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12 \chapter{L'intercomunicazione fra processi}
16 Uno degli aspetti fondamentali della programmazione in un sistema unix-like è
17 la comunicazione fra processi. In questo capitolo affronteremo solo i
18 meccanismi più elementari che permettono di mettere in comunicazione processi
19 diversi, come quelli tradizionali che coinvolgono \textit{pipe} e
20 \textit{fifo} e i meccanismi di intercomunicazione di System V e quelli POSIX.
22 Tralasceremo invece tutte le problematiche relative alla comunicazione
23 attraverso la rete (e le relative interfacce) che saranno affrontate in
24 dettaglio in un secondo tempo. Non affronteremo neanche meccanismi più
25 complessi ed evoluti come le RPC (\textit{Remote Procedure Calls}) che in
26 genere sono implementati da un ulteriore livello di librerie sopra i
27 meccanismi elementari.
30 \section{L'intercomunicazione fra processi tradizionale}
33 Il primo meccanismo di comunicazione fra processi introdotto nei sistemi Unix,
34 è quello delle cosiddette \textit{pipe}; esse costituiscono una delle
35 caratteristiche peculiari del sistema, in particolar modo dell'interfaccia a
36 linea di comando. In questa sezione descriveremo le sue basi, le funzioni che
37 ne gestiscono l'uso e le varie forme in cui si è evoluto.
40 \subsection{Le \textit{pipe} standard}
43 Le \textit{pipe} nascono sostanzialmente con Unix, e sono il primo, e tuttora
44 uno dei più usati, meccanismi di comunicazione fra processi. Si tratta in
45 sostanza di una coppia di file descriptor connessi fra di loro in modo che
46 quanto scrive su di uno si può rileggere dall'altro. Si viene così a
47 costituire un canale di comunicazione realizzato tramite i due file
48 descriptor, che costituisce appunto una sorta di \textsl{tubo} (che appunto il
49 significato del termine inglese \textit{pipe}) attraverso cui si possono far
52 In pratica si tratta di un buffer circolare in memoria in cui il kernel
53 appoggia i dati immessi nel file descriptor su cui si scrive per farli poi
54 riemergere dal file descriptor da cui si legge. Si tenga ben presente che in
55 questo passaggio di dati non è previsto nessun tipo di accesso al disco e che
56 nonostante l'uso dei file descriptor le \textit{pipe} non han nulla a che fare
57 con i file di dati di cui si è parlato al cap.~\ref{cha:file_IO_interface}.
59 La funzione di sistema che permette di creare questa speciale coppia di file
60 descriptor associati ad una \textit{pipe} è appunto \funcd{pipe}, ed il suo
65 \fdecl{int pipe(int filedes[2])}
66 \fdesc{Crea la coppia di file descriptor di una \textit{pipe}.}
69 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
70 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
72 \item[\errcode{EFAULT}] \param{filedes} non è un indirizzo valido.
74 ed inoltre \errval{EMFILE} e \errval{ENFILE} nel loro significato generico.}
77 La funzione restituisce la coppia di file descriptor nel vettore
78 \param{filedes}, il primo è aperto in lettura ed il secondo in scrittura. Come
79 accennato concetto di funzionamento di una \textit{pipe} è semplice: quello
80 che si scrive nel file descriptor aperto in scrittura viene ripresentato tale
81 e quale nel file descriptor aperto in lettura.
83 I file descriptor infatti non sono connessi a nessun file reale, ma, come
84 accennato, ad un buffer nel kernel la cui dimensione è specificata dal
85 parametro di sistema \const{PIPE\_BUF}, (vedi
86 sez.~\ref{sec:sys_file_limits}). Lo schema di funzionamento di una
87 \textit{pipe} è illustrato in fig.~\ref{fig:ipc_pipe_singular}, in cui sono
88 indicati i due capi della \textit{pipe}, associati a ciascun file descriptor,
89 con le frecce che indicano la direzione del flusso dei dati.
93 \includegraphics[height=5cm]{img/pipe}
94 \caption{Schema della struttura di una \textit{pipe}.}
95 \label{fig:ipc_pipe_singular}
98 Della funzione di sistema esiste una seconda versione, \funcd{pipe2},
99 introdotta con il kernel 2.6.27 e le \acr{glibc} 2.9 e specifica di Linux
100 (utilizzabile solo definendo la macro \macro{\_GNU\_SOURCE}), che consente di
101 impostare atomicamente le caratteristiche dei file descriptor restituiti, il
107 \fdecl{int pipe2(int pipefd[2], int flags)}
108 \fdesc{Crea la coppia di file descriptor di una \textit{pipe}.}
111 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
112 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
114 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{flags} non valido.
116 e gli altri già visti per \func{pipe} con lo stesso significato.}
119 Utilizzando un valore nullo per \param{flags} la funzione è identica a
120 \func{pipe}, si può però passare come valore l'OR aritmetico di uno qualunque
121 fra \const{O\_NONBLOCK} o \const{O\_CLOEXEC} che hanno l'effetto di impostare
122 su entrambi i file descriptor restituiti dalla funzione i relativi flag, già
123 descritti per \func{open} in tab.~\ref{tab:open_operation_flag}, che attivano
124 rispettivamente la modalità di accesso \textsl{non-bloccante} ed il
125 \textit{close-on-exec} \itindex{close-on-exec}.
127 Chiaramente creare una \textit{pipe} all'interno di un singolo processo non
128 serve a niente; se però ricordiamo quanto esposto in
129 sez.~\ref{sec:file_shared_access} riguardo al comportamento dei file
130 descriptor nei processi figli, è immediato capire come una \textit{pipe} possa
131 diventare un meccanismo di intercomunicazione. Un processo figlio infatti
132 condivide gli stessi file descriptor del padre, compresi quelli associati ad
133 una \textit{pipe} (secondo la situazione illustrata in
134 fig.~\ref{fig:ipc_pipe_fork}). In questo modo se uno dei processi scrive su un
135 capo della \textit{pipe}, l'altro può leggere.
139 \includegraphics[height=5cm]{img/pipefork}
140 \caption{Schema dei collegamenti ad una \textit{pipe}, condivisi fra
141 processo padre e figlio dopo l'esecuzione \func{fork}.}
142 \label{fig:ipc_pipe_fork}
145 Tutto ciò ci mostra come sia immediato realizzare un meccanismo di
146 comunicazione fra processi attraverso una \textit{pipe}, utilizzando le
147 proprietà ordinarie dei file, ma ci mostra anche qual è il principale limite
148 nell'uso delle \textit{pipe}.\footnote{Stevens in \cite{APUE} riporta come
149 limite anche il fatto che la comunicazione è unidirezionale, ma in realtà
150 questo è un limite superabile usando una coppia di \textit{pipe}, anche se
151 al costo di una maggiore complessità di gestione.} È necessario infatti che
152 i processi possano condividere i file descriptor della \textit{pipe}, e per
153 questo essi devono comunque essere \textsl{parenti} (dall'inglese
154 \textit{siblings}), cioè o derivare da uno stesso processo padre in cui è
155 avvenuta la creazione della \textit{pipe}, o, più comunemente, essere nella
156 relazione padre/figlio.
