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12 \chapter{La gestione dei processi}
13 \label{cha:process_handling}
15 Come accennato nell'introduzione in un sistema Unix tutte le operazioni
16 vengono svolte tramite opportuni processi. In sostanza questi ultimi vengono
17 a costituire l'unità base per l'allocazione e l'uso delle risorse del sistema.
19 Nel precedente capitolo abbiamo esaminato il funzionamento di un processo come
20 unità a se stante, in questo esamineremo il funzionamento dei processi
21 all'interno del sistema. Saranno cioè affrontati i dettagli della creazione e
22 della terminazione dei processi, della gestione dei loro attributi e
23 privilegi, e di tutte le funzioni a questo connesse. Infine nella sezione
24 finale introdurremo alcune problematiche generiche della programmazione in
25 ambiente multitasking.
28 \section{Introduzione}
31 Inizieremo con un'introduzione generale ai concetti che stanno alla base della
32 gestione dei processi in un sistema unix-like. Introdurremo in questa sezione
33 l'architettura della gestione dei processi e le sue principali
34 caratteristiche, dando una panoramica sull'uso delle principali funzioni di
38 \subsection{L'architettura della gestione dei processi}
39 \label{sec:proc_hierarchy}
41 A differenza di quanto avviene in altri sistemi (ad esempio nel VMS la
42 generazione di nuovi processi è un'operazione privilegiata) una delle
43 caratteristiche di Unix (che esamineremo in dettaglio più avanti) è che
44 qualunque processo può a sua volta generarne altri, detti processi figli
45 (\textit{child process}). Ogni processo è identificato presso il sistema da un
46 numero univoco, il cosiddetto \textit{process identifier} o, più brevemente,
47 \acr{pid}, assegnato in forma progressiva (vedi sez.~\ref{sec:proc_pid}) quando
48 il processo viene creato.
50 Una seconda caratteristica di un sistema Unix è che la generazione di un
51 processo è un'operazione separata rispetto al lancio di un programma. In
52 genere la sequenza è sempre quella di creare un nuovo processo, il quale
53 eseguirà, in un passo successivo, il programma desiderato: questo è ad esempio
54 quello che fa la shell quando mette in esecuzione il programma che gli
55 indichiamo nella linea di comando.
57 Una terza caratteristica è che ogni processo è sempre stato generato da un
58 altro, che viene chiamato processo padre (\textit{parent process}). Questo
59 vale per tutti i processi, con una sola eccezione: dato che ci deve essere un
60 punto di partenza esiste un processo speciale (che normalmente è
61 \cmd{/sbin/init}), che viene lanciato dal kernel alla conclusione della fase
62 di avvio; essendo questo il primo processo lanciato dal sistema ha sempre il
63 \acr{pid} uguale a 1 e non è figlio di nessun altro processo.
65 Ovviamente \cmd{init} è un processo speciale che in genere si occupa di far
66 partire tutti gli altri processi necessari al funzionamento del sistema,
67 inoltre \cmd{init} è essenziale per svolgere una serie di compiti
68 amministrativi nelle operazioni ordinarie del sistema (torneremo su alcuni di
69 essi in sez.~\ref{sec:proc_termination}) e non può mai essere terminato. La
70 struttura del sistema comunque consente di lanciare al posto di \cmd{init}
71 qualunque altro programma, e in casi di emergenza (ad esempio se il file di
72 \cmd{init} si fosse corrotto) è ad esempio possibile lanciare una shell al suo
73 posto, passando la riga \cmd{init=/bin/sh} come parametro di avvio.
78 [piccardi@gont piccardi]$ pstree -n
95 |-bash---startx---xinit-+-XFree86
96 | `-WindowMaker-+-ssh-agent
104 | |-wterm---bash---pstree
105 | `-wterm---bash-+-emacs
111 \caption{L'albero dei processi, così come riportato dal comando
113 \label{fig:proc_tree}
116 Dato che tutti i processi attivi nel sistema sono comunque generati da
117 \cmd{init} o da uno dei suoi figli\footnote{in realtà questo non è del tutto
118 vero, in Linux ci sono alcuni processi speciali che pur comparendo come
119 figli di \cmd{init}, o con \acr{pid} successivi, sono in realtà generati
120 direttamente dal kernel, (come \cmd{keventd}, \cmd{kswapd}, ecc.).} si
121 possono classificare i processi con la relazione padre/figlio in
122 un'organizzazione gerarchica ad albero, in maniera analoga a come i file sono
123 organizzati in un albero di directory (si veda
124 sez.~\ref{sec:file_organization}); in fig.~\ref{fig:proc_tree} si è mostrato il
125 risultato del comando \cmd{pstree} che permette di visualizzare questa
126 struttura, alla cui base c'è \cmd{init} che è progenitore di tutti gli altri
129 Il kernel mantiene una tabella dei processi attivi, la cosiddetta
130 \itindex{process~table} \textit{process table}; per ciascun processo viene
131 mantenuta una voce, costituita da una struttura \struct{task\_struct}, nella
132 tabella dei processi che contiene tutte le informazioni rilevanti per quel
133 processo. Tutte le strutture usate a questo scopo sono dichiarate nell'header
134 file \file{linux/sched.h}, ed uno schema semplificato, che riporta la
135 struttura delle principali informazioni contenute nella \struct{task\_struct}
136 (che in seguito incontreremo a più riprese), è mostrato in
137 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}.
141 \includegraphics[width=13cm]{img/task_struct}
142 \caption{Schema semplificato dell'architettura delle strutture usate dal
143 kernel nella gestione dei processi.}
144 \label{fig:proc_task_struct}
147 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_unix_struct} è lo \itindex{scheduler}
148 \textit{scheduler} che decide quale processo mettere in esecuzione; esso viene
149 eseguito ad ogni system call ed ad ogni interrupt,\footnote{più in una serie
151 % TODO completare questa parte su quando viene chiamato lo scheduler.
152 (ma può essere anche attivato esplicitamente). Il timer di sistema provvede
153 comunque a che esso sia invocato periodicamente, generando un interrupt
154 periodico secondo la frequenza specificata dalla costante \const{HZ}, definita
155 in \file{asm/param.h}, ed il cui valore è espresso in Hertz.\footnote{Fino al
156 kernel 2.4 il valore usuale di questa costante era 100, per tutte le
157 architetture eccetto l'alpha, per la quale era 1000. Occorre fare attenzione
158 a non confondere questo valore con quello dei clock tick (vedi
159 sez.~\ref{sec:sys_unix_time}).}
160 % TODO verificare gli ultimi cambiamenti del 2.6
161 % Si ha cioè un interrupt dal timer ogni centesimo di secondo.
163 Ogni volta che viene eseguito, lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler}
164 effettua il calcolo delle priorità dei vari processi attivi (torneremo su
165 questo in sez.~\ref{sec:proc_priority}) e stabilisce quale di essi debba
166 essere posto in esecuzione fino alla successiva invocazione.
169 \subsection{Una panoramica sulle funzioni fondamentali}
170 \label{sec:proc_handling_intro}
172 In un sistema unix-like i processi vengono sempre creati da altri processi
173 tramite la funzione \func{fork}; il nuovo processo (che viene chiamato
174 \textsl{figlio}) creato dalla \func{fork} è una copia identica del processo
175 processo originale (detto \textsl{padre}), ma ha un nuovo \acr{pid} e viene
176 eseguito in maniera indipendente (le differenze fra padre e figlio sono
177 affrontate in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_fork}).
179 Se si vuole che il processo padre si fermi fino alla conclusione del processo
180 figlio questo deve essere specificato subito dopo la \func{fork} chiamando la
181 funzione \func{wait} o la funzione \func{waitpid} (si veda
182 sez.~\ref{sec:proc_wait}); queste funzioni restituiscono anche un'informazione
183 abbastanza limitata sulle cause della terminazione del processo figlio.
185 Quando un processo ha concluso il suo compito o ha incontrato un errore non
186 risolvibile esso può essere terminato con la funzione \func{exit} (si veda
187 quanto discusso in sez.~\ref{sec:proc_conclusion}). La vita del processo però
188 termina solo quando la notifica della sua conclusione viene ricevuta dal
189 processo padre, a quel punto tutte le risorse allocate nel sistema ad esso
190 associate vengono rilasciate.
192 Avere due processi che eseguono esattamente lo stesso codice non è molto
193 utile, normalmente si genera un secondo processo per affidargli l'esecuzione
194 di un compito specifico (ad esempio gestire una connessione dopo che questa è
195 stata stabilita), o fargli eseguire (come fa la shell) un altro programma. Per
196 quest'ultimo caso si usa la seconda funzione fondamentale per programmazione
197 coi processi che è la \func{exec}.
199 Il programma che un processo sta eseguendo si chiama immagine del processo (o
200 \textit{process image}), le funzioni della famiglia \func{exec} permettono di
201 caricare un altro programma da disco sostituendo quest'ultimo all'immagine
202 corrente; questo fa sì che l'immagine precedente venga completamente
203 cancellata. Questo significa che quando il nuovo programma termina, anche il
204 processo termina, e non si può tornare alla precedente immagine.
206 Per questo motivo la \func{fork} e la \func{exec} sono funzioni molto
207 particolari con caratteristiche uniche rispetto a tutte le altre, infatti la
208 prima ritorna due volte (nel processo padre e nel figlio) mentre la seconda
209 non ritorna mai (in quanto con essa viene eseguito un altro programma).
213 \section{Le funzioni di base}% della gestione dei processi}
214 \label{sec:proc_handling}
216 In questa sezione tratteremo le problematiche della gestione dei processi
217 all'interno del sistema, illustrandone tutti i dettagli. Inizieremo con le
218 funzioni elementari che permettono di leggerne gli identificatori, per poi
219 passare alla spiegazione delle funzioni base che si usano per la creazione e
220 la terminazione dei processi, e per la messa in esecuzione degli altri
224 \subsection{Gli identificatori dei processi}
227 Come accennato nell'introduzione, ogni processo viene identificato dal sistema
228 da un numero identificativo univoco, il \textit{process ID} o \acr{pid};
229 quest'ultimo è un tipo di dato standard, il \type{pid\_t} che in genere è un
230 intero con segno (nel caso di Linux e delle \acr{glibc} il tipo usato è
233 Il \acr{pid} viene assegnato in forma progressiva\footnote{in genere viene
234 assegnato il numero successivo a quello usato per l'ultimo processo creato,
235 a meno che questo numero non sia già utilizzato per un altro \acr{pid},
236 \acr{pgid} o \acr{sid} (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}).} ogni volta
237 che un nuovo processo viene creato, fino ad un limite che, essendo il
238 \acr{pid} un numero positivo memorizzato in un intero a 16 bit, arriva ad un
239 massimo di 32768. Oltre questo valore l'assegnazione riparte dal numero più
240 basso disponibile a partire da un minimo di 300,\footnote{questi valori, fino
241 al kernel 2.4.x, sono definiti dalla macro \const{PID\_MAX} in
242 \file{threads.h} e direttamente in \file{fork.c}, con il kernel 2.5.x e la
243 nuova interfaccia per i thread creata da Ingo Molnar anche il meccanismo di
244 allocazione dei \acr{pid} è stato modificato.} che serve a riservare i
245 \acr{pid} più bassi ai processi eseguiti direttamente dal kernel. Per questo
246 motivo, come visto in sez.~\ref{sec:proc_hierarchy}, il processo di avvio
247 (\cmd{init}) ha sempre il \acr{pid} uguale a uno.
249 Tutti i processi inoltre memorizzano anche il \acr{pid} del genitore da cui
250 sono stati creati, questo viene chiamato in genere \acr{ppid} (da
251 \textit{parent process ID}). Questi due identificativi possono essere
252 ottenuti usando le due funzioni \funcd{getpid} e \funcd{getppid}, i cui
255 \headdecl{sys/types.h}
257 \funcdecl{pid\_t getpid(void)}
259 Restituisce il \acr{pid} del processo corrente.
261 \funcdecl{pid\_t getppid(void)}
263 Restituisce il \acr{pid} del padre del processo corrente.
265 \bodydesc{Entrambe le funzioni non riportano condizioni di errore.}
267 \noindent esempi dell'uso di queste funzioni sono riportati in
268 fig.~\ref{fig:proc_fork_code}, nel programma \file{ForkTest.c}.
270 Il fatto che il \acr{pid} sia un numero univoco per il sistema lo rende un
271 candidato per generare ulteriori indicatori associati al processo di cui
272 diventa possibile garantire l'unicità: ad esempio in alcune implementazioni la
273 funzione \func{tempnam} (si veda sez.~\ref{sec:file_temp_file}) usa il
274 \acr{pid} per generare un \itindex{pathname} \textit{pathname} univoco, che
275 non potrà essere replicato da un altro processo che usi la stessa funzione.
277 Tutti i processi figli dello stesso processo padre sono detti
278 \textit{sibling}, questa è una delle relazioni usate nel \textsl{controllo di
279 sessione}, in cui si raggruppano i processi creati su uno stesso terminale,
280 o relativi allo stesso login. Torneremo su questo argomento in dettaglio in
281 cap.~\ref{cha:session}, dove esamineremo gli altri identificativi associati ad
282 un processo e le varie relazioni fra processi utilizzate per definire una
285 Oltre al \acr{pid} e al \acr{ppid}, (e a quelli che vedremo in
286 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}, relativi al controllo di sessione), ad ogni
287 processo vengono associati degli altri identificatori che vengono usati per il
288 controllo di accesso. Questi servono per determinare se un processo può
289 eseguire o meno le operazioni richieste, a seconda dei privilegi e
290 dell'identità di chi lo ha posto in esecuzione; l'argomento è complesso e sarà
291 affrontato in dettaglio in sez.~\ref{sec:proc_perms}.
294 \subsection{La funzione \func{fork}}
295 \label{sec:proc_fork}
297 La funzione \funcd{fork} è la funzione fondamentale della gestione dei
298 processi: come si è detto l'unico modo di creare un nuovo processo è
299 attraverso l'uso di questa funzione, essa quindi riveste un ruolo centrale
300 tutte le volte che si devono scrivere programmi che usano il multitasking. Il
301 prototipo della funzione è:
303 \headdecl{sys/types.h}
305 \funcdecl{pid\_t fork(void)}
306 Crea un nuovo processo.
308 \bodydesc{In caso di successo restituisce il \acr{pid} del figlio al padre e
309 zero al figlio; ritorna -1 al padre (senza creare il figlio) in caso di
310 errore; \var{errno} può assumere i valori:
312 \item[\errcode{EAGAIN}] non ci sono risorse sufficienti per creare un altro
313 processo (per allocare la tabella delle pagine e le strutture del task) o
314 si è esaurito il numero di processi disponibili.
315 \item[\errcode{ENOMEM}] non è stato possibile allocare la memoria per le
316 strutture necessarie al kernel per creare il nuovo processo.
320 Dopo il successo dell'esecuzione di una \func{fork} sia il processo padre che
321 il processo figlio continuano ad essere eseguiti normalmente a partire
322 dall'istruzione successiva alla \func{fork}; il processo figlio è però una
323 copia del padre, e riceve una copia dei \index{segmento!testo} segmenti di
324 testo, \itindex{stack} stack e \index{segmento!dati} dati (vedi
325 sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}), ed esegue esattamente lo stesso codice del
326 padre. Si tenga presente però che la memoria è copiata, non condivisa,
327 pertanto padre e figlio vedono variabili diverse.
329 Per quanto riguarda la gestione della memoria, in generale il
330 \index{segmento!testo} segmento di testo, che è identico per i due processi, è
331 condiviso e tenuto in read-only per il padre e per i figli. Per gli altri
332 segmenti Linux utilizza la tecnica del \itindex{copy~on~write} \textit{copy on
333 write}; questa tecnica comporta che una pagina di memoria viene
334 effettivamente copiata per il nuovo processo solo quando ci viene effettuata
335 sopra una scrittura (e si ha quindi una reale differenza fra padre e figlio).
336 In questo modo si rende molto più efficiente il meccanismo della creazione di
337 un nuovo processo, non essendo più necessaria la copia di tutto lo spazio
338 degli indirizzi virtuali del padre, ma solo delle pagine di memoria che sono
339 state modificate, e solo al momento della modifica stessa.
341 La differenza che si ha nei due processi è che nel processo padre il valore di
342 ritorno della funzione \func{fork} è il \acr{pid} del processo figlio, mentre
343 nel figlio è zero; in questo modo il programma può identificare se viene
344 eseguito dal padre o dal figlio. Si noti come la funzione \func{fork} ritorni
345 \textbf{due} volte: una nel padre e una nel figlio.
347 La scelta di questi valori di ritorno non è casuale, un processo infatti può
348 avere più figli, ed il valore di ritorno di \func{fork} è l'unico modo che gli
349 permette di identificare quello appena creato; al contrario un figlio ha
350 sempre un solo padre (il cui \acr{pid} può sempre essere ottenuto con
351 \func{getppid}, vedi sez.~\ref{sec:proc_pid}) per cui si usa il valore nullo,
352 che non è il \acr{pid} di nessun processo.
355 \footnotesize \centering
356 \begin{minipage}[c]{15cm}
357 \includecodesample{listati/ForkTest.c}
360 \caption{Esempio di codice per la creazione di nuovi processi.}
361 \label{fig:proc_fork_code}
364 Normalmente la chiamata a \func{fork} può fallire solo per due ragioni, o ci
365 sono già troppi processi nel sistema (il che di solito è sintomo che
366 qualcos'altro non sta andando per il verso giusto) o si è ecceduto il limite
367 sul numero totale di processi permessi all'utente (vedi
368 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}, ed in particolare
369 tab.~\ref{tab:sys_rlimit_values}).
371 L'uso di \func{fork} avviene secondo due modalità principali; la prima è
372 quella in cui all'interno di un programma si creano processi figli cui viene
373 affidata l'esecuzione di una certa sezione di codice, mentre il processo padre
374 ne esegue un'altra. È il caso tipico dei programmi server (il modello
375 \textit{client-server} è illustrato in sez.~\ref{sec:net_cliserv}) in cui il
376 padre riceve ed accetta le richieste da parte dei programmi client, per
377 ciascuna delle quali pone in esecuzione un figlio che è incaricato di fornire
380 La seconda modalità è quella in cui il processo vuole eseguire un altro
381 programma; questo è ad esempio il caso della shell. In questo caso il processo
382 crea un figlio la cui unica operazione è quella di fare una \func{exec} (di
383 cui parleremo in sez.~\ref{sec:proc_exec}) subito dopo la \func{fork}.
385 Alcuni sistemi operativi (il VMS ad esempio) combinano le operazioni di questa
386 seconda modalità (una \func{fork} seguita da una \func{exec}) in un'unica
387 operazione che viene chiamata \textit{spawn}. Nei sistemi unix-like è stato
388 scelto di mantenere questa separazione, dato che, come per la prima modalità
389 d'uso, esistono numerosi scenari in cui si può usare una \func{fork} senza
390 aver bisogno di eseguire una \func{exec}. Inoltre, anche nel caso della
391 seconda modalità d'uso, avere le due funzioni separate permette al figlio di
392 cambiare gli attributi del processo (maschera dei segnali, redirezione
393 dell'output, identificatori) prima della \func{exec}, rendendo così
394 relativamente facile intervenire sulle le modalità di esecuzione del nuovo
397 In fig.~\ref{fig:proc_fork_code} è riportato il corpo del codice del programma
398 di esempio \cmd{forktest}, che permette di illustrare molte caratteristiche
399 dell'uso della funzione \func{fork}. Il programma crea un numero di figli
400 specificato da linea di comando, e prende anche alcune opzioni per indicare
401 degli eventuali tempi di attesa in secondi (eseguiti tramite la funzione
402 \func{sleep}) per il padre ed il figlio (con \cmd{forktest -h} si ottiene la
403 descrizione delle opzioni); il codice completo, compresa la parte che gestisce
404 le opzioni a riga di comando, è disponibile nel file \file{ForkTest.c},
405 distribuito insieme agli altri sorgenti degli esempi su
406 \href{http://gapil.truelite.it/gapil_source.tgz}
407 {\textsf{http://gapil.truelite.it/gapil\_source.tgz}}.
409 Decifrato il numero di figli da creare, il ciclo principale del programma
410 (\texttt{\small 24--40}) esegue in successione la creazione dei processi figli
411 controllando il successo della chiamata a \func{fork} (\texttt{\small
412 25--29}); ciascun figlio (\texttt{\small 31--34}) si limita a stampare il
413 suo numero di successione, eventualmente attendere il numero di secondi
414 specificato e scrivere un messaggio prima di uscire. Il processo padre invece
415 (\texttt{\small 36--38}) stampa un messaggio di creazione, eventualmente
416 attende il numero di secondi specificato, e procede nell'esecuzione del ciclo;
417 alla conclusione del ciclo, prima di uscire, può essere specificato un altro
420 Se eseguiamo il comando\footnote{che è preceduto dall'istruzione \code{export
421 LD\_LIBRARY\_PATH=./} per permettere l'uso delle librerie dinamiche.}
422 senza specificare attese (come si può notare in (\texttt{\small 17--19}) i
423 valori predefiniti specificano di non attendere), otterremo come output sul
428 [piccardi@selidor sources]$ export LD_LIBRARY_PATH=./; ./forktest 3
429 Process 1963: forking 3 child
430 Spawned 1 child, pid 1964
431 Child 1 successfully executing
432 Child 1, parent 1963, exiting
434 Spawned 2 child, pid 1965
435 Child 2 successfully executing
436 Child 2, parent 1963, exiting
438 Child 3 successfully executing
439 Child 3, parent 1963, exiting
440 Spawned 3 child, pid 1966
445 Esaminiamo questo risultato: una prima conclusione che si può trarre è che non
446 si può dire quale processo fra il padre ed il figlio venga eseguito per
447 primo\footnote{a partire dal kernel 2.5.2-pre10 è stato introdotto il nuovo
448 \itindex{scheduler} \textit{scheduler} di Ingo Molnar che esegue sempre per
449 primo il figlio; per mantenere la portabilità è opportuno non fare comunque
450 affidamento su questo comportamento.} dopo la chiamata a \func{fork};
451 dall'esempio si può notare infatti come nei primi due cicli sia stato eseguito
452 per primo il padre (con la stampa del \acr{pid} del nuovo processo) per poi
453 passare all'esecuzione del figlio (completata con i due avvisi di esecuzione
454 ed uscita), e tornare all'esecuzione del padre (con la stampa del passaggio al
455 ciclo successivo), mentre la terza volta è stato prima eseguito il figlio
456 (fino alla conclusione) e poi il padre.
458 In generale l'ordine di esecuzione dipenderà, oltre che dall'algoritmo di
459 \itindex{scheduler} scheduling usato dal kernel, dalla particolare situazione
460 in cui si trova la macchina al momento della chiamata, risultando del tutto
461 impredicibile. Eseguendo più volte il programma di prova e producendo un
462 numero diverso di figli, si sono ottenute situazioni completamente diverse,
463 compreso il caso in cui il processo padre ha eseguito più di una \func{fork}
464 prima che uno dei figli venisse messo in esecuzione.
466 Pertanto non si può fare nessuna assunzione sulla sequenza di esecuzione delle
467 istruzioni del codice fra padre e figli, né sull'ordine in cui questi potranno
468 essere messi in esecuzione. Se è necessaria una qualche forma di precedenza
469 occorrerà provvedere ad espliciti meccanismi di sincronizzazione, pena il
470 rischio di incorrere nelle cosiddette \itindex{race~condition} \textit{race
471 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}).
