura di autenticazione, lancia una shell per la quale
1816 imposta questi identificatori ai valori corrispondenti all'utente che entra
1819 Al secondo gruppo appartengono l'\ids{UID} \textsl{effettivo} e il \ids{GID}
1820 \textsl{effettivo}, a cui si aggiungono gli eventuali \ids{GID}
1821 \textsl{supplementari} dei gruppi dei quali l'utente fa parte. Questi sono
1822 invece gli identificatori usati nelle verifiche dei permessi del processo e
1823 per il controllo di accesso ai file (argomento affrontato in dettaglio in
1824 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
1826 Questi identificatori normalmente sono identici ai corrispondenti del gruppo
1827 \textit{real} tranne nel caso in cui, come accennato in
1828 sez.~\ref{sec:proc_exec}, il programma che si è posto in esecuzione abbia i
1829 bit \acr{suid} o \acr{sgid} impostati (il significato di questi bit è
1830 affrontato in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_special_perm}). In questo caso
1831 essi saranno impostati all'utente e al gruppo proprietari del file. Questo
1832 consente, per programmi in cui ci sia questa necessità, di dare a qualunque
1833 utente i privilegi o i permessi di un altro, compreso l'amministratore.
1835 Come nel caso del \ids{PID} e del \ids{PPID}, anche tutti questi
1836 identificatori possono essere ottenuti da un programma attraverso altrettante
1837 funzioni di sistema dedicate alla loro lettura, queste sono \funcd{getuid},
1838 \funcd{geteuid}, \funcd{getgid} e \funcd{getegid}, ed i loro prototipi sono:
1843 \fdecl{uid\_t getuid(void)}
1844 \fdesc{Legge l'\ids{UID} reale del processo corrente.}
1845 \fdecl{uid\_t geteuid(void)}
1846 \fdesc{Legge l'\ids{UID} effettivo del processo corrente.}
1847 \fdecl{gid\_t getgid(void)}
1848 \fdesc{Legge il \ids{GID} reale del processo corrente.}
1849 \fdecl{gid\_t getegid(void)}
1850 \fdesc{Legge il \ids{GID} effettivo del processo corrente.}
1852 {Le funzioni ritornano i rispettivi identificativi del processo corrente, e
1853 non sono previste condizioni di errore.}
1856 In generale l'uso di privilegi superiori, ottenibile con un \ids{UID}
1857 \textsl{effettivo} diverso da quello reale, deve essere limitato il più
1858 possibile, per evitare abusi e problemi di sicurezza, per questo occorre anche
1859 un meccanismo che consenta ad un programma di rilasciare gli eventuali
1860 maggiori privilegi necessari, una volta che si siano effettuate le operazioni
1861 per i quali erano richiesti, e a poterli eventualmente recuperare in caso
1864 Questo in Linux viene fatto usando altri due gruppi di identificatori, il
1865 \textit{saved} ed il \textit{filesystem}. Il primo gruppo è lo stesso usato in
1866 SVr4, e previsto dallo standard POSIX quando è definita
1867 \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS},\footnote{in caso si abbia a cuore la portabilità
1868 del programma su altri Unix è buona norma controllare sempre la
1869 disponibilità di queste funzioni controllando se questa costante è
1870 definita.} il secondo gruppo è specifico di Linux e viene usato per
1871 migliorare la sicurezza con NFS (il \textit{Network File System}, protocollo
1872 che consente di accedere ai file via rete).
1874 L'\ids{UID} \textsl{salvato} ed il \ids{GID} \textsl{salvato} sono copie
1875 dell'\ids{UID} \textsl{effettivo} e del \ids{GID} \textsl{effettivo} del
1876 processo padre, e vengono impostati dalla funzione \func{exec} all'avvio del
1877 processo, come copie dell'\ids{UID} \textsl{effettivo} e del \ids{GID}
1878 \textsl{effettivo} dopo che questi sono stati impostati tenendo conto di
1879 eventuali permessi \acr{suid} o \acr{sgid} (su cui torneremo in
1880 sez.~\ref{sec:file_special_perm}). Essi quindi consentono di tenere traccia
1881 di quale fossero utente e gruppo effettivi all'inizio dell'esecuzione di un
1884 L'\ids{UID} \textsl{di filesystem} e il \ids{GID} \textsl{di filesystem} sono
1885 un'estensione introdotta in Linux per rendere più sicuro l'uso di NFS
1886 (torneremo sull'argomento in sez.~\ref{sec:proc_setuid}). Essi sono una
1887 replica dei corrispondenti identificatori del gruppo \textit{effective}, ai
1888 quali si sostituiscono per tutte le operazioni di verifica dei permessi
1889 relativi ai file (trattate in sez.~\ref{sec:file_perm_overview}). Ogni
1890 cambiamento effettuato sugli identificatori effettivi viene automaticamente
1891 riportato su di essi, per cui in condizioni normali si può tranquillamente
1892 ignorarne l'esistenza, in quanto saranno del tutto equivalenti ai precedenti.
1895 \subsection{Le funzioni di gestione degli identificatori dei processi}
1896 \label{sec:proc_setuid}
1898 Le funzioni di sistema più comuni che vengono usate per cambiare identità
1899 (cioè utente e gruppo di appartenenza) ad un processo, e che come accennato in
1900 sez.~\ref{sec:proc_access_id} seguono la semantica POSIX che prevede
1901 l'esistenza dell'\ids{UID} salvato e del \ids{GID} salvato, sono
1902 rispettivamente \funcd{setuid} e \funcd{setgid}; i loro prototipi sono:
1907 \fdecl{int setuid(uid\_t uid)}
1908 \fdesc{Imposta l'\ids{UID} del processo corrente.}
1909 \fdecl{int setgid(gid\_t gid)}
1910 \fdesc{Imposta il \ids{GID} del processo corrente.}
1912 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1913 caso \var{errno} uno dei valori:
1915 \item[\errcode{EAGAIN}] (solo per \func{setuid}) la chiamata cambierebbe
1916 l'\ids{UID} reale ma il kernel non dispone temporaneamente delle risorse per
1917 farlo, oppure, per i kernel precedenti il 3.1, il cambiamento
1918 dell'\ids{UID} reale farebbe superare il limite per il numero dei processi
1919 \const{RLIMIT\_NPROC} (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}).
1920 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di dell'argomento non è valido per il
1921 \textit{namespace} corrente (vedi sez.~\ref{sec:process_namespaces}).
1922 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno i permessi per l'operazione richiesta.
1927 Il funzionamento di queste due funzioni è analogo, per cui considereremo solo
1928 la prima, la seconda si comporta esattamente allo stesso modo facendo
1929 riferimento al \ids{GID} invece che all'\ids{UID}. Gli eventuali \ids{GID}
1930 supplementari non vengono modificati.
1932 L'effetto della chiamata è diverso a seconda dei privilegi del processo; se
1933 l'\ids{UID} effettivo è zero (cioè è quello dell'amministratore di sistema o
1934 il processo ha la capacità \const{CAP\_SETUID}) allora tutti gli
1935 identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e \textit{saved}) vengono
1936 impostati al valore specificato da \param{uid}, altrimenti viene impostato
1937 solo l'\ids{UID} effettivo, e soltanto se il valore specificato corrisponde o
1938 all'\ids{UID} reale o all'\ids{UID} salvato, ottenendo un errore di
1939 \errcode{EPERM} negli altri casi.
1941 E' importante notare che la funzione può fallire, con
1942 \errval{EAGAIN},\footnote{non affronteremo qui l'altro caso di errore, che può
1943 avvenire solo quando si esegue la funzione all'interno di un diverso
1944 \textit{user namespace}, argomento su cui torneremo in
1945 sez.~\ref{sec:process_namespaces} ma la considerazione di controllare sempre
1946 lo stato di uscita si applica allo stesso modo.} anche quando viene invocata
1947 da un processo con privilegi di amministratore per cambiare il proprio
1948 l'\ids{UID} reale, sia per una temporanea indisponibilità di risorse del
1949 kernel, sia perché l'utente di cui si vuole assumere l'\ids{UID} andrebbe a
1950 superare un eventuale limite sul numero di processi (il limite
1951 \const{RLIMIT\_NPROC}, che tratteremo in sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}),
1952 pertanto occorre sempre verificare lo stato di uscita della funzione.
1954 Non controllare questo tipo di errori perché si presume che la funzione abbia
1955 sempre successo quando si hanno i privilegi di amministratore può avere
1956 conseguente devastanti per la sicurezza, in particolare quando la si usa per
1957 cedere i suddetti privilegi ed eseguire un programma per conto di un utente
1960 E' per diminuire l'impatto di questo tipo di disattenzioni che a partire dal
1961 kernel 3.1 il comportamento di \func{setuid} e di tutte le analoghe funzioni
1962 che tratteremo nel seguito di questa sezione è stato modificato e nel caso di
1963 superamento del limite sulle risorse esse hanno comunque successo. Quando
1964 questo avviene il processo assume comunque il nuovo \ids{UID} ed il controllo
1965 sul superamento di \const{RLIMIT\_NPROC} viene posticipato ad una eventuale
1966 successiva invocazione di \func{execve} (essendo questo poi il caso d'uso più
1967 comune). In tal caso, se alla chiamata ancora sussiste la situazione di
1968 superamento del limite, sarà \func{execve} a fallire con un errore di
1969 \const{EAGAIN}.\footnote{che pertanto, a partire dal kernel 3.1, può
1970 restituire anche questo errore, non presente in altri sistemi
1971 \textit{unix-like}.}
1973 Come accennato l'uso principale di queste funzioni è quello di poter
1974 consentire ad un programma con i bit \acr{suid} o \acr{sgid} impostati (vedi
1975 sez.~\ref{sec:file_special_perm}) di riportare l'\ids{UID} effettivo a quello
1976 dell'utente che ha lanciato il programma, effettuare il lavoro che non
1977 necessita di privilegi aggiuntivi, ed eventualmente tornare indietro.
1979 Come esempio per chiarire l'uso di queste funzioni prendiamo quello con cui
1980 viene gestito l'accesso al file \sysfiled{/var/run/utmp}. In questo file viene
1981 registrato chi sta usando il sistema al momento corrente; chiaramente non può
1982 essere lasciato aperto in scrittura a qualunque utente, che potrebbe
1983 falsificare la registrazione.
1985 Per questo motivo questo file (e l'analogo \sysfiled{/var/log/wtmp} su cui
1986 vengono registrati login e logout) appartengono ad un gruppo dedicato (in
1987 genere \acr{utmp}) ed i programmi che devono accedervi (ad esempio tutti i
1988 programmi di terminale in X, o il programma \cmd{screen} che crea terminali
1989 multipli su una console) appartengono a questo gruppo ed hanno il bit
1990 \acr{sgid} impostato.
1992 Quando uno di questi programmi (ad esempio \cmd{xterm}) viene lanciato, la
1993 situazione degli identificatori è la seguente:
1996 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\ids{GID} (del chiamante)} \\
1997 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1998 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp}}
2000 in questo modo, dato che il \textsl{group-ID effettivo} è quello giusto, il
2001 programma può accedere a \sysfile{/var/run/utmp} in scrittura ed aggiornarlo.
2002 A questo punto il programma può eseguire una \code{setgid(getgid())} per
2003 impostare il \textsl{group-ID effettivo} a quello dell'utente (e dato che il
2004 \textsl{group-ID reale} corrisponde la funzione avrà successo), in questo modo
2005 non sarà possibile lanciare dal terminale programmi che modificano detto file,
2006 in tal caso infatti la situazione degli identificatori sarebbe:
2009 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\ids{GID} (invariato)} \\
2010 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\ids{GID}} \\
2011 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
2013 e ogni processo lanciato dal terminale avrebbe comunque \ids{GID} come
2014 \textsl{group-ID effettivo}. All'uscita dal terminale, per poter di nuovo
2015 aggiornare lo stato di \sysfile{/var/run/utmp} il programma eseguirà una
2016 \code{setgid(utmp)} (dove \var{utmp} è il valore numerico associato al gruppo
2017 \acr{utmp}, ottenuto ad esempio con una precedente \func{getegid}), dato che
2018 in questo caso il valore richiesto corrisponde al \textsl{group-ID salvato} la
2019 funzione avrà successo e riporterà la situazione a:
2022 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\ids{GID} (invariato)} \\
2023 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
2024 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
2026 consentendo l'accesso a \sysfile{/var/run/utmp}.
2028 Occorre però tenere conto che tutto questo non è possibile con un processo con
2029 i privilegi di amministratore, in tal caso infatti l'esecuzione di una
2030 \func{setuid} comporta il cambiamento di tutti gli identificatori associati al
2031 processo, rendendo impossibile riguadagnare i privilegi di amministratore.
2032 Questo comportamento è corretto per l'uso che ne fa un programma come
2033 \cmd{login} una volta che crea una nuova shell per l'utente, ma quando si
2034 vuole cambiare soltanto l'\ids{UID} effettivo del processo per cedere i
2035 privilegi occorre ricorrere ad altre funzioni.
2037 Le due funzioni di sistema \funcd{setreuid} e \funcd{setregid} derivano da BSD
2038 che, non supportando (almeno fino alla versione 4.3+BSD) gli identificatori
2039 del gruppo \textit{saved}, le usa per poter scambiare fra di loro
2040 \textit{effective} e \textit{real}; i rispettivi prototipi sono:
2045 \fdecl{int setreuid(uid\_t ruid, uid\_t euid)}
2046 \fdesc{Imposta \ids{UID} reale e \ids{UID} effettivo del processo corrente.}
2047 \fdecl{int setregid(gid\_t rgid, gid\_t egid)}
2048 \fdesc{Imposta \ids{GID} reale e \ids{GID} effettivo del processo corrente.}
2050 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2051 caso \var{errno} assume i valori visti per \func{setuid}/\func{setgid}.
2055 Le due funzioni sono identiche, quanto diremo per la prima riguardo gli
2056 \ids{UID} si applica alla seconda per i \ids{GID}. La funzione
2057 \func{setreuid} imposta rispettivamente l'\ids{UID} reale e l'\ids{UID}
2058 effettivo del processo corrente ai valori specificati da \param{ruid}
2061 I processi non privilegiati possono impostare solo valori che corrispondano o
2062 al loro \ids{UID} effettivo o a quello reale o a quello salvato, valori
2063 diversi comportano il fallimento della chiamata. L'amministratore invece può
2064 specificare un valore qualunque. Specificando un argomento di valore $-1$
2065 l'identificatore corrispondente verrà lasciato inalterato.