158 A differenza di quanto avviene con i file normali, la lettura da una
159 \textit{pipe} può essere bloccante (qualora non siano presenti dati), inoltre
160 se si legge da una \textit{pipe} il cui capo in scrittura è stato chiuso, si
161 avrà la ricezione di un EOF (vale a dire che la funzione \func{read} ritornerà
162 restituendo 0). Se invece si esegue una scrittura su una \textit{pipe} il cui
163 capo in lettura non è aperto il processo riceverà il segnale \signal{SIGPIPE},
164 e la funzione di scrittura restituirà un errore di \errcode{EPIPE} (al ritorno
165 del gestore, o qualora il segnale sia ignorato o bloccato).
167 La dimensione del buffer della \textit{pipe} (\const{PIPE\_BUF}) ci dà inoltre
168 un'altra importante informazione riguardo il comportamento delle operazioni di
169 lettura e scrittura su di una \textit{pipe}; esse infatti sono atomiche
170 fintanto che la quantità di dati da scrivere non supera questa
171 dimensione. Qualora ad esempio si effettui una scrittura di una quantità di
172 dati superiore l'operazione verrà effettuata in più riprese, consentendo
173 l'intromissione di scritture effettuate da altri processi.
175 La dimensione originale del buffer era di 4096 byte (uguale ad una pagina di
176 memoria) fino al kernel 2.6.11, ed è stata portata in seguito a 64kb; ma a
177 partire dal kernel 2.6.35 è stata resa disponibile l'operazione di controllo
178 \const{F\_SETPIPE\_SZ} (vedi sez.~\ref{sec:ipc_pipes}) che consente di
179 modificarne la dimensione.
183 \subsection{Un esempio dell'uso delle \textit{pipe}}
184 \label{sec:ipc_pipe_use}
186 Per capire meglio il funzionamento delle \textit{pipe} faremo un esempio di
187 quello che è il loro uso più comune, analogo a quello effettuato della shell,
188 e che consiste nell'inviare l'output di un processo (lo standard output)
189 sull'input di un altro. Realizzeremo il programma di esempio nella forma di un
190 \textit{CGI}\footnote{quella dei CGI (\textit{Common Gateway Interface}) è una
191 interfaccia che consente ad un server web di eseguire un programma il cui
192 output (che deve essere opportunamente formattato seguendo le specifiche
193 dell'interfaccia) può essere presentato come risposta ad una richiesta HTTP
194 al posto del contenuto di un file, e che ha costituito probabilmente la
195 prima modalità con cui sono state create pagine HTML dinamiche.} che genera
196 una immagine JPEG di un codice a barre, specificato come argomento in
199 Un programma che deve essere eseguito come \textit{CGI} deve rispondere a
200 delle caratteristiche specifiche, esso infatti non viene lanciato da una
201 shell, ma dallo stesso web server, alla richiesta di una specifica URL, che di
204 http://www.sito.it/cgi-bin/programma?argomento
206 ed il risultato dell'elaborazione deve essere presentato (con una intestazione
207 che ne descrive il \textit{mime-type}) sullo \textit{standard output}, in modo
208 che il server web possa reinviarlo al browser che ha effettuato la richiesta,
209 che in questo modo è in grado di visualizzarlo opportunamente.
213 \includegraphics[height=5cm]{img/pipeuse}
214 \caption{Schema dell'uso di una \textit{pipe} come mezzo di comunicazione fra
215 due processi attraverso l'esecuzione una \func{fork} e la chiusura dei
216 capi non utilizzati.}
217 \label{fig:ipc_pipe_use}
220 Per realizzare quanto voluto useremo in sequenza i programmi \cmd{barcode} e
221 \cmd{gs}, il primo infatti è in grado di generare immagini PostScript di
222 codici a barre corrispondenti ad una qualunque stringa, mentre il secondo
223 serve per poter effettuare la conversione della stessa immagine in formato
224 JPEG. Usando una \textit{pipe} potremo inviare l'output del primo sull'input del
225 secondo, secondo lo schema mostrato in fig.~\ref{fig:ipc_pipe_use}, in cui la
226 direzione del flusso dei dati è data dalle frecce continue.
228 Si potrebbe obiettare che sarebbe molto più semplice salvare il risultato
229 intermedio su un file temporaneo. Questo però non tiene conto del fatto che un
230 \textit{CGI} può essere eseguito più volte in contemporanea, e si avrebbe una
231 evidente \itindex{race~condition} \textit{race condition} in caso di accesso
232 simultaneo a detto file da istanze diverse. Il problema potrebbe essere
233 superato utilizzando un sempre diverso per il file temporaneo, che verrebbe
234 creato all'avvio di ogni istanza, utilizzato dai sottoprocessi, e cancellato
235 alla fine della sua esecuzione; ma a questo punto le cose non sarebbero più
236 tanto semplici. L'uso di una \textit{pipe} invece permette di risolvere il
237 problema in maniera semplice ed elegante, oltre ad essere molto più
238 efficiente, dato che non si deve scrivere su disco.
240 Il programma ci servirà anche come esempio dell'uso delle funzioni di
241 duplicazione dei file descriptor che abbiamo trattato in
242 sez.~\ref{sec:file_dup}, in particolare di \func{dup2}. È attraverso queste
243 funzioni infatti che è possibile dirottare gli stream standard dei processi
244 (che abbiamo visto in tab.~\ref{tab:file_std_files} e
245 sez.~\ref{sec:file_stream}) sulla \textit{pipe}. In
246 fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code} abbiamo riportato il corpo del programma,
247 il cui codice completo è disponibile nel file \file{BarCodePage.c} che si
248 trova nella directory dei sorgenti.
251 \footnotesize \centering
252 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
253 \includecodesample{listati/BarCodePage.c}
256 \caption{Sezione principale del codice del \textit{CGI}
257 \file{BarCodePage.c}.}
258 \label{fig:ipc_barcodepage_code}
261 La prima operazione del programma (\texttt{\small 4-12}) è quella di creare
262 le due \textit{pipe} che serviranno per la comunicazione fra i due comandi
263 utilizzati per produrre il codice a barre; si ha cura di controllare la
264 riuscita della chiamata, inviando in caso di errore un messaggio invece
265 dell'immagine richiesta. La funzione \func{WriteMess} non è riportata in
266 fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code}; essa si incarica semplicemente di
267 formattare l'uscita alla maniera dei CGI, aggiungendo l'opportuno
268 \textit{mime-type}, e formattando il messaggio in HTML, in modo che
269 quest'ultimo possa essere visualizzato correttamente da un browser.