473 Si noti inoltre che essendo i segmenti di memoria utilizzati dai singoli
474 processi completamente separati, le modifiche delle variabili nei processi
475 figli (come l'incremento di \var{i} in \texttt{\small 31}) sono visibili solo
476 a loro (ogni processo vede solo la propria copia della memoria), e non hanno
477 alcun effetto sul valore che le stesse variabili hanno nel processo padre (ed
478 in eventuali altri processi figli che eseguano lo stesso codice).
480 Un secondo aspetto molto importante nella creazione dei processi figli è
481 quello dell'interazione dei vari processi con i file; per illustrarlo meglio
482 proviamo a redirigere su un file l'output del nostro programma di test, quello
487 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest 3 > output
488 [piccardi@selidor sources]$ cat output
489 Process 1967: forking 3 child
490 Child 1 successfully executing
491 Child 1, parent 1967, exiting
492 Test for forking 3 child
493 Spawned 1 child, pid 1968
495 Child 2 successfully executing
496 Child 2, parent 1967, exiting
497 Test for forking 3 child
498 Spawned 1 child, pid 1968
500 Spawned 2 child, pid 1969
502 Child 3 successfully executing
503 Child 3, parent 1967, exiting
504 Test for forking 3 child
505 Spawned 1 child, pid 1968
507 Spawned 2 child, pid 1969
509 Spawned 3 child, pid 1970
513 che come si vede è completamente diverso da quanto ottenevamo sul terminale.
515 Il comportamento delle varie funzioni di interfaccia con i file è analizzato
516 in gran dettaglio in cap.~\ref{cha:file_unix_interface} e in
517 cap.~\ref{cha:files_std_interface}. Qui basta accennare che si sono usate le
518 funzioni standard della libreria del C che prevedono l'output bufferizzato; e
519 questa bufferizzazione (trattata in dettaglio in sez.~\ref{sec:file_buffering})
520 varia a seconda che si tratti di un file su disco (in cui il buffer viene
521 scaricato su disco solo quando necessario) o di un terminale (nel qual caso il
522 buffer viene scaricato ad ogni carattere di a capo).
524 Nel primo esempio allora avevamo che ad ogni chiamata a \func{printf} il
525 buffer veniva scaricato, e le singole righe erano stampate a video subito dopo
526 l'esecuzione della \func{printf}. Ma con la redirezione su file la scrittura
527 non avviene più alla fine di ogni riga e l'output resta nel buffer. Dato che
528 ogni figlio riceve una copia della memoria del padre, esso riceverà anche
529 quanto c'è nel buffer delle funzioni di I/O, comprese le linee scritte dal
530 padre fino allora. Così quando il buffer viene scritto su disco all'uscita del
531 figlio, troveremo nel file anche tutto quello che il processo padre aveva
532 scritto prima della sua creazione. E alla fine del file (dato che in questo
533 caso il padre esce per ultimo) troveremo anche l'output completo del padre.
535 L'esempio ci mostra un altro aspetto fondamentale dell'interazione con i file,
536 valido anche per l'esempio precedente, ma meno evidente: il fatto cioè che non
537 solo processi diversi possono scrivere in contemporanea sullo stesso file
538 (l'argomento della condivisione dei file è trattato in dettaglio in
539 sez.~\ref{sec:file_sharing}), ma anche che, a differenza di quanto avviene per
540 le variabili, la posizione corrente sul file è condivisa fra il padre e tutti
543 Quello che succede è che quando lo standard output del padre viene rediretto,
544 lo stesso avviene anche per tutti i figli; la funzione \func{fork} infatti ha
545 la caratteristica di duplicare nei figli tutti i file descriptor aperti nel
546 padre (allo stesso modo in cui lo fa la funzione \func{dup}, trattata in
547 sez.~\ref{sec:file_dup}), il che comporta che padre e figli condividono le
548 stesse voci della \itindex{file~table} \textit{file table} (per la spiegazione
549 di questi termini si veda sez.~\ref{sec:file_sharing}) fra cui c'è anche la
550 posizione corrente nel file.
552 In questo modo se un processo scrive sul file aggiornerà la posizione corrente
553 sulla \itindex{file~table} \textit{file table}, e tutti gli altri processi,
554 che vedono la stessa \itindex{file~table} \textit{file table}, vedranno il
555 nuovo valore. In questo modo si evita, in casi come quello appena mostrato in
556 cui diversi processi scrivono sullo stesso file, che l'output successivo di un
557 processo vada a sovrapporsi a quello dei precedenti: l'output potrà risultare
558 mescolato, ma non ci saranno parti perdute per via di una sovrascrittura.
560 Questo tipo di comportamento è essenziale in tutti quei casi in cui il padre
561 crea un figlio e attende la sua conclusione per proseguire, ed entrambi
562 scrivono sullo stesso file (un caso tipico è la shell quando lancia un
563 programma, il cui output va sullo standard output).
565 In questo modo, anche se l'output viene rediretto, il padre potrà sempre
566 continuare a scrivere in coda a quanto scritto dal figlio in maniera
567 automatica; se così non fosse ottenere questo comportamento sarebbe
568 estremamente complesso necessitando di una qualche forma di comunicazione fra
569 i due processi per far riprendere al padre la scrittura al punto giusto.
571 In generale comunque non è buona norma far scrivere più processi sullo stesso
572 file senza una qualche forma di sincronizzazione in quanto, come visto anche
573 con il nostro esempio, le varie scritture risulteranno mescolate fra loro in
574 una sequenza impredicibile. Per questo le modalità con cui in genere si usano
575 i file dopo una \func{fork} sono sostanzialmente due:
577 \item Il processo padre aspetta la conclusione del figlio. In questo caso non
578 è necessaria nessuna azione riguardo ai file, in quanto la sincronizzazione
579 della posizione corrente dopo eventuali operazioni di lettura e scrittura
580 effettuate dal figlio è automatica.
581 \item L'esecuzione di padre e figlio procede indipendentemente. In questo caso
582 ciascuno dei due processi deve chiudere i file che non gli servono una volta
583 che la \func{fork} è stata eseguita, per evitare ogni forma di interferenza.
586 Oltre ai file aperti i processi figli ereditano dal padre una serie di altre
587 proprietà; la lista dettagliata delle proprietà che padre e figlio hanno in
588 comune dopo l'esecuzione di una \func{fork} è la seguente:
590 \item i file aperti e gli eventuali flag di \itindex{close-on-exec}
591 \textit{close-on-exec} impostati (vedi sez.~\ref{sec:proc_exec} e
592 sez.~\ref{sec:file_fcntl});
593 \item gli identificatori per il controllo di accesso: l'\textsl{user-ID
594 reale}, il \textsl{group-ID reale}, l'\textsl{user-ID effettivo}, il
595 \textsl{group-ID effettivo} ed i \textit{group-ID supplementari} (vedi
596 sez.~\ref{sec:proc_access_id});
597 \item gli identificatori per il controllo di sessione: il
598 \itindex{process~group} \textit{process group-ID} e il \textit{session id}
599 ed il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group});
600 \item la directory di lavoro e la directory radice (vedi
601 sez.~\ref{sec:file_work_dir} e sez.~\ref{sec:file_chroot});
602 \item la maschera dei permessi di creazione (vedi
603 sez.~\ref{sec:file_perm_managemen});
604 \item la maschera dei segnali bloccati (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigmask}) e le
605 azioni installate (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha});
606 \item i segmenti di memoria condivisa agganciati al processo (vedi
607 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm});
608 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
609 \item le priorità real-time e le affinità di processore (vedi
610 sez.~\ref{sec:proc_real_time});
611 \item le variabili di ambiente (vedi sez.~\ref{sec:proc_environ}).
613 Le differenze fra padre e figlio dopo la \func{fork} invece sono:
615 \item il valore di ritorno di \func{fork};
616 \item il \acr{pid} (\textit{process id});
617 \item il \acr{ppid} (\textit{parent process id}), quello del figlio viene
618 impostato al \acr{pid} del padre;
619 \item i valori dei tempi di esecuzione della struttura \struct{tms} (vedi
620 sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}) che nel figlio sono posti a zero;
621 \item i \textit{lock} sui file (vedi sez.~\ref{sec:file_locking}), che non
622 vengono ereditati dal figlio;
623 \item gli allarmi ed i segnali pendenti (vedi sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}), che
624 per il figlio vengono cancellati.
628 \subsection{La funzione \func{vfork}}
629 \label{sec:proc_vfork}
631 La funzione \func{vfork} è esattamente identica a \func{fork} ed ha la stessa
632 semantica e gli stessi errori; la sola differenza è che non viene creata la
633 tabella delle pagine né la struttura dei task per il nuovo processo. Il
634 processo padre è posto in attesa fintanto che il figlio non ha eseguito una
635 \func{execve} o non è uscito con una \func{\_exit}. Il figlio condivide la
636 memoria del padre (e modifiche possono avere effetti imprevedibili) e non deve
637 ritornare o uscire con \func{exit} ma usare esplicitamente \func{\_exit}.
639 Questa funzione è un rimasuglio dei vecchi tempi in cui eseguire una
640 \func{fork} comportava anche la copia completa del segmento dati del processo
641 padre, che costituiva un inutile appesantimento in tutti quei casi in cui la
642 \func{fork} veniva fatta solo per poi eseguire una \func{exec}. La funzione
643 venne introdotta in BSD per migliorare le prestazioni.
645 Dato che Linux supporta il \itindex{copy~on~write} \textit{copy on write} la
646 perdita di prestazioni è assolutamente trascurabile, e l'uso di questa
647 funzione (che resta un caso speciale della system call \func{\_\_clone}) è
648 deprecato; per questo eviteremo di trattarla ulteriormente.
651 \subsection{La conclusione di un processo}
652 \label{sec:proc_termination}
654 In sez.~\ref{sec:proc_conclusion} abbiamo già affrontato le modalità con cui
655 chiudere un programma, ma dall'interno del programma stesso; avendo a che fare
656 con un sistema multitasking resta da affrontare l'argomento dal punto di vista
657 di come il sistema gestisce la conclusione dei processi.
659 Abbiamo visto in sez.~\ref{sec:proc_conclusion} le tre modalità con cui un
660 programma viene terminato in maniera normale: la chiamata di \func{exit} (che
661 esegue le funzioni registrate per l'uscita e chiude gli stream), il ritorno
662 dalla funzione \func{main} (equivalente alla chiamata di \func{exit}), e la
663 chiamata ad \func{\_exit} (che passa direttamente alle operazioni di
664 terminazione del processo da parte del kernel).
666 Ma abbiamo accennato che oltre alla conclusione normale esistono anche delle
667 modalità di conclusione anomala; queste sono in sostanza due: il programma può
668 chiamare la funzione \func{abort} per invocare una chiusura anomala, o essere
669 terminato da un segnale. In realtà anche la prima modalità si riconduce alla
670 seconda, dato che \func{abort} si limita a generare il segnale
673 Qualunque sia la modalità di conclusione di un processo, il kernel esegue
674 comunque una serie di operazioni: chiude tutti i file aperti, rilascia la
675 memoria che stava usando, e così via; l'elenco completo delle operazioni
676 eseguite alla chiusura di un processo è il seguente:
678 \item tutti i file descriptor sono chiusi;
679 \item viene memorizzato lo stato di terminazione del processo;
680 \item ad ogni processo figlio viene assegnato un nuovo padre (in genere
682 \item viene inviato il segnale \const{SIGCHLD} al processo padre (vedi
683 sez.~\ref{sec:sig_sigchld});
684 \item se il processo è un leader di sessione ed il suo terminale di controllo
685 è quello della sessione viene mandato un segnale di \const{SIGHUP} a tutti i
686 processi del gruppo di \textit{foreground} e il terminale di controllo viene
687 disconnesso (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
688 \item se la conclusione di un processo rende orfano un \textit{process
689 group} ciascun membro del gruppo viene bloccato, e poi gli vengono
690 inviati in successione i segnali \const{SIGHUP} e \const{SIGCONT}
691 (vedi ancora sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term}).
694 Oltre queste operazioni è però necessario poter disporre di un meccanismo
695 ulteriore che consenta di sapere come la terminazione è avvenuta: dato che in
696 un sistema unix-like tutto viene gestito attraverso i processi, il meccanismo
697 scelto consiste nel riportare lo stato di terminazione (il cosiddetto
698 \textit{termination status}) al processo padre.
700 Nel caso di conclusione normale, abbiamo visto in
701 sez.~\ref{sec:proc_conclusion} che lo stato di uscita del processo viene
702 caratterizzato tramite il valore del cosiddetto \textit{exit status}, cioè il
703 valore passato alle funzioni \func{exit} o \func{\_exit} (o dal valore di
704 ritorno per \func{main}). Ma se il processo viene concluso in maniera anomala
705 il programma non può specificare nessun \textit{exit status}, ed è il kernel
706 che deve generare autonomamente il \textit{termination status} per indicare le
707 ragioni della conclusione anomala.
709 Si noti la distinzione fra \textit{exit status} e \textit{termination status}:
710 quello che contraddistingue lo stato di chiusura del processo e viene
711 riportato attraverso le funzioni \func{wait} o \func{waitpid} (vedi
712 sez.~\ref{sec:proc_wait}) è sempre quest'ultimo; in caso di conclusione normale
713 il kernel usa il primo (nel codice eseguito da \func{\_exit}) per produrre il
716 La scelta di riportare al padre lo stato di terminazione dei figli, pur
717 essendo l'unica possibile, comporta comunque alcune complicazioni: infatti se
718 alla sua creazione è scontato che ogni nuovo processo ha un padre, non è detto
719 che sia così alla sua conclusione, dato che il padre potrebbe essere già
720 terminato (si potrebbe avere cioè quello che si chiama un processo
723 Questa complicazione viene superata facendo in modo che il processo orfano
724 venga \textsl{adottato} da \cmd{init}. Come già accennato quando un processo
725 termina, il kernel controlla se è il padre di altri processi in esecuzione: in
726 caso positivo allora il \acr{ppid} di tutti questi processi viene sostituito
727 con il \acr{pid} di \cmd{init} (e cioè con 1); in questo modo ogni processo
728 avrà sempre un padre (nel caso possiamo parlare di un padre \textsl{adottivo})
729 cui riportare il suo stato di terminazione. Come verifica di questo
730 comportamento possiamo eseguire il nostro programma \cmd{forktest} imponendo a
731 ciascun processo figlio due secondi di attesa prima di uscire, il risultato è:
735 [piccardi@selidor sources]$ ./forktest -c2 3
736 Process 1972: forking 3 child
737 Spawned 1 child, pid 1973
738 Child 1 successfully executing
740 Spawned 2 child, pid 1974
741 Child 2 successfully executing
743 Child 3 successfully executing
744 Spawned 3 child, pid 1975
746 [piccardi@selidor sources]$ Child 3, parent 1, exiting
747 Child 2, parent 1, exiting
748 Child 1, parent 1, exiting
751 come si può notare in questo caso il processo padre si conclude prima dei
752 figli, tornando alla shell, che stampa il prompt sul terminale: circa due
753 secondi dopo viene stampato a video anche l'output dei tre figli che
754 terminano, e come si può notare in questo caso, al contrario di quanto visto
755 in precedenza, essi riportano 1 come \acr{ppid}.
757 Altrettanto rilevante è il caso in cui il figlio termina prima del padre,
758 perché non è detto che il padre possa ricevere immediatamente lo stato di
759 terminazione, quindi il kernel deve comunque conservare una certa quantità di
760 informazioni riguardo ai processi che sta terminando.
762 Questo viene fatto mantenendo attiva la voce nella tabella dei processi, e
763 memorizzando alcuni dati essenziali, come il \acr{pid}, i tempi di CPU usati
764 dal processo (vedi sez.~\ref{sec:sys_unix_time}) e lo stato di terminazione,
765 mentre la memoria in uso ed i file aperti vengono rilasciati immediatamente. I
766 processi che sono terminati, ma il cui stato di terminazione non è stato
767 ancora ricevuto dal padre sono chiamati \index{zombie} \textit{zombie}, essi
768 restano presenti nella tabella dei processi ed in genere possono essere
769 identificati dall'output di \cmd{ps} per la presenza di una \texttt{Z} nella
770 colonna che ne indica lo stato (vedi tab.~\ref{tab:proc_proc_states}). Quando
771 il padre effettuerà la lettura dello stato di uscita anche questa
772 informazione, non più necessaria, verrà scartata e la terminazione potrà dirsi
773 completamente conclusa.
775 Possiamo utilizzare il nostro programma di prova per analizzare anche questa
776 condizione: lanciamo il comando \cmd{forktest} in \textit{background} (vedi
777 sez.~\ref{sec:sess_job_control}), indicando al processo padre di aspettare 10
778 secondi prima di uscire; in questo caso, usando \cmd{ps} sullo stesso
779 terminale (prima dello scadere dei 10 secondi) otterremo:
783 [piccardi@selidor sources]$ ps T
784 PID TTY STAT TIME COMMAND
785 419 pts/0 S 0:00 bash
786 568 pts/0 S 0:00 ./forktest -e10 3
787 569 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
788 570 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
789 571 pts/0 Z 0:00 [forktest <defunct>]
790 572 pts/0 R 0:00 ps T
792 \normalsize e come si vede, dato che non si è fatto nulla per riceverne lo
793 stato di terminazione, i tre processi figli sono ancora presenti pur essendosi
794 conclusi, con lo stato di \index{zombie} \textit{zombie} e l'indicazione che
795 sono stati terminati.
797 La possibilità di avere degli \index{zombie} \textit{zombie} deve essere
798 tenuta sempre presente quando si scrive un programma che deve essere mantenuto
799 in esecuzione a lungo e creare molti figli. In questo caso si deve sempre
800 avere cura di far leggere l'eventuale stato di uscita di tutti i figli (in
801 genere questo si fa attraverso un apposito \textit{signal handler}, che chiama
802 la funzione \func{wait}, vedi sez.~\ref{sec:sig_sigchld} e
803 sez.~\ref{sec:proc_wait}). Questa operazione è necessaria perché anche se gli
804 \index{zombie} \textit{zombie} non consumano risorse di memoria o processore,
805 occupano comunque una voce nella tabella dei processi, che a lungo andare
808 Si noti che quando un processo adottato da \cmd{init} termina, esso non
809 diviene uno \index{zombie} \textit{zombie}; questo perché una delle funzioni
810 di \cmd{init} è appunto quella di chiamare la funzione \func{wait} per i
811 processi cui fa da padre, completandone la terminazione. Questo è quanto
812 avviene anche quando, come nel caso del precedente esempio con \cmd{forktest},
813 il padre termina con dei figli in stato di \index{zombie} \textit{zombie}:
814 alla sua terminazione infatti tutti i suoi figli (compresi gli \index{zombie}
815 \textit{zombie}) verranno adottati da \cmd{init}, il quale provvederà a
816 completarne la terminazione.
818 Si tenga presente infine che siccome gli \index{zombie} \textit{zombie} sono
819 processi già usciti, non c'è modo di eliminarli con il comando \cmd{kill};
820 l'unica possibilità di cancellarli dalla tabella dei processi è quella di
821 terminare il processo che li ha generati, in modo che \cmd{init} possa
822 adottarli e provvedere a concluderne la terminazione.
825 \subsection{Le funzioni \func{wait} e \func{waitpid}}
826 \label{sec:proc_wait}
828 Uno degli usi più comuni delle capacità multitasking di un sistema unix-like
829 consiste nella creazione di programmi di tipo server, in cui un processo
830 principale attende le richieste che vengono poi soddisfatte da una serie di
831 processi figli. Si è già sottolineato al paragrafo precedente come in questo
832 caso diventi necessario gestire esplicitamente la conclusione dei figli onde
833 evitare di riempire di \index{zombie} \textit{zombie} la tabella dei processi;
834 le funzioni deputate a questo compito sono sostanzialmente due, \funcd{wait} e
835 \func{waitpid}. La prima, il cui prototipo è:
837 \headdecl{sys/types.h}
838 \headdecl{sys/wait.h}
839 \funcdecl{pid\_t wait(int *status)}
841 Sospende il processo corrente finché un figlio non è uscito, o finché un
842 segnale termina il processo o chiama una funzione di gestione.
844 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del figlio in caso di successo
845 e -1 in caso di errore; \var{errno} può assumere i valori:
847 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
851 è presente fin dalle prime versioni di Unix; la funzione ritorna non appena un
852 processo figlio termina. Se un figlio è già terminato la funzione ritorna
853 immediatamente, se più di un figlio è terminato occorre chiamare la funzione
854 più volte se si vuole recuperare lo stato di terminazione di tutti quanti.
856 Al ritorno della funzione lo stato di terminazione del figlio viene salvato
857 nella variabile puntata da \param{status} e tutte le risorse del kernel
858 relative al processo (vedi sez.~\ref{sec:proc_termination}) vengono rilasciate.
859 Nel caso un processo abbia più figli il valore di ritorno (il \acr{pid} del
860 figlio) permette di identificare qual è quello che è uscito.
862 Questa funzione ha il difetto di essere poco flessibile, in quanto ritorna
863 all'uscita di un qualunque processo figlio. Nelle occasioni in cui è
864 necessario attendere la conclusione di un processo specifico occorrerebbe
865 predisporre un meccanismo che tenga conto dei processi già terminati, e
866 provvedere a ripetere la chiamata alla funzione nel caso il processo cercato
869 Per questo motivo lo standard POSIX.1 ha introdotto la funzione
870 \funcd{waitpid} che effettua lo stesso servizio, ma dispone di una serie di
871 funzionalità più ampie, legate anche al controllo di sessione (si veda
872 sez.~\ref{sec:sess_job_control}). Dato che è possibile ottenere lo stesso
873 comportamento di \func{wait} si consiglia di utilizzare sempre questa
874 funzione, il cui prototipo è:
876 \headdecl{sys/types.h}
877 \headdecl{sys/wait.h}
878 \funcdecl{pid\_t waitpid(pid\_t pid, int *status, int options)}
879 Attende la conclusione di un processo figlio.
881 \bodydesc{La funzione restituisce il \acr{pid} del processo che è uscito, 0 se
882 è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e il processo non è uscito e
883 -1 per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
885 \item[\errcode{EINTR}] se non è stata specificata l'opzione \const{WNOHANG} e
886 la funzione è stata interrotta da un segnale.
887 \item[\errcode{ECHILD}] il processo specificato da \param{pid} non esiste o
888 non è figlio del processo chiamante.
892 Le differenze principali fra le due funzioni sono che \func{wait} si blocca
893 sempre fino a che un processo figlio non termina, mentre \func{waitpid} ha la
894 possibilità si specificare un'opzione \const{WNOHANG} che ne previene il
895 blocco; inoltre \func{waitpid} può specificare in maniera flessibile quale
896 processo attendere, sulla base del valore fornito dall'argomento \param{pid},
897 secondo lo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_waidpid_pid}.