2067 Con queste funzioni si possono scambiare fra loro gli \ids{UID} reale ed
2068 effettivo, e pertanto è possibile implementare un comportamento simile a
2069 quello visto in precedenza per \func{setgid}, cedendo i privilegi con un primo
2070 scambio, e recuperandoli, una volta eseguito il lavoro non privilegiato, con
2073 In questo caso però occorre porre molta attenzione quando si creano nuovi
2074 processi nella fase intermedia in cui si sono scambiati gli identificatori, in
2075 questo caso infatti essi avranno un \ids{UID} reale privilegiato, che dovrà
2076 essere esplicitamente eliminato prima di porre in esecuzione un nuovo
2077 programma, occorrerà cioè eseguire un'altra chiamata dopo la \func{fork} e
2078 prima della \func{exec} per uniformare l'\ids{UID} reale a quello effettivo,
2079 perché in caso contrario il nuovo programma potrebbe a sua volta effettuare
2080 uno scambio e riottenere dei privilegi non previsti.
2082 Lo stesso problema di propagazione dei privilegi ad eventuali processi figli
2083 si pone anche per l'\ids{UID} salvato. Ma la funzione \func{setreuid} deriva
2084 da un'implementazione di sistema che non ne prevede la presenza, e quindi non
2085 è possibile usarla per correggere la situazione come nel caso precedente. Per
2086 questo motivo in Linux tutte le volte che si imposta un qualunque valore
2087 diverso da quello dall'\ids{UID} reale corrente, l'\ids{UID} salvato viene
2088 automaticamente uniformato al valore dell'\ids{UID} effettivo.
2090 Altre due funzioni di sistema, \funcd{seteuid} e \funcd{setegid}, sono
2091 un'estensione dello standard POSIX.1, ma sono comunque supportate dalla
2092 maggior parte degli Unix, esse vengono usate per cambiare gli identificatori
2093 del gruppo \textit{effective} ed i loro prototipi sono:
2098 \fdecl{int seteuid(uid\_t uid)}
2099 \fdesc{Imposta l'\ids{UID} effettivo del processo corrente.}
2100 \fdecl{int setegid(gid\_t gid)}
2101 \fdesc{Imposta il \ids{GID} effettivo del processo corrente.}
2103 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2104 caso \var{errno} assume i valori visti per \func{setuid}/\func{setgid}
2105 tranne \errval{EAGAIN}.
2109 Ancora una volta le due funzioni sono identiche, e quanto diremo per la prima
2110 riguardo gli \ids{UID} si applica allo stesso modo alla seconda per i
2111 \ids{GID}. Con \func{seteuid} gli utenti normali possono impostare l'\ids{UID}
2112 effettivo solo al valore dell'\ids{UID} reale o dell'\ids{UID} salvato,
2113 l'amministratore può specificare qualunque valore. Queste funzioni sono usate
2114 per permettere all'amministratore di impostare solo l'\ids{UID} effettivo,
2115 dato che l'uso normale di \func{setuid} comporta l'impostazione di tutti gli
2118 Le due funzioni di sistema \funcd{setresuid} e \funcd{setresgid} sono invece
2119 un'estensione introdotta in Linux (a partire dal kernel 2.1.44) e permettono
2120 un completo controllo su tutti e tre i gruppi di identificatori
2121 (\textit{real}, \textit{effective} e \textit{saved}), i loro prototipi sono:
2126 \fdecl{int setresuid(uid\_t ruid, uid\_t euid, uid\_t suid)}
2127 \fdesc{Imposta l'\ids{UID} reale, effettivo e salvato del processo corrente.}
2128 \fdecl{int setresgid(gid\_t rgid, gid\_t egid, gid\_t sgid)}
2129 \fdesc{Imposta il \ids{GID} reale, effettivo e salvato del processo corrente.}
2131 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2132 caso \var{errno} assume i valori visti per \func{setuid}/\func{setgid}.
2136 Di nuovo le due funzioni sono identiche e quanto detto per la prima riguardo
2137 gli \ids{UID} si applica alla seconda per i \ids{GID}. La funzione
2138 \func{setresuid} imposta l'\ids{UID} reale, l'\ids{UID} effettivo e
2139 l'\ids{UID} salvato del processo corrente ai valori specificati
2140 rispettivamente dagli argomenti \param{ruid}, \param{euid} e \param{suid}. I
2141 processi non privilegiati possono cambiare uno qualunque degli \ids{UID} solo
2142 ad un valore corrispondente o all'\ids{UID} reale, o a quello effettivo o a
2143 quello salvato, l'amministratore può specificare i valori che vuole. Un valore
2144 di $-1$ per un qualunque argomento lascia inalterato l'identificatore
2147 Per queste funzioni di sistema esistono anche due controparti,
2148 \funcd{getresuid} e \funcd{getresgid},\footnote{le funzioni non sono standard,
2149 anche se appaiono in altri kernel, su Linux sono presenti dal kernel 2.1.44
2150 e con le versioni della \acr{glibc} a partire dalla 2.3.2, definendo la
2151 macro \macro{\_GNU\_SOURCE}.} che permettono di leggere in blocco i vari
2152 identificatori; i loro prototipi sono:
2157 \fdecl{int getresuid(uid\_t *ruid, uid\_t *euid, uid\_t *suid)}
2158 \fdesc{Legge l'\ids{UID} reale, effettivo e salvato del processo corrente.}
2159 \fdecl{int getresgid(gid\_t *rgid, gid\_t *egid, gid\_t *sgid)}
2160 \fdesc{Legge il \ids{GID} reale, effettivo e salvato del processo corrente.}
2162 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2163 caso \var{errno} può assumere solo il valore \errcode{EFAULT} se gli
2164 indirizzi delle variabili di ritorno non sono validi. }
2167 Anche queste funzioni sono un'estensione specifica di Linux, e non richiedono
2168 nessun privilegio. I valori sono restituiti negli argomenti, che vanno
2169 specificati come puntatori (è un altro esempio di \textit{value result
2170 argument}). Si noti che queste funzioni sono le uniche in grado di leggere
2171 gli identificatori del gruppo \textit{saved}.
2173 Infine le funzioni \func{setfsuid} e \func{setfsgid} servono per impostare gli
2174 identificatori del gruppo \textit{filesystem} che sono usati da Linux per il
2175 controllo dell'accesso ai file. Come già accennato in
2176 sez.~\ref{sec:proc_access_id} Linux definisce questo ulteriore gruppo di
2177 identificatori, che in circostanze normali sono assolutamente equivalenti a
2178 quelli del gruppo \textit{effective}, dato che ogni cambiamento di questi
2179 ultimi viene immediatamente riportato su di essi.
2181 C'è un solo caso in cui si ha necessità di introdurre una differenza fra gli
2182 identificatori dei gruppi \textit{effective} e \textit{filesystem}, ed è per
2183 ovviare ad un problema di sicurezza che si presenta quando si deve
2184 implementare un server NFS.
2186 Il server NFS infatti deve poter cambiare l'identificatore con cui accede ai
2187 file per assumere l'identità del singolo utente remoto, ma se questo viene
2188 fatto cambiando l'\ids{UID} effettivo o l'\ids{UID} reale il server si espone
2189 alla ricezione di eventuali segnali ostili da parte dell'utente di cui ha
2190 temporaneamente assunto l'identità. Cambiando solo l'\ids{UID} di filesystem
2191 si ottengono i privilegi necessari per accedere ai file, mantenendo quelli
2192 originari per quanto riguarda tutti gli altri controlli di accesso, così che
2193 l'utente non possa inviare segnali al server NFS.
2195 Le due funzioni di sistema usate appositamente per cambiare questi
2196 identificatori sono \funcd{setfsuid} e \funcd{setfsgid} ovviamente sono
2197 specifiche di Linux e non devono essere usate se si intendono scrivere
2198 programmi portabili; i loro prototipi sono:
2202 \fdecl{int setfsuid(uid\_t fsuid)}
2203 \fdesc{Imposta l'\ids{UID} di filesystem del processo corrente.}
2204 \fdecl{int setfsgid(gid\_t fsgid)}
2205 \fdesc{Legge il \ids{GID} di filesystem del processo corrente.}
2208 {Le funzioni restituiscono sia in caso di successo che di errore il valore
2209 corrente dell'identificativo, e in caso di errore non viene impostato nessun
2210 codice in \var{errno}.}
2213 Le due funzioni sono analoghe ed usano il valore passato come argomento per
2214 effettuare l'impostazione dell'identificativo. Le funzioni hanno successo
2215 solo se il processo chiamante ha i privilegi di amministratore o, per gli
2216 altri utenti, se il valore specificato coincide con uno dei di quelli del
2217 gruppo \textit{real}, \textit{effective} o \textit{saved}.
2219 Il problema di queste funzioni è che non restituiscono un codice di errore e
2220 non c'è modo di sapere (con una singola chiamata) di sapere se hanno avuto
2221 successo o meno, per verificarlo occorre eseguire una chiamata aggiuntiva
2222 passando come argomento $-1$ (un valore impossibile per un identificativo),
2223 così fallendo si può di ottenere il valore corrente e verificare se è
2226 \subsection{Le funzioni per la gestione dei gruppi associati a un processo}
2227 \label{sec:proc_setgroups}
2229 Le ultime funzioni che esamineremo sono quelle che permettono di operare sui
2230 gruppi supplementari cui un utente può appartenere. Ogni processo può avere
2231 almeno \const{NGROUPS\_MAX} gruppi supplementari\footnote{il numero massimo di
2232 gruppi secondari può essere ottenuto con \func{sysconf} (vedi
2233 sez.~\ref{sec:sys_limits}), leggendo il parametro
2234 \const{\_SC\_NGROUPS\_MAX}.} in aggiunta al gruppo primario; questi vengono
2235 ereditati dal processo padre e possono essere cambiati con queste funzioni.
2237 La funzione di sistema che permette di leggere i gruppi supplementari
2238 associati ad un processo è \funcd{getgroups}; questa funzione è definita nello
2239 standard POSIX.1, ed il suo prototipo è:
2244 \fdecl{int getgroups(int size, gid\_t list[])}
2245 \fdesc{Legge gli identificatori dei gruppi supplementari.}
2247 {La funzione ritorna il numero di gruppi letti in caso di successo e $-1$ per
2248 un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2250 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2251 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è diverso da zero ma
2252 minore del numero di gruppi supplementari del processo.
2256 La funzione legge gli identificatori dei gruppi supplementari del processo sul
2257 vettore \param{list} che deve essere di dimensione pari a \param{size}. Non è
2258 specificato se la funzione inserisca o meno nella lista il \ids{GID} effettivo
2259 del processo. Se si specifica un valore di \param{size} uguale a $0$ allora
2260 l'argomento \param{list} non viene modificato, ma si ottiene dal valore di
2261 ritorno il numero di gruppi supplementari.
2263 Una seconda funzione, \funcd{getgrouplist}, può invece essere usata per
2264 ottenere tutti i gruppi a cui appartiene utente identificato per nome; il suo
2269 \fdecl{int getgrouplist(const char *user, gid\_t group, gid\_t *groups, int
2271 \fdesc{Legge i gruppi cui appartiene un utente.}
2273 {La funzione ritorna il numero di gruppi ottenuto in caso di successo e $-1$
2274 per un errore, che avviene solo quando il numero di gruppi è maggiore di
2275 quelli specificati con \param{ngroups}.}
2278 La funzione esegue una scansione del database dei gruppi (si veda
2279 sez.~\ref{sec:sys_user_group}) per leggere i gruppi supplementari dell'utente
2280 specificato per nome (e non con un \ids{UID}) nella stringa passata con
2281 l'argomento \param{user}. Ritorna poi nel vettore \param{groups} la lista dei
2282 \ids{GID} dei gruppi a cui l'utente appartiene. Si noti che \param{ngroups},
2283 che in ingresso deve indicare la dimensione di \param{group}, è passato come
2284 \textit{value result argument} perché, qualora il valore specificato sia
2285 troppo piccolo, la funzione ritorna $-1$, passando comunque indietro il numero
2286 dei gruppi trovati, in modo da poter ripetere la chiamata con un vettore di
2287 dimensioni adeguate.
2289 Infine per impostare i gruppi supplementari di un processo ci sono due
2290 funzioni, che possono essere usate solo se si hanno i privilegi di
2291 amministratore.\footnote{e più precisamente se si ha la \textit{capability}
2292 \const{CAP\_SETGID}.} La prima delle due è la funzione di sistema
2293 \funcd{setgroups},\footnote{la funzione è definita in BSD e SRv4, ma a
2294 differenza di \func{getgroups} non è stata inclusa in POSIX.1-2001, per
2295 poterla utilizzare deve essere definita la macro \macro{\_BSD\_SOURCE}.} ed
2300 \fdecl{int setgroups(size\_t size, gid\_t *list)}
2301 \fdesc{Imposta i gruppi supplementari del processo.}
2303 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2304 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2306 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
2307 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è maggiore del valore
2308 massimo consentito di gruppi supplementari.
2309 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
2313 La funzione imposta i gruppi supplementari del processo corrente ai valori
2314 specificati nel vettore passato con l'argomento \param{list}, di dimensioni
2315 date dall'argomento \param{size}. Il numero massimo di gruppi supplementari
2316 che si possono impostare è un parametro di sistema, che può essere ricavato
2317 con le modalità spiegate in sez.~\ref{sec:sys_characteristics}.
2319 Se invece si vogliono impostare i gruppi supplementari del processo a quelli
2320 di un utente specifico, si può usare la funzione \funcd{initgroups} il cui
2326 \fdecl{int initgroups(const char *user, gid\_t group)}
2327 \fdesc{Inizializza la lista dei gruppi supplementari.}
2329 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2330 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2332 \item[\errcode{ENOMEM}] non c'è memoria sufficiente per allocare lo spazio per
2333 informazioni dei gruppi.
2334 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
2338 La funzione esegue la scansione del database dei gruppi (usualmente
2339 \conffile{/etc/group}) cercando i gruppi di cui è membro l'utente \param{user}
2340 (di nuovo specificato per nome e non per \ids{UID}) con cui costruisce una
2341 lista di gruppi supplementari, a cui aggiunge anche \param{group}, infine
2342 imposta questa lista per il processo corrente usando \func{setgroups}. Si
2343 tenga presente che sia \func{setgroups} che \func{initgroups} non sono
2344 definite nello standard POSIX.1 e che pertanto non è possibile utilizzarle
2345 quando si definisce \macro{\_POSIX\_SOURCE} o si compila con il flag
2346 \cmd{-ansi}, è pertanto meglio evitarle se si vuole scrivere codice portabile.
2349 \section{La gestione della priorità dei processi}
2350 \label{sec:proc_priority}
2352 In questa sezione tratteremo più approfonditamente i meccanismi con il quale
2353 lo \textit{scheduler} assegna la CPU ai vari processi attivi. In particolare
2354 prenderemo in esame i vari meccanismi con cui viene gestita l'assegnazione del
2355 tempo di CPU, ed illustreremo le varie funzioni di gestione. Tratteremo infine
2356 anche le altre priorità dei processi (come quelle per l'accesso a disco)
2357 divenute disponibili con i kernel più recenti.