271 Una volta create le \textit{pipe}, il programma può creare (\texttt{\small
272 13-17}) il primo processo figlio, che si incaricherà (\texttt{\small
273 19-25}) di eseguire \cmd{barcode}. Quest'ultimo legge dallo standard input
274 una stringa di caratteri, la converte nell'immagine PostScript del codice a
275 barre ad essa corrispondente, e poi scrive il risultato direttamente sullo
278 Per poter utilizzare queste caratteristiche prima di eseguire \cmd{barcode} si
279 chiude (\texttt{\small 20}) il capo aperto in scrittura della prima
280 \textit{pipe}, e se ne collega (\texttt{\small 21}) il capo in lettura allo
281 \textit{standard input} usando \func{dup2}. Si ricordi che invocando
282 \func{dup2} il secondo file, qualora risulti aperto, viene, come nel caso
283 corrente, chiuso prima di effettuare la duplicazione. Allo stesso modo, dato
284 che \cmd{barcode} scrive l'immagine PostScript del codice a barre sullo
285 standard output, per poter effettuare una ulteriore redirezione il capo in
286 lettura della seconda \textit{pipe} viene chiuso (\texttt{\small 22}) mentre
287 il capo in scrittura viene collegato allo standard output (\texttt{\small
290 In questo modo all'esecuzione (\texttt{\small 25}) di \cmd{barcode} (cui si
291 passa in \var{size} la dimensione della pagina per l'immagine) quest'ultimo
292 leggerà dalla prima \textit{pipe} la stringa da codificare che gli sarà
293 inviata dal padre, e scriverà l'immagine PostScript del codice a barre sulla
296 Al contempo una volta lanciato il primo figlio, il processo padre prima chiude
297 (\texttt{\small 26}) il capo inutilizzato della prima \textit{pipe} (quello in
298 ingresso) e poi scrive (\texttt{\small 27}) la stringa da convertire sul capo
299 in uscita, così che \cmd{barcode} possa riceverla dallo \textit{standard
300 input}. A questo punto l'uso della prima \textit{pipe} da parte del padre è
301 finito ed essa può essere definitivamente chiusa (\texttt{\small 28}), si
302 attende poi (\texttt{\small 29}) che l'esecuzione di \cmd{barcode} sia
305 Alla conclusione della sua esecuzione \cmd{barcode} avrà inviato l'immagine
306 PostScript del codice a barre sul capo in scrittura della seconda
307 \textit{pipe}; a questo punto si può eseguire la seconda conversione, da PS a
308 JPEG, usando il programma \cmd{gs}. Per questo si crea (\texttt{\small
309 30-34}) un secondo processo figlio, che poi (\texttt{\small 35-42})
310 eseguirà questo programma leggendo l'immagine PostScript creata da
311 \cmd{barcode} dallo \textit{standard input}, per convertirla in JPEG.
313 Per fare tutto ciò anzitutto si chiude (\texttt{\small 37}) il capo in
314 scrittura della seconda \textit{pipe}, e se ne collega (\texttt{\small 38}) il
315 capo in lettura allo \textit{standard input}. Per poter formattare l'output
316 del programma in maniera utilizzabile da un browser, si provvede anche
317 \texttt{\small 40}) alla scrittura dell'apposita stringa di identificazione
318 del \textit{mime-type} in testa allo \textit{standard output}. A questo punto
319 si può invocare \texttt{\small 41}) \cmd{gs}, provvedendo le opportune opzioni
320 del comando che consentono di leggere il file da convertire dallo
321 \textit{standard input} e di inviare la conversione sullo \textit{standard
324 Per completare le operazioni il processo padre chiude (\texttt{\small 44}) il
325 capo in scrittura della seconda \textit{pipe}, e attende la conclusione del
326 figlio (\texttt{\small 45}); a questo punto può (\texttt{\small 46})
327 uscire. Si tenga conto che l'operazione di chiudere il capo in scrittura della
328 seconda \textit{pipe} è necessaria, infatti, se non venisse chiusa, \cmd{gs},
329 che legge il suo \textit{standard input} da detta \textit{pipe}, resterebbe
330 bloccato in attesa di ulteriori dati in ingresso (l'unico modo che un
331 programma ha per sapere che i dati in ingresso sono terminati è rilevare che
332 lo \textit{standard input} è stato chiuso), e la \func{wait} non ritornerebbe.
335 \subsection{Le funzioni \func{popen} e \func{pclose}}
336 \label{sec:ipc_popen}
338 Come si è visto la modalità più comune di utilizzo di una \textit{pipe} è
339 quella di utilizzarla per fare da tramite fra output ed input di due programmi
340 invocati in sequenza; per questo motivo lo standard POSIX.2 ha introdotto due
341 funzioni che permettono di sintetizzare queste operazioni. La prima di esse si
342 chiama \funcd{popen} ed il suo prototipo è:
347 \fdecl{FILE *popen(const char *command, const char *type)}
348 \fdesc{Esegue un programma dirottando l'uscita su una \textit{pipe}.}
351 {La funzione ritorna l'indirizzo dello stream associato alla \textit{pipe} in
352 caso di successo e \val{NULL} per un errore, nel qual caso \var{errno} potrà
353 assumere i valori relativi alle sottostanti invocazioni di \func{pipe} e
354 \func{fork} o \errcode{EINVAL} se \param{type} non è valido.}
357 La funzione crea una \textit{pipe}, esegue una \func{fork} creando un nuovo
358 processo nel quale invoca il programma \param{command} attraverso la shell (in
359 sostanza esegue \file{/bin/sh} con il flag \code{-c}).
360 L'argomento \param{type} deve essere una delle due stringhe \verb|"w"| o
361 \verb|"r"|, per richiedere che la \textit{pipe} restituita come valore di
362 ritorno sia collegata allo \textit{standard input} o allo \textit{standard
363 output} del comando invocato.
365 La funzione restituisce il puntatore ad uno stream associato alla
366 \textit{pipe} creata, che sarà aperto in sola lettura (e quindi associato allo
367 \textit{standard output} del programma indicato) in caso si sia indicato
368 \code{r}, o in sola scrittura (e quindi associato allo \textit{standard
369 input}) in caso di \code{w}. A partire dalla versione 2.9 delle \acr{glibc}
370 (questa è una estensione specifica di Linux) all'argomento \param{type} può
371 essere aggiunta la lettera ``\texttt{e}'' per impostare automaticamente il
372 flag di \textit{close-on-exec} \itindex{close-on-exec} sul file descriptor
373 sottostante (si ricordi quanto spiegato in sez.~\ref{sec:file_open_close}).
375 Lo \textit{stream} restituito da \func{popen} è identico a tutti gli effetti
376 ai \textit{file stream} visti in sez.~\ref{sec:files_std_interface}, anche se
377 è collegato ad una \textit{pipe} e non ad un file, e viene sempre aperto in
378 modalità \textit{fully-buffered} (vedi sez.~\ref{sec:file_buffering}); l'unica
379 differenza con gli usuali stream è che dovrà essere chiuso dalla seconda delle
380 due nuove funzioni, \funcd{pclose}, il cui prototipo è:
384 \fdecl{int pclose(FILE *stream)}
385 \fdesc{Chiude una \textit{pipe} creata con \func{popen}.}
388 {La funzione ritorna lo stato del processo creato da \func{popen} in caso di
389 successo e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà i valori
390 derivanti dalle sottostanti funzioni \func{fclose} e \func{wait4}.}
393 La funzione chiude il file \param{stream} associato ad una \textit{pipe}
394 creato da una precedente \func{popen}, ed oltre alla chiusura dello stream si
395 incarica anche di attendere (tramite \func{wait4}) la conclusione del processo
396 creato dalla precedente \func{popen}. Se lo stato di uscita non può essere
397 letto la funzione restituirà per \var{errno} un errore di \errval{ECHILD}.
399 Per illustrare l'uso di queste due funzioni riprendiamo il problema
400 precedente: il programma mostrato in fig.~\ref{fig:ipc_barcodepage_code} per
401 quanto funzionante, è volutamente codificato in maniera piuttosto complessa,
402 inoltre doveva scontare un problema di \cmd{gs} che non era in grado di
403 riconoscere correttamente l'Encapsulated PostScript,\footnote{si fa
404 riferimento alla versione di GNU Ghostscript 6.53 (2002-02-13), usata quando
405 l'esempio venne scritto per la prima volta.} per cui si era utilizzato il
406 PostScript semplice, generando una pagina intera invece che una immagine delle
407 dimensioni corrispondenti al codice a barre.