902 \begin{tabular}[c]{|c|c|p{8cm}|}
904 \textbf{Valore} & \textbf{Opzione} &\textbf{Significato}\\
907 $<-1$& -- & attende per un figlio il cui
908 \itindex{process~group} \textit{process group}
909 (vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) è uguale
910 al valore assoluto di \param{pid}. \\
911 $-1$& \const{WAIT\_ANY} & attende per un figlio qualsiasi, usata in
912 questa maniera è equivalente a \func{wait}.\\
913 $0$ &\const{WAIT\_MYPGRP}&attende per un figlio il cui
914 \itindex{process~group} \textit{process group} è
915 uguale a quello del processo chiamante. \\
916 $>0$& -- & attende per un figlio il cui \acr{pid} è uguale
917 al valore di \param{pid}.\\
920 \caption{Significato dei valori dell'argomento \param{pid} della funzione
922 \label{tab:proc_waidpid_pid}
925 Il comportamento di \func{waitpid} può inoltre essere modificato passando
926 delle opportune opzioni tramite l'argomento \param{option}. I valori possibili
927 sono il già citato \const{WNOHANG}, che previene il blocco della funzione
928 quando il processo figlio non è terminato, e \const{WUNTRACED} che permette di
929 tracciare i processi bloccati. Il valore dell'opzione deve essere specificato
930 come maschera binaria ottenuta con l'OR delle suddette costanti con zero.
932 In genere si utilizza \const{WUNTRACED} all'interno del controllo di sessione,
933 (l'argomento è trattato in sez.~\ref{sec:sess_job_control}). In tal caso
934 infatti la funzione ritorna, restituendone il \acr{pid}, quando c'è un
935 processo figlio che è entrato in stato di sleep (vedi
936 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}) e del quale non si è ancora letto lo stato
937 (con questa stessa opzione). In Linux sono previste altre opzioni non standard
938 relative al comportamento con i thread, che riprenderemo in
939 sez.~\ref{sec:thread_xxx}.
941 La terminazione di un processo figlio è chiaramente un evento asincrono
942 rispetto all'esecuzione di un programma e può avvenire in un qualunque
943 momento. Per questo motivo, come accennato nella sezione precedente, una delle
944 azioni prese dal kernel alla conclusione di un processo è quella di mandare un
945 segnale di \const{SIGCHLD} al padre. L'azione predefinita (si veda
946 sez.~\ref{sec:sig_base}) per questo segnale è di essere ignorato, ma la sua
947 generazione costituisce il meccanismo di comunicazione asincrona con cui il
948 kernel avverte il processo padre che uno dei suoi figli è terminato.
950 In genere in un programma non si vuole essere forzati ad attendere la
951 conclusione di un processo per proseguire, specie se tutto questo serve solo
952 per leggerne lo stato di chiusura (ed evitare la presenza di \index{zombie}
953 \textit{zombie}), per questo la modalità più usata per chiamare queste
954 funzioni è quella di utilizzarle all'interno di un \textit{signal handler}
955 (vedremo un esempio di come gestire \const{SIGCHLD} con i segnali in
956 sez.~\ref{sec:sig_example}). In questo caso infatti, dato che il segnale è
957 generato dalla terminazione di un figlio, avremo la certezza che la chiamata a
958 \func{wait} non si bloccherà.
963 \begin{tabular}[c]{|c|p{10cm}|}
965 \textbf{Macro} & \textbf{Descrizione}\\
968 \macro{WIFEXITED(s)} & Condizione vera (valore non nullo) per un processo
969 figlio che sia terminato normalmente. \\
970 \macro{WEXITSTATUS(s)} & Restituisce gli otto bit meno significativi dello
971 stato di uscita del processo (passato attraverso
972 \func{\_exit}, \func{exit} o come valore di
973 ritorno di \func{main}). Può essere valutata solo
974 se \val{WIFEXITED} ha restituito un valore non
976 \macro{WIFSIGNALED(s)} & Vera se il processo figlio è terminato
977 in maniera anomala a causa di un segnale che non
978 è stato catturato (vedi
979 sez.~\ref{sec:sig_notification}).\\
980 \macro{WTERMSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha causato
981 la terminazione anomala del processo. Può essere
982 valutata solo se \val{WIFSIGNALED} ha restituito
983 un valore non nullo.\\
984 \macro{WCOREDUMP(s)} & Vera se il processo terminato ha generato un
985 file di \itindex{core~dump} \textit{core
986 dump}. Può essere valutata solo se
987 \val{WIFSIGNALED} ha restituito un valore non
988 nullo.\footnotemark \\
989 \macro{WIFSTOPPED(s)} & Vera se il processo che ha causato il ritorno di
990 \func{waitpid} è bloccato. L'uso è possibile solo
991 avendo specificato l'opzione \const{WUNTRACED}. \\
992 \macro{WSTOPSIG(s)} & Restituisce il numero del segnale che ha bloccato
993 il processo. Può essere valutata solo se
994 \val{WIFSTOPPED} ha restituito un valore non
998 \caption{Descrizione delle varie macro di preprocessore utilizzabili per
999 verificare lo stato di terminazione \var{s} di un processo.}
1000 \label{tab:proc_status_macro}
1003 \footnotetext{questa macro non è definita dallo standard POSIX.1, ma è
1004 presente come estensione sia in Linux che in altri Unix.}
1006 Entrambe le funzioni di attesa restituiscono lo stato di terminazione del
1007 processo tramite il puntatore \param{status} (se non interessa memorizzare
1008 lo stato si può passare un puntatore nullo). Il valore restituito da
1009 entrambe le funzioni dipende dall'implementazione, e tradizionalmente alcuni
1010 bit (in genere 8) sono riservati per memorizzare lo stato di uscita, e altri
1011 per indicare il segnale che ha causato la terminazione (in caso di
1012 conclusione anomala), uno per indicare se è stato generato un
1013 \itindex{core~dump} \textit{core dump}, ecc.\footnote{le definizioni esatte
1014 si possono trovare in \file{<bits/waitstatus.h>} ma questo file non deve
1015 mai essere usato direttamente, esso viene incluso attraverso
1016 \file{<sys/wait.h>}.}
1018 Lo standard POSIX.1 definisce una serie di macro di preprocessore da usare per
1019 analizzare lo stato di uscita. Esse sono definite sempre in
1020 \file{<sys/wait.h>} ed elencate in tab.~\ref{tab:proc_status_macro} (si tenga
1021 presente che queste macro prendono come parametro la variabile di tipo
1022 \ctyp{int} puntata da \param{status}).
1024 Si tenga conto che nel caso di conclusione anomala il valore restituito da
1025 \val{WTERMSIG} può essere confrontato con le costanti definite in
1026 \file{signal.h} ed elencate in tab.~\ref{tab:sig_signal_list}, e stampato
1027 usando le apposite funzioni trattate in sez.~\ref{sec:sig_strsignal}.
1030 \subsection{Le funzioni \func{wait3} e \func{wait4}}
1031 \label{sec:proc_wait4}
1033 Linux, seguendo un'estensione di BSD, supporta altre due funzioni per la
1034 lettura dello stato di terminazione di un processo, analoghe alle precedenti
1035 ma che prevedono un ulteriore argomento attraverso il quale il kernel può
1036 restituire al padre informazioni sulle risorse usate dal processo terminato e
1037 dai vari figli. Le due funzioni sono \funcd{wait3} e \funcd{wait4}, che
1038 diventano accessibili definendo la macro \macro{\_USE\_BSD}; i loro prototipi
1041 \headdecl{sys/times.h} \headdecl{sys/types.h} \headdecl{sys/wait.h}
1042 \headdecl{sys/resource.h}
1044 \funcdecl{pid\_t wait4(pid\_t pid, int *status, int options, struct rusage
1046 È identica a \func{waitpid} sia per comportamento che per i valori degli
1047 argomenti, ma restituisce in \param{rusage} un sommario delle risorse usate
1050 \funcdecl{pid\_t wait3(int *status, int options, struct rusage *rusage)}
1051 Prima versione, equivalente a \code{wait4(-1, \&status, opt, rusage)} è
1052 ormai deprecata in favore di \func{wait4}.
1055 la struttura \struct{rusage} è definita in \file{sys/resource.h}, e viene
1056 utilizzata anche dalla funzione \func{getrusage} (vedi
1057 sez.~\ref{sec:sys_resource_use}) per ottenere le risorse di sistema usate da un
1058 processo; la sua definizione è riportata in fig.~\ref{fig:sys_rusage_struct}.
1061 \subsection{Le funzioni \func{exec}}
1062 \label{sec:proc_exec}
1064 Abbiamo già detto che una delle modalità principali con cui si utilizzano i
1065 processi in Unix è quella di usarli per lanciare nuovi programmi: questo viene
1066 fatto attraverso una delle funzioni della famiglia \func{exec}. Quando un
1067 processo chiama una di queste funzioni esso viene completamente sostituito dal
1068 nuovo programma; il \acr{pid} del processo non cambia, dato che non viene
1069 creato un nuovo processo, la funzione semplicemente rimpiazza lo
1070 \itindex{stack} \textit{stack}, lo \itindex{heap} \textit{heap}, i
1071 \index{segmento!dati} dati ed il \index{segmento!testo} testo del processo
1072 corrente con un nuovo programma letto da disco.
1074 Ci sono sei diverse versioni di \func{exec} (per questo la si è chiamata
1075 famiglia di funzioni) che possono essere usate per questo compito, in realtà
1076 (come mostrato in fig.~\ref{fig:proc_exec_relat}), sono tutte un front-end a
1077 \funcd{execve}. Il prototipo di quest'ultima è:
1078 \begin{prototype}{unistd.h}
1079 {int execve(const char *filename, char *const argv[], char *const envp[])}
1080 Esegue il programma contenuto nel file \param{filename}.
1082 \bodydesc{La funzione ritorna solo in caso di errore, restituendo -1; nel
1083 qual caso \var{errno} può assumere i valori:
1085 \item[\errcode{EACCES}] il file non è eseguibile, oppure il filesystem è
1086 montato in \cmd{noexec}, oppure non è un file regolare o un interprete.
1087 \item[\errcode{EPERM}] il file ha i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1088 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}, l'utente non è root, il processo viene
1089 tracciato, o il filesystem è montato con l'opzione \cmd{nosuid}.
1090 \item[\errcode{ENOEXEC}] il file è in un formato non eseguibile o non
1091 riconosciuto come tale, o compilato per un'altra architettura.
1092 \item[\errcode{ENOENT}] il file o una delle librerie dinamiche o l'interprete
1093 necessari per eseguirlo non esistono.
1094 \item[\errcode{ETXTBSY}] l'eseguibile è aperto in scrittura da uno o più
1096 \item[\errcode{EINVAL}] l'eseguibile ELF ha più di un segmento
1097 \const{PF\_INTERP}, cioè chiede di essere eseguito da più di un
1099 \item[\errcode{ELIBBAD}] un interprete ELF non è in un formato
1101 \item[\errcode{E2BIG}] la lista degli argomenti è troppo grande.
1103 ed inoltre anche \errval{EFAULT}, \errval{ENOMEM}, \errval{EIO},
1104 \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ELOOP}, \errval{ENOTDIR}, \errval{ENFILE},
1108 La funzione \func{exec} esegue il file o lo script indicato da
1109 \param{filename}, passandogli la lista di argomenti indicata da \param{argv}
1110 e come ambiente la lista di stringhe indicata da \param{envp}; entrambe le
1111 liste devono essere terminate da un puntatore nullo. I vettori degli
1112 argomenti e dell'ambiente possono essere acceduti dal nuovo programma
1113 quando la sua funzione \func{main} è dichiarata nella forma
1114 \code{main(int argc, char *argv[], char *envp[])}.
1116 Le altre funzioni della famiglia servono per fornire all'utente una serie di
1117 possibili diverse interfacce per la creazione di un nuovo processo. I loro
1121 \funcdecl{int execl(const char *path, const char *arg, ...)}
1122 \funcdecl{int execv(const char *path, char *const argv[])}
1123 \funcdecl{int execle(const char *path, const char *arg, ..., char
1125 \funcdecl{int execlp(const char *file, const char *arg, ...)}
1126 \funcdecl{int execvp(const char *file, char *const argv[])}
1128 Sostituiscono l'immagine corrente del processo con quella indicata nel primo
1129 argomento. Gli argomenti successivi consentono di specificare gli argomenti a
1130 linea di comando e l'ambiente ricevuti dal nuovo processo.
1132 \bodydesc{Queste funzioni ritornano solo in caso di errore, restituendo -1;
1133 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori visti in precedenza per
1137 Per capire meglio le differenze fra le funzioni della famiglia si può fare
1138 riferimento allo specchietto riportato in tab.~\ref{tab:proc_exec_scheme}. La
1139 prima differenza riguarda le modalità di passaggio dei valori che poi andranno
1140 a costituire gli argomenti a linea di comando (cioè i valori di
1141 \param{argv} e \param{argc} visti dalla funzione \func{main} del programma
1144 Queste modalità sono due e sono riassunte dagli mnemonici \code{v} e \code{l}
1145 che stanno rispettivamente per \textit{vector} e \textit{list}. Nel primo caso
1146 gli argomenti sono passati tramite il vettore di puntatori \var{argv[]} a
1147 stringhe terminate con zero che costituiranno gli argomenti a riga di comando,
1148 questo vettore \emph{deve} essere terminato da un puntatore nullo.
1150 Nel secondo caso le stringhe degli argomenti sono passate alla funzione come
1151 lista di puntatori, nella forma:
1152 \includecodesnip{listati/char_list.c}
1153 che deve essere terminata da un puntatore nullo. In entrambi i casi vale la
1154 convenzione che il primo argomento (\var{arg0} o \var{argv[0]}) viene usato
1155 per indicare il nome del file che contiene il programma che verrà eseguito.
1160 \begin{tabular}[c]{|l|c|c|c||c|c|c|}
1162 \multicolumn{1}{|c|}{\textbf{Caratteristiche}} &
1163 \multicolumn{6}{|c|}{\textbf{Funzioni}} \\
1165 &\func{execl}\texttt{ }&\func{execlp}&\func{execle}
1166 &\func{execv}\texttt{ }& \func{execvp}& \func{execve} \\
1169 argomenti a lista &$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$&&& \\
1170 argomenti a vettore &&&&$\bullet$&$\bullet$&$\bullet$\\
1172 filename completo &$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$\\
1173 ricerca su \var{PATH} &&$\bullet$&&&$\bullet$& \\
1175 ambiente a vettore &&&$\bullet$&&&$\bullet$ \\
1176 uso di \var{environ} &$\bullet$&$\bullet$&&$\bullet$&$\bullet$& \\
1179 \caption{Confronto delle caratteristiche delle varie funzioni della
1180 famiglia \func{exec}.}
1181 \label{tab:proc_exec_scheme}
1184 La seconda differenza fra le funzioni riguarda le modalità con cui si
1185 specifica il programma che si vuole eseguire. Con lo mnemonico \code{p} si
1186 indicano le due funzioni che replicano il comportamento della shell nello
1187 specificare il comando da eseguire; quando l'argomento \param{file} non
1188 contiene una ``\texttt{/}'' esso viene considerato come un nome di programma,
1189 e viene eseguita automaticamente una ricerca fra i file presenti nella lista
1190 di directory specificate dalla variabile di ambiente \var{PATH}. Il file che
1191 viene posto in esecuzione è il primo che viene trovato. Se si ha un errore
1192 relativo a permessi di accesso insufficienti (cioè l'esecuzione della
1193 sottostante \func{execve} ritorna un \errcode{EACCES}), la ricerca viene
1194 proseguita nelle eventuali ulteriori directory indicate in \var{PATH}; solo se
1195 non viene trovato nessun altro file viene finalmente restituito
1198 Le altre quattro funzioni si limitano invece a cercare di eseguire il file
1199 indicato dall'argomento \param{path}, che viene interpretato come il
1200 \itindex{pathname} \textit{pathname} del programma.
1204 \includegraphics[width=15cm]{img/exec_rel}
1205 \caption{La interrelazione fra le sei funzioni della famiglia \func{exec}.}
1206 \label{fig:proc_exec_relat}
1209 La terza differenza è come viene passata la lista delle variabili di ambiente.
1210 Con lo mnemonico \texttt{e} vengono indicate quelle funzioni che necessitano
1211 di un vettore di parametri \var{envp[]} analogo a quello usato per gli
1212 argomenti a riga di comando (terminato quindi da un \val{NULL}), le altre
1213 usano il valore della variabile \var{environ} (vedi
1214 sez.~\ref{sec:proc_environ}) del processo di partenza per costruire
1217 Oltre a mantenere lo stesso \acr{pid}, il nuovo programma fatto partire da
1218 \func{exec} assume anche una serie di altre proprietà del processo chiamante;
1219 la lista completa è la seguente:
1221 \item il \textit{process id} (\acr{pid}) ed il \textit{parent process id}
1223 \item l'\textsl{user-ID reale}, il \textit{group-ID reale} ed i
1224 \textsl{group-ID supplementari} (vedi sez.~\ref{sec:proc_access_id});
1225 \item il \textit{session ID} (\acr{sid}) ed il \itindex{process~group}
1226 \textit{process group ID} (\acr{pgid}), vedi sez.~\ref{sec:sess_proc_group};
1227 \item il terminale di controllo (vedi sez.~\ref{sec:sess_ctrl_term});
1228 \item il tempo restante ad un allarme (vedi sez.~\ref{sec:sig_alarm_abort});
1229 \item la directory radice e la directory di lavoro corrente (vedi
1230 sez.~\ref{sec:file_work_dir});
1231 \item la maschera di creazione dei file (\var{umask}, vedi
1232 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) ed i \textit{lock} sui file (vedi
1233 sez.~\ref{sec:file_locking});
1234 \item i segnali sospesi (\textit{pending}) e la maschera dei segnali (si veda
1235 sez.~\ref{sec:sig_sigmask});
1236 \item i limiti sulle risorse (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit});
1237 \item i valori delle variabili \var{tms\_utime}, \var{tms\_stime},
1238 \var{tms\_cutime}, \var{tms\_ustime} (vedi sez.~\ref{sec:sys_cpu_times}).
1241 Inoltre i segnali che sono stati impostati per essere ignorati nel processo
1242 chiamante mantengono la stessa impostazione pure nel nuovo programma, tutti
1243 gli altri segnali vengono impostati alla loro azione predefinita. Un caso
1244 speciale è il segnale \const{SIGCHLD} che, quando impostato a
1245 \const{SIG\_IGN}, può anche non essere reimpostato a \const{SIG\_DFL} (si veda
1246 sez.~\ref{sec:sig_gen_beha}).
1248 La gestione dei file aperti dipende dal valore che ha il flag di
1249 \itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec} (vedi anche
1250 sez.~\ref{sec:file_fcntl}) per ciascun file descriptor. I file per cui è
1251 impostato vengono chiusi, tutti gli altri file restano aperti. Questo
1252 significa che il comportamento predefinito è che i file restano aperti
1253 attraverso una \func{exec}, a meno di una chiamata esplicita a \func{fcntl}
1254 che imposti il suddetto flag.
1256 Per le directory, lo standard POSIX.1 richiede che esse vengano chiuse
1257 attraverso una \func{exec}, in genere questo è fatto dalla funzione
1258 \func{opendir} (vedi sez.~\ref{sec:file_dir_read}) che effettua da sola
1259 l'impostazione del flag di \itindex{close-on-exec} \textit{close-on-exec}
1260 sulle directory che apre, in maniera trasparente all'utente.
1262 Abbiamo detto che l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID reale}
1263 restano gli stessi all'esecuzione di \func{exec}; lo stesso vale per
1264 l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} (il significato
1265 di questi identificatori è trattato in sez.~\ref{sec:proc_access_id}), tranne
1266 quando il file che si va ad eseguire abbia o il \itindex{suid~bit} \acr{suid}
1267 bit o lo \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} bit impostato, in questo caso
1268 l'\textsl{user-ID effettivo} ed il \textsl{group-ID effettivo} vengono
1269 impostati rispettivamente all'utente o al gruppo cui il file appartiene (per i
1270 dettagli vedi sez.~\ref{sec:proc_perms}).
1272 Se il file da eseguire è in formato \emph{a.out} e necessita di librerie
1273 condivise, viene lanciato il \textit{linker} dinamico \cmd{/lib/ld.so} prima
1274 del programma per caricare le librerie necessarie ed effettuare il link
1275 dell'eseguibile. Se il programma è in formato ELF per caricare le librerie
1276 dinamiche viene usato l'interprete indicato nel segmento \const{PT\_INTERP},
1277 in genere questo è \file{/lib/ld-linux.so.1} per programmi collegati con le
1278 \acr{libc5}, e \file{/lib/ld-linux.so.2} per programmi collegati con le
1281 Infine nel caso il file sia uno script esso deve iniziare con una linea nella
1282 forma \cmd{\#!/path/to/interpreter [argomenti]} dove l'interprete indicato
1283 deve essere un programma valido (binario, non un altro script) che verrà
1284 chiamato come se si fosse eseguito il comando \cmd{interpreter [argomenti]
1285 filename}.\footnote{si tenga presente che con Linux quanto viene scritto
1286 come \texttt{argomenti} viene passato all'interprete come un unico argomento
1287 con una unica stringa di lunghezza massima di 127 caratteri e se questa
1288 dimensione viene ecceduta la stringa viene troncata; altri Unix hanno
1289 dimensioni massime diverse, e diversi comportamenti, ad esempio FreeBSD
1290 esegue la scansione della riga e la divide nei vari argomenti e se è troppo
1291 lunga restituisce un errore di \const{ENAMETOOLONG}, una comparazione dei
1292 vari comportamenti si trova su
1293 \href{http://www.in-ulm.de/~mascheck/various/shebang/}
1294 {\texttt{http://www.in-ulm.de/\tild mascheck/various/shebang/}}.}
1296 Con la famiglia delle \func{exec} si chiude il novero delle funzioni su cui è
1297 basata la gestione dei processi in Unix: con \func{fork} si crea un nuovo
1298 processo, con \func{exec} si lancia un nuovo programma, con \func{exit} e
1299 \func{wait} si effettua e verifica la conclusione dei processi. Tutte le
1300 altre funzioni sono ausiliarie e servono per la lettura e l'impostazione dei
1301 vari parametri connessi ai processi.
1305 \section{Il controllo di accesso}
1306 \label{sec:proc_perms}
1308 In questa sezione esamineremo le problematiche relative al controllo di
1309 accesso dal punto di vista dei processi; vedremo quali sono gli identificatori
1310 usati, come questi possono essere modificati nella creazione e nel lancio di
1311 nuovi processi, le varie funzioni per la loro manipolazione diretta e tutte le
1312 problematiche connesse ad una gestione accorta dei privilegi.
1315 \subsection{Gli identificatori del controllo di accesso}
1316 \label{sec:proc_access_id}
1318 Come accennato in sez.~\ref{sec:intro_multiuser} il modello base\footnote{in
1319 realtà già esistono estensioni di questo modello base, che lo rendono più
1320 flessibile e controllabile, come le \itindex{capabilities}
1321 \textit{capabilities} illustrate in sez.~\ref{sec:proc_capabilities}, le ACL
1322 per i file o il \itindex{Mandatory~Access~Control~(MAC)} \textit{Mandatory
1323 Access Control} di SELinux; inoltre basandosi sul lavoro effettuato con
1324 SELinux, a partire dal kernel 2.5.x, è iniziato lo sviluppo di una
1325 infrastruttura di sicurezza, il \textit{Linux Security Modules}, o LSM, in
1326 grado di fornire diversi agganci a livello del kernel per modularizzare
1327 tutti i possibili controlli di accesso.} di sicurezza di un sistema
1328 unix-like è fondato sui concetti di utente e gruppo, e sulla separazione fra
1329 l'amministratore (\textsl{root}, detto spesso anche \textit{superuser}) che
1330 non è sottoposto a restrizioni, ed il resto degli utenti, per i quali invece
1331 vengono effettuati i vari controlli di accesso.