2360 \subsection{I meccanismi di \textit{scheduling}}
2361 \label{sec:proc_sched}
2363 \itindbeg{scheduler}
2365 La scelta di un meccanismo che sia in grado di distribuire in maniera efficace
2366 il tempo di CPU per l'esecuzione dei processi è sempre una questione delicata,
2367 ed oggetto di numerose ricerche; in generale essa dipende in maniera
2368 essenziale anche dal tipo di utilizzo che deve essere fatto del sistema, per
2369 cui non esiste un meccanismo che sia valido per tutti gli usi.
2371 La caratteristica specifica di un sistema \textit{multitasking} come Linux è
2372 quella del cosiddetto \itindex{preemptive~multitasking} \textit{preemptive
2373 multitasking}: questo significa che al contrario di altri sistemi (che usano
2374 invece il cosiddetto \itindex{cooperative~multitasking} \textit{cooperative
2375 multitasking}) non sono i singoli processi, ma il kernel stesso a decidere
2376 quando la CPU deve essere passata ad un altro processo. Come accennato in
2377 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy} questa scelta viene eseguita da una sezione
2378 apposita del kernel, lo \textit{scheduler}, il cui scopo è quello di
2379 distribuire al meglio il tempo di CPU fra i vari processi.
2381 La cosa è resa ancora più complicata dal fatto che con le architetture
2382 multi-processore si deve anche scegliere quale sia la CPU più opportuna da
2383 utilizzare.\footnote{nei processori moderni la presenza di ampie cache può
2384 rendere poco efficiente trasferire l'esecuzione di un processo da una CPU ad
2385 un'altra, per cui effettuare la migliore scelta fra le diverse CPU non è
2386 banale.} Tutto questo comunque appartiene alle sottigliezze
2387 dell'implementazione del kernel; dal punto di vista dei programmi che girano
2388 in \textit{user space}, anche quando si hanno più processori (e dei processi
2389 che sono eseguiti davvero in contemporanea), le politiche di
2390 \textit{scheduling} riguardano semplicemente l'allocazione della risorsa
2391 \textsl{tempo di esecuzione}, la cui assegnazione sarà governata dai
2392 meccanismi di scelta delle priorità che restano gli stessi indipendentemente
2393 dal numero di processori.
2395 Si tenga conto poi che i processi non devono solo eseguire del codice: ad
2396 esempio molto spesso saranno impegnati in operazioni di I/O, o potranno
2397 venire bloccati da un comando dal terminale, o sospesi per un certo periodo di
2398 tempo. In tutti questi casi la CPU diventa disponibile ed è compito dello
2399 kernel provvedere a mettere in esecuzione un altro processo.
2401 Tutte queste possibilità sono caratterizzate da un diverso \textsl{stato} del
2402 processo; in Linux un processo può trovarsi in uno degli stati riportati in
2403 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}; ma soltanto i processi che sono nello stato
2404 \textit{runnable} concorrono per l'esecuzione. Questo vuol dire che, qualunque
2405 sia la sua priorità, un processo non potrà mai essere messo in esecuzione
2406 fintanto che esso si trova in uno qualunque degli altri stati.
2411 \begin{tabular}[c]{|p{2.4cm}|c|p{9cm}|}
2413 \textbf{Stato} & \texttt{STAT} & \textbf{Descrizione} \\
2416 \textit{runnable}& \texttt{R} & Il processo è in esecuzione o è pronto ad
2417 essere eseguito (in attesa che gli
2418 venga assegnata la CPU).\\
2419 \textit{sleep} & \texttt{S} & Il processo è in attesa di un
2420 risposta dal sistema, ma può essere
2421 interrotto da un segnale.\\
2422 \textit{uninterrutible sleep}& \texttt{D} & Il processo è in
2423 attesa di un risposta dal sistema (in
2424 genere per I/O), e non può essere
2425 interrotto in nessuna circostanza.\\
2426 \textit{stopped} & \texttt{T} & Il processo è stato fermato con un
2427 \signal{SIGSTOP}, o è tracciato.\\
2428 \textit{zombie} & \texttt{Z} & Il processo è terminato ma il
2429 suo stato di terminazione non è ancora
2430 stato letto dal padre.\\
2431 \textit{killable}& \texttt{D} & Un nuovo stato introdotto con il kernel
2432 2.6.25, sostanzialmente identico
2433 all'\textit{uninterrutible sleep} con la
2434 sola differenza che il processo può
2435 terminato con \signal{SIGKILL} (usato per
2439 \caption{Elenco dei possibili stati di un processo in Linux, nella colonna
2440 \texttt{STAT} si è riportata la corrispondente lettera usata dal comando
2441 \cmd{ps} nell'omonimo campo.}
2442 \label{tab:proc_proc_states}
2445 Si deve quindi tenere presente che l'utilizzo della CPU è soltanto una delle
2446 risorse che sono necessarie per l'esecuzione di un programma, e a seconda
2447 dello scopo del programma non è detto neanche che sia la più importante, dato
2448 che molti programmi dipendono in maniera molto più critica dall'I/O. Per
2449 questo motivo non è affatto detto che dare ad un programma la massima priorità
2450 di esecuzione abbia risultati significativi in termini di prestazioni.
2452 Il meccanismo tradizionale di \textit{scheduling} di Unix (che tratteremo in
2453 sez.~\ref{sec:proc_sched_stand}) è sempre stato basato su delle
2454 \textsl{priorità dinamiche}, in modo da assicurare che tutti i processi, anche
2455 i meno importanti, potessero ricevere un po' di tempo di CPU. In sostanza
2456 quando un processo ottiene la CPU la sua priorità viene diminuita. In questo
2457 modo alla fine, anche un processo con priorità iniziale molto bassa, finisce
2458 per avere una priorità sufficiente per essere eseguito.
2460 Lo standard POSIX.1b però ha introdotto il concetto di \textsl{priorità
2461 assoluta}, (chiamata anche \textsl{priorità statica}, in contrapposizione
2462 alla normale priorità dinamica), per tenere conto dei sistemi
2463 \textit{real-time},\footnote{per sistema \textit{real-time} si intende un
2464 sistema in grado di eseguire operazioni in un tempo ben determinato; in
2465 genere si tende a distinguere fra l'\textit{hard real-time} in cui è
2466 necessario che i tempi di esecuzione di un programma siano determinabili con
2467 certezza assoluta (come nel caso di meccanismi di controllo di macchine,
2468 dove uno sforamento dei tempi avrebbe conseguenze disastrose), e
2469 \textit{soft-real-time} in cui un occasionale sforamento è ritenuto
2470 accettabile.} in cui è vitale che i processi che devono essere eseguiti in
2471 un determinato momento non debbano aspettare la conclusione di altri che non
2472 hanno questa necessità.
2474 Il concetto di priorità assoluta dice che quando due processi si contendono
2475 l'esecuzione, vince sempre quello con la priorità assoluta più alta.
2476 Ovviamente questo avviene solo per i processi che sono pronti per essere
2477 eseguiti (cioè nello stato \textit{runnable}). La priorità assoluta viene in
2478 genere indicata con un numero intero, ed un valore più alto comporta una
2479 priorità maggiore. Su questa politica di \textit{scheduling} torneremo in
2480 sez.~\ref{sec:proc_real_time}.
2482 In generale quello che succede in tutti gli Unix moderni è che ai processi
2483 normali viene sempre data una priorità assoluta pari a zero, e la decisione di
2484 assegnazione della CPU è fatta solo con il meccanismo tradizionale della
2485 priorità dinamica. In Linux tuttavia è possibile assegnare anche una priorità
2486 assoluta, nel qual caso un processo avrà la precedenza su tutti gli altri di
2487 priorità inferiore, che saranno eseguiti solo quando quest'ultimo non avrà
2491 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling} standard}
2492 \label{sec:proc_sched_stand}
2494 A meno che non si abbiano esigenze specifiche,\footnote{per alcune delle quali
2495 sono state introdotte delle varianti specifiche.} l'unico meccanismo di
2496 \textit{scheduling} con il quale si avrà a che fare è quello tradizionale, che
2497 prevede solo priorità dinamiche. È di questo che, di norma, ci si dovrà
2498 preoccupare nella programmazione. Come accennato in Linux i processi ordinari
2499 hanno tutti una priorità assoluta nulla; quello che determina quale, fra tutti
2500 i processi in attesa di esecuzione, sarà eseguito per primo, è la cosiddetta
2501 \textsl{priorità dinamica}, quella che viene mostrata nella colonna
2502 \texttt{PR} del comando \texttt{top}, che è chiamata così proprio perché varia
2503 nel corso dell'esecuzione di un processo.
2505 Il meccanismo usato da Linux è in realtà piuttosto complesso,\footnote{e
2506 dipende strettamente dalla versione di kernel; in particolare a partire
2507 dalla serie 2.6.x lo \textit{scheduler} è stato riscritto completamente, con
2508 molte modifiche susseguitesi per migliorarne le prestazioni, per un certo
2509 periodo ed è stata anche introdotta la possibilità di usare diversi
2510 algoritmi, selezionabili sia in fase di compilazione, che, nelle versioni
2511 più recenti, all'avvio (addirittura è stato ideato un sistema modulare che
2512 permette di cambiare lo \textit{scheduler} a sistema attivo).} ma a grandi
2513 linee si può dire che ad ogni processo è assegnata una \textit{time-slice},
2514 cioè un intervallo di tempo (letteralmente una fetta) per il quale, a meno di
2515 eventi esterni, esso viene eseguito senza essere interrotto. Inoltre la
2516 priorità dinamica viene calcolata dallo \textit{scheduler} a partire da un
2517 valore iniziale che viene \textsl{diminuito} tutte le volte che un processo è
2518 in stato \textit{runnable} ma non viene posto in esecuzione.\footnote{in
2519 realtà il calcolo della priorità dinamica e la conseguente scelta di quale
2520 processo mettere in esecuzione avviene con un algoritmo molto più
2521 complicato, che tiene conto anche della \textsl{interattività} del processo,
2522 utilizzando diversi fattori, questa è una brutale semplificazione per
2523 rendere l'idea del funzionamento, per una trattazione più dettagliata dei
2524 meccanismi di funzionamento dello \textit{scheduler}, anche se non
2525 aggiornatissima, si legga il quarto capitolo di \cite{LinKernDev}.}
2527 Lo \textit{scheduler} infatti mette sempre in esecuzione, fra tutti i processi
2528 in stato \textit{runnable}, quello che ha il valore di priorità dinamica più
2529 basso; con le priorità dinamiche il significato del valore numerico ad esse
2530 associato è infatti invertito, un valore più basso significa una priorità
2531 maggiore. Il fatto che questo valore venga diminuito quando un processo non
2532 viene posto in esecuzione pur essendo pronto, significa che la priorità dei
2533 processi che non ottengono l'uso del processore viene progressivamente
2534 incrementata, così che anche questi alla fine hanno la possibilità di essere
2537 Sia la dimensione della \textit{time-slice} che il valore di partenza della
2538 priorità dinamica sono determinate dalla cosiddetta \textit{nice} (o
2539 \textit{niceness}) del processo.\footnote{questa è una delle tante proprietà
2540 che ciascun processo si porta dietro, essa viene ereditata dai processi
2541 figli e mantenuta attraverso una \func{exec}; fino alla serie 2.4 essa era
2542 mantenuta nell'omonimo campo \texttt{nice} della \texttt{task\_struct}, con
2543 la riscrittura dello \textit{scheduler} eseguita nel 2.6 viene mantenuta nel
2544 campo \texttt{static\_prio} come per le priorità statiche.} L'origine del
2545 nome di questo parametro sta nel fatto che generalmente questo viene usato per
2546 \textsl{diminuire} la priorità di un processo, come misura di cortesia nei
2547 confronti degli altri. I processi infatti vengono creati dal sistema con un
2548 valore nullo e nessuno è privilegiato rispetto agli altri. Specificando un
2549 valore di \textit{nice} positivo si avrà una \textit{time-slice} più breve ed
2550 un valore di priorità dinamica iniziale più alto, mentre un valore negativo
2551 darà una \textit{time-slice} più lunga ed un valore di priorità dinamica
2554 Esistono diverse funzioni che consentono di indicare un valore di
2555 \textit{nice} di un processo; la più semplice è \funcd{nice}, che opera sul
2556 processo corrente, il suo prototipo è:
2560 \fdecl{int nice(int inc)}
2561 \fdesc{Aumenta il valore di \textit{nice} del processo corrente.}
2563 {La funzione ritorna il nuovo valore di \textit{nice} in caso di successo e
2564 $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2566 \item[\errcode{EPERM}] non si ha il permesso di specificare un valore
2567 di \param{inc} negativo.
2571 \constbeg{PRIO\_MIN}
2572 \constbeg{PRIO\_MAX}
2574 L'argomento \param{inc} indica l'incremento da effettuare rispetto al valore
2575 di \textit{nice} corrente, che può assumere valori compresi fra
2576 \const{PRIO\_MIN} e \const{PRIO\_MAX}; nel caso di Linux sono fra $-20$ e
2577 $19$,\footnote{in realtà l'intervallo varia a seconda delle versioni di
2578 kernel, ed è questo a partire dal kernel 1.3.43, anche se oggi si può avere
2579 anche l'intervallo fra $-20$ e $20$.} ma per \param{inc} si può specificare
2580 un valore qualunque, positivo o negativo, ed il sistema provvederà a troncare
2581 il risultato nell'intervallo consentito. Valori positivi comportano maggiore
2582 \textit{cortesia} e cioè una diminuzione della priorità, valori negativi
2583 comportano invece un aumento della priorità. Con i kernel precedenti il 2.6.12
2584 solo l'amministratore\footnote{o un processo con la \textit{capability}
2585 \const{CAP\_SYS\_NICE}, vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}.} può
2586 specificare valori negativi di \param{inc} che permettono di aumentare la
2587 priorità di un processo, a partire da questa versione è consentito anche agli
2588 utenti normali alzare (entro certi limiti, che vedremo in
2589 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}) la priorità dei propri processi.