409 Se si vuole generare una immagine di dimensioni appropriate si deve usare un
410 approccio diverso. Una possibilità sarebbe quella di ricorrere ad ulteriore
411 programma, \cmd{epstopsf}, per convertire in PDF un file EPS (che può essere
412 generato da \cmd{barcode} utilizzando l'opzione \cmd{-E}). Utilizzando un PDF
413 al posto di un EPS \cmd{gs} esegue la conversione rispettando le dimensioni
414 originarie del codice a barre e produce un JPEG di dimensioni corrette.
416 Questo approccio però non può funzionare per via di una delle caratteristiche
417 principali delle \textit{pipe}. Per poter effettuare la conversione di un PDF
418 infatti è necessario, per la struttura del formato, potersi spostare (con
419 \func{lseek}) all'interno del file da convertire. Se si esegue la conversione
420 con \cmd{gs} su un file regolare non ci sono problemi, una \textit{pipe} però
421 è rigidamente sequenziale, e l'uso di \func{lseek} su di essa fallisce sempre
422 con un errore di \errcode{ESPIPE}, rendendo impossibile la conversione.
423 Questo ci dice che in generale la concatenazione di vari programmi funzionerà
424 soltanto quando tutti prevedono una lettura sequenziale del loro input.
426 Per questo motivo si è dovuto utilizzare un procedimento diverso, eseguendo
427 prima la conversione (sempre con \cmd{gs}) del PS in un altro formato
428 intermedio, il PPM,\footnote{il \textit{Portable PixMap file format} è un
429 formato usato spesso come formato intermedio per effettuare conversioni, è
430 infatti molto facile da manipolare, dato che usa caratteri ASCII per
431 memorizzare le immagini, anche se per questo è estremamente inefficiente
432 come formato di archiviazione.} dal quale poi si può ottenere un'immagine
433 di dimensioni corrette attraverso vari programmi di manipolazione
434 (\cmd{pnmcrop}, \cmd{pnmmargin}) che può essere infine trasformata in PNG (con
437 In questo caso però occorre eseguire in sequenza ben quattro comandi diversi,
438 inviando l'uscita di ciascuno all'ingresso del successivo, per poi ottenere il
439 risultato finale sullo \textit{standard output}: un caso classico di
440 utilizzazione delle \textit{pipe}, in cui l'uso di \func{popen} e \func{pclose}
441 permette di semplificare notevolmente la stesura del codice.
443 Nel nostro caso, dato che ciascun processo deve scrivere la sua uscita sullo
444 \textit{standard input} del successivo, occorrerà usare \func{popen} aprendo
445 la \textit{pipe} in scrittura. Il codice del nuovo programma è riportato in
446 fig.~\ref{fig:ipc_barcode_code}. Come si può notare l'ordine di invocazione
447 dei programmi è l'inverso di quello in cui ci si aspetta che vengano
448 effettivamente eseguiti. Questo non comporta nessun problema dato che la
449 lettura su una \textit{pipe} è bloccante, per cui un processo, anche se
450 lanciato per primo, se non ottiene i dati che gli servono si bloccherà in
451 attesa sullo \textit{standard input} finché non otterrà il risultato
452 dell'elaborazione del processo che li deve creare, che pur essendo logicamente
453 precedente, viene lanciato dopo di lui.
456 \footnotesize \centering
457 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
458 \includecodesample{listati/BarCode.c}
461 \caption{Codice completo del \textit{CGI} \file{BarCode.c}.}
462 \label{fig:ipc_barcode_code}
465 Nel nostro caso il primo passo (\texttt{\small 14}) è scrivere il
466 \textit{mime-type} sullo \textit{standard output}; a questo punto il processo
467 padre non necessita più di eseguire ulteriori operazioni sullo
468 \textit{standard output} e può tranquillamente provvedere alla redirezione.
470 Dato che i vari programmi devono essere lanciati in successione, si è
471 approntato un ciclo (\texttt{\small 15-19}) che esegue le operazioni in
472 sequenza: prima crea una \textit{pipe} (\texttt{\small 17}) per la scrittura
473 eseguendo il programma con \func{popen}, in modo che essa sia collegata allo
474 \textit{standard input}, e poi redirige (\texttt{\small 18}) lo
475 \textit{standard output} su detta \textit{pipe}.
477 In questo modo il primo processo ad essere invocato (che è l'ultimo della
478 catena) scriverà ancora sullo \textit{standard output} del processo padre, ma
479 i successivi, a causa di questa redirezione, scriveranno sulla \textit{pipe}
480 associata allo \textit{standard input} del processo invocato nel ciclo
483 Alla fine tutto quello che resta da fare è lanciare (\texttt{\small 21}) il
484 primo processo della catena, che nel caso è \cmd{barcode}, e scrivere
485 (\texttt{\small 23}) la stringa del codice a barre sulla \textit{pipe}, che è
486 collegata al suo \textit{standard input}, infine si può eseguire
487 (\texttt{\small 24-27}) un ciclo che chiuda con \func{pclose}, nell'ordine
488 inverso rispetto a quello in cui le si sono create, tutte le \textit{pipe}
489 create in precedenza.
492 \subsection{Le \textit{pipe} con nome, o \textit{fifo}}
493 \label{sec:ipc_named_pipe}
495 Come accennato in sez.~\ref{sec:ipc_pipes} il problema delle \textit{pipe} è
496 che esse possono essere utilizzate solo da processi con un progenitore comune
497 o nella relazione padre/figlio. Per superare questo problema lo standard
498 POSIX.1 ha introdotto le \textit{fifo}, che hanno le stesse caratteristiche
499 delle \textit{pipe}, ma che invece di essere visibili solo attraverso un file
500 descriptor creato all'interno di un processo da una \textit{system call}
501 apposita, costituiscono un oggetto che risiede sul filesystem (si rammenti
502 quanto detto in sez.~\ref{sec:file_file_types}) che può essere aperto come un
503 qualunque file, così che i processi le possono usare senza dovere per forza
504 essere in una relazione di \textsl{parentela}.
506 Utilizzando una \textit{fifo} tutti i dati passeranno, come per le
507 \textit{pipe}, attraverso un buffer nel kernel, senza transitare dal
508 filesystem. Il fatto che siano associate ad un \itindex{inode}
509 \textit{inode} presente sul filesystem serve infatti solo a fornire un punto
510 di accesso per i processi, che permetta a questi ultimi di accedere alla
511 stessa \textit{fifo} senza avere nessuna relazione, con una semplice
512 \func{open}. Il comportamento delle funzioni di lettura e scrittura è identico
513 a quello illustrato per le \textit{pipe} in sez.~\ref{sec:ipc_pipes}.
515 Abbiamo già trattato in sez.~\ref{sec:file_mknod} le funzioni \func{mknod} e
516 \func{mkfifo} che permettono di creare una \textit{fifo}. Per utilizzarne una
517 un processo non avrà che da aprire il relativo \index{file!speciali} file
518 speciale o in lettura o scrittura; nel primo caso il processo sarà collegato
519 al capo di uscita della \textit{fifo}, e dovrà leggere, nel secondo al capo di
520 ingresso, e dovrà scrivere.