1333 Abbiamo già accennato come il sistema associ ad ogni utente e gruppo due
1334 identificatori univoci, lo user-ID ed il group-ID; questi servono al kernel per
1335 identificare uno specifico utente o un gruppo di utenti, per poi poter
1336 controllare che essi siano autorizzati a compiere le operazioni richieste. Ad
1337 esempio in sez.~\ref{sec:file_access_control} vedremo come ad ogni file vengano
1338 associati un utente ed un gruppo (i suoi \textsl{proprietari}, indicati
1339 appunto tramite un \acr{uid} ed un \acr{gid}) che vengono controllati dal
1340 kernel nella gestione dei permessi di accesso.
1342 Dato che tutte le operazioni del sistema vengono compiute dai processi, è
1343 evidente che per poter implementare un controllo sulle operazioni occorre
1344 anche poter identificare chi è che ha lanciato un certo programma, e pertanto
1345 anche a ciascun processo dovrà essere associato un utente e un gruppo.
1347 Un semplice controllo di una corrispondenza fra identificativi non garantisce
1348 però sufficiente flessibilità per tutti quei casi in cui è necessario poter
1349 disporre di privilegi diversi, o dover impersonare un altro utente per un
1350 limitato insieme di operazioni. Per questo motivo in generale tutti gli Unix
1351 prevedono che i processi abbiano almeno due gruppi di identificatori, chiamati
1352 rispettivamente \textit{real} ed \textit{effective} (cioè \textsl{reali} ed
1353 \textsl{effettivi}). Nel caso di Linux si aggiungono poi altri due gruppi, il
1354 \textit{saved} (\textsl{salvati}) ed il \textit{filesystem} (\textsl{di
1355 filesystem}), secondo la situazione illustrata in
1356 tab.~\ref{tab:proc_uid_gid}.
1361 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|p{7.3cm}|}
1363 \textbf{Suffisso} & \textbf{Gruppo} & \textbf{Denominazione}
1364 & \textbf{Significato} \\
1367 \acr{uid} & \textit{real} & \textsl{user-ID reale}
1368 & indica l'utente che ha lanciato il programma\\
1369 \acr{gid} & '' &\textsl{group-ID reale}
1370 & indica il gruppo principale dell'utente che ha lanciato
1373 \acr{euid} & \textit{effective} &\textsl{user-ID effettivo}
1374 & indica l'utente usato nel controllo di accesso \\
1375 \acr{egid} & '' & \textsl{group-ID effettivo}
1376 & indica il gruppo usato nel controllo di accesso \\
1377 -- & -- & \textsl{group-ID supplementari}
1378 & indicano gli ulteriori gruppi cui l'utente appartiene \\
1380 -- & \textit{saved} & \textsl{user-ID salvato}
1381 & è una copia dell'\acr{euid} iniziale\\
1382 -- & '' & \textsl{group-ID salvato}
1383 & è una copia dell'\acr{egid} iniziale \\
1385 \acr{fsuid} & \textit{filesystem} &\textsl{user-ID di filesystem}
1386 & indica l'utente effettivo per l'accesso al filesystem \\
1387 \acr{fsgid} & '' & \textsl{group-ID di filesystem}
1388 & indica il gruppo effettivo per l'accesso al filesystem \\
1391 \caption{Identificatori di utente e gruppo associati a ciascun processo con
1392 indicazione dei suffissi usati dalle varie funzioni di manipolazione.}
1393 \label{tab:proc_uid_gid}
1396 Al primo gruppo appartengono l'\textsl{user-ID reale} ed il \textsl{group-ID
1397 reale}: questi vengono impostati al login ai valori corrispondenti
1398 all'utente con cui si accede al sistema (e relativo gruppo principale).
1399 Servono per l'identificazione dell'utente e normalmente non vengono mai
1400 cambiati. In realtà vedremo (in sez.~\ref{sec:proc_setuid}) che è possibile
1401 modificarli, ma solo ad un processo che abbia i privilegi di amministratore;
1402 questa possibilità è usata proprio dal programma \cmd{login} che, una volta
1403 completata la procedura di autenticazione, lancia una shell per la quale
1404 imposta questi identificatori ai valori corrispondenti all'utente che entra
1407 Al secondo gruppo appartengono lo \textsl{user-ID effettivo} ed il
1408 \textsl{group-ID effettivo} (a cui si aggiungono gli eventuali \textsl{group-ID
1409 supplementari} dei gruppi dei quali l'utente fa parte). Questi sono invece
1410 gli identificatori usati nelle verifiche dei permessi del processo e per il
1411 controllo di accesso ai file (argomento affrontato in dettaglio in
1412 sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
1414 Questi identificatori normalmente sono identici ai corrispondenti del gruppo
1415 \textit{real} tranne nel caso in cui, come accennato in
1416 sez.~\ref{sec:proc_exec}, il programma che si è posto in esecuzione abbia i
1417 bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati
1418 (il significato di questi bit è affrontato in dettaglio in
1419 sez.~\ref{sec:file_special_perm}). In questo caso essi saranno impostati
1420 all'utente e al gruppo proprietari del file. Questo consente, per programmi in
1421 cui ci sia necessità, di dare a qualunque utente normale privilegi o permessi
1422 di un altro (o dell'amministratore).
1424 Come nel caso del \acr{pid} e del \acr{ppid}, anche tutti questi
1425 identificatori possono essere letti attraverso le rispettive funzioni:
1426 \funcd{getuid}, \funcd{geteuid}, \funcd{getgid} e \funcd{getegid}, i loro
1430 \headdecl{sys/types.h}
1431 \funcdecl{uid\_t getuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID reale} del
1434 \funcdecl{uid\_t geteuid(void)} Restituisce l'\textsl{user-ID effettivo} del
1437 \funcdecl{gid\_t getgid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID reale} del
1440 \funcdecl{gid\_t getegid(void)} Restituisce il \textsl{group-ID effettivo}
1441 del processo corrente.
1443 \bodydesc{Queste funzioni non riportano condizioni di errore.}
1446 In generale l'uso di privilegi superiori deve essere limitato il più
1447 possibile, per evitare abusi e problemi di sicurezza, per questo occorre anche
1448 un meccanismo che consenta ad un programma di rilasciare gli eventuali
1449 maggiori privilegi necessari, una volta che si siano effettuate le operazioni
1450 per i quali erano richiesti, e a poterli eventualmente recuperare in caso
1453 Questo in Linux viene fatto usando altri due gruppi di identificatori, il
1454 \textit{saved} ed il \textit{filesystem}. Il primo gruppo è lo stesso usato in
1455 SVr4, e previsto dallo standard POSIX quando è definita la costante
1456 \macro{\_POSIX\_SAVED\_IDS},\footnote{in caso si abbia a cuore la portabilità
1457 del programma su altri Unix è buona norma controllare sempre la
1458 disponibilità di queste funzioni controllando se questa costante è
1459 definita.} il secondo gruppo è specifico di Linux e viene usato per
1460 migliorare la sicurezza con NFS.
1462 L'\textsl{user-ID salvato} ed il \textsl{group-ID salvato} sono copie
1463 dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo} del processo
1464 padre, e vengono impostati dalla funzione \func{exec} all'avvio del processo,
1465 come copie dell'\textsl{user-ID effettivo} e del \textsl{group-ID effettivo}
1466 dopo che questi sono stati impostati tenendo conto di eventuali
1467 \itindex{suid~bit} \acr{suid} o \itindex{sgid~bit} \acr{sgid}. Essi quindi
1468 consentono di tenere traccia di quale fossero utente e gruppo effettivi
1469 all'inizio dell'esecuzione di un nuovo programma.
1471 L'\textsl{user-ID di filesystem} e il \textsl{group-ID di filesystem} sono
1472 un'estensione introdotta in Linux per rendere più sicuro l'uso di NFS
1473 (torneremo sull'argomento in sez.~\ref{sec:proc_setuid}). Essi sono una
1474 replica dei corrispondenti identificatori del gruppo \textit{effective}, ai
1475 quali si sostituiscono per tutte le operazioni di verifica dei permessi
1476 relativi ai file (trattate in sez.~\ref{sec:file_perm_overview}). Ogni
1477 cambiamento effettuato sugli identificatori effettivi viene automaticamente
1478 riportato su di essi, per cui in condizioni normali si può tranquillamente
1479 ignorarne l'esistenza, in quanto saranno del tutto equivalenti ai precedenti.
1482 \subsection{Le funzioni di gestione degli identificatori dei processi}
1483 \label{sec:proc_setuid}
1485 Le due funzioni più comuni che vengono usate per cambiare identità (cioè
1486 utente e gruppo di appartenenza) ad un processo sono rispettivamente
1487 \funcd{setuid} e \funcd{setgid}; come accennato in
1488 sez.~\ref{sec:proc_access_id} in Linux esse seguono la semantica POSIX che
1489 prevede l'esistenza dell'\textit{user-ID salvato} e del \textit{group-ID
1490 salvato}; i loro prototipi sono:
1493 \headdecl{sys/types.h}
1495 \funcdecl{int setuid(uid\_t uid)} Imposta l'\textsl{user-ID} del processo
1498 \funcdecl{int setgid(gid\_t gid)} Imposta il \textsl{group-ID} del processo
1501 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1502 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1505 Il funzionamento di queste due funzioni è analogo, per cui considereremo solo
1506 la prima; la seconda si comporta esattamente allo stesso modo facendo
1507 riferimento al \textsl{group-ID} invece che all'\textsl{user-ID}. Gli
1508 eventuali \textsl{group-ID supplementari} non vengono modificati.
1510 L'effetto della chiamata è diverso a seconda dei privilegi del processo; se
1511 l'\textsl{user-ID effettivo} è zero (cioè è quello dell'amministratore di
1512 sistema) allora tutti gli identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e
1513 \textit{saved}) vengono impostati al valore specificato da \param{uid},
1514 altrimenti viene impostato solo l'\textsl{user-ID effettivo}, e soltanto se il
1515 valore specificato corrisponde o all'\textsl{user-ID reale} o
1516 all'\textsl{user-ID salvato}. Negli altri casi viene segnalato un errore (con
1519 Come accennato l'uso principale di queste funzioni è quello di poter
1520 consentire ad un programma con i bit \itindex{suid~bit} \acr{suid} o
1521 \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} impostati (vedi sez.~\ref{sec:file_special_perm})
1522 di riportare l'\textsl{user-ID effettivo} a quello dell'utente che ha lanciato
1523 il programma, effettuare il lavoro che non necessita di privilegi aggiuntivi,
1524 ed eventualmente tornare indietro.
1526 Come esempio per chiarire l'uso di queste funzioni prendiamo quello con cui
1527 viene gestito l'accesso al file \file{/var/log/utmp}. In questo file viene
1528 registrato chi sta usando il sistema al momento corrente; chiaramente non può
1529 essere lasciato aperto in scrittura a qualunque utente, che potrebbe
1530 falsificare la registrazione. Per questo motivo questo file (e l'analogo
1531 \file{/var/log/wtmp} su cui vengono registrati login e logout) appartengono ad
1532 un gruppo dedicato (\acr{utmp}) ed i programmi che devono accedervi (ad
1533 esempio tutti i programmi di terminale in X, o il programma \cmd{screen} che
1534 crea terminali multipli su una console) appartengono a questo gruppo ed hanno
1535 il bit \acr{sgid} impostato.
1537 Quando uno di questi programmi (ad esempio \cmd{xterm}) viene lanciato, la
1538 situazione degli identificatori è la seguente:
1541 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (del chiamante)} \\
1542 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1543 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp}}
1545 in questo modo, dato che il \textsl{group-ID effettivo} è quello giusto, il
1546 programma può accedere a \file{/var/log/utmp} in scrittura ed aggiornarlo. A
1547 questo punto il programma può eseguire una \code{setgid(getgid())} per
1548 impostare il \textsl{group-ID effettivo} a quello dell'utente (e dato che il
1549 \textsl{group-ID reale} corrisponde la funzione avrà successo), in questo modo
1550 non sarà possibile lanciare dal terminale programmi che modificano detto file,
1551 in tal caso infatti la situazione degli identificatori sarebbe:
1554 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1555 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{gid}} \\
1556 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1558 e ogni processo lanciato dal terminale avrebbe comunque \acr{gid} come
1559 \textsl{group-ID effettivo}. All'uscita dal terminale, per poter di nuovo
1560 aggiornare lo stato di \file{/var/log/utmp} il programma eseguirà una
1561 \code{setgid(utmp)} (dove \var{utmp} è il valore numerico associato al gruppo
1562 \acr{utmp}, ottenuto ad esempio con una precedente \func{getegid}), dato che
1563 in questo caso il valore richiesto corrisponde al \textsl{group-ID salvato} la
1564 funzione avrà successo e riporterà la situazione a:
1567 \textsl{group-ID reale} &=& \textrm{\acr{gid} (invariato)} \\
1568 \textsl{group-ID effettivo} &=& \textrm{\acr{utmp}} \\
1569 \textsl{group-ID salvato} &=& \textrm{\acr{utmp} (invariato)}
1571 consentendo l'accesso a \file{/var/log/utmp}.
1573 Occorre però tenere conto che tutto questo non è possibile con un processo con
1574 i privilegi di amministratore, in tal caso infatti l'esecuzione di una
1575 \func{setuid} comporta il cambiamento di tutti gli identificatori associati al
1576 processo, rendendo impossibile riguadagnare i privilegi di amministratore.
1577 Questo comportamento è corretto per l'uso che ne fa \cmd{login} una volta che
1578 crea una nuova shell per l'utente; ma quando si vuole cambiare soltanto
1579 l'\textsl{user-ID effettivo} del processo per cedere i privilegi occorre
1580 ricorrere ad altre funzioni.
1582 Le due funzioni \funcd{setreuid} e \funcd{setregid} derivano da BSD che, non
1583 supportando\footnote{almeno fino alla versione 4.3+BSD.} gli identificatori
1584 del gruppo \textit{saved}, le usa per poter scambiare fra di loro
1585 \textit{effective} e \textit{real}. I rispettivi prototipi sono:
1588 \headdecl{sys/types.h}
1590 \funcdecl{int setreuid(uid\_t ruid, uid\_t euid)} Imposta l'\textsl{user-ID
1591 reale} e l'\textsl{user-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1592 specificati da \param{ruid} e \param{euid}.
1594 \funcdecl{int setregid(gid\_t rgid, gid\_t egid)} Imposta il \textsl{group-ID
1595 reale} ed il \textsl{group-ID effettivo} del processo corrente ai valori
1596 specificati da \param{rgid} e \param{egid}.
1598 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1599 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1602 La due funzioni sono analoghe ed il loro comportamento è identico; quanto
1603 detto per la prima riguardo l'user-ID, si applica immediatamente alla seconda
1604 per il group-ID. I processi non privilegiati possono impostare solo i valori
1605 del loro user-ID effettivo o reale; valori diversi comportano il fallimento
1606 della chiamata; l'amministratore invece può specificare un valore qualunque.
1607 Specificando un argomento di valore -1 l'identificatore corrispondente verrà
1608 lasciato inalterato.
1610 Con queste funzioni si possono scambiare fra loro gli user-ID reale e
1611 effettivo, e pertanto è possibile implementare un comportamento simile a
1612 quello visto in precedenza per \func{setgid}, cedendo i privilegi con un primo
1613 scambio, e recuperandoli, eseguito il lavoro non privilegiato, con un secondo
1616 In questo caso però occorre porre molta attenzione quando si creano nuovi
1617 processi nella fase intermedia in cui si sono scambiati gli identificatori, in
1618 questo caso infatti essi avranno un user-ID reale privilegiato, che dovrà
1619 essere esplicitamente eliminato prima di porre in esecuzione un nuovo
1620 programma (occorrerà cioè eseguire un'altra chiamata dopo la \func{fork} e
1621 prima della \func{exec} per uniformare l'user-ID reale a quello effettivo) in
1622 caso contrario il nuovo programma potrebbe a sua volta effettuare uno scambio
1623 e riottenere privilegi non previsti.
1625 Lo stesso problema di propagazione dei privilegi ad eventuali processi figli
1626 si pone per l'user-ID salvato: questa funzione deriva da un'implementazione che
1627 non ne prevede la presenza, e quindi non è possibile usarla per correggere la
1628 situazione come nel caso precedente. Per questo motivo in Linux tutte le volte
1629 che si imposta un qualunque valore diverso da quello dall'user-ID reale
1630 corrente, l'user-ID salvato viene automaticamente uniformato al valore
1631 dell'user-ID effettivo.
1633 Altre due funzioni, \funcd{seteuid} e \funcd{setegid}, sono un'estensione
1634 dello standard POSIX.1, ma sono comunque supportate dalla maggior parte degli
1635 Unix; esse vengono usate per cambiare gli identificatori del gruppo
1636 \textit{effective} ed i loro prototipi sono:
1639 \headdecl{sys/types.h}
1641 \funcdecl{int seteuid(uid\_t uid)} Imposta l'user-ID effettivo del processo
1642 corrente a \param{uid}.
1644 \funcdecl{int setegid(gid\_t gid)} Imposta il group-ID effettivo del processo
1645 corrente a \param{gid}.
1647 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1648 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1651 Come per le precedenti le due funzioni sono identiche, per cui tratteremo solo
1652 la prima. Gli utenti normali possono impostare l'user-ID effettivo solo al
1653 valore dell'user-ID reale o dell'user-ID salvato, l'amministratore può
1654 specificare qualunque valore. Queste funzioni sono usate per permettere
1655 all'amministratore di impostare solo l'user-ID effettivo, dato che l'uso
1656 normale di \func{setuid} comporta l'impostazione di tutti gli identificatori.
1659 Le due funzioni \funcd{setresuid} e \funcd{setresgid} sono invece
1660 un'estensione introdotta in Linux,\footnote{per essere precisi a partire dal
1661 kernel 2.1.44.} e permettono un completo controllo su tutti e tre i gruppi
1662 di identificatori (\textit{real}, \textit{effective} e \textit{saved}), i loro
1666 \headdecl{sys/types.h}
1668 \funcdecl{int setresuid(uid\_t ruid, uid\_t euid, uid\_t suid)} Imposta
1669 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente
1670 ai valori specificati rispettivamente da \param{ruid}, \param{euid} e
1673 \funcdecl{int setresgid(gid\_t rgid, gid\_t egid, gid\_t sgid)} Imposta il
1674 group-ID reale, il group-ID effettivo ed il group-ID salvato del processo
1675 corrente ai valori specificati rispettivamente da \param{rgid}, \param{egid} e
1678 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1679 di fallimento: l'unico errore è \errval{EPERM}.}
1682 Le due funzioni sono identiche, quanto detto per la prima riguardo gli user-ID
1683 si applica alla seconda per i group-ID. I processi non privilegiati possono
1684 cambiare uno qualunque degli user-ID solo ad un valore corrispondente o
1685 all'user-ID reale, o a quello effettivo o a quello salvato, l'amministratore
1686 può specificare i valori che vuole; un valore di -1 per un qualunque argomento
1687 lascia inalterato l'identificatore corrispondente.
1689 Per queste funzioni esistono anche due controparti che permettono di leggere
1690 in blocco i vari identificatori: \funcd{getresuid} e \funcd{getresgid}; i loro
1694 \headdecl{sys/types.h}
1696 \funcdecl{int getresuid(uid\_t *ruid, uid\_t *euid, uid\_t *suid)} Legge
1697 l'user-ID reale, l'user-ID effettivo e l'user-ID salvato del processo corrente.
1699 \funcdecl{int getresgid(gid\_t *rgid, gid\_t *egid, gid\_t *sgid)} Legge il
1700 group-ID reale, il group-ID effettivo e il group-ID salvato del processo
1703 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso di
1704 fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EFAULT} se gli indirizzi delle
1705 variabili di ritorno non sono validi.}
1708 Anche queste funzioni sono un'estensione specifica di Linux, e non richiedono
1709 nessun privilegio. I valori sono restituiti negli argomenti, che vanno
1710 specificati come puntatori (è un altro esempio di
1711 \itindex{value~result~argument} \textit{value result argument}). Si noti che
1712 queste funzioni sono le uniche in grado di leggere gli identificatori del
1713 gruppo \textit{saved}.
1716 Infine le funzioni \func{setfsuid} e \func{setfsgid} servono per impostare gli
1717 identificatori del gruppo \textit{filesystem} che sono usati da Linux per il
1718 controllo dell'accesso ai file. Come già accennato in
1719 sez.~\ref{sec:proc_access_id} Linux definisce questo ulteriore gruppo di
1720 identificatori, che in circostanze normali sono assolutamente equivalenti a
1721 quelli del gruppo \textit{effective}, dato che ogni cambiamento di questi
1722 ultimi viene immediatamente riportato su di essi.
1724 C'è un solo caso in cui si ha necessità di introdurre una differenza fra gli
1725 identificatori dei gruppi \textit{effective} e \textit{filesystem}, ed è per
1726 ovviare ad un problema di sicurezza che si presenta quando si deve
1727 implementare un server NFS.
1729 Il server NFS infatti deve poter cambiare l'identificatore con cui accede ai
1730 file per assumere l'identità del singolo utente remoto, ma se questo viene
1731 fatto cambiando l'user-ID effettivo o l'user-ID reale il server si espone alla
1732 ricezione di eventuali segnali ostili da parte dell'utente di cui ha
1733 temporaneamente assunto l'identità. Cambiando solo l'user-ID di filesystem si
1734 ottengono i privilegi necessari per accedere ai file, mantenendo quelli
1735 originari per quanto riguarda tutti gli altri controlli di accesso, così che
1736 l'utente non possa inviare segnali al server NFS.
1738 Le due funzioni usate per cambiare questi identificatori sono \funcd{setfsuid}
1739 e \funcd{setfsgid}, ovviamente sono specifiche di Linux e non devono essere
1740 usate se si intendono scrivere programmi portabili; i loro prototipi sono:
1742 \headdecl{sys/fsuid.h}
1744 \funcdecl{int setfsuid(uid\_t fsuid)} Imposta l'user-ID di filesystem del
1745 processo corrente a \param{fsuid}.
1747 \funcdecl{int setfsgid(gid\_t fsgid)} Imposta il group-ID di filesystem del
1748 processo corrente a \param{fsgid}.
1750 \bodydesc{Le funzioni restituiscono 0 in caso di successo e -1 in caso
1751 di fallimento: l'unico errore possibile è \errval{EPERM}.}
1753 \noindent queste funzioni hanno successo solo se il processo chiamante ha i
1754 privilegi di amministratore o, per gli altri utenti, se il valore specificato
1755 coincide con uno dei di quelli del gruppo \textit{real}, \textit{effective} o
1759 \subsection{Le funzioni per la gestione dei gruppi associati a un processo}
1760 \label{sec:proc_setgroups}
1762 Le ultime funzioni che esamineremo sono quelle che permettono di operare sui
1763 gruppi supplementari cui un utente può appartenere. Ogni processo può avere
1764 almeno \const{NGROUPS\_MAX} gruppi supplementari\footnote{il numero massimo di
1765 gruppi secondari può essere ottenuto con \func{sysconf} (vedi
1766 sez.~\ref{sec:sys_sysconf}), leggendo il parametro
1767 \texttt{\_SC\_NGROUPS\_MAX}.} in aggiunta al gruppo primario; questi vengono
1768 ereditati dal processo padre e possono essere cambiati con queste funzioni.