2591 \constend{PRIO\_MIN}
2592 \constend{PRIO\_MAX}
2594 Gli standard SUSv2 e POSIX.1 prevedono che la funzione ritorni il nuovo valore
2595 di \textit{nice} del processo; tuttavia la \textit{system call} di Linux non
2596 segue questa convenzione e restituisce sempre $0$ in caso di successo e $-1$
2597 in caso di errore; questo perché $-1$ è anche un valore di \textit{nice}
2598 legittimo e questo comporta una confusione con una eventuale condizione di
2599 errore. La \textit{system call} originaria inoltre non consente, se non dotati
2600 di adeguati privilegi, di diminuire un valore di \textit{nice} precedentemente
2603 Fino alla \acr{glibc} 2.2.4 la funzione di libreria riportava direttamente il
2604 risultato dalla \textit{system call}, violando lo standard, per cui per
2605 ottenere il nuovo valore occorreva una successiva chiamata alla funzione
2606 \func{getpriority}. A partire dalla \acr{glibc} 2.2.4 \func{nice} è stata
2607 reimplementata e non viene più chiamata la omonima \textit{system call}, con
2608 questa versione viene restituito come valore di ritorno il valore di
2609 \textit{nice}, come richiesto dallo standard.\footnote{questo viene fatto
2610 chiamando al suo interno \func{setpriority}, che tratteremo a breve.} In
2611 questo caso l'unico modo per rilevare in maniera affidabile una condizione di
2612 errore è quello di azzerare \var{errno} prima della chiamata della funzione e
2613 verificarne il valore quando \func{nice} restituisce $-1$.
2615 Per leggere il valore di \textit{nice} di un processo occorre usare la
2616 funzione di sistema \funcd{getpriority}, derivata da BSD; il suo prototipo è:
2620 \fhead{sys/resource.h}
2621 \fdecl{int getpriority(int which, int who)}
2622 \fdesc{Legge un valore di \textit{nice}.}
2624 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2625 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2627 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è uno di quelli
2628 elencati in tab.~\ref{tab:proc_getpriority}.
2629 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2630 \param{which} e \param{who}.
2634 La funzione permette, a seconda di quanto specificato nell'argomento
2635 \param{which}, di leggere il valore di \textit{nice} o di un processo, o di un
2636 gruppo di processi (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o di un utente,
2637 indicati con l'argomento \param{who}. Nelle vecchie versioni può essere
2638 necessario includere anche \headfiled{sys/time.h}, questo non è più necessario
2639 con versioni recenti delle librerie, ma è comunque utile per portabilità.
2641 I valori possibili per \param{which}, ed il tipo di valore che occorre usare
2642 in corrispondenza per \param{who}, solo elencati nella legenda di
2643 tab.~\ref{tab:proc_getpriority} insieme ai relativi significati. Usare un
2644 valore nullo per \param{who} indica, a seconda della corrispondente
2645 indicazione usata per \param{which}, il processo, il gruppo di processi o
2651 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
2653 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
2656 \constd{PRIO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo \\
2657 \constd{PRIO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \textit{process group} (vedi
2658 sez.~\ref{sec:sess_proc_group})\\
2659 \constd{PRIO\_USER} & \type{uid\_t} & utente \\
2662 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
2663 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{getpriority} e
2664 \func{setpriority} per le tre possibili scelte.}
2665 \label{tab:proc_getpriority}
2668 In caso di una indicazione che faccia riferimento a più processi, la funzione
2669 restituisce la priorità più alta (cioè il valore più basso) fra quelle dei
2670 processi corrispondenti. Come per \func{nice}, $-1$ è un possibile valore
2671 corretto, per cui di nuovo per poter rilevare una condizione di errore è
2672 necessario cancellare sempre \var{errno} prima della chiamata alla funzione e
2673 quando si ottiene un valore di ritorno uguale a $-1$ per verificare che essa
2674 resti uguale a zero.
2676 Analoga a \func{getpriority} è la funzione di sistema \funcd{setpriority} che
2677 permette di impostare la priorità di uno o più processi; il suo prototipo è:
2681 \fhead{sys/resource.h}
2682 \fdecl{int setpriority(int which, int who, int prio)}
2683 \fdesc{Imposta un valore di \textit{nice}.}
2685 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2686 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2688 \item[\errcode{EACCES}] si è richiesto un aumento di priorità senza avere
2689 sufficienti privilegi.
2690 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è uno di quelli
2691 elencati in tab.~\ref{tab:proc_getpriority}.
2692 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2693 cercato di modificare la priorità di un processo di un altro utente.
2694 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2695 \param{which} e \param{who}.
2699 La funzione imposta la priorità dinamica al valore specificato da \param{prio}
2700 per tutti i processi indicati dagli argomenti \param{which} e \param{who}, per
2701 i quali valgono le stesse considerazioni fatte per \func{getpriority} e lo
2702 specchietto di tab.~\ref{tab:proc_getpriority}.
2704 In questo caso come valore di \param{prio} deve essere specificato il valore
2705 di \textit{nice} da assegnare nell'intervallo fra \const{PRIO\_MIN} ($-20$) e
2706 \const{PRIO\_MAX} ($19$), e non un incremento (positivo o negativo) come nel
2707 caso di \func{nice}. La funzione restituisce il valore di \textit{nice}
2708 assegnato in caso di successo e $-1$ in caso di errore, e come per \func{nice}
2709 anche in questo caso per rilevare un errore occorre sempre porre a zero
2710 \var{errno} prima della chiamata della funzione, essendo $-1$ un valore di
2711 \textit{nice} valido.
2713 Si tenga presente che solo l'amministratore\footnote{o più precisamente un
2714 processo con la \textit{capability} \const{CAP\_SYS\_NICE}, vedi
2715 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}.} ha la possibilità di modificare
2716 arbitrariamente le priorità di qualunque processo. Un utente normale infatti
2717 può modificare solo la priorità dei suoi processi ed in genere soltanto
2718 diminuirla. Fino alla versione di kernel 2.6.12 Linux ha seguito le
2719 specifiche dello standard SUSv3, e come per tutti i sistemi derivati da SysV
2720 veniva richiesto che l'\ids{UID} reale o quello effettivo del processo
2721 chiamante corrispondessero all'\ids{UID} reale (e solo a quello) del processo
2722 di cui si intendeva cambiare la priorità. A partire dalla versione 2.6.12 è
2723 stata adottata la semantica in uso presso i sistemi derivati da BSD (SunOS,
2724 Ultrix, *BSD), in cui la corrispondenza può essere anche con l'\ids{UID}
2727 Sempre a partire dal kernel 2.6.12 è divenuto possibile anche per gli utenti
2728 ordinari poter aumentare la priorità dei propri processi specificando un
2729 valore di \param{prio} negativo. Questa operazione non è possibile però in
2730 maniera indiscriminata, ed in particolare può essere effettuata solo
2731 nell'intervallo consentito dal valore del limite \const{RLIMIT\_NICE}
2732 (torneremo su questo in sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}).
2734 Infine nonostante i valori siano sempre rimasti gli stessi, il significato del
2735 valore di \textit{nice} è cambiato parecchio nelle progressive riscritture
2736 dello \textit{scheduler} di Linux, ed in particolare a partire dal kernel
2737 2.6.23 l'uso di diversi valori di \textit{nice} ha un impatto molto più forte
2738 nella distribuzione della CPU ai processi. Infatti se viene comunque calcolata
2739 una priorità dinamica per i processi che non ricevono la CPU, così che anche
2740 essi possano essere messi in esecuzione, un alto valore di \textit{nice}
2741 corrisponde comunque ad una \textit{time-slice} molto piccola che non cresce
2742 comunque, per cui un processo a bassa priorità avrà davvero scarse possibilità
2743 di essere eseguito in presenza di processi attivi a priorità più alta.
2746 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling real-time}}
2747 \label{sec:proc_real_time}
2749 Come spiegato in sez.~\ref{sec:proc_sched} lo standard POSIX.1b ha introdotto
2750 le priorità assolute per permettere la gestione di processi
2751 \textit{real-time}. In realtà nel caso di Linux non si tratta di un vero
2752 \textit{hard real-time}, in quanto in presenza di eventuali interrupt il
2753 kernel interrompe l'esecuzione di un processo, qualsiasi sia la sua
2754 priorità,\footnote{questo a meno che non si siano installate le patch di
2755 RTLinux, RTAI o Adeos, con i quali è possibile ottenere un sistema
2756 effettivamente \textit{hard real-time}. In tal caso infatti gli interrupt
2757 vengono intercettati dall'interfaccia \textit{real-time} (o nel caso di
2758 Adeos gestiti dalle code del nano-kernel), in modo da poterli controllare
2759 direttamente qualora ci sia la necessità di avere un processo con priorità
2760 più elevata di un \textit{interrupt handler}.} mentre con l'incorrere in un
2761 \textit{page fault} si possono avere ritardi non previsti. Se l'ultimo
2762 problema può essere aggirato attraverso l'uso delle funzioni di controllo
2763 della memoria virtuale (vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}), il primo non è
2764 superabile e può comportare ritardi non prevedibili riguardo ai tempi di
2765 esecuzione di qualunque processo.
2767 Nonostante questo, ed in particolare con una serie di miglioramenti che sono
2768 stati introdotti nello sviluppo del kernel,\footnote{in particolare a partire
2769 dalla versione 2.6.18 sono stati inserite nel kernel una serie di modifiche
2770 che consentono di avvicinarsi sempre di più ad un vero e proprio sistema
2771 \textit{real-time} estendendo il concetto di \textit{preemption} alle
2772 operazioni dello stesso kernel; esistono vari livelli a cui questo può
2773 essere fatto, ottenibili attivando in fase di compilazione una fra le
2774 opzioni \texttt{CONFIG\_PREEMPT\_NONE}, \texttt{CONFIG\_PREEMPT\_VOLUNTARY}
2775 e \texttt{CONFIG\_PREEMPT\_DESKTOP}.} si può arrivare ad una ottima
2776 approssimazione di sistema \textit{real-time} usando le priorità assolute.
2777 Occorre farlo però con molta attenzione: se si dà ad un processo una priorità
2778 assoluta e questo finisce in un loop infinito, nessun altro processo potrà
2779 essere eseguito, ed esso sarà mantenuto in esecuzione permanentemente
2780 assorbendo tutta la CPU e senza nessuna possibilità di riottenere l'accesso al
2781 sistema. Per questo motivo è sempre opportuno, quando si lavora con processi
2782 che usano priorità assolute, tenere attiva una shell cui si sia assegnata la
2783 massima priorità assoluta, in modo da poter essere comunque in grado di
2784 rientrare nel sistema.
2786 Quando c'è un processo con priorità assoluta lo \textit{scheduler} lo metterà
2787 in esecuzione prima di ogni processo normale. In caso di più processi sarà
2788 eseguito per primo quello con priorità assoluta più alta. Quando ci sono più
2789 processi con la stessa priorità assoluta questi vengono tenuti in una coda e
2790 tocca al kernel decidere quale deve essere eseguito. Il meccanismo con cui
2791 vengono gestiti questi processi dipende dalla politica di \textit{scheduling}
2792 che si è scelta; lo standard ne prevede due:
2793 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2794 \item[\textit{First In First Out} (FIFO)] Il processo viene eseguito
2795 fintanto che non cede volontariamente la CPU (con la funzione
2796 \func{sched\_yield}), si blocca, finisce o viene interrotto da un processo a
2797 priorità più alta. Se il processo viene interrotto da uno a priorità più
2798 alta esso resterà in cima alla lista e sarà il primo ad essere eseguito
2799 quando i processi a priorità più alta diverranno inattivi. Se invece lo si
2800 blocca volontariamente sarà posto in coda alla lista (ed altri processi con
2801 la stessa priorità potranno essere eseguiti).
2802 \item[\textit{Round Robin} (RR)] Il comportamento è del tutto analogo a quello
2803 precedente, con la sola differenza che ciascun processo viene eseguito al
2804 massimo per un certo periodo di tempo (la cosiddetta \textit{time-slice})
2805 dopo di che viene automaticamente posto in fondo alla coda dei processi con
2806 la stessa priorità. In questo modo si ha comunque una esecuzione a turno di
2807 tutti i processi, da cui il nome della politica. Solo i processi con la
2808 stessa priorità ed in stato \textit{runnable} entrano nel
2812 Lo standard POSIX.1-2001 prevede una funzione che consenta sia di modificare
2813 le politiche di \textit{scheduling}, passando da \textit{real-time} a
2814 ordinarie o viceversa, che di specificare, in caso di politiche
2815 \textit{real-time}, la eventuale priorità statica; la funzione di sistema è
2816 \funcd{sched\_setscheduler} ed il suo prototipo è:
2820 \fdecl{int sched\_setscheduler(pid\_t pid, int policy, const struct
2822 \fdesc{Imposta priorità e politica di \textit{scheduling}.}
2824 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2825 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2827 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non esiste o il
2828 valore di \param{p} non è valido per la politica scelta.
2829 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi per attivare la
2831 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2835 La funzione esegue l'impostazione per il processo specificato dall'argomento
2836 \param{pid}; un valore nullo di questo argomento esegue l'impostazione per il
2837 processo corrente. La politica di \textit{scheduling} è specificata
2838 dall'argomento \param{policy} i cui possibili valori sono riportati in
2839 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}; la parte alta della tabella indica le
2840 politiche \textit{real-time}, quella bassa le politiche ordinarie. Un valore
2841 negativo per \param{policy} mantiene la politica di \textit{scheduling}
2847 \begin{tabular}[c]{|l|p{6cm}|}
2849 \textbf{Politica} & \textbf{Significato} \\
2852 \constd{SCHED\_FIFO} & \textit{Scheduling real-time} con politica
2854 \constd{SCHED\_RR} & \textit{Scheduling real-time} con politica
2855 \textit{Round Robin}. \\
2857 \constd{SCHED\_OTHER}& \textit{Scheduling} ordinario.\\
2858 \constd{SCHED\_BATCH}& \textit{Scheduling} ordinario con l'assunzione
2859 ulteriore di lavoro \textit{CPU
2860 intensive} (dal kernel 2.6.16).\\
2861 \constd{SCHED\_IDLE} & \textit{Scheduling} di priorità estremamente
2862 bassa (dal kernel 2.6.23).\\
2865 \caption{Valori dell'argomento \param{policy} per la funzione
2866 \func{sched\_setscheduler}.}
2867 \label{tab:proc_sched_policy}
2870 % TODO Aggiungere SCHED_DEADLINE, sulla nuova politica di scheduling aggiunta
2871 % con il kernel 3.14, vedi anche Documentation/scheduler/sched-deadline.txt e
2872 % http://lwn.net/Articles/575497/
2873 % vedi anche man 7 sched, man sched_setattr
2875 Con le versioni più recenti del kernel sono state introdotte anche delle
2876 varianti sulla politica di \textit{scheduling} tradizionale per alcuni carichi
2877 di lavoro specifici, queste due nuove politiche sono specifiche di Linux e non
2878 devono essere usate se si vogliono scrivere programmi portabili.
2880 La politica \const{SCHED\_BATCH} è una variante della politica ordinaria con
2881 la sola differenza che i processi ad essa soggetti non ottengono, nel calcolo
2882 delle priorità dinamiche fatto dallo \textit{scheduler}, il cosiddetto bonus
2883 di interattività che mira a favorire i processi che si svegliano dallo stato
2884 di \textit{sleep}.\footnote{cosa che accade con grande frequenza per i
2885 processi interattivi, dato che essi sono per la maggior parte del tempo in
2886 attesa di dati in ingresso da parte dell'utente.} La si usa pertanto, come
2887 indica il nome, per processi che usano molta CPU (come programmi di calcolo)
2888 che in questo modo, pur non perdendo il loro valore di \textit{nice}, sono
2889 leggermente sfavoriti rispetto ai processi interattivi che devono rispondere a
2890 dei dati in ingresso.