522 Il kernel alloca un singolo buffer per ciascuna \textit{fifo} che sia stata
523 aperta, e questa potrà essere acceduta contemporaneamente da più processi, sia
524 in lettura che in scrittura. Dato che per funzionare deve essere aperta in
525 entrambe le direzioni, per una \textit{fifo} la funzione \func{open} di norma
526 si blocca se viene eseguita quando l'altro capo non è aperto.
528 Le \textit{fifo} però possono essere anche aperte in modalità
529 \textsl{non-bloccante}, nel qual caso l'apertura del capo in lettura avrà
530 successo solo quando anche l'altro capo è aperto, mentre l'apertura del capo
531 in scrittura restituirà l'errore di \errcode{ENXIO} fintanto che non verrà
532 aperto il capo in lettura.
534 In Linux è possibile aprire le \textit{fifo} anche in lettura/scrittura (lo
535 standard POSIX lascia indefinito il comportamento in questo caso) operazione
536 che avrà sempre successo immediato qualunque sia la modalità di apertura,
537 bloccante e non bloccante. Questo può essere utilizzato per aprire comunque
538 una \textit{fifo} in scrittura anche se non ci sono ancora processi il
539 lettura. Infine è possibile anche usare la \textit{fifo} all'interno di un
540 solo processo, nel qual caso però occorre stare molto attenti alla possibili
541 situazioni di stallo: se si cerca di leggere da una \textit{fifo} che non
542 contiene dati si avrà infatti un \itindex{deadlock} \textit{deadlock}
543 immediato, dato che il processo si blocca e quindi non potrà mai eseguire le
544 funzioni di scrittura.
546 Per la loro caratteristica di essere accessibili attraverso il filesystem, è
547 piuttosto frequente l'utilizzo di una \textit{fifo} come canale di
548 comunicazione nelle situazioni un processo deve ricevere informazioni da
549 altri. In questo caso è fondamentale che le operazioni di scrittura siano
550 atomiche; per questo si deve sempre tenere presente che questo è vero soltanto
551 fintanto che non si supera il limite delle dimensioni di \const{PIPE\_BUF} (si
552 ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:ipc_pipes}).
554 A parte il caso precedente, che resta probabilmente il più comune, Stevens
555 riporta in \cite{APUE} altre due casistiche principali per l'uso delle
558 \item Da parte dei comandi di shell, per evitare la creazione di file
559 temporanei quando si devono inviare i dati di uscita di un processo
560 sull'input di parecchi altri (attraverso l'uso del comando \cmd{tee}).
561 \item Come canale di comunicazione fra un client ed un
562 server (il modello \textit{client-server} è illustrato in
563 sez.~\ref{sec:net_cliserv}).
566 Nel primo caso quello che si fa è creare tante \textit{fifo} da usare come
567 \textit{standard input} quanti sono i processi a cui i vogliono inviare i
568 dati; questi ultimi saranno stati posti in esecuzione ridirigendo lo
569 \textit{standard input} dalle \textit{fifo}, si potrà poi eseguire il processo
570 che fornisce l'output replicando quest'ultimo, con il comando \cmd{tee}, sulle
573 Il secondo caso è relativamente semplice qualora si debba comunicare con un
574 processo alla volta, nel qual caso basta usare due \textit{fifo}, una per
575 leggere ed una per scrivere. Le cose diventano invece molto più complesse
576 quando si vuole effettuare una comunicazione fra un server ed un numero
577 imprecisato di client. Se il primo infatti può ricevere le richieste
578 attraverso una \textit{fifo} ``\textsl{nota}'', per le risposte non si può
579 fare altrettanto, dato che, per la struttura sequenziale delle \textit{fifo},
580 i client dovrebbero sapere prima di leggerli quando i dati inviati sono
583 Per risolvere questo problema, si può usare un'architettura come quella
584 illustrata in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_server_arch} in cui i client
585 inviano le richieste al server su una \textit{fifo} nota mentre le
586 risposte vengono reinviate dal server a ciascuno di essi su una
587 \textit{fifo} temporanea creata per l'occasione.
591 \includegraphics[height=9cm]{img/fifoserver}
592 \caption{Schema dell'utilizzo delle \textit{fifo} nella realizzazione di una
593 architettura di comunicazione client/server.}
594 \label{fig:ipc_fifo_server_arch}
597 Come esempio di uso questa architettura e dell'uso delle \textit{fifo},
598 abbiamo scritto un server di \textit{fortunes}, che restituisce, alle
599 richieste di un client, un detto a caso estratto da un insieme di frasi. Sia
600 il numero delle frasi dell'insieme, che i file da cui esse vengono lette
601 all'avvio, sono impostabili da riga di comando. Il corpo principale del
602 server è riportato in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_server}, dove si è
603 tralasciata la parte che tratta la gestione delle opzioni a riga di comando,
604 che effettua l'impostazione delle variabili \var{fortunefilename}, che indica
605 il file da cui leggere le frasi, ed \var{n}, che indica il numero di frasi
606 tenute in memoria, ad un valore diverso da quelli preimpostati. Il codice
607 completo è nel file \file{FortuneServer.c}.
609 \begin{figure}[!htbp]
610 \footnotesize \centering
611 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
612 \includecodesample{listati/FortuneServer.c}
615 \caption{Sezione principale del codice del server di \textit{fortunes}
616 basato sulle \textit{fifo}.}
617 \label{fig:ipc_fifo_server}
620 Il server richiede (\texttt{\small 12}) che sia stata impostata una dimensione
621 dell'insieme delle frasi non nulla, dato che l'inizializzazione del vettore
622 \var{fortune} avviene solo quando questa dimensione viene specificata, la
623 presenza di un valore nullo provoca l'uscita dal programma attraverso la
624 funzione (non riportata) che ne stampa le modalità d'uso. Dopo di che
625 installa (\texttt{\small 13-15}) la funzione che gestisce i segnali di
626 interruzione (anche questa non è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_server})
627 che si limita a rimuovere dal filesystem la \textit{fifo} usata dal server per
630 Terminata l'inizializzazione (\texttt{\small 16}) si effettua la chiamata alla
631 funzione \code{FortuneParse} che legge dal file specificato in
632 \var{fortunefilename} le prime \var{n} frasi e le memorizza (allocando
633 dinamicamente la memoria necessaria) nel vettore di puntatori \var{fortune}.
634 Anche il codice della funzione non è riportato, in quanto non direttamente
635 attinente allo scopo dell'esempio.
637 Il passo successivo (\texttt{\small 17-22}) è quello di creare con
638 \func{mkfifo} la \textit{fifo} nota sulla quale il server ascolterà le
639 richieste, qualora si riscontri un errore il server uscirà (escludendo
640 ovviamente il caso in cui la funzione \func{mkfifo} fallisce per la precedente
641 esistenza della \textit{fifo}).