1770 La funzione che permette di leggere i gruppi supplementari associati ad un
1771 processo è \funcd{getgroups}; questa funzione è definita nello standard
1772 POSIX.1, ed il suo prototipo è:
1774 \headdecl{sys/types.h}
1777 \funcdecl{int getgroups(int size, gid\_t list[])}
1779 Legge gli identificatori dei gruppi supplementari.
1781 \bodydesc{La funzione restituisce il numero di gruppi letti in caso di
1782 successo e -1 in caso di fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà
1785 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
1786 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è diverso da zero ma
1787 minore del numero di gruppi supplementari del processo.
1791 La funzione legge gli identificatori dei gruppi supplementari del processo sul
1792 vettore \param{list} di dimensione \param{size}. Non è specificato se la
1793 funzione inserisca o meno nella lista il group-ID effettivo del processo. Se si
1794 specifica un valore di \param{size} uguale a 0 \param{list} non viene
1795 modificato, ma si ottiene il numero di gruppi supplementari.
1797 Una seconda funzione, \funcd{getgrouplist}, può invece essere usata per
1798 ottenere tutti i gruppi a cui appartiene un certo utente; il suo prototipo è:
1800 \headdecl{sys/types.h}
1803 \funcdecl{int getgrouplist(const char *user, gid\_t group, gid\_t *groups,
1804 int *ngroups)} Legge i gruppi supplementari.
1806 \bodydesc{La funzione legge fino ad un massimo di \param{ngroups} valori,
1807 restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di fallimento.}
1810 La funzione legge i gruppi supplementari dell'utente specificato da
1811 \param{user}, eseguendo una scansione del database dei gruppi (si veda
1812 sez.~\ref{sec:sys_user_group}). Ritorna poi in \param{groups} la lista di
1813 quelli a cui l'utente appartiene. Si noti che \param{ngroups} è passato come
1814 puntatore perché, qualora il valore specificato sia troppo piccolo, la
1815 funzione ritorna -1, passando indietro il numero dei gruppi trovati.
1817 Per impostare i gruppi supplementari di un processo ci sono due funzioni, che
1818 possono essere usate solo se si hanno i privilegi di amministratore. La prima
1819 delle due è \funcd{setgroups}, ed il suo prototipo è:
1821 \headdecl{sys/types.h}
1824 \funcdecl{int setgroups(size\_t size, gid\_t *list)}
1826 Imposta i gruppi supplementari del processo.
1828 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
1829 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori:
1831 \item[\errcode{EFAULT}] \param{list} non ha un indirizzo valido.
1832 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi di amministratore.
1833 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{size} è maggiore del valore
1838 La funzione imposta i gruppi supplementari del processo corrente ai valori
1839 specificati nel vettore passato con l'argomento \param{list}, di dimensioni
1840 date dall'argomento \param{size}. Il numero massimo di gruppi supplementari è
1841 un parametro di sistema, che può essere ricavato con le modalità spiegate in
1842 sez.~\ref{sec:sys_characteristics}.
1844 Se invece si vogliono impostare i gruppi supplementari del processo a quelli di
1845 un utente specifico, si può usare \funcd{initgroups} il cui prototipo è:
1847 \headdecl{sys/types.h}
1850 \funcdecl{int initgroups(const char *user, gid\_t group)}
1852 Inizializza la lista dei gruppi supplementari.
1854 \bodydesc{La funzione restituisce 0 in caso di successo e -1 in caso di
1855 fallimento, nel qual caso \var{errno} assumerà gli stessi valori di
1856 \func{setgroups} più \errval{ENOMEM} quando non c'è memoria sufficiente
1857 per allocare lo spazio per informazioni dei gruppi.}
1860 La funzione esegue la scansione del database dei gruppi (usualmente
1861 \file{/etc/groups}) cercando i gruppi di cui è membro l'utente \param{user}
1862 con cui costruisce una lista di gruppi supplementari, a cui aggiunge anche
1863 \param{group}, infine imposta questa lista per il processo corrente usando
1864 \func{setgroups}. Si tenga presente che sia \func{setgroups} che
1865 \func{initgroups} non sono definite nello standard POSIX.1 e che pertanto non
1866 è possibile utilizzarle quando si definisce \macro{\_POSIX\_SOURCE} o si
1867 compila con il flag \cmd{-ansi}, è pertanto meglio evitarle se si vuole
1868 scrivere codice portabile.
1871 \subsection{La gestione delle \textit{capabilities}}
1872 \label{sec:proc_capabilities}
1874 \itindbeg{capabilities}
1876 Come accennato in sez.~\ref{sec:proc_access_id} l'architettura classica della
1877 gestione dei privilegi in un sistema unix-like ha il sostanziale problema di
1878 fornire all'amministratore dei poteri troppo ampi, questo comporta che anche
1879 quando si siano predisposte delle misure di protezione per in essere in grado
1880 di difendersi dagli effetti di una eventuale compromissione del
1881 sistema,\footnote{come montare un filesystem in sola lettura per impedirne
1882 modifiche, o marcare un file come immutabile.} una volta che questa sia
1883 stata effettuata e si siano ottenuti i privilegi di amministratore, queste
1884 potranno essere comunque rimosse.\footnote{nei casi elencati nella precedente
1885 nota si potrà sempre rimontare il sistema in lettura-scrittura, o togliere
1886 la marcatura di immutabilità.}
1888 Il problema consiste nel fatto che nell'architettura tradizionale di un
1889 sistema unix-like i controlli di accesso sono basati su un solo livello di
1890 separazione: per i processi normali essi sono posti in atto, mentre per i
1891 processi con i privilegi di amministratore essi non vengono neppure eseguiti;
1892 per questo motivo non era previsto alcun modo per evitare che un processo con
1893 diritti di amministratore non potesse eseguire certe operazioni, o per cedere
1894 definitivamente alcuni privilegi da un certo momento in poi.
1896 Per ovviare a tutto ciò, a partire dai kernel della serie 2.2, è stato
1897 introdotto un meccanismo, detto \textit{capabilities}, che consentisse di
1898 suddividere i vari privilegi tradizionalmente associati all'amministratore in
1899 un insieme di \textsl{capacità} distinte. L'idea era che queste capacità
1900 potessero essere abilitate e disabilitate in maniera indipendente per ciascun
1901 processo con privilegi di amministratore, permettendo così una granularità
1902 molto più fine nella distribuzione degli stessi che evitasse la originaria
1903 situazione di \textsl{tutto o nulla}.
1905 Il meccanismo completo delle \textit{capabilities}\footnote{l'implementazione
1906 di Linux si rifà ad una bozza per quello che dovrebbe divenire lo standard
1907 POSIX.1e, che prevede questa funzionalità.} prevederebbe anche la
1908 possibilità di associare le stesse \textit{capabilities} anche ai singoli file
1909 eseguibili,\footnote{una descrizione sommaria di questa funzionalità è
1910 riportata nella pagina di manuale che descrive l'implementazione delle
1911 \textit{capabilities} con Linux (accessibile con \texttt{man capabilities}),
1912 ma non essendo implementata non ne tratteremo qui.} in modo da poter
1913 stabilire quali capacità possono essere utilizzate quando viene messo in
1914 esecuzione uno specifico programma; attualmente però questa funzionalità non è
1915 implementata.\footnote{per attualmente si intende fino al kernel 2.6.13, e
1916 finora non è disponibile al momento neanche presente nessuna realizzazione
1917 sperimentale delle specifiche POSIX.1e, anche se esistono dei patch di
1918 sicurezza del kernel, come LIDS (vedi
1919 \href{http://www.lids.org}{\texttt{http://www.lids.org/})} che realizzano
1920 qualcosa di simile.}
1923 \begin{table}[!h!bt]
1926 \begin{tabular}{|l|p{12cm}|}
1928 \textbf{Capacità}&\textbf{Descrizione}\\
1932 % POSIX-draft defined capabilities.
1934 \const{CAP\_CHOWN} & la capacità di cambiare proprietario e gruppo
1935 proprietario di un file (vedi
1936 sez.~\ref{sec:file_ownership_management}).\\
1937 \const{CAP\_DAC\_OVERRIDE}& la capacità di evitare il controllo dei
1938 permessi di lettura, scrittura ed esecuzione dei
1939 file, (vedi sez.~\ref{sec:file_access_control})
1940 caratteristici del modello classico del
1941 controllo di accesso chiamato
1942 \itindex{Discrectionary~Access~Control~(DAC)}
1943 \textit{Discrectionary Access Control} (da cui
1945 \const{CAP\_DAC\_READ\_SEARCH}& la capacità di evitare il controllo dei
1946 permessi di lettura, scrittura ed esecuzione per
1948 sez.~\ref{sec:file_access_control}).\\
1949 \const{CAP\_FOWNER} & la capacità di evitare il controllo che
1950 l'user-ID effettivo del processo (o meglio il
1951 \textit{filesystem user-ID}, vedi
1952 sez.~\ref{sec:proc_setuid}) coincida con
1953 quello del proprietario di un file per tutte
1954 le operazioni privilegiate non coperte dalle
1955 precedenti \const{CAP\_DAC\_OVERRIDE} e
1956 \const{CAP\_DAC\_READ\_SEARCH}. Queste
1957 comprendono i cambiamenti dei permessi e dei
1958 tempi del file (vedi
1959 sez.~\ref{sec:file_perm_management} e
1960 sez.~\ref{sec:file_file_times}), le impostazioni
1961 degli attributi estesi (con il comando
1962 \cmd{chattr}) e delle ACL, poter ignorare lo
1963 \itindex{sticky~bit} \textit{sticky bit} nella
1964 cancellazione dei file (vedi
1965 sez.~\ref{sec:file_special_perm}), la possibilità
1966 di impostare il flag di \const{O\_NOATIME} con
1967 \func{open} e \func{fcntl} (vedi
1968 sez.~\ref{sec:file_open} e
1969 sez.~\ref{sec:file_fcntl}).\\
1970 \const{CAP\_FSETID} & la capacità di evitare la cancellazione
1971 automatica dei bit \itindex{suid~bit} \acr{suid}
1972 e \itindex{sgid~bit} \acr{sgid} quando un file
1973 per i quali sono impostati viene modificato da
1974 un processo senza questa capacità e la capacità
1975 di impostare il bit \acr{sgid} su un file anche
1976 quando questo è relativo ad un gruppo cui non si
1978 sez.~\ref{sec:file_perm_management}).\\
1979 \const{CAP\_KILL} & la capacità di mandare segnali a qualunque
1980 processo (vedi sez.~\ref{sec:sig_kill_raise}).\\
1981 \const{CAP\_SETGID} & la capacità di manipolare i group ID dei
1982 processi, sia il principale che i supplementari,
1983 (vedi sez.~\ref{sec:proc_setgroups} che quelli
1984 trasmessi tramite i socket \textit{unix domain}
1985 (vedi sez.~\ref{sec:unix_socket}).\\
1986 \const{CAP\_SETUID} & la capacità di manipolare gli user ID del
1987 processo (con \func{setuid}, \func{setreuid},
1988 \func{setresuid}, \func{setfsuid}) e di
1989 trasmettere un valore arbitrario
1990 dell'\textsl{uid} nel passaggio delle
1991 credenziali coi socket \textit{unix domain} (vedi
1992 sez.~\ref{sec:unix_socket}).\\
1994 % Linux specific capabilities
1997 \const{CAP\_SETPCAP} & la capacità di impostare o rimuovere una capacità
1998 (limitatamente a quelle che il processo
1999 chiamante ha nel suo insieme di capacità
2000 permesse) da qualunque processo.\\
2001 \const{CAP\_LINUX\_IMMUTABLE}& la capacità di impostare gli attributi
2002 \textit{immutable} e \itindex{append~mode}
2003 \textit{append only} per i file su un
2004 filesystem che supporta questi
2006 \const{CAP\_NET\_BIND\_SERVICE}& la capacità di porre in ascolto server
2007 su porte riservate (vedi
2008 sez.~\ref{sec:TCP_func_bind}).\\
2009 \const{CAP\_NET\_BROADCAST}& la capacità di consentire l'uso di socket in
2010 \itindex{broadcast} \textit{broadcast} e
2011 \itindex{multicast} \textit{multicast}.\\
2012 \const{CAP\_NET\_ADMIN} & la capacità di eseguire alcune operazioni
2013 privilegiate sulla rete (impostare le opzioni
2014 privilegiate dei socket, abilitare il
2015 \itindex{multicast} \textit{multicasting},
2016 impostare interfacce di rete e
2017 tabella di instradamento).\\
2018 \const{CAP\_NET\_RAW} & la capacità di usare socket \texttt{RAW} e
2019 \texttt{PACKET} (quelli che permettono di creare
2020 pacchetti nei protocolli di basso livello).\\
2021 \const{CAP\_IPC\_LOCK} & la capacità di effettuare il \textit{memory
2022 locking} \itindex{memory~locking} con le
2023 funzioni \func{mlock}, \func{mlockall},
2024 \func{shmctl}, \func{mmap} (vedi
2025 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock} e
2026 sez.~\ref{sec:file_memory_map}). \\
2027 \const{CAP\_IPC\_OWNER} & la capacità di evitare il controllo dei permessi
2028 per le operazioni sugli oggetti di
2029 intercomunicazione fra processi (vedi
2030 sez.~\ref{sec:ipc_sysv}).\\
2031 \const{CAP\_SYS\_MODULE}& la capacità di caricare e rimuovere moduli del
2033 \const{CAP\_SYS\_RAWIO} & la capacità di eseguire operazioni sulle porte
2034 di I/O con \func{ioperm} e \func{iopl} (vedi
2035 sez.~\ref{sec:file_io_port}).\\
2036 \const{CAP\_SYS\_CHROOT}& la capacità di eseguire la funzione
2038 sez.~\ref{sec:file_chroot}).\\
2039 \const{CAP\_SYS\_PTRACE}& consente di tracciare qualunque processo con
2041 sez.~\ref{sec:xxx_ptrace}).\\
2042 % TODO documentatare ptrace
2043 \const{CAP\_SYS\_PACCT} & la capacità di usare le funzioni di
2044 \textit{accounting} dei processi (vedi
2045 sez.~\ref{sec:sys_bsd_accounting}).\\
2046 \const{CAP\_SYS\_ADMIN} & la capacità di eseguire una serie di compiti
2047 amministrativi (come impostare le quote,
2048 attivare e disattivare la swap, montare,
2049 rimontare e smontare filesystem, ecc.). \\
2050 \const{CAP\_SYS\_BOOT} & la capacità di fare eseguire un riavvio del
2052 \const{CAP\_SYS\_NICE} & la capacità di modificare le priorità dei
2053 processi (vedi sez.~\ref{sec:proc_priority}). \\
2054 \const{CAP\_SYS\_RESOURCE}& la capacità di superare le limitazioni sulle
2055 risorse, aumentare le quote disco, usare lo
2056 spazio disco riservato all'amministratore.\\
2057 \const{CAP\_SYS\_TIME} & la capacità di modificare il tempo di sistema
2058 (vedi sez.~\ref{sec:sys_time}).\\
2059 \const{CAP\_SYS\_TTY\_CONFIG}& la capacità di simulare un \textit{hangup}
2060 della console, con la funzione
2062 \const{CAP\_MKNOD} & la capacità di creare file di dispositivo con la
2063 funzione \func{mknod} (vedi
2064 sez.~\ref{sec:file_mknod}).\footnotemark\\
2065 \const{CAP\_LEASE} & la capacità di creare dei \textit{file lease}
2066 \index{file!lease} su di un file (vedi
2067 sez.~\ref{sec:file_asyncronous_lease})
2068 indipendentemente dalla proprietà dello
2069 stesso.\footnotemark\\
2070 \const{CAP\_SETFCAP} & la capacità di impostare le
2071 \textit{capabilities} di un file (non
2075 \caption{Le costanti che identificano le \textit{capabilities} presenti nel
2077 \label{tab:proc_capabilities}
2080 \footnotetext[21]{questa capacità è presente soltanto a partire dai kernel
2083 \footnotetext{questa capacità è presente soltanto a partire dai kernel della
2086 Per gestire questo nuovo meccanismo ciascun processo porta con sé tre distinti
2087 insiemi di \textit{capabilities}, che vengono denominati rispettivamente
2088 \textit{effective}, \textit{permitted} ed \textit{inherited}. Questi insiemi
2089 vengono mantenuti in forma di tre diverse maschere binarie,\footnote{il kernel
2090 li mantiene, come i vari identificatori di sez.~\ref{sec:proc_setuid},
2091 all'interno della \struct{task\_struct} di ciascun processo (vedi
2092 fig.~\ref{fig:proc_task_struct}), nei tre campi \texttt{cap\_effective},
2093 \texttt{cap\_inheritable}, \texttt{cap\_permitted} del tipo
2094 \texttt{kernel\_cap\_t}; questo è attualmente definito come intero a 32 bit,
2095 il che comporta un massimo di 32 \textit{capabilities} distinte.} in cui
2096 ciascun bit corrisponde ad una capacità diversa; se ne è riportato
2097 l'elenco,\footnote{si tenga presente che l'elenco delle \textit{capabilities}
2098 presentato questa tabella, ripreso dalla relativa pagina di manuale
2099 (accessibile con \texttt{man capabilities}) e dalle definizioni in
2100 \texttt{sys/capabilities.h}, è quello aggiornato al kernel 2.6.6.} con una
2101 breve descrizione, ed il nome delle costanti che identificano i singoli bit,
2102 in tab.~\ref{tab:proc_capabilities}; la tabella è divisa in due parti, la
2103 prima riporta le \textit{capabilities} previste nella bozza dello standard
2104 POSIX1.e, la seconda quelle specifiche di Linux.
2106 L'utilizzo di tre distinti insiemi serve a fornire una interfaccia flessibile
2107 per l'uso delle \textit{capabilities}, con scopi analoghi a quelli per cui
2108 sono mantenuti i diversi insiemi di identificatori di
2109 sez.~\ref{sec:proc_setuid}; il loro significato è il seguente:
2110 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2111 \item[\textit{effective}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2112 ``\textsl{effettive}'', cioè di quelle che vengono effettivamente usate dal
2113 kernel quando deve eseguire il controllo di accesso per le varie operazioni
2114 compiute dal processo.
2115 \item[\textit{permitted}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2116 ``\textsl{permesse}'', cioè l'insieme di quelle capacità che un processo
2117 \textsl{può} impostare come \textsl{effettive}. Se un processo cancella una
2118 capacità da questo insieme non potrà più riassumerla (almeno che non esegua
2119 un programma che è \acr{suid} di root).
2120 \item[\textit{inherited}] l'insieme delle \textit{capabilities}
2121 ``\textsl{ereditabili}'', cioè quelle che vengono trasmesse ad un nuovo
2122 programma eseguito attraverso una chiamata ad \func{exec} (con l'eccezione
2123 del caso che questo sia \acr{suid} di root).
2124 \label{sec:capabilities_set}
2127 Oltre a questi tre insiemi, che sono relativi al singolo processo, il kernel
2128 mantiene un insieme generale valido per tutto il sistema, chiamato
2129 \itindex{capabilities~bounding~set} \textit{capabilities bounding set}. Ogni
2130 volta che un programma viene posto in esecuzione con \func{exec} il contenuto
2131 degli insiemi \textit{effective} e \textit{permitted} vengono mascherati con
2132 un \textsl{AND} binario del contenuto corrente del \textit{capabilities
2133 bounding set}, così che il nuovo processo potrà disporre soltanto delle
2134 capacità in esso elencate.
2136 Il \textit{capabilities bounding set} è un parametro di sistema, accessibile
2137 attraverso il contenuto del file \file{/proc/sys/kernel/cap-bound}, che per
2138 questa sua caratteristica consente di impostare un limite generale alle
2139 capacità che possono essere accordate ai vari processi. Questo valore può
2140 essere impostato ad un valore arbitrario esclusivamente dal primo processo
2141 eseguito nel sistema (di norma cioè da \texttt{/sbin/init}), ogni processo
2142 eseguito successivamente (cioè con \textsl{pid} diverso da 1) anche se
2143 eseguito con privilegi di amministratore potrà soltanto rimuovere uno dei bit
2144 già presenti dell'insieme: questo significa che una volta rimossa una
2145 \textit{capability} dal \textit{capabilities bounding set} essa non sarà più
2146 disponibile, neanche per l'amministratore, a meno di un riavvio.
2148 Quando un programma viene messo in esecuzione\footnote{cioè quando viene
2149 eseguita la \func{execve} con cui lo si lancia; in corrispondenza di una
2150 \func{fork} le \textit{capabilities} non vengono modificate.} esso eredita
2151 (nel senso che assume negli insiemi \textit{effective} e \textit{permitted})
2152 le \textit{capabilities} mantenute nell'insieme \textit{inherited}, a meno che
2153 non sia eseguito un programma \acr{suid} di root o la \func{exec} sia stata
2154 eseguita da un programma con \textsl{uid} reale zero; in tal caso il programma
2155 ottiene tutte le \textit{capabilities} presenti nel \textit{capabilities
2156 bounding set}. In questo modo si può far si che ad un processo eseguito in
2157 un secondo tempo possano essere trasmesse solo un insieme limitato di
2158 capacità, impedendogli di recuperare quelle assenti nell'insieme
2159 \textit{inherited}. Si tenga presente invece che attraverso una \func{fork}
2160 vengono mantenute le stesse capacità del processo padre.
2162 Per la gestione delle \textit{capabilities} il kernel mette a disposizione due
2163 funzioni che permettono rispettivamente di leggere ed impostare i valori dei
2164 tre insiemi illustrati in precedenza. Queste due funzioni sono \funcd{capget}
2165 e \funcd{capset} e costituiscono l'interfaccia di gestione basso livello; i
2166 loro rispettivi prototipi sono:
2168 \headdecl{sys/capability.h}
2170 \funcdecl{int capget(cap\_user\_header\_t hdrp, cap\_user\_data\_t datap)}
2171 Legge le \textit{capabilities}.
2173 \funcdecl{int capset(cap\_user\_header\_t hdrp, const cap\_user\_data\_t
2175 Imposta le \textit{capabilities}.
2178 \bodydesc{Entrambe le funzioni ritornano 0 in caso di successo e -1 in caso
2179 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2181 \item[\errcode{ESRCH}] si è fatto riferimento ad un processo inesistente.
2182 \item[\errcode{EPERM}] si è tentato di aggiungere una capacità
2183 nell'insieme delle \textit{capabilities} permesse, o di impostare una
2184 capacità non presente nell'insieme di quelle permesse negli insieme
2185 delle effettive o ereditate, o si è cercato di impostare una
2186 \textit{capability} di un altro processo senza avare
2187 \const{CAP\_SETPCAP}.
2189 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL}.