2892 La politica \const{SCHED\_IDLE} invece è una politica dedicata ai processi che
2893 si desidera siano eseguiti con la più bassa priorità possibile, ancora più
2894 bassa di un processo con il minimo valore di \textit{nice}. In sostanza la si
2895 può utilizzare per processi che devono essere eseguiti se non c'è niente altro
2896 da fare. Va comunque sottolineato che anche un processo \const{SCHED\_IDLE}
2897 avrà comunque una sua possibilità di utilizzo della CPU, sia pure in
2898 percentuale molto bassa.
2900 Qualora si sia richiesta una politica \textit{real-time} il valore della
2901 priorità statica viene impostato attraverso la struttura
2902 \struct{sched\_param}, riportata in fig.~\ref{fig:sig_sched_param}, il cui
2903 solo campo attualmente definito è \var{sched\_priority}. Il campo deve
2904 contenere il valore della priorità statica da assegnare al processo; lo
2905 standard prevede che questo debba essere assegnato all'interno di un
2906 intervallo fra un massimo ed un minimo che nel caso di Linux sono
2907 rispettivamente 1 e 99.
2909 \begin{figure}[!htb]
2910 \footnotesize \centering
2911 \begin{minipage}[c]{0.5\textwidth}
2912 \includestruct{listati/sched_param.c}
2915 \caption{La struttura \structd{sched\_param}.}
2916 \label{fig:sig_sched_param}
2919 I processi con politica di \textit{scheduling} ordinaria devono sempre
2920 specificare un valore nullo di \var{sched\_priority} altrimenti si avrà un
2921 errore \errcode{EINVAL}, questo valore infatti non ha niente a che vedere con
2922 la priorità dinamica determinata dal valore di \textit{nice}, che deve essere
2923 impostato con le funzioni viste in precedenza.
2925 Lo standard POSIX.1b prevede che l'intervallo dei valori delle priorità
2926 statiche possa essere ottenuto con le funzioni di sistema
2927 \funcd{sched\_get\_priority\_max} e \funcd{sched\_get\_priority\_min}, i cui
2932 \fdecl{int sched\_get\_priority\_max(int policy)}
2933 \fdesc{Legge il valore massimo di una priorità statica.}
2934 \fdecl{int sched\_get\_priority\_min(int policy)}
2935 \fdesc{Legge il valore minimo di una priorità statica.}
2937 {Le funzioni ritornano il valore della priorità in caso di successo e $-1$ per
2938 un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore:
2940 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non è valido.
2944 Le funzioni ritornano rispettivamente il valore massimo e minimo usabile per
2945 la priorità statica di una delle politiche di \textit{scheduling}
2946 \textit{real-time} indicata dall'argomento \param{policy}.
2948 Si tenga presente che quando si imposta una politica di \textit{scheduling}
2949 real-time per un processo o se ne cambia la priorità statica questo viene
2950 messo in cima alla lista dei processi con la stessa priorità; questo comporta
2951 che verrà eseguito subito, interrompendo eventuali altri processi con la
2952 stessa priorità in quel momento in esecuzione.
2954 Il kernel mantiene i processi con la stessa priorità assoluta in una lista, ed
2955 esegue sempre il primo della lista, mentre un nuovo processo che torna in
2956 stato \textit{runnable} viene sempre inserito in coda alla lista. Se la
2957 politica scelta è \const{SCHED\_FIFO} quando il processo viene eseguito viene
2958 automaticamente rimesso in coda alla lista, e la sua esecuzione continua
2959 fintanto che non viene bloccato da una richiesta di I/O, o non rilascia
2960 volontariamente la CPU (in tal caso, tornando nello stato \textit{runnable}
2961 sarà in coda alla lista); l'esecuzione viene ripresa subito solo nel caso che
2962 esso sia stato interrotto da un processo a priorità più alta.
2964 Solo un processo con i privilegi di amministratore\footnote{più precisamente
2965 con la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}, vedi
2966 sez.~\ref{sec:proc_capabilities}.} può impostare senza restrizioni priorità
2967 assolute diverse da zero o politiche \const{SCHED\_FIFO} e
2968 \const{SCHED\_RR}. Un utente normale può modificare solo le priorità di
2969 processi che gli appartengono; è cioè richiesto che l'\ids{UID} effettivo del
2970 processo chiamante corrisponda all'\ids{UID} reale o effettivo del processo
2971 indicato con \param{pid}.
2973 Fino al kernel 2.6.12 gli utenti normali non potevano impostare politiche
2974 \textit{real-time} o modificare la eventuale priorità statica di un loro
2975 processo. A partire da questa versione è divenuto possibile anche per gli
2976 utenti normali usare politiche \textit{real-time} fintanto che la priorità
2977 assoluta che si vuole impostare è inferiore al limite \const{RLIMIT\_RTPRIO}
2978 (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}) ad essi assegnato.
2980 Unica eccezione a questa possibilità sono i processi \const{SCHED\_IDLE}, che
2981 non possono cambiare politica di \textit{scheduling} indipendentemente dal
2982 valore di \const{RLIMIT\_RTPRIO}. Inoltre, in caso di processo già sottoposto
2983 ad una politica \textit{real-time}, un utente può sempre, indipendentemente
2984 dal valore di \const{RLIMIT\_RTPRIO}, diminuirne la priorità o portarlo ad una
2987 Se si intende operare solo sulla priorità statica di un processo si possono
2988 usare le due funzioni di sistema \funcd{sched\_setparam} e
2989 \funcd{sched\_getparam} che consentono rispettivamente di impostarne e
2990 leggerne il valore, i loro prototipi sono:
2994 \fdecl{int sched\_setparam(pid\_t pid, const struct sched\_param *param)}
2995 \fdesc{Imposta la priorità statica di un processo.}
2996 \fdecl{int sched\_getparam(pid\_t pid, struct sched\_param *param)}
2997 \fdesc{Legge la priorità statica di un processo.}
2999 {Le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3000 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3002 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{param} non ha senso per la
3003 politica usata dal processo.
3004 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno privilegi sufficienti per eseguire
3006 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3010 Le funzioni richiedono di indicare nell'argomento \param{pid} il processo su
3011 cui operare e usano l'argomento \param{param} per mantenere il valore della
3012 priorità dinamica. Questo è ancora una struttura \struct{sched\_param} ed
3013 assume gli stessi valori già visti per \func{sched\_setscheduler}.
3015 L'uso di \func{sched\_setparam}, compresi i controlli di accesso che vi si
3016 applicano, è del tutto equivalente a quello di \func{sched\_setscheduler} con
3017 argomento \param{policy} uguale a $-1$. Come per \func{sched\_setscheduler}
3018 specificando $0$ come valore dell'argomento \param{pid} si opera sul processo
3019 corrente. Benché la funzione sia utilizzabile anche con processi sottoposti a
3020 politica ordinaria essa ha senso soltanto per quelli \textit{real-time}, dato
3021 che per i primi la priorità statica può essere soltanto nulla. La
3022 disponibilità di entrambe le funzioni può essere verificata controllando la
3023 macro \macro{\_POSIX\_PRIORITY\_SCHEDULING} che è definita nell'\textit{header
3024 file} \headfiled{sched.h}.
3026 Se invece si vuole sapere quale è politica di \textit{scheduling} di un
3027 processo si può usare la funzione di sistema \funcd{sched\_getscheduler}, il
3032 \fdecl{int sched\_getscheduler(pid\_t pid)}
3033 \fdesc{Legge la politica di \textit{scheduling}.}
3035 {La funzione ritorna la politica di \textit{scheduling} in caso di successo e
3036 $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3038 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno privilegi sufficienti per eseguire
3040 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3044 La funzione restituisce il valore, secondo quanto elencato in
3045 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}, della politica di \textit{scheduling} per il
3046 processo specificato dall'argomento \param{pid}, se questo è nullo viene
3047 restituito il valore relativo al processo chiamante.
3049 L'ultima funzione di sistema che permette di leggere le informazioni relative
3050 ai processi real-time è \funcd{sched\_rr\_get\_interval}, che permette di
3051 ottenere la lunghezza della \textit{time-slice} usata dalla politica
3052 \textit{round robin}; il suo prototipo è:
3056 \fdecl{int sched\_rr\_get\_interval(pid\_t pid, struct timespec *tp)}
3057 \fdesc{Legge la durata della \textit{time-slice} per lo \textit{scheduling}
3058 \textit{round robin}.}
3060 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3061 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3063 \item[\errcode{EINVAL}] l'argomento \param{pid} non è valido.
3064 \item[\errcode{ENOSYS}] la \textit{system call} non è presente (solo per
3066 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3068 ed inoltre anche \errval{EFAULT} nel suo significato generico.}
3071 La funzione restituisce nell'argomento \param{tp} come una struttura
3072 \struct{timespec}, (la cui definizione si può trovare in
3073 fig.~\ref{fig:sys_timeval_struct}) il valore dell'intervallo di tempo usato
3074 per la politica \textit{round robin} dal processo indicato da \ids{PID}. Il
3075 valore dipende dalla versione del kernel, a lungo infatti questo intervallo di
3076 tempo era prefissato e non modificabile ad un valore di 150 millisecondi,
3077 restituito indipendentemente dal \ids{PID} indicato.
3079 Con kernel recenti però è possibile ottenere una variazione della
3080 \textit{time-slice}, modificando il valore di \textit{nice} del processo
3081 (anche se questo non incide assolutamente sulla priorità statica) che come
3082 accennato in precedenza modifica il valore assegnato alla \textit{time-slice}
3083 di un processo ordinario, che però viene usato anche dai processi
3086 Come accennato ogni processo può rilasciare volontariamente la CPU in modo da
3087 consentire agli altri processi di essere eseguiti; la funzione di sistema che
3088 consente di fare tutto questo è \funcd{sched\_yield}, il cui prototipo è:
3092 \fdecl{int sched\_yield(void)}
3093 \fdesc{Rilascia volontariamente l'esecuzione.}
3095 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e teoricamente $-1$ per un
3096 errore, ma su Linux ha sempre successo.}
3100 Questa funzione ha un utilizzo effettivo soltanto quando si usa lo
3101 \textit{scheduling} \textit{real-time}, e serve a far sì che il processo
3102 corrente rilasci la CPU, in modo da essere rimesso in coda alla lista dei
3103 processi con la stessa priorità per permettere ad un altro di essere eseguito;
3104 se però il processo è l'unico ad essere presente sulla coda l'esecuzione non
3105 sarà interrotta. In genere usano questa funzione i processi con politica
3106 \const{SCHED\_FIFO}, per permettere l'esecuzione degli altri processi con pari
3107 priorità quando la sezione più urgente è finita.
3109 La funzione può essere utilizzata anche con processi che usano lo
3110 \textit{scheduling} ordinario, ma in questo caso il comportamento non è ben
3111 definito, e dipende dall'implementazione. Fino al kernel 2.6.23 questo
3112 comportava che i processi venissero messi in fondo alla coda di quelli attivi,
3113 con la possibilità di essere rimessi in esecuzione entro breve tempo, con
3114 l'introduzione del \textit{Completely Fair Scheduler} questo comportamento è
3115 cambiato ed un processo che chiama la funzione viene inserito nella lista dei
3116 processi inattivi, con un tempo molto maggiore.\footnote{è comunque possibile
3117 ripristinare un comportamento analogo al precedente scrivendo il valore 1
3118 nel file \sysctlfiled{kernel/sched\_compat\_yield}.}
3120 L'uso delle funzione nella programmazione ordinaria può essere utile e
3121 migliorare le prestazioni generali del sistema quando si è appena rilasciata
3122 una risorsa contesa con altri processi, e si vuole dare agli altri una
3123 possibilità di approfittarne mettendoli in esecuzione, ma chiamarla senza
3124 necessità, specie se questo avviene ripetutamente all'interno di un qualche
3125 ciclo, può avere invece un forte impatto negativo per la generazione di
3126 \textit{context switch} inutili.
3129 \subsection{Il controllo dello \textit{scheduler} per i sistemi
3131 \label{sec:proc_sched_multiprocess}
3133 \index{effetto~ping-pong|(}
3135 Con il supporto dei sistemi multiprocessore sono state introdotte delle
3136 funzioni che permettono di controllare in maniera più dettagliata la scelta di
3137 quale processore utilizzare per eseguire un certo programma. Uno dei problemi
3138 che si pongono nei sistemi multiprocessore è infatti quello del cosiddetto
3139 \textsl{effetto ping-pong}. Può accadere cioè che lo \textit{scheduler},
3140 quando riavvia un processo precedentemente interrotto scegliendo il primo
3141 processore disponibile, lo faccia eseguire da un processore diverso rispetto a
3142 quello su cui era stato eseguito in precedenza. Se il processo passa da un
3143 processore all'altro in questo modo, cosa che avveniva abbastanza di frequente
3144 con i kernel della seria 2.4.x, si ha l'effetto ping-pong.
3146 Questo tipo di comportamento può generare dei seri problemi di prestazioni;
3147 infatti tutti i processori moderni utilizzano una memoria interna (la
3148 \textit{cache}) contenente i dati più usati, che permette di evitare di
3149 eseguire un accesso (molto più lento) alla memoria principale sulla scheda
3150 madre. Chiaramente un processo sarà favorito se i suoi dati sono nella cache
3151 del processore, ma è ovvio che questo può essere vero solo per un processore
3152 alla volta, perché in presenza di più copie degli stessi dati su più
3153 processori, non si potrebbe determinare quale di questi ha la versione dei
3154 dati aggiornata rispetto alla memoria principale.
3156 Questo comporta che quando un processore inserisce un dato nella sua cache,
3157 tutti gli altri processori che hanno lo stesso dato devono invalidarlo, e
3158 questa operazione è molto costosa in termini di prestazioni. Il problema
3159 diventa serio quando si verifica l'effetto ping-pong, in tal caso infatti un
3160 processo \textsl{rimbalza} continuamente da un processore all'altro e si ha
3161 una continua invalidazione della cache, che non diventa mai disponibile.