643 Una volta che si è certi che la \textit{fifo} di ascolto esiste la procedura
644 di inizializzazione è completata. A questo punto (\texttt{\small 23}) si può
645 chiamare la funzione \func{daemon} per far proseguire l'esecuzione del
646 programma in background come demone. Si può quindi procedere (\texttt{\small
647 24-33}) alla apertura della \textit{fifo}: si noti che questo viene fatto
648 due volte, prima in lettura e poi in scrittura, per evitare di dover gestire
649 all'interno del ciclo principale il caso in cui il server è in ascolto ma non
650 ci sono client che effettuano richieste. Si ricordi infatti che quando una
651 \textit{fifo} è aperta solo dal capo in lettura, l'esecuzione di \func{read}
652 ritorna con zero byte (si ha cioè una condizione di end-of-file).
654 Nel nostro caso la prima apertura si bloccherà fintanto che un qualunque
655 client non apre a sua volta la \textit{fifo} nota in scrittura per effettuare
656 la sua richiesta. Pertanto all'inizio non ci sono problemi, il client però,
657 una volta ricevuta la risposta, uscirà, chiudendo tutti i file aperti,
658 compresa la \textit{fifo}. A questo punto il server resta (se non ci sono
659 altri client che stanno effettuando richieste) con la \textit{fifo} chiusa sul
660 lato in lettura, ed in questo stato la funzione \func{read} non si bloccherà
661 in attesa di dati in ingresso, ma ritornerà in continuazione, restituendo una
662 condizione di \textit{end-of-file}.
664 Si è usata questa tecnica per compatibilità, Linux infatti supporta l'apertura
665 delle \textit{fifo} in lettura/scrittura, per cui si sarebbe potuto effettuare
666 una singola apertura con \const{O\_RDWR}; la doppia apertura comunque ha il
667 vantaggio che non si può scrivere per errore sul capo aperto in sola lettura.
669 Per questo motivo, dopo aver eseguito l'apertura in lettura (\texttt{\small
670 24-28}),\footnote{di solito si effettua l'apertura del capo in lettura di
671 una \textit{fifo} in modalità non bloccante, per evitare il rischio di uno
672 stallo: se infatti nessuno apre la \textit{fifo} in scrittura il processo
673 non ritornerà mai dalla \func{open}. Nel nostro caso questo rischio non
674 esiste, mentre è necessario potersi bloccare in lettura in attesa di una
675 richiesta.} si esegue una seconda apertura in scrittura (\texttt{\small
676 29-32}), scartando il relativo file descriptor, che non sarà mai usato, in
677 questo modo però la \textit{fifo} resta comunque aperta anche in scrittura,
678 cosicché le successive chiamate a \func{read} possono bloccarsi.
680 A questo punto si può entrare nel ciclo principale del programma che fornisce
681 le risposte ai client (\texttt{\small 34-50}); questo viene eseguito
682 indefinitamente (l'uscita del server viene effettuata inviando un segnale, in
683 modo da passare attraverso la funzione di chiusura che cancella la
686 Il server è progettato per accettare come richieste dai client delle stringhe
687 che contengono il nome della \textit{fifo} sulla quale deve essere inviata la
688 risposta. Per cui prima (\texttt{\small 35-39}) si esegue la lettura dalla
689 stringa di richiesta dalla \textit{fifo} nota (che a questo punto si bloccherà
690 tutte le volte che non ci sono richieste). Dopo di che, una volta terminata la
691 stringa (\texttt{\small 40}) e selezionato (\texttt{\small 41}) un numero
692 casuale per ricavare la frase da inviare, si procederà (\texttt{\small
693 42-46}) all'apertura della \textit{fifo} per la risposta, che poi
694 (\texttt{\small 47-48}) vi sarà scritta. Infine (\texttt{\small 49}) si
695 chiude la \textit{fifo} di risposta che non serve più.
697 Il codice del client è invece riportato in fig.~\ref{fig:ipc_fifo_client},
698 anche in questo caso si è omessa la gestione delle opzioni e la funzione che
699 stampa a video le informazioni di utilizzo ed esce, riportando solo la sezione
700 principale del programma e le definizioni delle variabili. Il codice completo
701 è nel file \file{FortuneClient.c} dei sorgenti allegati.
703 \begin{figure}[!htbp]
704 \footnotesize \centering
705 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
706 \includecodesample{listati/FortuneClient.c}
709 \caption{Sezione principale del codice del client di \textit{fortunes}
710 basato sulle \textit{fifo}.}
711 \label{fig:ipc_fifo_client}
714 La prima istruzione (\texttt{\small 12}) compone il nome della \textit{fifo}
715 che dovrà essere utilizzata per ricevere la risposta dal server. Si usa il
716 \ids{PID} del processo per essere sicuri di avere un nome univoco; dopo di che
717 (\texttt{\small 13-18}) si procede alla creazione del relativo file, uscendo
718 in caso di errore (a meno che il file non sia già presente sul filesystem).
720 A questo punto il client può effettuare l'interrogazione del server, per
721 questo prima si apre la \textit{fifo} nota (\texttt{\small 19-23}), e poi ci
722 si scrive (\texttt{\small 24}) la stringa composta in precedenza, che contiene
723 il nome della \textit{fifo} da utilizzare per la risposta. Infine si richiude
724 la \textit{fifo} del server che a questo punto non serve più (\texttt{\small
727 Inoltrata la richiesta si può passare alla lettura della risposta; anzitutto
728 si apre (\texttt{\small 26-30}) la \textit{fifo} appena creata, da cui si
729 deve riceverla, dopo di che si effettua una lettura (\texttt{\small 31})
730 nell'apposito buffer; si è supposto, come è ragionevole, che le frasi inviate
731 dal server siano sempre di dimensioni inferiori a \const{PIPE\_BUF},
732 tralasciamo la gestione del caso in cui questo non è vero. Infine si stampa
733 (\texttt{\small 32}) a video la risposta, si chiude (\texttt{\small 33}) la
734 \textit{fifo} e si cancella (\texttt{\small 34}) il relativo file. Si noti
735 come la \textit{fifo} per la risposta sia stata aperta solo dopo aver inviato
736 la richiesta, se non si fosse fatto così si avrebbe avuto uno stallo, in
737 quanto senza la richiesta, il server non avrebbe potuto aprirne il capo in
738 scrittura e l'apertura si sarebbe bloccata indefinitamente.
740 Verifichiamo allora il comportamento dei nostri programmi, in questo, come in
741 altri esempi precedenti, si fa uso delle varie funzioni di servizio, che sono
742 state raccolte nella libreria \file{libgapil.so}, per poter usare quest'ultima
743 occorrerà definire la variabile di ambiente \envvar{LD\_LIBRARY\_PATH} in modo
744 che il linker dinamico possa accedervi.
746 In generale questa variabile indica il \textit{pathname} della directory
747 contenente la libreria. Nell'ipotesi (che daremo sempre per verificata) che si
748 facciano le prove direttamente nella directory dei sorgenti (dove di norma
749 vengono creati sia i programmi che la libreria), il comando da dare sarà
750 \code{export LD\_LIBRARY\_PATH=./}; a questo punto potremo lanciare il server,
751 facendogli leggere una decina di frasi, con:
753 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./fortuned -n10}
757 Avendo usato \func{daemon} per eseguire il server in background il comando
758 ritornerà immediatamente, ma potremo verificare con \cmd{ps} che in effetti il
759 programma resta un esecuzione in background, e senza avere associato un
760 terminale di controllo (si ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:sess_daemon}):
762 [piccardi@gont sources]$ \textbf{ps aux}
764 piccardi 27489 0.0 0.0 1204 356 ? S 01:06 0:00 ./fortuned -n10
765 piccardi 27492 3.0 0.1 2492 764 pts/2 R 01:08 0:00 ps aux
768 e si potrà verificare anche che in \file{/tmp} è stata creata la \textit{fifo}
769 di ascolto \file{fortune.fifo}. A questo punto potremo interrogare il server
770 con il programma client; otterremo così:
772 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./fortune}
773 Linux ext2fs has been stable for a long time, now it's time to break it
774 -- Linuxkongreß '95 in Berlin
775 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./fortune}
776 Let's call it an accidental feature.
778 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./fortune}
779 ......... Escape the 'Gates' of Hell
782 ::: .:: .:.::. .:: .:: `::. :'
783 ::: :: :: :: :: :: :::.