2194 Queste due funzioni prendono come argomenti due tipi di dati dedicati,
2195 definiti come puntatori a due strutture specifiche di Linux, illustrate in
2196 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}. Per poterle utilizzare occorre anche
2197 cancellare la macro \macro{\_POSIX\_SOURCE}.\footnote{per farlo occorre
2198 utilizzare la direttiva di preprocessore \direct{undef}; si dovrà cioè
2199 inserire una istruzione \texttt{\#undef \_POSIX\_SOURCE} prima di includere
2200 \texttt{sys/capability.h}.} Si tenga presente che le strutture di
2201 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}, come i prototipi delle due funzioni
2202 \func{capget} e \func{capset}, sono soggette ad essere modificate con il
2203 cambiamento del kernel (in particolare i tipi di dati delle strutture) ed
2204 anche se finora l'interfaccia è risultata stabile, non c'è nessuna
2205 assicurazione che questa venga mantenuta. Pertanto se si vogliono scrivere
2206 programmi portabili che possano essere eseguiti su qualunque versione del
2207 kernel è opportuno utilizzare le interfacce di alto livello.
2209 \begin{figure}[!htb]
2212 \begin{minipage}[c]{15cm}
2213 \includestruct{listati/cap_user_header_t.h}
2216 \caption{Definizione delle strutture a cui fanno riferimento i puntatori
2217 \structd{cap\_user\_header\_t} e \structd{cap\_user\_data\_t} usati per
2218 l'interfaccia di gestione di basso livello delle \textit{capabilities}.}
2219 \label{fig:cap_kernel_struct}
2222 La struttura a cui deve puntare l'argomento \param{hdrp} serve ad indicare,
2223 tramite il campo \var{pid}, il processo del quale si vogliono leggere o
2224 modificare le \textit{capabilities}. Il campo \var{version} deve essere
2225 impostato al valore della versione delle usata dal kernel (quello indicato
2226 dalla costante \const{\_LINUX\_CAPABILITY\_VERSION} di
2227 fig.~\ref{fig:cap_kernel_struct}) altrimenti le funzioni ritorneranno con un
2228 errore di \errcode{EINVAL}, restituendo nel campo stesso il valore corretto
2229 della versione in uso. La struttura a cui deve puntare l'argomento
2230 \param{datap} invece conterrà i valori letti o da impostare per i tre insiemi
2231 delle capacità del processo.
2233 Dato che le precedenti funzioni, oltre ad essere specifiche di Linux, non
2234 garantiscono la stabilità nell'interfaccia, è sempre opportuno effettuare la
2235 gestione delle \textit{capabilities} utilizzando le funzioni di libreria a
2236 questo dedicate. Queste funzioni, che seguono quanto previsto nelle bozze
2237 dello standard POSIX.1e, non fanno parte delle \acr{glibc} e sono fornite in
2238 una libreria a parte,\footnote{la libreria è \texttt{libcap2}, nel caso di
2239 Debian può essere installata con il pacchetto omonimo.} pertanto se un
2240 programma le utilizza si dovrà indicare esplicitamente l'uso della suddetta
2241 libreria attraverso l'opzione \texttt{-lcap} del compilatore.
2243 Le funzioni dell'interfaccia delle bozze di POSIX.1e prevedono l'uso di uno
2244 tipo di dato opaco, \type{cap\_t}, come puntatore ai dati mantenuti nel
2245 cosiddetto \textit{capability state},\footnote{si tratta in sostanza di un
2246 puntatore ad una struttura interna utilizzata dalle librerie, i cui campi
2247 non devono mai essere acceduti direttamente.} in sono memorizzati tutti i
2248 dati delle \textit{capabilities}. In questo modo è possibile mascherare i
2249 dettagli della gestione di basso livello, che potranno essere modificati senza
2250 dover cambiare le funzioni dell'interfaccia, che faranno riferimento soltanto
2251 ad oggetti di questo tipo. L'interfaccia pertanto non soltanto fornisce le
2252 funzioni per modificare e leggere le \textit{capabilities}, ma anche quelle
2253 per gestire i dati attraverso \type{cap\_t}.
2255 La prima funzione dell'interfaccia è quella che permette di inizializzare un
2256 \textit{capability state}, allocando al contempo la memoria necessaria per i
2257 relativi dati. La funzione è \funcd{cap\_init} ed il suo prototipo è:
2259 \headdecl{sys/capability.h}
2261 \funcdecl{cap\_t cap\_init(void)}
2262 Crea ed inizializza un \textit{capability state}.
2264 \bodydesc{La funzione ritorna un valore non nullo in caso di successo e
2265 \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il
2266 valore \errval{ENOMEM}.
2270 La funzione restituisce il puntatore \type{cap\_t} ad uno stato inizializzato
2271 con tutte le \textit{capabilities} azzerate. In caso di errore (cioè quando
2272 non c'è memoria sufficiente ad allocare i dati) viene restituito \macro{NULL}
2273 ed \var{errno} viene impostata a \errval{ENOMEM}. La memoria necessaria a
2274 mantenere i dati viene automaticamente allocata da \func{cap\_init}, ma dovrà
2275 essere disallocata esplicitamente quando non più necessaria utilizzando la
2276 funzione \funcd{cap\_free}, il cui prototipo è:
2278 \headdecl{sys/capability.h}
2280 \funcdecl{int cap\_free(void *obj\_d)}
2281 Disalloca la memoria allocata per i dati delle \textit{capabilities}.
2283 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2284 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2288 La funzione permette di liberare la memoria allocata dalle altre funzioni
2289 della libreria sia per un \textit{capability state}, nel qual caso l'argomento
2290 dovrà essere un dato di tipo \type{cap\_t}, che per una descrizione testuale
2291 dello stesso,\footnote{cioè quanto ottenuto tramite la funzione
2292 \func{cap\_to\_text}.} nel qual caso l'argomento dovrà essere di tipo
2293 \texttt{char *}. L'argomento \param{obj\_d} deve corrispondere ad un oggetto
2294 ottenuto tramite altre funzioni della libreria, altrimenti la funzione fallirà
2295 con un errore di \errval{EINVAL}.
2297 Infine si può creare una copia di un \textit{capability state} ottenuto in
2298 precedenza tramite la funzione \funcd{cap\_dup}, il cui prototipo è:
2300 \headdecl{sys/capability.h}
2302 \funcdecl{cap\_t cap\_dup(cap\_t cap\_p)}
2303 Duplica un \textit{capability state} restituendone una copia.
2305 \bodydesc{La funzione ritorna un valore non nullo in caso di successo e
2306 \macro{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} potrà assumere i
2307 valori \errval{ENOMEM} o \errval{EINVAL}.
2311 La funzione crea una copia del \textit{capability state} posto all'indirizzo
2312 \param{cap\_p} che si è passato come argomento, restituendo il puntatore alla
2313 copia, che conterrà gli stessi valori delle \textit{capabilities} presenti
2314 nell'originale. La memoria necessaria viene allocata automaticamente dalla
2315 funzione. Una volta effettuata la copia i due \textit{capability state}
2316 potranno essere modificati in maniera completamente indipendente.
2318 Una seconda classe di funzioni di servizio sono quelle per la gestione dei
2319 dati contenuti all'interno di un \textit{capability state}; la prima di esse è
2320 \funcd{cap\_clear}, il cui prototipo è:
2322 \headdecl{sys/capability.h}
2324 \funcdecl{int cap\_clear(cap\_t cap\_p)}
2325 Inizializza un \textit{capability state} cancellando tutte le
2326 \textit{capabilities}.
2328 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2329 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2333 La funzione si limita ad azzerare tutte le \textit{capabilities} presenti nel
2334 \textit{capability state} all'indirizzo \param{cap\_p} passato come argomento,
2335 restituendo uno stato \textsl{vuoto}, analogo a quello che si ottiene nella
2336 creazione con \func{cap\_init}.
2338 Per la gestione dei valori delle \textit{capabilities} presenti in un
2339 \textit{capability state} l'interfaccia prevede due funzioni,
2340 \funcd{cap\_get\_flag} e \funcd{cap\_set\_flag}, che permettono
2341 rispettivamente di leggere o impostare il valore di un flag delle
2342 \textit{capabilities}; i rispettivi prototipi sono:
2344 \headdecl{sys/capability.h}
2346 \funcdecl{int cap\_get\_flag(cap\_t cap\_p, cap\_value\_t cap, cap\_flag\_t
2347 flag, cap\_flag\_value\_t *value\_p)}
2348 Legge il valore di una \textit{capability}.
2350 \funcdecl{int cap\_set\_flag(cap\_t cap\_p, cap\_flag\_t flag, int ncap,
2351 cap\_value\_t *caps, cap\_flag\_value\_t value)}
2352 Imposta il valore di una \textit{capability}.
2354 \bodydesc{Le funzioni ritornano 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2355 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà il valore \errval{EINVAL}.
2359 In entrambe le funzioni l'argomento \param{cap\_p} indica il puntatore al
2360 \textit{capability state} su cui operare, mentre l'argomento \param{flag}
2361 indica su quale dei tre insiemi illustrati a
2362 pag.~\pageref{sec:capabilities_set} si intende operare. Questi devono essere
2363 specificati con una variabile di tipo \type{cap\_flag\_t} che può assumere
2364 esclusivamente\footnote{si tratta in effetti di un tipo enumerato, come si può
2365 verificare dalla sua definizione che si trova in
2366 \texttt{/usr/include/sys/capability.h}.} uno dei valori illustrati in
2367 tab.~\ref{tab:cap_set_identifier}.
2372 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2374 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2377 \const{CAP\_EFFECTIVE} & Capacità dell'insieme \textsl{effettivo}.\\
2378 \const{CAP\_PERMITTED} & Capacità dell'insieme \textsl{permesso}.\\
2379 \const{CAP\_INHERITABLE}& Capacità dell'insieme \textsl{ereditabile}.\\
2382 \caption{Valori possibili per il tipo di dato \type{cap\_flag\_t} che
2383 identifica gli insiemi delle \textit{capabilities}.}
2384 \label{tab:cap_set_identifier}
2387 La capacità che si intende controllare o impostare invece deve essere
2388 specificata attraverso una variabile di tipo \type{cap\_value\_t}, che può
2389 prendere come valore uno qualunque di quelli riportati in
2390 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}, in questo caso però non è possibile
2391 combinare diversi valori in una maschera binaria, una variabile di tipo
2392 \type{cap\_value\_t} deve indicare una sola capacità.\footnote{nel file di
2393 header citato nella nota precedente il tipo \type{cap\_value\_t} è definito
2394 come \ctyp{int}, ma i valori validi sono soltanto quelli di
2395 tab.~\ref{tab:proc_capabilities}.} Infine lo stato di una capacità è
2396 descritto ad una variabile di tipo \type{cap\_flag\_value\_t}, che a sua volta
2397 può assumere soltanto uno\footnote{anche questo è un tipo enumerato.} dei
2398 valori di tab.~\ref{tab:cap_value_type}.
2403 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2405 \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2408 \const{CAP\_CLEAR}& La capacità non è impostata.\\
2409 \const{CAP\_SET} & La capacità è impostata.\\
2412 \caption{Valori possibili per il tipo di dato \type{cap\_flag\_value\_t} che
2413 indica lo stato di una capacità.}
2414 \label{tab:cap_value_type}
2417 La funzione \func{cap\_get\_flag} legge lo stato della capacità indicata
2418 dall'argomento \param{cap} all'interno dell'insieme indicato dall'argomento
2419 \param{flag} e ne restituisce il valore nella variabile posta all'indirizzo
2420 puntato dall'argomento \param{value\_p}; è possibile cioè leggere soltanto uno
2421 stato di una capacità alla volta.
2423 La funzione \func{cap\_set\_flag} può invece impostare in una sola chiamata
2424 più capacità, anche se solo all'interno dello stesso insieme; per questo essa
2425 prende un vettore di valori di tipo \type{cap\_value\_t} nell'argomento
2426 \param{caps}, la cui dimensione è specificata dall'argomento \param{ncap}. Il
2427 tipo di impostazione da eseguire (cancellazione o impostazione) viene indicato
2428 dall'argomento \param{value}.
2430 Per la visualizzazione dello stato delle \textit{capabilities} l'interfaccia
2431 prevede una funzione apposita, \funcd{cap\_to\_text}, il cui prototipo è:
2433 \headdecl{sys/capability.h}
2435 \funcdecl{char * cap\_to\_text(cap\_t caps, ssize\_t * length\_p)}
2437 Genera una visualizzazione testuale delle \textit{capabilities}.
2439 \bodydesc{La funzione ritorna un puntatore alla stringa con la descrizione
2440 delle \textit{capabilities} in caso di successo e \val{NULL} in caso di
2441 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL} o
2446 La funzione ritorna l'indirizzo di una stringa contente la descrizione
2447 testuale del contenuto del \textit{capabilities state} \param{caps} passato
2448 come argomento, e, qualora l'argomento \param{length\_p} sia diverso da
2449 \val{NULL}, restituisce nella variabile intera da questo puntata la lunghezza
2450 della stringa. La stringa restituita viene allocata automaticamente dalla
2451 funzione e deve essere liberata con \func{cap\_free}.
2453 Fin quei abbiamo trattato delle funzioni di manipolazione dei
2454 \textit{capabilities state}; quando si vuole eseguire la lettura delle
2455 \textit{capabilities} del processo corrente si deve usare la funzione
2456 \funcd{cap\_get\_proc}, il cui prototipo è:
2458 \headdecl{sys/capability.h}
2460 \funcdecl{cap\_t cap\_get\_proc(void)}
2461 Legge le \textit{capabilities} del processo corrente.
2463 \bodydesc{La funzione ritorna un valore diverso da \val{NULL} in caso di
2464 successo e \val{NULL} in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può
2465 assumere i valori \errval{EINVAL}, \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}. }
2468 La funzione legge il valore delle \textit{capabilities} del processo corrente
2469 e restituisce il puntatore ad un \textit{capabilities state} contenente il
2470 risultato, che provvede ad allocare autonomamente, e che occorrerà liberare
2471 con \func{cap\_free} quando non sarà più utilizzato.
2473 Se invece si vogliono leggere le \textit{capabilities} di un processo
2474 specifico occorre usare la funzione \funcd{capgetp}, il cui
2475 prototipo\footnote{su alcune pagine di manuale la funzione è descritta con un
2476 prototipo sbagliato, che prevede un valore di ritorno di tipo \type{cap\_t},
2477 ma il valore di ritorno è intero, come si può verificare anche dalla
2478 dichiarazione della stessa in \texttt{sys/capability.h}.} è:
2480 \headdecl{sys/capability.h}
2482 \funcdecl{int capgetp(pid\_t pid, cap\_t cap\_d)}
2483 Legge le \textit{capabilities} del processo indicato da \param{pid}.
2485 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2486 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL},
2487 \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}.
2491 La funzione legge il valore delle \textit{capabilities} del processo indicato
2492 con l'argomento \param{pid}, salvando il risultato nel \textit{capabilities
2493 state} all'indirizzo \param{cap\_d} che deve essere stato creato in
2494 precedenza. Qualora il processo non esista si avrà un errore di
2495 \errval{ESRCH}. Gli stessi valori possono essere letti direttamente nel
2496 filesystem \textit{proc}, nei file \texttt{/proc/<pid>/status}; ad esempio per
2497 \texttt{init} si otterrà qualcosa del tipo:
2500 CapInh: 0000000000000000
2501 CapPrm: 00000000fffffeff
2502 CapEff: 00000000fffffeff
2505 Infine per impostare le \textit{capabilities} del processo corrente (non
2506 esiste una funzione che permetta di cambiare le \textit{capabilities} di un
2507 altro processo) si deve usare la funzione \funcd{cap\_set\_proc}, il cui
2510 \headdecl{sys/capability.h}
2512 \funcdecl{int cap\_set\_proc(cap\_t cap\_p)}
2513 Imposta le \textit{capabilities} del processo corrente.
2515 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e $-1$ in caso di
2516 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori \errval{EINVAL},
2517 \errval{EPERM} o \errval{ENOMEM}.
2521 La funzione modifica le \textit{capabilities} del processo corrente secondo
2522 quanto specificato con l'argomento \param{cap\_p}, posto che questo sia
2523 possibile nei termini spiegati in precedenza (non sarà ad esempio possibile
2524 impostare capacità non presenti nell'insieme di quelle permesse). In caso di
2525 successo i nuovi valori saranno effettivi al ritorno della funzione, in caso
2526 di fallimento invece lo stato delle capacità resterà invariato. Si tenga
2527 presente che \textsl{tutte} le capacità specificate tramite \param{cap\_p}
2528 devono essere permesse; se anche una sola non lo è la funzione fallirà, e per
2529 quanto appena detto, lo stato delle \textit{capabilities} non verrà modificato
2530 (neanche per le parti eventualmente permesse).
2532 Come esempio di utilizzo di queste funzioni nei sorgenti allegati alla guida
2533 si è distribuito il programma \texttt{getcap.c}, che consente di leggere le
2534 \textit{capabilities} del processo corrente\footnote{vale a dire di sé stesso,
2535 quando lo si lancia, il che può sembrare inutile, ma serve a mostrarci quali
2536 sono le \textit{capabilities} standard che ottiene un processo lanciato
2537 dalla riga di comando.} o tramite l'opzione \texttt{-p}, quelle di un
2538 processo qualunque il cui pid viene passato come parametro dell'opzione.
2541 \footnotesize \centering
2542 \begin{minipage}[c]{15cm}
2543 \includecodesample{listati/getcap.c}
2546 \caption{Corpo principale del programma \texttt{getcap.c}.}
2547 \label{fig:proc_getcap}
2550 La sezione principale del programma è riportata in fig.~\ref{fig:proc_getcap},
2551 e si basa su una condizione sulla variabile \var{pid} che se si è usato
2552 l'opzione \texttt{-p} è impostata (nella sezione di gestione delle opzioni,
2553 che si è tralasciata) al valore del \textsl{pid} del processo di cui si vuole
2554 leggere le \textit{capabilities} e nulla altrimenti. Nel primo caso
2555 (\texttt{\small 1--6}) si utilizza direttamente (\texttt{\small 2})
2556 \func{cap\_get\_proc} per ottenere lo stato delle capacità del processo, nel
2557 secondo (\texttt{\small 7--14}) prima si inizializza (\texttt{\small 8}) uno
2558 stato vuoto e poi (\texttt{\small 9}) si legge il valore delle capacità del
2561 Il passo successivo è utilizzare (\texttt{\small 16}) \func{cap\_to\_text} per
2562 tradurre in una stringa lo stato, e poi (\texttt{\small 17}) stamparlo; infine
2563 (\texttt{\small 19--20}) si libera la memoria allocata dalle precedenti
2564 funzioni con \func{cap\_free} per poi ritornare dal ciclo principale della
2567 \itindend{capabilities}
2569 % TODO vedi http://lwn.net/Articles/198557/ e
2570 % http://www.madore.org/~david/linux/newcaps/
2571 % TODO documentare prctl ...
2574 \section{La gestione della priorità di esecuzione}
2575 \label{sec:proc_priority}
2577 In questa sezione tratteremo più approfonditamente i meccanismi con il quale
2578 lo \itindex{scheduler} \textit{scheduler} assegna la CPU ai vari processi
2579 attivi. In particolare prenderemo in esame i vari meccanismi con cui viene
2580 gestita l'assegnazione del tempo di CPU, ed illustreremo le varie funzioni di
2584 \subsection{I meccanismi di \textit{scheduling}}
2585 \label{sec:proc_sched}
2587 \itindbeg{scheduler}
2589 La scelta di un meccanismo che sia in grado di distribuire in maniera efficace
2590 il tempo di CPU per l'esecuzione dei processi è sempre una questione delicata,
2591 ed oggetto di numerose ricerche; in generale essa dipende in maniera
2592 essenziale anche dal tipo di utilizzo che deve essere fatto del sistema, per
2593 cui non esiste un meccanismo che sia valido per tutti gli usi.
2595 La caratteristica specifica di un sistema multitasking come Linux è quella del
2596 cosiddetto \itindex{prehemptive~multitasking} \textit{prehemptive
2597 multitasking}: questo significa che al contrario di altri sistemi (che usano
2598 invece il cosiddetto \itindex{cooperative~multitasking} \textit{cooperative
2599 multitasking}) non sono i singoli processi, ma il kernel stesso a decidere
2600 quando la CPU deve essere passata ad un altro processo. Come accennato in
2601 sez.~\ref{sec:proc_hierarchy} questa scelta viene eseguita da una sezione
2602 apposita del kernel, lo \textit{scheduler}, il cui scopo è quello di
2603 distribuire al meglio il tempo di CPU fra i vari processi.
2605 La cosa è resa ancora più complicata dal fatto che con le architetture
2606 multi-processore si deve anche scegliere quale sia la CPU più opportuna da
2607 utilizzare.\footnote{nei processori moderni la presenza di ampie cache può
2608 rendere poco efficiente trasferire l'esecuzione di un processo da una CPU ad
2609 un'altra, per cui effettuare la migliore scelta fra le diverse CPU non è
2610 banale.} Tutto questo comunque appartiene alle sottigliezze
2611 dell'implementazione del kernel; dal punto di vista dei programmi che girano
2612 in user space, anche quando si hanno più processori (e dei processi che sono
2613 eseguiti davvero in contemporanea), le politiche di scheduling riguardano
2614 semplicemente l'allocazione della risorsa \textsl{tempo di esecuzione}, la cui
2615 assegnazione sarà governata dai meccanismi di scelta delle priorità che
2616 restano gli stessi indipendentemente dal numero di processori.
2618 Si tenga conto poi che i processi non devono solo eseguire del codice: ad
2619 esempio molto spesso saranno impegnati in operazioni di I/O, o potranno
2620 venire bloccati da un comando dal terminale, o sospesi per un certo periodo di
2621 tempo. In tutti questi casi la CPU diventa disponibile ed è compito dello
2622 kernel provvedere a mettere in esecuzione un altro processo.
2624 Tutte queste possibilità sono caratterizzate da un diverso \textsl{stato} del
2625 processo, in Linux un processo può trovarsi in uno degli stati riportati in
2626 tab.~\ref{tab:proc_proc_states}; ma soltanto i processi che sono nello stato
2627 \textit{runnable} concorrono per l'esecuzione. Questo vuol dire che, qualunque
2628 sia la sua priorità, un processo non potrà mai essere messo in esecuzione
2629 fintanto che esso si trova in uno qualunque degli altri stati.
2634 \begin{tabular}[c]{|p{2.8cm}|c|p{10cm}|}
2636 \textbf{Stato} & \texttt{STAT} & \textbf{Descrizione} \\
2639 \textbf{Runnable}& \texttt{R} & Il processo è in esecuzione o è pronto ad
2640 essere eseguito (cioè è in attesa che gli
2641 venga assegnata la CPU). \\
2642 \textbf{Sleep} & \texttt{S} & Il processo è in attesa di un
2643 risposta dal sistema, ma può essere
2644 interrotto da un segnale. \\
2645 \textbf{Uninterrutible Sleep}& \texttt{D} & Il processo è in
2646 attesa di un risposta dal sistema (in
2647 genere per I/O), e non può essere
2648 interrotto in nessuna circostanza. \\
2649 \textbf{Stopped} & \texttt{T} & Il processo è stato fermato con un
2650 \const{SIGSTOP}, o è tracciato.\\
2651 \textbf{Zombie}\index{zombie} & \texttt{Z} & Il processo è terminato ma il
2652 suo stato di terminazione non è ancora
2653 stato letto dal padre. \\
2656 \caption{Elenco dei possibili stati di un processo in Linux, nella colonna
2657 \texttt{STAT} si è riportata la corrispondente lettera usata dal comando
2658 \cmd{ps} nell'omonimo campo.}
2659 \label{tab:proc_proc_states}
2662 Si deve quindi tenere presente che l'utilizzo della CPU è soltanto una delle
2663 risorse che sono necessarie per l'esecuzione di un programma, e a seconda
2664 dello scopo del programma non è detto neanche che sia la più importante (molti
2665 programmi dipendono in maniera molto più critica dall'I/O). Per questo motivo
2666 non è affatto detto che dare ad un programma la massima priorità di esecuzione
2667 abbia risultati significativi in termini di prestazioni.