3163 \itindbeg{CPU~affinity}
3165 Per ovviare a questo tipo di problemi è nato il concetto di \textsl{affinità
3166 di processore} (o \textit{CPU affinity}); la possibilità cioè di far sì che
3167 un processo possa essere assegnato per l'esecuzione sempre allo stesso
3168 processore. Lo \textit{scheduler} dei kernel della serie 2.4.x aveva una
3169 scarsa \textit{CPU affinity}, e l'effetto ping-pong era comune; con il nuovo
3170 \textit{scheduler} dei kernel della 2.6.x questo problema è stato risolto ed
3171 esso cerca di mantenere il più possibile ciascun processo sullo stesso
3174 \index{effetto~ping-pong|)}
3176 In certi casi però resta l'esigenza di poter essere sicuri che un processo sia
3177 sempre eseguito dallo stesso processore,\footnote{quella che viene detta
3178 \textit{hard CPU affinity}, in contrasto con quella fornita dallo
3179 \textit{scheduler}, detta \textit{soft CPU affinity}, che di norma indica
3180 solo una preferenza, non un requisito assoluto.} e per poter risolvere
3181 questo tipo di problematiche nei nuovi kernel\footnote{le due \textit{system
3182 call} per la gestione della \textit{CPU affinity} sono state introdotte
3183 nel kernel 2.5.8, e le corrispondenti funzioni di sistema nella
3184 \textsl{glibc} 2.3.} è stata introdotta l'opportuna infrastruttura ed una
3185 nuova \textit{system call} che permette di impostare su quali processori far
3186 eseguire un determinato processo attraverso una \textsl{maschera di
3187 affinità}. La corrispondente funzione di sistema è
3188 \funcd{sched\_setaffinity} ed il suo prototipo è:
3190 \index{insieme~di~processori|(}
3194 \fdecl{int sched\_setaffinity(pid\_t pid, size\_t setsize,
3196 \fdesc{Imposta la maschera di affinità di un processo.}
3198 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3199 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3201 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{mask} contiene riferimenti a
3202 processori non esistenti nel sistema o a cui non è consentito l'accesso.
3203 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3204 eseguire l'operazione.
3205 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3207 ed inoltre anche \errval{EFAULT} nel suo significato generico.}
3210 Questa funzione e la corrispondente \func{sched\_getaffinity} hanno una storia
3211 abbastanza complessa, la sottostante \textit{system call} infatti prevede
3212 l'uso di due soli argomenti (per il pid e l'indicazione della maschera dei
3213 processori), che corrispondono al fatto che l'implementazione effettiva usa
3214 una semplice maschera binaria. Quando le funzioni vennero incluse nella
3215 \acr{glibc} assunsero invece un prototipo simile a quello mostrato però con il
3216 secondo argomento di tipo \ctyp{unsigned int}. A complicare la cosa si
3217 aggiunge il fatto che nella versione 2.3.3 della \acr{glibc} detto argomento
3218 venne stato eliminato, per poi essere ripristinato nella versione 2.3.4 nella
3219 forma attuale.\footnote{pertanto se la vostra pagina di manuale non è
3220 aggiornata, o usate quella particolare versione della \acr{glibc}, potrete
3221 trovare indicazioni diverse, il prototipo illustrato è quello riportato
3222 nella versione corrente (maggio 2008) delle pagine di manuale e
3223 corrispondente alla definizione presente in \headfile{sched.h}.}
3225 La funzione imposta, con l'uso del valore contenuto all'indirizzo
3226 \param{mask}, l'insieme dei processori sui quali deve essere eseguito il
3227 processo identificato tramite il valore passato in \param{pid}. Come in
3228 precedenza il valore nullo di \param{pid} indica il processo corrente. Per
3229 poter utilizzare questa funzione sono richiesti i privilegi di amministratore
3230 (è necessaria la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}) altrimenti essa fallirà con
3231 un errore di \errcode{EPERM}. Una volta impostata una maschera di affinità,
3232 questa viene ereditata attraverso una \func{fork}, in questo modo diventa
3233 possibile legare automaticamente un gruppo di processi ad un singolo
3236 Nell'uso comune, almeno con i kernel successivi alla serie 2.6.x, utilizzare
3237 questa funzione non è necessario, in quanto è lo \textit{scheduler} stesso che
3238 provvede a mantenere al meglio l'affinità di processore. Esistono però
3239 esigenze particolari, ad esempio quando un processo (o un gruppo di processi)
3240 è utilizzato per un compito importante (ad esempio per applicazioni
3241 \textit{real-time} o la cui risposta è critica) e si vuole la massima
3242 velocità; con questa interfaccia diventa possibile selezionare gruppi di
3243 processori utilizzabili in maniera esclusiva. Lo stesso dicasi quando
3244 l'accesso a certe risorse (memoria o periferiche) può avere un costo diverso a
3245 seconda del processore, come avviene nelle architetture NUMA
3246 (\textit{Non-Uniform Memory Access}).
3248 Infine se un gruppo di processi accede alle stesse risorse condivise (ad
3249 esempio una applicazione con più \textit{thread}) può avere senso usare lo
3250 stesso processore in modo da sfruttare meglio l'uso della sua cache; questo
3251 ovviamente riduce i benefici di un sistema multiprocessore nell'esecuzione
3252 contemporanea dei \textit{thread}, ma in certi casi (quando i \textit{thread}
3253 sono inerentemente serializzati nell'accesso ad una risorsa) possono esserci
3254 sufficienti vantaggi nell'evitare la perdita della cache da rendere
3255 conveniente l'uso dell'affinità di processore.
3257 Dato che il numero di processori può variare a seconda delle architetture, per
3258 semplificare l'uso dell'argomento \param{mask} la \acr{glibc} ha introdotto un
3259 apposito dato di tipo, \typed{cpu\_set\_t},\footnote{questa è una estensione
3260 specifica della \acr{glibc}, da attivare definendo la macro
3261 \macro{\_GNU\_SOURCE}, non esiste infatti una standardizzazione per questo
3262 tipo di interfaccia e POSIX al momento non prevede nulla al riguardo.} che
3263 permette di identificare un insieme di processori. Il dato è normalmente una
3264 maschera binaria: nei casi più comuni potrebbe bastare un intero a 32 bit, in
3265 cui ogni bit corrisponde ad un processore, ma oggi esistono architetture in
3266 cui questo numero può non essere sufficiente, e per questo è stato creato
3267 questo tipo opaco e una interfaccia di gestione che permette di usare a basso
3268 livello un tipo di dato qualunque rendendosi indipendenti dal numero di bit e
3269 dalla loro disposizione. Per questo le funzioni di libreria richiedono che
3270 oltre all'insieme di processori si indichi anche la dimensione dello stesso
3271 con l'argomento \param{setsize}, per il quale, se non si usa l'allocazione
3272 dinamica che vedremo a breve, è in genere sufficiente passare il valore
3273 \code{sizeof(cpu\_set\_t)}.
3275 L'interfaccia di gestione degli insiemi di processori, oltre alla definizione
3276 del tipo \type{cpu\_set\_t}, prevede una serie di macro di preprocessore per
3277 la manipolazione degli stessi. Quelle di base, che consentono rispettivamente
3278 di svuotare un insieme, di aggiungere o togliere un processore o di verificare
3279 se esso è già presente in un insieme, sono le seguenti:
3285 \fdecl{void \macrod{CPU\_ZERO}(cpu\_set\_t *set)}
3286 \fdesc{Inizializza un insieme di processori vuoto \param{set}.}
3287 \fdecl{void \macrod{CPU\_SET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3288 \fdesc{Inserisce il processore \param{cpu} nell'insieme di
3289 processori \param{set}.}
3290 \fdecl{void \macrod{CPU\_CLR}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3291 \fdesc{Rimuove il processore \param{cpu} nell'insieme di
3292 processori \param{set}.}
3293 \fdecl{int \macrod{CPU\_ISSET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3294 \fdesc{Controlla se il processore \param{cpu} è nell'insieme di
3295 processori \param{set}.}
3299 Queste macro che sono ispirate dalle analoghe usate per gli insiemi di
3300 \textit{file descriptor} (vedi sez.~\ref{sec:file_select}) e sono state
3301 introdotte con la versione 2.3.3 della \acr{glibc}. Tutte richiedono che si
3302 specifichi il numero di una CPU nell'argomento \param{cpu}, ed un insieme su
3303 cui operare. L'unica che ritorna un risultato è \macro{CPU\_ISSET}, che
3304 restituisce un intero da usare come valore logico (zero se la CPU non è
3305 presente, diverso da zero se è presente).
3307 \itindbeg{side~effects}
3308 Si tenga presente che trattandosi di macro l'argomento \param{cpu} può essere
3309 valutato più volte. Questo significa ad esempio che non si può usare al suo
3310 posto una funzione o un'altra macro, altrimenti queste verrebbero eseguite più
3311 volte; l'argomento cioè non deve avere \textsl{effetti collaterali} (in gergo
3312 \textit{side effects}).\footnote{nel linguaggio C si
3313 parla appunto di \textit{side effects} quando si usano istruzioni la cui
3314 valutazione comporta effetti al di fuori dell'istruzione stessa, come il
3315 caso indicato in cui si passa una funzione ad una macro che usa l'argomento
3316 al suo interno più volte, o si scrivono espressioni come \code{a=a++} in cui
3317 non è chiaro se prima avvenga l'incremento e poi l'assegnazione, ed il cui
3318 risultato dipende dall'implementazione del compilatore.}
3319 \itindend{side~effects}
3322 Le CPU sono numerate da zero (che indica la prima disponibile) fino ad un
3323 numero massimo che dipende dall'architettura hardware. La costante
3324 \constd{CPU\_SETSIZE} indica il numero massimo di processori che possono far
3325 parte di un insieme (al momento vale sempre 1024), e costituisce un limite
3326 massimo al valore dell'argomento \param{cpu}. Dalla versione 2.6 della
3327 \acr{glibc} alle precedenti macro è stata aggiunta, per contare il numero di
3328 processori in un insieme, l'ulteriore:
3334 \fdecl{int \macrod{CPU\_COUNT}(cpu\_set\_t *set)}
3335 \fdesc{Conta il numero di processori presenti nell'insieme \param{set}.}
3339 A partire dalla versione 2.7 della \acr{glibc} sono state introdotte altre
3340 macro che consentono ulteriori manipolazioni, in particolare si possono
3341 compiere delle operazioni logiche sugli insiemi di processori con:
3347 \fdecl{void \macrod{CPU\_AND}(cpu\_set\_t *destset, cpu\_set\_t *srcset1, cpu\_set\_t *srcset2)}
3348 \fdesc{Esegue l'AND logico di due insiemi di processori.}
3349 \fdecl{void \macrod{CPU\_OR}(cpu\_set\_t *destset, cpu\_set\_t *srcset1, cpu\_set\_t *srcset2)}
3350 \fdesc{Esegue l'OR logico di due insiemi di processori.}
3351 \fdecl{void \macrod{CPU\_XOR}(cpu\_set\_t *destset, cpu\_set\_t *srcset1, cpu\_set\_t *srcset2)}
3352 \fdesc{Esegue lo XOR logico di due insiemi di processori.}
3353 \fdecl{int \macrod{CPU\_EQUAL}(cpu\_set\_t *set1, cpu\_set\_t *set2)}
3354 \fdesc{Verifica se due insiemi di processori sono uguali.}
3358 Le prime tre macro richiedono due insiemi di partenza, \param{srcset1} e
3359 \param{srcset2} e forniscono in un terzo insieme \param{destset} (che può
3360 essere anche lo stesso di uno dei precedenti) il risultato della rispettiva
3361 operazione logica sui contenuti degli stessi. In sostanza con \macro{CPU\_AND}
3362 si otterrà come risultato l'insieme che contiene le CPU presenti in entrambi
3363 gli insiemi di partenza, con \macro{CPU\_OR} l'insieme che contiene le CPU
3364 presenti in uno qualunque dei due insiemi di partenza, e con \macro{CPU\_XOR}
3365 l'insieme che contiene le CPU presenti in uno solo dei due insiemi di
3366 partenza. Infine \macro{CPU\_EQUAL} confronta due insiemi ed è l'unica che
3367 restituisce un intero, da usare come valore logico che indica se sono identici
3370 Inoltre, sempre a partire dalla versione 2.7 della \acr{glibc}, è stata
3371 introdotta la possibilità di una allocazione dinamica degli insiemi di
3372 processori, per poterli avere di dimensioni corrispondenti al numero di CPU
3373 effettivamente in gioco, senza dover fare riferimento necessariamente alla
3374 precedente dimensione preimpostata di 1024. Per questo motivo sono state
3375 definite tre ulteriori macro, che consentono rispettivamente di allocare,
3376 disallocare ed ottenere la dimensione in byte di un insieme di processori:
3382 \fdecl{cpu\_set\_t * \macrod{CPU\_ALLOC}(num\_cpus)}
3383 \fdesc{Alloca dinamicamente un insieme di processori di dimensione voluta.}
3384 \fdecl{void \macrod{CPU\_FREE}(cpu\_set\_t *set)}
3385 \fdesc{Disalloca un insieme di processori allocato dinamicamente.}
3386 \fdecl{size\_t \macrod{CPU\_ALLOC\_SIZE}(num\_cpus)}
3387 \fdesc{Ritorna la dimensione di un insieme di processori allocato dinamicamente.}
3391 La prima macro, \macro{CPU\_ALLOC}, restituisce il puntatore ad un insieme di
3392 processori in grado di contenere almeno \param{num\_cpus} che viene allocato
3393 dinamicamente. Ogni insieme così allocato dovrà essere disallocato con
3394 \macro{CPU\_FREE} passandogli un puntatore ottenuto da una precedente
3395 \macro{CPU\_ALLOC}. La terza macro, \macro{CPU\_ALLOC\_SIZE}, consente di
3396 ottenere la dimensione in byte di un insieme allocato dinamicamente che
3397 contenga \param{num\_cpus} processori.
3399 Dato che le dimensioni effettive possono essere diverse le macro di gestione e
3400 manipolazione che abbiamo trattato in precedenza non si applicano agli insiemi
3401 allocati dinamicamente, per i quali dovranno sono state definite altrettante
3402 macro equivalenti contraddistinte dal suffisso \texttt{\_S}, che effettuano le
3403 stesse operazioni, ma richiedono in più un argomento
3404 aggiuntivo \param{setsize} che deve essere assegnato al valore ottenuto con
3405 \macro{CPU\_ALLOC\_SIZE}. Questo stesso valore deve essere usato per l'omonimo
3406 argomento delle funzioni \func{sched\_setaffinity} o \func{sched\_getaffinity}
3407 quando si vuole usare per l'argomento che indica la maschera di affinità un
3408 insieme di processori allocato dinamicamente.
3410 \index{insieme~di~processori|)}
3412 A meno di non aver utilizzato \func{sched\_setaffinity}, in condizioni
3413 ordinarie la maschera di affinità di un processo è preimpostata dal sistema in
3414 modo che esso possa essere eseguito su qualunque processore. Se ne può
3415 comunque ottenere il valore corrente usando la funzione di sistema
3416 \funcd{sched\_getaffinity}, il cui prototipo è:
3420 \fdecl{int sched\_getaffinity (pid\_t pid, size\_t setsize,
3422 \fdesc{Legge la maschera di affinità di un processo.}
3424 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3425 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3427 \item[\errcode{EINVAL}] \param{setsize} è più piccolo delle dimensioni
3428 della maschera di affinità usata dal kernel.