784 ::: .::. .:: ::. `::::. .:' ::.
785 ...:::.....................::' .::::..
786 -- William E. Roadcap
787 [piccardi@gont sources]$ ./fortune
788 Linux ext2fs has been stable for a long time, now it's time to break it
789 -- Linuxkongreß '95 in Berlin
792 e ripetendo varie volte il comando otterremo, in ordine casuale, le dieci
793 frasi tenute in memoria dal server.
795 Infine per chiudere il server basterà inviargli un segnale di terminazione (ad
796 esempio con \cmd{killall fortuned}) e potremo verificare che il gestore del
797 segnale ha anche correttamente cancellato la \textit{fifo} di ascolto da
800 Benché il nostro sistema client-server funzioni, la sua struttura è piuttosto
801 complessa e continua ad avere vari inconvenienti\footnote{lo stesso Stevens,
802 che esamina questa architettura in \cite{APUE}, nota come sia impossibile
803 per il server sapere se un client è andato in crash, con la possibilità di
804 far restare le \textit{fifo} temporanee sul filesystem, di come sia
805 necessario intercettare \signal{SIGPIPE} dato che un client può terminare
806 dopo aver fatto una richiesta, ma prima che la risposta sia inviata (cosa
807 che nel nostro esempio non è stata fatta).}; in generale infatti
808 l'interfaccia delle \textit{fifo} non è adatta a risolvere questo tipo di
809 problemi, che possono essere affrontati in maniera più semplice ed efficace o
810 usando i socket (che tratteremo in dettaglio a partire da
811 cap.~\ref{cha:socket_intro}) o ricorrendo a meccanismi di comunicazione
812 diversi, come quelli che esamineremo in seguito.
816 \subsection{La funzione \func{socketpair}}
817 \label{sec:ipc_socketpair}
819 Un meccanismo di comunicazione molto simile alle \textit{pipe}, ma che non
820 presenta il problema della unidirezionalità del flusso dei dati, è quello dei
821 cosiddetti \textsl{socket locali} (o \textit{Unix domain socket}). Tratteremo
822 in generale i socket in cap.~\ref{cha:socket_intro}, nell'ambito
823 dell'interfaccia che essi forniscono per la programmazione di rete, e vedremo
824 anche (in~sez.~\ref{sec:sock_sa_local}) come si possono utilizzare i
825 \index{file!speciali} file speciali di tipo socket, analoghi a quelli
826 associati alle \textit{fifo} (si rammenti sez.~\ref{sec:file_file_types}) cui
827 si accede però attraverso quella medesima interfaccia; vale però la pena
828 esaminare qui una modalità di uso dei socket locali che li rende
829 sostanzialmente identici ad una \textit{pipe} bidirezionale.
831 La funzione di sistema \funcd{socketpair}, introdotta da BSD ma supportata in
832 genere da qualunque sistema che fornisca l'interfaccia dei socket ed inclusa
833 in POSIX.1-2001, consente infatti di creare una coppia di file descriptor
834 connessi fra loro (tramite un socket, appunto) senza dover ricorrere ad un
835 \index{file!speciali} file speciale sul filesystem. I descrittori sono del
836 tutto analoghi a quelli che si avrebbero con una chiamata a \func{pipe}, con
837 la sola differenza è che in questo caso il flusso dei dati può essere
838 effettuato in entrambe le direzioni. Il prototipo della funzione è:
843 \fdecl{int socketpair(int domain, int type, int protocol, int sv[2])}
844 \fdesc{Crea una coppia di socket connessi fra loro.}
847 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
848 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
850 \item[\errcode{EAFNOSUPPORT}] i socket locali non sono supportati.
851 \item[\errcode{EOPNOTSUPP}] il protocollo specificato non supporta la
852 creazione di coppie di socket.
853 \item[\errcode{EPROTONOSUPPORT}] il protocollo specificato non è supportato.
855 ed inoltre \errval{EFAULT}, \errval{EMFILE} e \errval{ENFILE} nel loro
856 significato generico.}
859 La funzione restituisce in \param{sv} la coppia di descrittori connessi fra di
860 loro: quello che si scrive su uno di essi sarà ripresentato in input
861 sull'altro e viceversa. Gli argomenti \param{domain}, \param{type} e
862 \param{protocol} derivano dall'interfaccia dei socket (vedi
863 sez.~\ref{sec:sock_creation}) che è quella che fornisce il substrato per
864 connettere i due descrittori, ma in questo caso i soli valori validi che
865 possono essere specificati sono rispettivamente \const{AF\_UNIX},
866 \const{SOCK\_STREAM} e \val{0}.
868 A partire dal kernel 2.6.27 la funzione supporta anche l'uso dei flag
869 \const{SOCK\_NONBLOCK} e \const{SOCK\_CLOEXEC} (trattati in
870 sez.~\ref{sec:sock_type}) nell'indicazione del tipo di socket, con effetto
871 identico agli analoghi \const{O\_CLOEXEC} e \const{O\_NONBLOCK} di una
872 \func{open} (vedi tab.~\ref{tab:open_operation_flag}).
874 L'utilità di chiamare questa funzione per evitare due chiamate a \func{pipe}
875 può sembrare limitata; in realtà l'utilizzo di questa funzione (e dei socket
876 locali in generale) permette di trasmettere attraverso le linea non solo dei
877 dati, ma anche dei file descriptor: si può cioè passare da un processo ad un
878 altro un file descriptor, con una sorta di duplicazione dello stesso non
879 all'interno di uno stesso processo, ma fra processi distinti (torneremo su
880 questa funzionalità in sez.~\ref{sec:sock_fd_passing}).