2669 Il meccanismo tradizionale di scheduling di Unix (che tratteremo in
2670 sez.~\ref{sec:proc_sched_stand}) è sempre stato basato su delle
2671 \textsl{priorità dinamiche}, in modo da assicurare che tutti i processi, anche
2672 i meno importanti, possano ricevere un po' di tempo di CPU. In sostanza quando
2673 un processo ottiene la CPU la sua priorità viene diminuita. In questo modo
2674 alla fine, anche un processo con priorità iniziale molto bassa, finisce per
2675 avere una priorità sufficiente per essere eseguito.
2677 Lo standard POSIX.1b però ha introdotto il concetto di \textsl{priorità
2678 assoluta}, (chiamata anche \textsl{priorità statica}, in contrapposizione
2679 alla normale priorità dinamica), per tenere conto dei sistemi
2680 real-time,\footnote{per sistema real-time si intende un sistema in grado di
2681 eseguire operazioni in un tempo ben determinato; in genere si tende a
2682 distinguere fra l'\textit{hard real-time} in cui è necessario che i tempi di
2683 esecuzione di un programma siano determinabili con certezza assoluta (come
2684 nel caso di meccanismi di controllo di macchine, dove uno sforamento dei
2685 tempi avrebbe conseguenze disastrose), e \textit{soft-real-time} in cui un
2686 occasionale sforamento è ritenuto accettabile.} in cui è vitale che i
2687 processi che devono essere eseguiti in un determinato momento non debbano
2688 aspettare la conclusione di altri che non hanno questa necessità.
2690 Il concetto di priorità assoluta dice che quando due processi si contendono
2691 l'esecuzione, vince sempre quello con la priorità assoluta più alta.
2692 Ovviamente questo avviene solo per i processi che sono pronti per essere
2693 eseguiti (cioè nello stato \textit{runnable}). La priorità assoluta viene in
2694 genere indicata con un numero intero, ed un valore più alto comporta una
2695 priorità maggiore. Su questa politica di scheduling torneremo in
2696 sez.~\ref{sec:proc_real_time}.
2698 In generale quello che succede in tutti gli Unix moderni è che ai processi
2699 normali viene sempre data una priorità assoluta pari a zero, e la decisione di
2700 assegnazione della CPU è fatta solo con il meccanismo tradizionale della
2701 priorità dinamica. In Linux tuttavia è possibile assegnare anche una priorità
2702 assoluta, nel qual caso un processo avrà la precedenza su tutti gli altri di
2703 priorità inferiore, che saranno eseguiti solo quando quest'ultimo non avrà
2707 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling} standard}
2708 \label{sec:proc_sched_stand}
2710 A meno che non si abbiano esigenze specifiche, l'unico meccanismo di
2711 scheduling con il quale si avrà a che fare è quello tradizionale, che prevede
2712 solo priorità dinamiche. È di questo che, di norma, ci si dovrà preoccupare
2713 nella programmazione.
2715 Come accennato in Linux tutti i processi ordinari hanno la stessa priorità
2716 assoluta. Quello che determina quale, fra tutti i processi in attesa di
2717 esecuzione, sarà eseguito per primo, è la priorità dinamica, che è chiamata
2718 così proprio perché varia nel corso dell'esecuzione di un processo. Oltre a
2719 questo la priorità dinamica determina quanto a lungo un processo continuerà ad
2720 essere eseguito, e quando un processo potrà subentrare ad un altro
2723 Il meccanismo usato da Linux è piuttosto semplice,\footnote{in realtà nella
2724 serie 2.6.x lo scheduler è stato riscritto da zero e può usare diversi
2725 algoritmi, selezionabili sia in fase di compilazione, che, nelle versioni
2726 più recenti, all'avvio (addirittura è stato ideato un sistema modulare che
2727 permette di cambiare lo scheduler al volo, che comunque non è incluso nel
2728 kernel ufficiale).} ad ogni processo è assegnata una \textit{time-slice},
2729 cioè un intervallo di tempo (letteralmente una fetta) per il quale esso deve
2730 essere eseguito. Il valore della \textit{time-slice} è controllato dalla
2731 cosiddetta \textit{nice} (o \textit{niceness}) del processo. Essa è contenuta
2732 nel campo \var{nice} di \struct{task\_struct}; tutti i processi vengono creati
2733 con lo stesso valore, ed essa specifica il valore della durata iniziale della
2734 \textit{time-slice} che viene assegnato ad un altro campo della struttura
2735 (\var{counter}) quando il processo viene eseguito per la prima volta e
2736 diminuito progressivamente ad ogni interruzione del timer.
2738 Durante la sua esecuzione lo scheduler scandisce la coda dei processi in stato
2739 \textit{runnable} associando, in base al valore di \var{counter}, un peso ad
2740 ogni processo in attesa di esecuzione,\footnote{il calcolo del peso in realtà
2741 è un po' più complicato, ad esempio nei sistemi multiprocessore viene
2742 favorito un processo eseguito sulla stessa CPU, e a parità del valore di
2743 \var{counter} viene favorito chi ha una priorità più elevata.} chi ha il
2744 peso più alto verrà posto in esecuzione, ed il precedente processo sarà
2745 spostato in fondo alla coda. Dato che ad ogni interruzione del timer il
2746 valore di \var{counter} del processo corrente viene diminuito, questo assicura
2747 che anche i processi con priorità più bassa verranno messi in esecuzione.
2749 La priorità di un processo è così controllata attraverso il valore di
2750 \var{nice}, che stabilisce la durata della \textit{time-slice}; per il
2751 meccanismo appena descritto infatti un valore più lungo assicura una maggiore
2752 attribuzione di CPU. L'origine del nome di questo parametro sta nel fatto che
2753 generalmente questo viene usato per diminuire la priorità di un processo, come
2754 misura di cortesia nei confronti degli altri. I processi infatti vengono
2755 creati dal sistema con lo stesso valore di \var{nice} (nullo) e nessuno è
2756 privilegiato rispetto agli altri; il valore può essere modificato solo
2757 attraverso la funzione \funcd{nice}, il cui prototipo è:
2758 \begin{prototype}{unistd.h}
2760 Aumenta il valore di \var{nice} per il processo corrente.
2762 \bodydesc{La funzione ritorna zero in caso di successo e -1 in caso di
2763 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2765 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2766 specificato un valore di \param{inc} negativo.
2770 L'argomento \param{inc} indica l'incremento del valore di \var{nice}:
2771 quest'ultimo può assumere valori compresi fra \const{PRIO\_MIN} e
2772 \const{PRIO\_MAX} (che nel caso di Linux sono $-19$ e $20$), ma per
2773 \param{inc} si può specificare un valore qualunque, positivo o negativo, ed il
2774 sistema provvederà a troncare il risultato nell'intervallo consentito. Valori
2775 positivi comportano maggiore \textit{cortesia} e cioè una diminuzione della
2776 priorità, ogni utente può solo innalzare il valore di un suo processo. Solo
2777 l'amministratore può specificare valori negativi che permettono di aumentare
2778 la priorità di un processo.
2780 In SUSv2 la funzione ritorna il nuovo valore di \var{nice}; Linux non segue
2781 questa convenzione, e per leggere il nuovo valore occorre invece usare la
2782 funzione \funcd{getpriority}, derivata da BSD, il cui prototipo è:
2783 \begin{prototype}{sys/resource.h}
2784 {int getpriority(int which, int who)}
2786 Restituisce il valore di \var{nice} per l'insieme dei processi specificati.
2788 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
2789 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2791 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2792 \param{which} e \param{who}.
2793 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
2796 \noindent nelle vecchie versioni può essere necessario includere anche
2797 \file{<sys/time.h>}, questo non è più necessario con versioni recenti delle
2798 librerie, ma è comunque utile per portabilità.
2800 La funzione permette, a seconda del valore di \param{which}, di leggere la
2801 priorità di un processo, di un gruppo di processi (vedi
2802 sez.~\ref{sec:sess_proc_group}) o di un utente, specificando un corrispondente
2803 valore per \param{who} secondo la legenda di tab.~\ref{tab:proc_getpriority};
2804 un valore nullo di quest'ultimo indica il processo, il gruppo di processi o
2810 \begin{tabular}[c]{|c|c|l|}
2812 \param{which} & \param{who} & \textbf{Significato} \\
2815 \const{PRIO\_PROCESS} & \type{pid\_t} & processo \\
2816 \const{PRIO\_PRGR} & \type{pid\_t} & \itindex{process~group}
2817 \textit{process group} \\
2818 \const{PRIO\_USER} & \type{uid\_t} & utente \\
2821 \caption{Legenda del valore dell'argomento \param{which} e del tipo
2822 dell'argomento \param{who} delle funzioni \func{getpriority} e
2823 \func{setpriority} per le tre possibili scelte.}
2824 \label{tab:proc_getpriority}
2827 La funzione restituisce la priorità più alta (cioè il valore più basso) fra
2828 quelle dei processi specificati; dato che -1 è un valore possibile, per poter
2829 rilevare una condizione di errore è necessario cancellare sempre \var{errno}
2830 prima della chiamata alla funzione, per verificare che essa resti uguale a
2833 Analoga a \func{getpriority} la funzione \funcd{setpriority} permette di
2834 impostare la priorità di uno o più processi; il suo prototipo è:
2835 \begin{prototype}{sys/resource.h}
2836 {int setpriority(int which, int who, int prio)}
2837 Imposta la priorità per l'insieme dei processi specificati.
2839 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso di
2840 errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2842 \item[\errcode{ESRCH}] non c'è nessun processo che corrisponda ai valori di
2843 \param{which} e \param{who}.
2844 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{which} non è valido.
2845 \item[\errcode{EPERM}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2846 specificato un valore di \param{inc} negativo.
2847 \item[\errcode{EACCES}] un processo senza i privilegi di amministratore ha
2848 cercato di modificare la priorità di un processo di un altro utente.
2852 La funzione imposta la priorità al valore specificato da \param{prio} per
2853 tutti i processi indicati dagli argomenti \param{which} e \param{who}. La
2854 gestione dei permessi dipende dalle varie implementazioni; in Linux, secondo
2855 le specifiche dello standard SUSv3, e come avviene per tutti i sistemi che
2856 derivano da SysV, è richiesto che l'user-ID reale o effettivo del processo
2857 chiamante corrispondano al real user-ID (e solo quello) del processo di cui si
2858 vuole cambiare la priorità; per i sistemi derivati da BSD invece (SunOS,
2859 Ultrix, *BSD) la corrispondenza può essere anche con l'user-ID effettivo.
2863 \subsection{Il meccanismo di \textit{scheduling real-time}}
2864 \label{sec:proc_real_time}
2866 Come spiegato in sez.~\ref{sec:proc_sched} lo standard POSIX.1b ha introdotto
2867 le priorità assolute per permettere la gestione di processi real-time. In
2868 realtà nel caso di Linux non si tratta di un vero hard real-time, in quanto in
2869 presenza di eventuali interrupt il kernel interrompe l'esecuzione di un
2870 processo qualsiasi sia la sua priorità,\footnote{questo a meno che non si
2871 siano installate le patch di RTLinux, RTAI o Adeos, con i quali è possibile
2872 ottenere un sistema effettivamente hard real-time. In tal caso infatti gli
2873 interrupt vengono intercettati dall'interfaccia real-time (o nel caso di
2874 Adeos gestiti dalle code del nano-kernel), in modo da poterli controllare
2875 direttamente qualora ci sia la necessità di avere un processo con priorità
2876 più elevata di un \textit{interrupt handler}.} mentre con l'incorrere in un
2877 \itindex{page~fault} \textit{page fault} si possono avere ritardi non
2878 previsti. Se l'ultimo problema può essere aggirato attraverso l'uso delle
2879 funzioni di controllo della memoria virtuale (vedi
2880 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock}), il primo non è superabile e può comportare
2881 ritardi non prevedibili riguardo ai tempi di esecuzione di qualunque processo.
2883 Occorre usare le priorità assolute con molta attenzione: se si dà ad un
2884 processo una priorità assoluta e questo finisce in un loop infinito, nessun
2885 altro processo potrà essere eseguito, ed esso sarà mantenuto in esecuzione
2886 permanentemente assorbendo tutta la CPU e senza nessuna possibilità di
2887 riottenere l'accesso al sistema. Per questo motivo è sempre opportuno, quando
2888 si lavora con processi che usano priorità assolute, tenere attiva una shell
2889 cui si sia assegnata la massima priorità assoluta, in modo da poter essere
2890 comunque in grado di rientrare nel sistema.
2892 Quando c'è un processo con priorità assoluta lo scheduler lo metterà in
2893 esecuzione prima di ogni processo normale. In caso di più processi sarà
2894 eseguito per primo quello con priorità assoluta più alta. Quando ci sono più
2895 processi con la stessa priorità assoluta questi vengono tenuti in una coda e
2896 tocca al kernel decidere quale deve essere eseguito. Il meccanismo con cui
2897 vengono gestiti questi processi dipende dalla politica di scheduling che si è
2898 scelta; lo standard ne prevede due:
2899 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2900 \item[\textit{FIFO}] \textit{First In First Out}. Il processo viene eseguito
2901 fintanto che non cede volontariamente la CPU (con \func{sched\_yield}), si
2902 blocca, finisce o viene interrotto da un processo a priorità più alta. Se il
2903 processo viene interrotto da uno a priorità più alta esso resterà in cima
2904 alla lista e sarà il primo ad essere eseguito quando i processi a priorità
2905 più alta diverranno inattivi. Se invece lo si blocca volontariamente sarà
2906 posto in coda alla lista (ed altri processi con la stessa priorità potranno
2908 \item[\textit{RR}] \textit{Round Robin}. Il comportamento è del tutto analogo
2909 a quello precedente, con la sola differenza che ciascun processo viene
2910 eseguito al massimo per un certo periodo di tempo (la cosiddetta
2911 \textit{time slice}) dopo di che viene automaticamente posto in fondo alla
2912 coda dei processi con la stessa priorità. In questo modo si ha comunque una
2913 esecuzione a turno di tutti i processi, da cui il nome della politica. Solo
2914 i processi con la stessa priorità ed in stato \textit{runnable} entrano nel
2918 La funzione per impostare le politiche di scheduling (sia real-time che
2919 ordinarie) ed i relativi parametri è \funcd{sched\_setscheduler}; il suo
2921 \begin{prototype}{sched.h}
2922 {int sched\_setscheduler(pid\_t pid, int policy, const struct sched\_param *p)}
2923 Imposta priorità e politica di scheduling.
2925 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo e -1 in caso
2926 di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
2928 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
2929 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non esiste o il
2930 relativo valore di \param{p} non è valido.
2931 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi per attivare la
2936 La funzione esegue l'impostazione per il processo specificato dall'argomento
2937 \param{pid}; un valore nullo esegue l'impostazione per il processo corrente.
2938 La politica di scheduling è specificata dall'argomento \param{policy} i cui
2939 possibili valori sono riportati in tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}; un valore
2940 negativo per \param{policy} mantiene la politica di scheduling corrente.
2941 Solo un processo con i privilegi di amministratore può impostare priorità
2942 assolute diverse da zero o politiche \const{SCHED\_FIFO} e \const{SCHED\_RR}.
2947 \begin{tabular}[c]{|l|l|}
2949 \textbf{Policy} & \textbf{Significato} \\
2952 \const{SCHED\_FIFO} & Scheduling real-time con politica \textit{FIFO} \\
2953 \const{SCHED\_RR} & Scheduling real-time con politica \textit{Round
2955 \const{SCHED\_OTHER}& Scheduling ordinario\\
2958 \caption{Valori dell'argomento \param{policy} per la funzione
2959 \func{sched\_setscheduler}.}
2960 \label{tab:proc_sched_policy}
2963 Il valore della priorità è passato attraverso la struttura
2964 \struct{sched\_param} (riportata in fig.~\ref{fig:sig_sched_param}), il cui
2965 solo campo attualmente definito è \var{sched\_priority}, che nel caso delle
2966 priorità assolute deve essere specificato nell'intervallo fra un valore
2967 massimo ed uno minimo, che nel caso sono rispettivamente 1 e 99; il valore
2968 nullo è legale, ma indica i processi normali.
2970 \begin{figure}[!bht]
2971 \footnotesize \centering
2972 \begin{minipage}[c]{15cm}
2973 \includestruct{listati/sched_param.c}
2976 \caption{La struttura \structd{sched\_param}.}
2977 \label{fig:sig_sched_param}
2980 Si tenga presente che quando si imposta una politica di scheduling real-time
2981 per un processo (o se ne cambia la priorità con \func{sched\_setparam}) questo
2982 viene messo in cima alla lista dei processi con la stessa priorità; questo
2983 comporta che verrà eseguito subito, interrompendo eventuali altri processi con
2984 la stessa priorità in quel momento in esecuzione.
2986 Lo standard POSIX.1b prevede comunque che i due valori della massima e minima
2987 priorità statica possano essere ottenuti, per ciascuna delle politiche di
2988 scheduling \textit{real-time}, tramite le due funzioni
2989 \funcd{sched\_get\_priority\_max} e \funcd{sched\_get\_priority\_min}, i cui
2994 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_max(int policy)} Legge il valore
2995 massimo della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
2998 \funcdecl{int sched\_get\_priority\_min(int policy)} Legge il valore minimo
2999 della priorità statica per la politica di scheduling \param{policy}.
3001 \bodydesc{La funzioni ritornano il valore della priorità in caso di successo
3002 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3004 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{policy} non è valido.
3009 I processi con politica di scheduling \const{SCHED\_OTHER} devono specificare
3010 un valore nullo (altrimenti si avrà un errore \errcode{EINVAL}), questo valore
3011 infatti non ha niente a che vedere con la priorità dinamica determinata dal
3012 valore di \var{nice}, che deve essere impostato con le funzioni viste in
3015 Il kernel mantiene i processi con la stessa priorità assoluta in una lista, ed
3016 esegue sempre il primo della lista, mentre un nuovo processo che torna in
3017 stato \textit{runnable} viene sempre inserito in coda alla lista. Se la
3018 politica scelta è \const{SCHED\_FIFO} quando il processo viene eseguito viene
3019 automaticamente rimesso in coda alla lista, e la sua esecuzione continua
3020 fintanto che non viene bloccato da una richiesta di I/O, o non rilascia
3021 volontariamente la CPU (in tal caso, tornando nello stato \textit{runnable}
3022 sarà reinserito in coda alla lista); l'esecuzione viene ripresa subito solo
3023 nel caso che esso sia stato interrotto da un processo a priorità più alta.
3025 Se si intende operare solo sulla priorità assoluta di un processo si possono
3026 usare le funzioni \funcd{sched\_setparam} e \funcd{sched\_getparam}, i cui
3031 \funcdecl{int sched\_setparam(pid\_t pid, const struct sched\_param *p)}
3032 Imposta la priorità assoluta del processo \param{pid}.
3034 \funcdecl{int sched\_getparam(pid\_t pid, struct sched\_param *p)}
3035 Legge la priorità assoluta del processo \param{pid}.
3037 \bodydesc{La funzione ritorna la priorità in caso di successo
3038 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3040 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3041 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{p} non ha senso per la
3043 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3044 eseguire l'operazione.
3048 L'uso di \func{sched\_setparam} che è del tutto equivalente a
3049 \func{sched\_setscheduler} con \param{priority} uguale a -1. Come per
3050 \func{sched\_setscheduler} specificando 0 come valore di \param{pid} si opera
3051 sul processo corrente. La disponibilità di entrambe le funzioni può essere
3052 verificata controllando la macro \macro{\_POSIX\_PRIORITY\_SCHEDULING} che è
3053 definita nell'header \file{sched.h}.
3055 Si tenga presente che per eseguire la funzione il processo chiamante deve
3056 avere un user-ID effettivo uguale all'user-ID reale o a quello effettivo del
3057 processo di cui vuole cambiare la priorità, oppure deve avere i privilegi di
3058 amministratore (con la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}).
3060 La priorità assoluta può essere riletta indietro dalla funzione
3061 \funcd{sched\_getscheduler}, il cui prototipo è:
3062 \begin{prototype}{sched.h}
3063 {int sched\_getscheduler(pid\_t pid)}
3064 Legge la politica di scheduling per il processo \param{pid}.
3066 \bodydesc{La funzione ritorna la politica di scheduling in caso di successo
3067 e -1 in caso di errore, nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3069 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3070 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{pid} è negativo.
3074 La funzione restituisce il valore (secondo quanto elencato in
3075 tab.~\ref{tab:proc_sched_policy}) della politica di scheduling per il processo
3076 specificato; se \param{pid} è nullo viene restituito quello del processo
3079 L'ultima funzione che permette di leggere le informazioni relative ai processi
3080 real-time è \funcd{sched\_rr\_get\_interval}, che permette di ottenere la
3081 lunghezza della \textit{time slice} usata dalla politica \textit{round robin};
3083 \begin{prototype}{sched.h}
3084 {int sched\_rr\_get\_interval(pid\_t pid, struct timespec *tp)} Legge in
3085 \param{tp} la durata della \textit{time slice} per il processo \param{pid}.
3087 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3088 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3090 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3091 \item[\errcode{ENOSYS}] la system call non è stata implementata.
3095 La funzione restituisce il valore dell'intervallo di tempo usato per la
3096 politica \textit{round robin} in una struttura \struct{timespec}, (la cui
3097 definizione si può trovare in fig.~\ref{fig:sys_timeval_struct}). In realtà
3098 dato che in Linux questo intervallo di tempo è prefissato e non modificabile,
3099 questa funzione ritorna sempre un valore di 150 millisecondi, e non importa
3100 specificare il PID di un processo reale.
3103 Come accennato ogni processo che usa lo scheduling real-time può rilasciare
3104 volontariamente la CPU; questo viene fatto attraverso la funzione
3105 \funcd{sched\_yield}, il cui prototipo è:
3106 \begin{prototype}{sched.h}
3107 {int sched\_yield(void)}
3109 Rilascia volontariamente l'esecuzione.
3111 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3112 nel qual caso \var{errno} viene impostata opportunamente.}
3115 La funzione fa sì che il processo rilasci la CPU, in modo da essere rimesso in
3116 coda alla lista dei processi da eseguire, e permettere l'esecuzione di un
3117 altro processo; se però il processo è l'unico ad essere presente sulla coda
3118 l'esecuzione non sarà interrotta. In genere usano questa funzione i processi
3119 in modalità \textit{fifo}, per permettere l'esecuzione degli altri processi
3120 con pari priorità quando la sezione più urgente è finita.