3429 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3431 ed inoltre anche \errval{EFAULT} nel suo significato generico.}
3434 La funzione restituirà all'indirizzo specificato da \param{mask} il valore
3435 della maschera di affinità del processo indicato dall'argomento \param{pid}
3436 (al solito un valore nullo indica il processo corrente) così da poterla
3437 riutilizzare per una successiva reimpostazione.
3439 È chiaro che queste funzioni per la gestione dell'affinità hanno significato
3440 soltanto su un sistema multiprocessore, esse possono comunque essere
3441 utilizzate anche in un sistema con un processore singolo, nel qual caso però
3442 non avranno alcun risultato effettivo.
3444 \itindend{scheduler}
3445 \itindend{CPU~affinity}
3448 \subsection{Le priorità per le operazioni di I/O}
3449 \label{sec:io_priority}
3451 A lungo l'unica priorità usata per i processi è stata quella relativa
3452 all'assegnazione dell'uso del processore. Ma il processore non è l'unica
3453 risorsa che i processi devono contendersi, un'altra, altrettanto importante
3454 per le prestazioni, è quella dell'accesso a disco. Per questo motivo nello
3455 sviluppo del kernel sono stati introdotti diversi \textit{I/O scheduler} in
3456 grado di distribuire in maniera opportuna questa risorsa ai vari processi.
3458 Fino al kernel 2.6.17 era possibile soltanto differenziare le politiche
3459 generali di gestione, scegliendo di usare un diverso \textit{I/O scheduler}. A
3460 partire da questa versione, con l'introduzione dello \textit{scheduler} CFQ
3461 (\textit{Completely Fair Queuing}) è divenuto possibile, qualora si usi questo
3462 \textit{scheduler}, impostare anche delle diverse priorità di accesso per i
3463 singoli processi.\footnote{al momento (kernel 2.6.31), le priorità di I/O sono
3464 disponibili soltanto per questo \textit{scheduler}.}
3466 La scelta di uno \textit{scheduler} di I/O si può fare in maniera generica per
3467 tutto il sistema all'avvio del kernel con il parametro di avvio
3468 \texttt{elevator},\footnote{per la trattazione dei parametri di avvio del
3469 kernel si rimanda al solito alla sez.~5.3 di \cite{AGL}.} cui assegnare il
3470 nome dello \textit{scheduler}, ma se ne può anche indicare uno specifico per
3471 l'accesso al singolo disco scrivendo nel file
3472 \texttt{/sys/block/\textit{<dev>}/queue/scheduler} (dove
3473 \texttt{\textit{<dev>}} è il nome del dispositivo associato al disco).
3475 Gli \textit{scheduler} disponibili sono mostrati dal contenuto dello stesso
3476 file che riporta fra parentesi quadre quello attivo, il default in tutti i
3477 kernel recenti è proprio il \texttt{cfq}, nome con cui si indica appunto lo
3478 \textit{scheduler} CFQ, che supporta le priorità. Per i dettagli sulle
3479 caratteristiche specifiche degli altri \textit{scheduler}, la cui discussione
3480 attiene a problematiche di ambito sistemistico, si consulti la documentazione
3481 nella directory \texttt{Documentation/block/} dei sorgenti del kernel.
3483 Una volta che si sia impostato lo \textit{scheduler} CFQ ci sono due
3484 specifiche \textit{system call}, specifiche di Linux, che consentono di
3485 leggere ed impostare le priorità di I/O.\footnote{se usate in corrispondenza
3486 ad uno \textit{scheduler} diverso il loro utilizzo non avrà alcun effetto.}
3487 Dato che non esiste una interfaccia diretta nella \acr{glibc} per queste due
3488 funzioni\footnote{almeno al momento della scrittura di questa sezione, con la
3489 versione 2.11 della \acr{glibc}.} occorrerà invocarle tramite la funzione
3490 \func{syscall} (come illustrato in sez.~\ref{sec:proc_syscall}). Le due
3491 \textit{system call} sono \funcd{ioprio\_get} ed \funcd{ioprio\_set}; i
3492 rispettivi prototipi sono:
3495 \fhead{linux/ioprio.h}
3496 \fdecl{int ioprio\_get(int which, int who)}
3497 \fdesc{Legge la priorità di I/O di un processo.}
3498 \fdecl{int ioprio\_set(int which, int who, int ioprio)}
3499 \fdesc{Imposta la priorità di I/O di un processo.}
3501 {Le funzioni ritornano rispettivamente un intero positivo o 0 in caso di
3502 successo e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei
3505 \item[\errcode{EINVAL}] i valori di \param{which} o di \param{ioprio} non
3507 \item[\errcode{EPERM}] non si hanno i privilegi per eseguire
3508 l'impostazione (solo per \func{ioprio\_set}).
3509 \item[\errcode{ESRCH}] non esiste un processo corrispondente alle indicazioni.
3513 Le funzioni leggono o impostano la priorità di I/O sulla base dell'indicazione
3514 dei due argomenti \param{which} e \param{who} che hanno lo stesso significato
3515 già visto per gli omonimi argomenti di \func{getpriority} e
3516 \func{setpriority}. Anche in questo caso si deve specificare il valore di
3517 \param{which} tramite le opportune costanti riportate in
3518 tab.~\ref{tab:ioprio_args} che consentono di indicare un singolo processo, i
3519 processi di un \textit{process group} (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o
3520 tutti i processi di un utente.
3525 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
3527 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
3530 \constd{IPRIO\_WHO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo\\
3531 \constd{IPRIO\_WHO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \textit{process group}\\
3532 \constd{IPRIO\_WHO\_USER} & \type{uid\_t} & utente\\
3535 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
3536 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{ioprio\_get} e
3537 \func{ioprio\_set} per le tre possibili scelte.}
3538 \label{tab:ioprio_args}
3541 In caso di successo \func{ioprio\_get} restituisce un intero positivo che
3542 esprime il valore della priorità di I/O, questo valore è una maschera binaria
3543 composta da due parti, una che esprime la \textsl{classe} di
3544 \textit{scheduling} di I/O del processo, l'altra che esprime, quando la classe
3545 di \textit{scheduling} lo prevede, la priorità del processo all'interno della
3546 classe stessa. Questo stesso formato viene utilizzato per indicare il valore
3547 della priorità da impostare con l'argomento \param{ioprio} di
3553 \begin{tabular}[c]{|l|p{8cm}|}
3555 \textbf{Macro} & \textbf{Significato}\\
3558 \macrod{IOPRIO\_PRIO\_CLASS}\texttt{(\textit{value})}
3559 & Dato il valore di una priorità come
3560 restituito da \func{ioprio\_get} estrae il
3561 valore della classe.\\
3562 \macrod{IOPRIO\_PRIO\_DATA}\texttt{(\textit{value})}
3563 & Dato il valore di una priorità come
3564 restituito da \func{ioprio\_get} estrae il
3565 valore della priorità.\\
3566 \macrod{IOPRIO\_PRIO\_VALUE}\texttt{(\textit{class},\textit{prio})}
3567 & Dato un valore di priorità ed una classe
3568 ottiene il valore numerico da passare a
3569 \func{ioprio\_set}.\\
3572 \caption{Le macro per la gestione dei valori numerici .}
3573 \label{tab:IOsched_class_macro}
3577 Per la gestione dei valori che esprimono le priorità di I/O sono state
3578 definite delle opportune macro di preprocessore, riportate in
3579 tab.~\ref{tab:IOsched_class_macro}. I valori delle priorità si ottengono o si
3580 impostano usando queste macro. Le prime due si usano con il valore restituito
3581 da \func{ioprio\_get} e per ottenere rispettivamente la classe di
3582 \textit{scheduling}\footnote{restituita dalla macro con i valori di
3583 tab.~\ref{tab:IOsched_class}.} e l'eventuale valore della priorità. La terza
3584 macro viene invece usata per creare un valore di priorità da usare come
3585 argomento di \func{ioprio\_set} per eseguire una impostazione.
3587 Le classi di \textit{scheduling} previste dallo \textit{scheduler} CFQ sono
3588 tre, e ricalcano tre diverse modalità di distribuzione delle risorse, analoghe
3589 a quelle già adottate anche nel funzionamento dello \textit{scheduler} del
3590 processore. Ciascuna di esse è identificata tramite una opportuna costante,
3591 secondo quanto riportato in tab.~\ref{tab:IOsched_class}.
3596 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
3598 \textbf{Classe} & \textbf{Significato} \\
3601 \const{IOPRIO\_CLASS\_RT} & \textit{Scheduling} di I/O
3602 \textit{real-time}.\\
3603 \const{IOPRIO\_CLASS\_BE} & \textit{Scheduling} di I/O ordinario.\\
3604 \const{IOPRIO\_CLASS\_IDLE}& \textit{Scheduling} di I/O di priorità
3608 \caption{Costanti che identificano le classi di \textit{scheduling} di I/O.}
3609 \label{tab:IOsched_class}
3612 La classe di priorità più bassa è \constd{IOPRIO\_CLASS\_IDLE}; i processi in
3613 questa classe riescono ad accedere a disco soltanto quando nessun altro
3614 processo richiede l'accesso. Occorre pertanto usarla con molta attenzione,
3615 perché un processo in questa classe può venire completamente bloccato quando
3616 ci sono altri processi in una qualunque delle altre due classi che stanno
3617 accedendo al disco. Quando si usa questa classe non ha senso indicare un
3618 valore di priorità, dato che in questo caso non esiste nessuna gerarchia e la
3619 priorità è identica, la minima possibile, per tutti i processi che la usano.
3621 La seconda classe di priorità di I/O è \constd{IOPRIO\_CLASS\_BE} (il nome sta
3622 per \textit{best-effort}), che è quella usata ordinariamente da tutti
3623 processi. In questo caso esistono priorità diverse che consentono di
3624 assegnazione di una maggiore banda passante nell'accesso a disco ad un
3625 processo rispetto agli altri, con meccanismo simile a quello dei valori di
3626 \textit{nice} in cui si evita che un processo a priorità più alta possa
3627 bloccare indefinitamente quelli a priorità più bassa. In questo caso però le
3628 diverse priorità sono soltanto otto, indicate da un valore numerico fra 0 e 7
3629 e come per \textit{nice} anche in questo caso un valore più basso indica una
3632 Infine la classe di priorità di I/O \textit{real-time}
3633 \constd{IOPRIO\_CLASS\_RT} ricalca le omonime priorità di processore: un
3634 processo in questa classe ha sempre la precedenza nell'accesso a disco
3635 rispetto a tutti i processi delle altre classi e di un processo nella stessa
3636 classe ma con priorità inferiore, ed è pertanto in grado di bloccare
3637 completamente tutti gli altri. Anche in questo caso ci sono 8 priorità diverse
3638 con un valore numerico fra 0 e 7, con una priorità più elevata per valori più
3641 In generale nel funzionamento ordinario la priorità di I/O di un processo
3642 viene impostata in maniera automatica nella classe \const{IOPRIO\_CLASS\_BE}
3643 con un valore ottenuto a partire dal corrispondente valore di \textit{nice}
3644 tramite la formula: $\mathtt{\mathit{prio}}=(\mathtt{\mathit{nice}}+20)/5$. Un
3645 utente ordinario può modificare con \func{ioprio\_set} soltanto le priorità
3646 dei processi che gli appartengono,\footnote{per la modifica delle priorità di
3647 altri processi occorrono privilegi amministrativi, ed in particolare la
3648 capacità \const{CAP\_SYS\_NICE} (vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}).}
3649 cioè quelli il cui \ids{UID} reale corrisponde all'\ids{UID} reale o effettivo
3650 del chiamante. Data la possibilità di ottenere un blocco totale del sistema,
3651 solo l'amministratore\footnote{o un processo con la capacità
3652 \const{CAP\_SYS\_ADMIN} (vedi sez.~\ref{sec:proc_capabilities}).} può
3653 impostare un processo ad una priorità di I/O nella classe
3654 \const{IOPRIO\_CLASS\_RT}, lo stesso privilegio era richiesto anche per la
3655 classe \const{IOPRIO\_CLASS\_IDLE} fino al kernel 2.6.24, ma dato che in
3656 questo caso non ci sono effetti sugli altri processi questo limite è stato
3657 rimosso a partire dal kernel 2.6.25.
3659 %TODO verificare http://lwn.net/Articles/355987/
3662 \section{Problematiche di programmazione \textit{multitasking}}
3663 \label{sec:proc_multi_prog}
3665 Benché i processi siano strutturati in modo da apparire il più possibile come
3666 indipendenti l'uno dall'altro, nella programmazione in un sistema
3667 \textit{multitasking} occorre tenere conto di una serie di problematiche che
3668 normalmente non esistono quando si ha a che fare con un sistema in cui viene
3669 eseguito un solo programma alla volta.
3671 Per questo motivo, essendo questo argomento di carattere generale, ci è parso
3672 opportuno introdurre sinteticamente queste problematiche, che ritroveremo a
3673 più riprese in capitoli successivi, in questa sezione conclusiva del capitolo
3674 in cui abbiamo affrontato la gestione dei processi, sottolineando come esse
3675 diventino cogenti quando invece si usano i \textit{thread}.
3678 \subsection{Le operazioni atomiche}
3679 \label{sec:proc_atom_oper}
3681 La nozione di \textsl{operazione atomica} deriva dal significato greco della
3682 parola atomo, cioè indivisibile; si dice infatti che un'operazione è atomica
3683 quando si ha la certezza che, qualora essa venga effettuata, tutti i passaggi
3684 che devono essere compiuti per realizzarla verranno eseguiti senza possibilità
3685 di interruzione in una fase intermedia.
3687 In un ambiente \textit{multitasking} il concetto è essenziale, dato che un
3688 processo può essere interrotto in qualunque momento dal kernel che mette in
3689 esecuzione un altro processo o dalla ricezione di un segnale. Occorre pertanto
3690 essere accorti nei confronti delle possibili \textit{race condition} (vedi
3691 sez.~\ref{sec:proc_race_cond}) derivanti da operazioni interrotte in una fase
3692 in cui non erano ancora state completate.
3694 Nel caso dell'interazione fra processi la situazione è molto più semplice, ed
3695 occorre preoccuparsi della atomicità delle operazioni solo quando si ha a che
3696 fare con meccanismi di intercomunicazione (che esamineremo in dettaglio in
3697 cap.~\ref{cha:IPC}) o nelle operazioni con i file (vedremo alcuni esempi in
3698 sez.~\ref{sec:file_shared_access}). In questi casi in genere l'uso delle
3699 appropriate funzioni di libreria per compiere le operazioni necessarie è
3700 garanzia sufficiente di atomicità in quanto le \textit{system call} con cui
3701 esse sono realizzate non possono essere interrotte (o subire interferenze
3702 pericolose) da altri processi.