3122 Infine con il supporto dei sistemi multiprocessore sono state introdotte delle
3123 funzioni che permettono di controllare in maniera più dettagliata la scelta di
3124 quale processore utilizzare per eseguire un certo programma. Uno dei problemi
3125 che si pongono nei sistemi multiprocessore è infatti quello
3126 \index{effetto~ping-pong} dell'\textsl{effetto ping-pong}. Può accadere cioè
3127 che lo scheduler, quando riavvia un processo precedentemente interrotto,
3128 scegliendo il primo processore disponibile lo faccia eseguire da un processore
3129 diverso rispetto a quello su cui era stato eseguito in precedenza. Se il
3130 processo passa da un processore all'altro in questo modo (cosa che avveniva
3131 abbastanza di frequente con i kernel della seria 2.4.x) si ha
3132 l'\textsl{effetto ping-pong}.
3134 Questo tipo di comportamento può generare dei seri problemi di prestazioni;
3135 infatti tutti i processori moderni utilizzano una memoria interna (la
3136 \textit{cache}) contenente i dati più usati, che permette di evitare di
3137 eseguire un accesso (molto più lento) alla memoria principale sulla scheda
3138 madre. Chiaramente un processo sarà favorito se i suoi dati sono nella cache
3139 del processore, ma è ovvio che questo può essere vero solo per un processore
3140 alla volta, perché in presenza di più copie degli stessi dati su più
3141 processori, non si potrebbe determinare quale di questi ha la versione dei
3142 dati aggiornata rispetto alla memoria principale.
3144 Questo comporta che quando un processore inserisce un dato nella sua cache,
3145 tutti gli altri processori che hanno lo stesso dato devono invalidarlo, e
3146 questa operazione è molto costosa in termini di prestazioni. Il problema
3147 diventa serio quando si verifica l'\textsl{effetto ping-pong}, in tal caso
3148 infatti un processo \textsl{rimbalza} continuamente da un processore all'altro
3149 e si ha una continua invalidazione della cache, che non diventa mai
3152 \itindbeg{CPU~affinity}
3154 Per ovviare a questo tipo di problemi è nato il concetto di \textsl{affinità
3155 di processore} (o \textit{CPU affinity}); la
3156 possibilità cioè di far sì che un processo possa essere assegnato per
3157 l'esecuzione sempre allo stesso processore. Lo scheduler dei kernel della
3158 serie 2.4.x aveva una scarsa \textit{CPU affinity}, e
3159 \index{effetto~ping-pong} l'effetto ping-pong era comune; con il nuovo
3160 scheduler dei kernel della 2.6.x questo problema è stato risolto ed esso cerca
3161 di mantenere il più possibile ciascun processo sullo stesso processore.
3163 In certi casi però resta l'esigenza di poter essere sicuri che un processo sia
3164 sempre eseguito dallo stesso processore,\footnote{quella che viene detta
3165 \textit{hard CPU affinity}, in contrasto con quella fornita dallo scheduler,
3166 detta \textit{soft CPU affinity}, che di norma indica solo una preferenza,
3167 non un requisito assoluto.} e per poter risolvere questo tipo di
3168 problematiche nei nuovi kernel\footnote{le due system call per la gestione
3169 della \textit{CPU affinity} sono state introdotte nel kernel 2.5.8, e le
3170 funzioni di libreria nelle \textsl{glibc} 2.3.} è stata introdotta
3171 l'opportuna infrastruttura ed una nuova system call che permette di impostare
3172 su quali processori far eseguire un determinato processo attraverso una
3173 \textsl{maschera di affinità}. La corrispondente funzione di libreria è
3174 \funcd{sched\_setaffinity} ed il suo prototipo\footnote{di questa funzione (e
3175 della corrispondente \func{sched\_setaffinity}) esistono versioni diverse
3176 per gli argomenti successivi a \param{pid}: la prima (quella riportata nella
3177 pagina di manuale) prevedeva due ulteriori argomenti di tipo
3178 \texttt{unsigned int len} e \texttt{unsigned long *mask}, poi l'argomento
3179 \texttt{len} è stato eliminato, successivamente si è introdotta la versione
3180 riportata con però un secondo argomento di tipo \texttt{size\_t cpusetsize}
3181 (anche questa citata nella pagina di manuale); la versione citata è quella
3182 riportata nel manuale delle \textsl{glibc} e corrispondente alla definizione
3183 presente in \file{sched.h}.} è:
3184 \begin{prototype}{sched.h}
3185 {int sched\_setaffinity (pid\_t pid, const cpu\_set\_t *cpuset)}
3186 Imposta la maschera di affinità del processo \param{pid}.
3188 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3189 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3191 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3192 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{cpuset} contiene riferimenti a
3193 processori non esistenti nel sistema.
3194 \item[\errcode{EPERM}] il processo non ha i privilegi sufficienti per
3195 eseguire l'operazione.
3197 ed inoltre anche \errval{EFAULT}.}
3200 La funzione imposta, con l'uso del valore contenuto all'indirizzo
3201 \param{cpuset}, l'insieme dei processori sui quali deve essere eseguito il
3202 processo identificato tramite il valore passato in \param{pid}. Come in
3203 precedenza il valore nullo di \param{pid} indica il processo corrente. Per
3204 poter utilizzare questa funzione sono richiesti i privilegi di amministratore
3205 (è necessaria la capacità \const{CAP\_SYS\_NICE}) altrimenti essa fallirà con
3206 un errore di \errcode{EPERM}. Una volta impostata una maschera di affinità,
3207 questa viene ereditata attraverso una \func{fork}, in questo modo diventa
3208 possibile legare automaticamente un gruppo di processi ad un singolo
3211 Nell'uso comune, almeno con i kernel della serie 2.6.x, l'uso di questa
3212 funzione non è necessario, in quanto è lo scheduler stesso che provvede a
3213 mantenere al meglio l'affinità di processore. Esistono però esigenze
3214 particolari, ad esempio quando un processo (o un gruppo di processi) è
3215 utilizzato per un compito importante (ad esempio per applicazioni real-time o
3216 la cui risposta è critica) e si vuole la massima velocità, con questa
3217 interfaccia diventa possibile selezionare gruppi di processori utilizzabili in
3218 maniera esclusiva. Lo stesso dicasi quando l'accesso a certe risorse (memoria
3219 o periferiche) può avere un costo diverso a seconda del processore (come
3220 avviene nelle architetture NUMA).
3222 Infine se un gruppo di processi accede alle stesse risorse condivise (ad
3223 esempio una applicazione con più thread) può avere senso usare lo stesso
3224 processore in modo da sfruttare meglio l'uso della sua cache; questo
3225 ovviamente riduce i benefici di un sistema multiprocessore nell'esecuzione
3226 contemporanea dei thread, ma in certi casi (quando i thread sono inerentemente
3227 serializzati nell'accesso ad una risorsa) possono esserci sufficienti vantaggi
3228 nell'evitare la perdita della cache da rendere conveniente l'uso dell'affinità
3231 Per facilitare l'uso dell'argomento \param{cpuset} le \acr{glibc} hanno
3232 introdotto un apposito dato di tipo, \ctyp{cpu\_set\_t},\footnote{questa è una
3233 estensione specifica delle \acr{glibc}, da attivare definendo la macro
3234 \macro{\_GNU\_SOURCE}, non esiste infatti una standardizzazione per
3235 questo tipo di interfaccia e POSIX al momento non prevede nulla al
3236 riguardo.} che permette di identificare un insieme di processori. Il dato è
3237 una maschera binaria: in generale è un intero a 32 bit in cui ogni bit
3238 corrisponde ad un processore, ma dato che per architetture particolari il
3239 numero di bit di un intero può non essere sufficiente, è stata creata questa
3240 che è una interfaccia generica che permette di usare a basso livello un tipo
3241 di dato qualunque rendendosi indipendenti dal numero di bit e dalla loro
3244 Questa interfaccia, oltre alla definizione del tipo di dato apposito, prevede
3245 anche una serie di macro di preprocessore per la manipolazione dello stesso,
3246 che consentono di svuotare un insieme, aggiungere o togliere un processore da
3247 esso o verificare se vi è già presente:
3250 \funcdecl{void \macro{CPU\_ZERO}(cpu\_set\_t *set)}
3251 Inizializza l'insieme (vuoto).
3253 \funcdecl{void \macro{CPU\_SET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3254 Inserisce il processore \param{cpu} nell'insieme.
3256 \funcdecl{void \macro{CPU\_CLR}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3257 Rimuove il processore \param{cpu} nell'insieme.
3259 \funcdecl{int \macro{CPU\_ISSET}(int cpu, cpu\_set\_t *set)}
3260 Controlla se il processore \param{cpu} è nell'insieme.
3263 Oltre a queste macro, simili alle analoghe usate per gli insiemi di file
3264 descriptor (vedi sez.~\ref{sec:file_select}) è definita la costante
3265 \const{CPU\_SETSIZE} che indica il numero massimo di processori che possono
3266 far parte dell'insieme, e che costituisce un limite massimo al valore
3267 dell'argomento \param{cpu}.
3269 In generale la maschera di affinità è preimpostata in modo che un processo
3270 possa essere eseguito su qualunque processore, se può comunque leggere il
3271 valore per un processo specifico usando la funzione
3272 \funcd{sched\_getaffinity}, il suo prototipo è:
3273 \begin{prototype}{sched.h}
3274 {int sched\_getaffinity (pid\_t pid, const cpu\_set\_t *cpuset)}
3275 Legge la maschera di affinità del processo \param{pid}.
3277 \bodydesc{La funzione ritorna 0 in caso di successo e -1 in caso di errore,
3278 nel qual caso \var{errno} può assumere i valori:
3280 \item[\errcode{ESRCH}] il processo \param{pid} non esiste.
3281 \item[\errcode{EFAULT}] il valore di \param{cpuset} non è un indirizzo
3286 La funzione restituirà all'indirizzo specificato da \param{cpuset} il valore
3287 della maschera di affinità del processo, così da poterla riutilizzare per una
3288 successiva reimpostazione. In questo caso non sono necessari privilegi
3291 È chiaro che queste funzioni per la gestione dell'affinità hanno significato
3292 soltanto su un sistema multiprocessore, esse possono comunque essere
3293 utilizzate anche in un sistema con un processore singolo, nel qual caso però
3294 non avranno alcun risultato effettivo.
3296 \itindend{scheduler}
3297 \itindend{CPU~affinity}
3301 \section{Problematiche di programmazione multitasking}
3302 \label{sec:proc_multi_prog}
3304 Benché i processi siano strutturati in modo da apparire il più possibile come
3305 indipendenti l'uno dall'altro, nella programmazione in un sistema multitasking
3306 occorre tenere conto di una serie di problematiche che normalmente non
3307 esistono quando si ha a che fare con un sistema in cui viene eseguito un solo
3308 programma alla volta.
3310 Pur essendo questo argomento di carattere generale, ci è parso opportuno
3311 introdurre sinteticamente queste problematiche, che ritroveremo a più riprese
3312 in capitoli successivi, in questa sezione conclusiva del capitolo in cui
3313 abbiamo affrontato la gestione dei processi.
3316 \subsection{Le operazioni atomiche}
3317 \label{sec:proc_atom_oper}
3319 La nozione di \textsl{operazione atomica} deriva dal significato greco della
3320 parola atomo, cioè indivisibile; si dice infatti che un'operazione è atomica
3321 quando si ha la certezza che, qualora essa venga effettuata, tutti i passaggi
3322 che devono essere compiuti per realizzarla verranno eseguiti senza possibilità
3323 di interruzione in una fase intermedia.
3325 In un ambiente multitasking il concetto è essenziale, dato che un processo può
3326 essere interrotto in qualunque momento dal kernel che mette in esecuzione un
3327 altro processo o dalla ricezione di un segnale; occorre pertanto essere
3328 accorti nei confronti delle possibili \itindex{race~condition} \textit{race
3329 condition} (vedi sez.~\ref{sec:proc_race_cond}) derivanti da operazioni
3330 interrotte in una fase in cui non erano ancora state completate.
3332 Nel caso dell'interazione fra processi la situazione è molto più semplice, ed
3333 occorre preoccuparsi della atomicità delle operazioni solo quando si ha a che
3334 fare con meccanismi di intercomunicazione (che esamineremo in dettaglio in
3335 cap.~\ref{cha:IPC}) o nelle operazioni con i file (vedremo alcuni esempi in
3336 sez.~\ref{sec:file_atomic}). In questi casi in genere l'uso delle appropriate
3337 funzioni di libreria per compiere le operazioni necessarie è garanzia
3338 sufficiente di atomicità in quanto le system call con cui esse sono realizzate
3339 non possono essere interrotte (o subire interferenze pericolose) da altri
3342 Nel caso dei segnali invece la situazione è molto più delicata, in quanto lo
3343 stesso processo, e pure alcune system call, possono essere interrotti in
3344 qualunque momento, e le operazioni di un eventuale \textit{signal handler}
3345 sono compiute nello stesso spazio di indirizzi del processo. Per questo, anche
3346 il solo accesso o l'assegnazione di una variabile possono non essere più
3347 operazioni atomiche (torneremo su questi aspetti in
3348 sez.~\ref{sec:sig_control}).
3350 In questo caso il sistema provvede un tipo di dato, il \type{sig\_atomic\_t},
3351 il cui accesso è assicurato essere atomico. In pratica comunque si può
3352 assumere che, in ogni piattaforma su cui è implementato Linux, il tipo
3353 \ctyp{int}, gli altri interi di dimensione inferiore ed i puntatori sono
3354 atomici. Non è affatto detto che lo stesso valga per interi di dimensioni
3355 maggiori (in cui l'accesso può comportare più istruzioni in assembler) o per
3356 le strutture. In tutti questi casi è anche opportuno marcare come
3357 \direct{volatile} le variabili che possono essere interessate ad accesso
3358 condiviso, onde evitare problemi con le ottimizzazioni del codice.
3362 \subsection{Le \textit{race condition} ed i \textit{deadlock}}
3363 \label{sec:proc_race_cond}
3365 \itindbeg{race~condition}
3366 Si definiscono \textit{race condition} tutte quelle situazioni in cui processi
3367 diversi operano su una risorsa comune, ed in cui il risultato viene a
3368 dipendere dall'ordine in cui essi effettuano le loro operazioni. Il caso
3369 tipico è quello di un'operazione che viene eseguita da un processo in più
3370 passi, e può essere compromessa dall'intervento di un altro processo che
3371 accede alla stessa risorsa quando ancora non tutti i passi sono stati
3374 Dato che in un sistema multitasking ogni processo può essere interrotto in
3375 qualunque momento per farne subentrare un altro in esecuzione, niente può
3376 assicurare un preciso ordine di esecuzione fra processi diversi o che una
3377 sezione di un programma possa essere eseguita senza interruzioni da parte di
3378 altri. Queste situazioni comportano pertanto errori estremamente subdoli e
3379 difficili da tracciare, in quanto nella maggior parte dei casi tutto
3380 funzionerà regolarmente, e solo occasionalmente si avranno degli errori.
3382 Per questo occorre essere ben consapevoli di queste problematiche, e del fatto
3383 che l'unico modo per evitarle è quello di riconoscerle come tali e prendere
3384 gli adeguati provvedimenti per far sì che non si verifichino. Casi tipici di
3385 \textit{race condition} si hanno quando diversi processi accedono allo stesso
3386 file, o nell'accesso a meccanismi di intercomunicazione come la memoria
3387 condivisa. In questi casi, se non si dispone della possibilità di eseguire
3388 atomicamente le operazioni necessarie, occorre che quelle parti di codice in
3389 cui si compiono le operazioni sulle risorse condivise (le cosiddette
3390 \index{sezione~critica} \textsl{sezioni critiche}) del programma, siano
3391 opportunamente protette da meccanismi di sincronizzazione (torneremo su queste
3392 problematiche di questo tipo in cap.~\ref{cha:IPC}).
3395 Un caso particolare di \textit{race condition} sono poi i cosiddetti
3396 \textit{deadlock}, particolarmente gravi in quanto comportano spesso il blocco
3397 completo di un servizio, e non il fallimento di una singola operazione. Per
3398 definizione un \textit{deadlock} è una situazione in cui due o più processi
3399 non sono più in grado di proseguire perché ciascuno aspetta il risultato di
3400 una operazione che dovrebbe essere eseguita dall'altro.
3403 L'esempio tipico di una situazione che può condurre ad un
3404 \textit{deadlock} è quello in cui un flag di
3405 ``\textsl{occupazione}'' viene rilasciato da un evento asincrono (come un
3406 segnale o un altro processo) fra il momento in cui lo si è controllato
3407 (trovandolo occupato) e la successiva operazione di attesa per lo sblocco. In
3408 questo caso, dato che l'evento di sblocco del flag è avvenuto senza che ce ne
3409 accorgessimo proprio fra il controllo e la messa in attesa, quest'ultima
3410 diventerà perpetua (da cui il nome di \textit{deadlock}).
3412 In tutti questi casi è di fondamentale importanza il concetto di atomicità
3413 visto in sez.~\ref{sec:proc_atom_oper}; questi problemi infatti possono essere
3414 risolti soltanto assicurandosi, quando essa sia richiesta, che sia possibile
3415 eseguire in maniera atomica le operazioni necessarie.
3416 \itindend{race~condition}
3420 \subsection{Le funzioni rientranti}
3421 \label{sec:proc_reentrant}
3423 Si dice \textsl{rientrante} una funzione che può essere interrotta in
3424 qualunque punto della sua esecuzione ed essere chiamata una seconda volta da
3425 un altro thread di esecuzione senza che questo comporti nessun problema
3426 nell'esecuzione della stessa. La problematica è comune nella programmazione
3427 multi-thread, ma si hanno gli stessi problemi quando si vogliono chiamare
3428 delle funzioni all'interno dei gestori dei segnali.
3430 Fintanto che una funzione opera soltanto con le variabili locali è rientrante;
3431 queste infatti vengono allocate nello \itindex{stack} stack, ed un'altra
3432 invocazione non fa altro che allocarne un'altra copia. Una funzione può non
3433 essere rientrante quando opera su memoria che non è nello \itindex{stack}
3434 stack. Ad esempio una funzione non è mai rientrante se usa una variabile
3437 Nel caso invece la funzione operi su un oggetto allocato dinamicamente, la
3438 cosa viene a dipendere da come avvengono le operazioni: se l'oggetto è creato
3439 ogni volta e ritornato indietro la funzione può essere rientrante, se invece
3440 esso viene individuato dalla funzione stessa due chiamate alla stessa funzione
3441 potranno interferire quando entrambe faranno riferimento allo stesso oggetto.
3442 Allo stesso modo una funzione può non essere rientrante se usa e modifica un
3443 oggetto che le viene fornito dal chiamante: due chiamate possono interferire
3444 se viene passato lo stesso oggetto; in tutti questi casi occorre molta cura da
3445 parte del programmatore.
3447 In genere le funzioni di libreria non sono rientranti, molte di esse ad
3448 esempio utilizzano variabili statiche, le \acr{glibc} però mettono a
3449 disposizione due macro di compilatore, \macro{\_REENTRANT} e
3450 \macro{\_THREAD\_SAFE}, la cui definizione attiva le versioni rientranti di
3451 varie funzioni di libreria, che sono identificate aggiungendo il suffisso
3452 \code{\_r} al nome della versione normale.
3454 % LocalWords: multitasking like VMS child process identifier pid sez shell fig
3455 % LocalWords: parent kernel init pstree keventd kswapd table struct linux call
3456 % LocalWords: nell'header scheduler system interrupt timer HZ asm Hertz clock
3457 % LocalWords: l'alpha tick fork wait waitpid exit exec image glibc int pgid ps
3458 % LocalWords: sid threads thread Ingo Molnar ppid getpid getppid sys unistd LD
3459 % LocalWords: void ForkTest tempnam pathname sibling cap errno EAGAIN ENOMEM
3460 % LocalWords: stack read only copy write tab client spawn forktest sleep PATH
3461 % LocalWords: source LIBRARY scheduling race condition printf descriptor dup
3462 % LocalWords: close group session tms lock vfork execve BSD stream main abort
3463 % LocalWords: SIGABRT SIGCHLD SIGHUP foreground SIGCONT termination signal ANY
3464 % LocalWords: handler kill EINTR POSIX options WNOHANG ECHILD option WUNTRACED
3465 % LocalWords: dump bits rusage getrusage heap const filename argv envp EACCES
3466 % LocalWords: filesystem noexec EPERM suid sgid root nosuid ENOEXEC ENOENT ELF
3467 % LocalWords: ETXTBSY EINVAL ELIBBAD BIG EFAULT EIO ENAMETOOLONG ELOOP ENOTDIR
3468 % LocalWords: ENFILE EMFILE argc execl path execv execle execlp execvp vector
3469 % LocalWords: list environ NULL umask pending utime cutime ustime fcntl linker
3470 % LocalWords: opendir libc interpreter FreeBSD capabilities Mandatory Access
3471 % LocalWords: Control MAC SELinux Security Modules LSM superuser uid gid saved
3472 % LocalWords: effective euid egid dell' fsuid fsgid getuid geteuid getgid SVr
3473 % LocalWords: getegid IDS NFS setuid setgid all' logout utmp screen xterm TODO
3474 % LocalWords: setreuid setregid FIXME ruid rgid seteuid setegid setresuid size
3475 % LocalWords: setresgid getresuid getresgid value result argument setfsuid DAC
3476 % LocalWords: setfsgid NGROUPS sysconf getgroups getgrouplist groups ngroups
3477 % LocalWords: setgroups initgroups patch LIDS CHOWN OVERRIDE Discrectionary PF
3478 % LocalWords: SEARCH chattr sticky NOATIME socket domain immutable append mmap
3479 % LocalWords: broadcast multicast multicasting memory locking mlock mlockall
3480 % LocalWords: shmctl ioperm iopl chroot ptrace accounting swap reboot hangup
3481 % LocalWords: vhangup mknod lease permitted inherited inheritable bounding AND
3482 % LocalWords: capability capget capset header ESRCH undef version obj clear PT
3483 % LocalWords: pag ssize length proc capgetp prehemptive cache runnable Stopped
3484 % LocalWords: Uninterrutible SIGSTOP soft slice nice niceness counter which SC
3485 % LocalWords: getpriority who setpriority RTLinux RTAI Adeos fault FIFO First
3486 % LocalWords: yield Robin setscheduler policy param OTHER priority setparam to
3487 % LocalWords: min getparam getscheduler interval robin ENOSYS fifo ping long
3488 % LocalWords: affinity setaffinity unsigned mask cpu NUMA CLR ISSET SETSIZE RR
3489 % LocalWords: getaffinity assembler deadlock REENTRANT SAFE tgz MYPGRP l'OR rr
3490 % LocalWords: WIFEXITED WEXITSTATUS WIFSIGNALED WTERMSIG WCOREDUMP WIFSTOPPED
3491 % LocalWords: WSTOPSIG opt char INTERP arg SIG IGN DFL mascheck grp FOWNER RAW
3492 % LocalWords: FSETID SETPCAP BIND SERVICE ADMIN PACKET IPC OWNER MODULE RAWIO
3493 % LocalWords: PACCT RESOURCE TTY CONFIG SETFCAP hdrp datap libcap lcap text tp
3494 % LocalWords: get ncap caps CapInh CapPrm fffffeff CapEff getcap STAT dall'I
3495 % LocalWords: inc PRIO SUSv PRGR prio SysV SunOS Ultrix sched timespec len sig
3496 % LocalWords: cpusetsize cpuset atomic
3498 %%% Local Variables:
3500 %%% TeX-master: "gapil"