3704 Nel caso dei segnali invece la situazione è molto più delicata, in quanto lo
3705 stesso processo, e pure alcune \textit{system call}, possono essere interrotti
3706 in qualunque momento, e le operazioni di un eventuale \textit{signal handler}
3707 sono compiute nello stesso spazio di indirizzi del processo. Per questo, anche
3708 il solo accesso o l'assegnazione di una variabile possono non essere più
3709 operazioni atomiche (torneremo su questi aspetti in
3710 sez.~\ref{sec:sig_adv_control}).
3712 Qualora invece si usino i \textit{thread}, in cui lo spazio degli indirizzi è
3713 condiviso, il problema è sempre presente, perché qualunque \textit{thread} può
3714 interromperne un altro in qualunque momento e l'atomicità di qualunque
3715 operazione è messa in discussione, per cui l'assenza di eventuali \textit{race
3716 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}) deve essere sempre
3717 verificata nei minimi dettagli.
3719 In questo caso il sistema provvede un tipo di dato, il \typed{sig\_atomic\_t},
3720 il cui accesso è assicurato essere atomico. In pratica comunque si può
3721 assumere che, in ogni piattaforma su cui è implementato Linux, il tipo
3722 \ctyp{int}, gli altri interi di dimensione inferiore ed i puntatori sono
3723 atomici. Non è affatto detto che lo stesso valga per interi di dimensioni
3724 maggiori (in cui l'accesso può comportare più istruzioni in assembler) o per
3725 le strutture di dati. In tutti questi casi è anche opportuno marcare come
3726 \dirct{volatile} le variabili che possono essere interessate ad accesso
3727 condiviso, onde evitare problemi con le ottimizzazioni del codice.
3731 \subsection{Le \textit{race condition} ed i \textit{deadlock}}
3732 \label{sec:proc_race_cond}
3734 \itindbeg{race~condition}
3736 Si definiscono \textit{race condition} tutte quelle situazioni in cui processi
3737 diversi operano su una risorsa comune, ed in cui il risultato viene a
3738 dipendere dall'ordine in cui essi effettuano le loro operazioni. Il caso
3739 tipico è quello di un'operazione che viene eseguita da un processo in più
3740 passi, e può essere compromessa dall'intervento di un altro processo che
3741 accede alla stessa risorsa quando ancora non tutti i passi sono stati
3744 Dato che in un sistema \textit{multitasking} ogni processo può essere
3745 interrotto in qualunque momento per farne subentrare un altro in esecuzione,
3746 niente può assicurare un preciso ordine di esecuzione fra processi diversi o
3747 che una sezione di un programma possa essere eseguita senza interruzioni da
3748 parte di altri. Queste situazioni comportano pertanto errori estremamente
3749 subdoli e difficili da tracciare, in quanto nella maggior parte dei casi tutto
3750 funzionerà regolarmente, e solo occasionalmente si avranno degli errori.
3752 Per questo occorre essere ben consapevoli di queste problematiche, e del fatto
3753 che l'unico modo per evitarle è quello di riconoscerle come tali e prendere
3754 gli adeguati provvedimenti per far sì che non si verifichino. Casi tipici di
3755 \textit{race condition} si hanno quando diversi processi accedono allo stesso
3756 file, o nell'accesso a meccanismi di intercomunicazione come la memoria
3759 \index{sezione~critica|(}
3761 In questi casi, se non si dispone della possibilità di eseguire atomicamente
3762 le operazioni necessarie, occorre che quelle parti di codice in cui si
3763 compiono le operazioni sulle risorse condivise, quelle che in genere vengono
3764 denominate ``\textsl{sezioni critiche}'' del programma, siano opportunamente
3765 protette da meccanismi di sincronizzazione (vedremo alcune problematiche di
3766 questo tipo in cap.~\ref{cha:IPC}).
3768 \index{sezione~critica|)}
3770 Nel caso dei \textit{thread} invece la situazione è molto più delicata e
3771 sostanzialmente qualunque accesso in memoria (a buffer, variabili o altro) può
3772 essere soggetto a \textit{race condition} dato potrebbe essere interrotto in
3773 qualunque momento da un altro \textit{thread}. In tal caso occorre pianificare
3774 con estrema attenzione l'uso delle variabili ed utilizzare i vari meccanismi
3775 di sincronizzazione che anche in questo caso sono disponibili (torneremo su
3776 queste problematiche di questo tipo in cap.~\ref{sec:pthread_sync})
3780 Un caso particolare di \textit{race condition} sono poi i cosiddetti
3781 \textit{deadlock} (traducibile in \textsl{condizione di stallo}), che
3782 particolarmente gravi in quanto comportano spesso il blocco completo di un
3783 servizio, e non il fallimento di una singola operazione. Per definizione un
3784 \textit{deadlock} è una situazione in cui due o più processi non sono più in
3785 grado di proseguire perché ciascuno aspetta il risultato di una operazione che
3786 dovrebbe essere eseguita dall'altro.
3788 L'esempio tipico di una situazione che può condurre ad un
3789 \textit{deadlock} è quello in cui un flag di
3790 ``\textsl{occupazione}'' viene rilasciato da un evento asincrono (come un
3791 segnale o un altro processo) fra il momento in cui lo si è controllato
3792 (trovandolo occupato) e la successiva operazione di attesa per lo sblocco. In
3793 questo caso, dato che l'evento di sblocco del flag è avvenuto senza che ce ne
3794 accorgessimo proprio fra il controllo e la messa in attesa, quest'ultima
3795 diventerà perpetua (da cui il nome di \textit{deadlock}).
3797 In tutti questi casi è di fondamentale importanza il concetto di atomicità
3798 visto in sez.~\ref{sec:proc_atom_oper}; questi problemi infatti possono essere
3799 risolti soltanto assicurandosi, quando essa sia richiesta, che sia possibile
3800 eseguire in maniera atomica le operazioni necessarie.
3802 \itindend{race~condition}
3806 \subsection{Le funzioni rientranti}
3807 \label{sec:proc_reentrant}
3809 \index{funzioni!rientranti|(}
3811 Si dice \textsl{rientrante} una funzione che può essere interrotta in
3812 qualunque punto della sua esecuzione ed essere chiamata una seconda volta da
3813 un altro \textit{thread} di esecuzione senza che questo comporti nessun
3814 problema nell'esecuzione della stessa. La problematica è comune nella
3815 programmazione con i \textit{thread}, ma si hanno gli stessi problemi quando
3816 si vogliono chiamare delle funzioni all'interno dei gestori dei segnali.
3818 Fintanto che una funzione opera soltanto con le variabili locali è rientrante;
3819 queste infatti vengono allocate nello \textit{stack}, ed un'altra invocazione
3820 non fa altro che allocarne un'altra copia. Una funzione può non essere
3821 rientrante quando opera su memoria che non è nello \textit{stack}. Ad esempio
3822 una funzione non è mai rientrante se usa una variabile globale o statica.
3824 Nel caso invece la funzione operi su un oggetto allocato dinamicamente, la
3825 cosa viene a dipendere da come avvengono le operazioni: se l'oggetto è creato
3826 ogni volta e ritornato indietro la funzione può essere rientrante, se invece
3827 esso viene individuato dalla funzione stessa due chiamate alla stessa funzione
3828 potranno interferire quando entrambe faranno riferimento allo stesso oggetto.
3829 Allo stesso modo una funzione può non essere rientrante se usa e modifica un
3830 oggetto che le viene fornito dal chiamante: due chiamate possono interferire
3831 se viene passato lo stesso oggetto; in tutti questi casi occorre molta cura da
3832 parte del programmatore.
3834 In genere le funzioni di libreria non sono rientranti, molte di esse ad
3835 esempio utilizzano variabili statiche, la \acr{glibc} però mette a
3836 disposizione due macro di compilatore, \macro{\_REENTRANT} e
3837 \macro{\_THREAD\_SAFE}, la cui definizione attiva le versioni rientranti di
3838 varie funzioni di libreria, che sono identificate aggiungendo il suffisso
3839 \code{\_r} al nome della versione normale.
3841 \index{funzioni!rientranti|)}
3844 % LocalWords: multitasking like VMS child process identifier pid sez shell fig
3845 % LocalWords: parent kernel init pstree keventd kswapd table struct linux call
3846 % LocalWords: nell'header scheduler system interrupt timer HZ asm Hertz clock
3847 % LocalWords: l'alpha tick fork wait waitpid exit exec image glibc int pgid ps
3848 % LocalWords: sid thread Ingo Molnar ppid getpid getppid sys unistd LD threads
3849 % LocalWords: void tempnam pathname sibling cap errno EAGAIN ENOMEM context
3850 % LocalWords: stack read only copy write tab client spawn forktest sleep PATH
3851 % LocalWords: source LIBRARY scheduling race condition printf descriptor dup
3852 % LocalWords: close group session tms lock vfork execve BSD stream main abort
3853 % LocalWords: SIGABRT SIGCHLD SIGHUP foreground SIGCONT termination signal ANY
3854 % LocalWords: handler kill EINTR POSIX options WNOHANG ECHILD option WUNTRACED
3855 % LocalWords: dump bits rusage getrusage heap const filename argv envp EACCES
3856 % LocalWords: filesystem noexec EPERM suid sgid root nosuid ENOEXEC ENOENT ELF
3857 % LocalWords: ETXTBSY EINVAL ELIBBAD BIG EFAULT EIO ENAMETOOLONG ELOOP ENOTDIR
3858 % LocalWords: ENFILE EMFILE argc execl path execv execle execlp execvp vector
3859 % LocalWords: list environ NULL umask utime cutime ustime fcntl linker Posix
3860 % LocalWords: opendir libc interpreter FreeBSD capabilities mandatory access
3861 % LocalWords: control MAC SELinux security modules LSM superuser uid gid saved
3862 % LocalWords: effective euid egid dell' fsuid fsgid getuid geteuid getgid SVr
3863 % LocalWords: getegid IDS NFS setuid setgid all' logout utmp screen xterm TODO
3864 % LocalWords: setreuid setregid FIXME ruid rgid seteuid setegid setresuid size
3865 % LocalWords: setresgid getresuid getresgid value result argument setfsuid DAC
3866 % LocalWords: setfsgid NGROUPS sysconf getgroups getgrouplist groups ngroups
3867 % LocalWords: setgroups initgroups patch LIDS CHOWN OVERRIDE Discrectionary
3868 % LocalWords: SEARCH chattr sticky NOATIME socket domain immutable append mmap
3869 % LocalWords: broadcast multicast multicasting memory locking mlock mlockall
3870 % LocalWords: shmctl ioperm iopl chroot ptrace accounting swap reboot hangup
3871 % LocalWords: vhangup mknod lease permitted inherited inheritable bounding AND
3872 % LocalWords: capability capget capset header ESRCH undef version obj clear PT
3873 % LocalWords: pag ssize length proc capgetp preemptive cache runnable idled
3874 % LocalWords: SIGSTOP soft slice nice niceness counter which SC switch side
3875 % LocalWords: getpriority who setpriority RTLinux RTAI Adeos fault FIFO COUNT
3876 % LocalWords: yield Robin setscheduler policy param OTHER priority setparam to
3877 % LocalWords: min getparam getscheduler interval robin ENOSYS fifo ping long
3878 % LocalWords: affinity setaffinity unsigned mask cpu NUMA CLR ISSET SETSIZE RR
3879 % LocalWords: getaffinity assembler deadlock REENTRANT SAFE tgz MYPGRP l'OR rr
3880 % LocalWords: WIFEXITED WEXITSTATUS WIFSIGNALED WTERMSIG WCOREDUMP WIFSTOPPED
3881 % LocalWords: WSTOPSIG opt char INTERP arg SIG IGN DFL mascheck grp FOWNER RAW
3882 % LocalWords: FSETID SETPCAP BIND SERVICE ADMIN PACKET IPC OWNER MODULE RAWIO
3883 % LocalWords: PACCT RESOURCE TTY CONFIG SETFCAP hdrp datap libcap lcap text tp
3884 % LocalWords: get ncap caps CapInh CapPrm fffffeff CapEff getcap STAT dall'I
3885 % LocalWords: inc PRIO SUSv PRGR prio SysV SunOS Ultrix sched timespec len sig
3886 % LocalWords: cpusetsize cpuset atomic tickless redirezione WCONTINUED stopped
3887 % LocalWords: waitid NOCLDSTOP ENOCHLD WIFCONTINUED ifdef endif idtype siginfo
3888 % LocalWords: infop ALL WEXITED WSTOPPED WNOWAIT signo CLD EXITED KILLED page
3889 % LocalWords: CONTINUED sources forking Spawned successfully executing exiting
3890 % LocalWords: next cat for COMMAND pts bash defunct TRAPPED DUMPED PR effects
3891 % LocalWords: SIGKILL static RLIMIT preemption PREEMPT VOLUNTARY IDLE RTPRIO
3892 % LocalWords: completely fair compat uniform CFQ queuing elevator dev cfq RT
3893 % LocalWords: documentation block syscall ioprio IPRIO CLASS class best effort
3894 % LocalWords: refresh semop dnotify MADV DONTFORK prctl WCLONE WALL big mount
3895 % LocalWords: WNOTHREAD DUMPABLE KEEPCAPS IRIX CAPBSET endianness endian flags
3896 % LocalWords: little PPC PowerPC FPEMU NOPRINT SIGFPE FPEXC point FP SW malloc
3897 % LocalWords: exception EXC ENABLE OVF overflow UND underflow RES INV DISABLED
3898 % LocalWords: NONRECOV ASYNC KEEP securebits NAME NUL PDEATHSIG SECCOMP VM FS
3899 % LocalWords: secure computing sigreturn TIMING STATISTICAL TSC MCE conditions
3900 % LocalWords: timestamp Stamp SIGSEGV UNALIGN SIGBUS MCEERR AO failure early
3901 % LocalWords: namespace vsyscall SETTID FILES NEWIPC NEWNET NEWNS NEWPID ptid
3902 % LocalWords: NEWUTS SETTLS SIGHAND SYSVSEM UNTRACED tls ctid CLEARTID panic
3903 % LocalWords: loader EISDIR SIGTRAP uninterrutible killable EQUAL sizeof XOR
3904 % LocalWords: destset srcset ALLOC num cpus setsize emacs pager getty TID
3905 % LocalWords: reaper SUBREAPER Library futex klogd named rpc statd NPROC
3906 % LocalWords: EACCESS EBADF EBUSY ENXIO EOPNOTSUPP DISABLE tracer Yama
3908 %%% Local Variables:
3910 %%% TeX-master: "gapil"