883 \section{L'intercomunicazione fra processi di System V}
886 Benché le \textit{pipe} e le \textit{fifo} siano ancora ampiamente usate, esse
887 scontano il limite fondamentale che il meccanismo di comunicazione che
888 forniscono è rigidamente sequenziale: una situazione in cui un processo scrive
889 qualcosa che molti altri devono poter leggere non può essere implementata con
892 Per questo nello sviluppo di System V vennero introdotti una serie di nuovi
893 oggetti per la comunicazione fra processi ed una nuova interfaccia di
894 programmazione, poi inclusa anche in POSIX.1-2001, che fossero in grado di
895 garantire una maggiore flessibilità. In questa sezione esamineremo come Linux
896 supporta quello che viene chiamato il \textsl{Sistema di comunicazione fra
897 processi} di System V, cui da qui in avanti faremo riferimento come
898 \textit{SysV-IPC} (dove IPC è la sigla di \textit{Inter-Process
903 \subsection{Considerazioni generali}
904 \label{sec:ipc_sysv_generic}
906 La principale caratteristica del \textit{SysV-IPC} è quella di essere basato
907 su oggetti permanenti che risiedono nel kernel. Questi, a differenza di quanto
908 avviene per i file descriptor, non mantengono un contatore dei riferimenti, e
909 non vengono cancellati dal sistema una volta che non sono più in uso. Questo
910 comporta due problemi: il primo è che, al contrario di quanto avviene per
911 \textit{pipe} e \textit{fifo}, la memoria allocata per questi oggetti non
912 viene rilasciata automaticamente quando non c'è più nessuno che li utilizzi ed
913 essi devono essere cancellati esplicitamente, se non si vuole che restino
914 attivi fino al riavvio del sistema. Il secondo problema è, dato che non c'è
915 come per i file un contatore del numero di riferimenti che ne indichi l'essere
916 in uso, che essi possono essere cancellati anche se ci sono dei processi che
917 li stanno utilizzando, con tutte le conseguenze (ovviamente assai sgradevoli)
920 Un'ulteriore caratteristica negativa è che gli oggetti usati nel
921 \textit{SysV-IPC} vengono creati direttamente dal kernel, e sono accessibili
922 solo specificando il relativo \textsl{identificatore}. Questo è un numero
923 progressivo (un po' come il \ids{PID} dei processi) che il kernel assegna a
924 ciascuno di essi quanto vengono creati (sul procedimento di assegnazione
925 torneremo in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_id_use}). L'identificatore viene
926 restituito dalle funzioni che creano l'oggetto, ed è quindi locale al processo
927 che le ha eseguite. Dato che l'identificatore viene assegnato dinamicamente
928 dal kernel non è possibile prevedere quale sarà, né utilizzare un qualche
929 valore statico, si pone perciò il problema di come processi diversi possono
930 accedere allo stesso oggetto.
932 Per risolvere il problema nella struttura \struct{ipc\_perm} che il kernel
933 associa a ciascun oggetto, viene mantenuto anche un campo apposito che
934 contiene anche una \textsl{chiave}, identificata da una variabile del tipo
935 primitivo \type{key\_t}, da specificare in fase di creazione dell'oggetto, e
936 tramite la quale è possibile ricavare l'identificatore.\footnote{in sostanza
937 si sposta il problema dell'accesso dalla classificazione in base
938 all'identificatore alla classificazione in base alla chiave, una delle tante
939 complicazioni inutili presenti nel \textit{SysV-IPC}.} Oltre la chiave, la
940 struttura, la cui definizione è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_ipc_perm},
941 mantiene varie proprietà ed informazioni associate all'oggetto.
944 \footnotesize \centering
945 \begin{minipage}[c]{0.80\textwidth}
946 \includestruct{listati/ipc_perm.h}
949 \caption{La struttura \structd{ipc\_perm}, come definita in
950 \headfile{sys/ipc.h}.}
951 \label{fig:ipc_ipc_perm}
954 Usando la stessa chiave due processi diversi possono ricavare l'identificatore
955 associato ad un oggetto ed accedervi. Il problema che sorge a questo punto è
956 come devono fare per accordarsi sull'uso di una stessa chiave. Se i processi
957 sono \textsl{imparentati} la soluzione è relativamente semplice, in tal caso
958 infatti si può usare il valore speciale \texttt{IPC\_PRIVATE} per creare un
959 nuovo oggetto nel processo padre, l'identificatore così ottenuto sarà
960 disponibile in tutti i figli, e potrà essere passato come argomento attraverso
963 Però quando i processi non sono \textsl{imparentati} (come capita tutte le
964 volte che si ha a che fare con un sistema client-server) tutto questo non è
965 possibile; si potrebbe comunque salvare l'identificatore su un file noto, ma
966 questo ovviamente comporta lo svantaggio di doverselo andare a rileggere. Una
967 alternativa più efficace è quella che i programmi usino un valore comune per
968 la chiave (che ad esempio può essere dichiarato in un header comune), ma c'è
969 sempre il rischio che questa chiave possa essere stata già utilizzata da
970 qualcun altro. Dato che non esiste una convenzione su come assegnare queste
971 chiavi in maniera univoca l'interfaccia mette a disposizione una funzione
972 apposita, \funcd{ftok}, che permette di ottenere una chiave specificando il
973 nome di un file ed un numero di versione; il suo prototipo è:
978 \fdecl{key\_t ftok(const char *pathname, int proj\_id)}
979 \fdesc{Restituisce una chiave per identificare un oggetto del \textit{SysV
982 {La funzione ritorna la chiave in caso di successo e $-1$ per un errore, nel
983 qual caso \var{errno} assumerà uno dei possibili codici di errore di
987 La funzione determina un valore della chiave sulla base di \param{pathname},
988 che deve specificare il \textit{pathname} di un file effettivamente esistente
989 e di un numero di progetto \param{proj\_id)}, che di norma viene specificato
990 come carattere, dato che ne vengono utilizzati solo gli 8 bit meno
991 significativi. Nelle \acr{libc4} e \acr{libc5}, come avviene in SunOS,
992 l'argomento \param{proj\_id} è dichiarato tipo \ctyp{char}, la \acr{glibc} usa
993 il prototipo specificato da XPG4, ma vengono lo stesso utilizzati gli 8 bit
996 Il problema è che anche così non c'è la sicurezza che il valore della chiave
997 sia univoco, infatti esso è costruito combinando il byte di \param{proj\_id)}
998 con i 16 bit meno significativi \itindex{inode} dell'inode del file
999 \param{pathname} (che vengono ottenuti attraverso \func{stat}, da cui derivano
1000 i possibili errori), e gli 8 bit meno significativi del numero del dispositivo
1001 su cui è il file. Diventa perciò relativamente facile ottenere delle
1002 collisioni, specie se i file sono su dispositivi con lo stesso
1003 \itindex{minor~number} \textit{minor number}, come \file{/dev/hda1} e
1006 In genere quello che si fa è utilizzare un file comune usato dai programmi che
1007 devono comunicare (ad esempio un header comune, o uno dei programmi che devono
1008 usare l'oggetto in questione), utilizzando il numero di progetto per ottenere
1009 le chiavi che interessano. In ogni caso occorre sempre controllare, prima di
1010 creare un oggetto, che la chiave non sia già stata utilizzata. Se questo va
1011 bene in fase di creazione, le cose possono complicarsi per i programmi che
1012 devono solo accedere, in quanto, a parte gli eventuali controlli sugli altri
1013 attributi di \struct{ipc\_perm}, non esiste una modalità semplice per essere
1014 sicuri che l'oggetto associato ad una certa chiave sia stato effettivamente
1015 creato da chi ci si aspetta.
1017 Questo è, insieme al fatto che gli oggetti sono permanenti e non mantengono un
1018 contatore di riferimenti per la cancellazione automatica, il principale
1019 problema del \textit{SysV-IPC}. Non esiste infatti una modalità chiara per
1020 identificare un oggetto, come sarebbe stato se lo si fosse associato ad in
1021 file, e tutta l'interfaccia è inutilmente complessa. Per questo se ne
1022 sconsiglia assolutamente l'uso nei nuovi programmi, considerato che è ormai
1023 disponibile una revisione completa dei meccanismi di IPC fatta secondo quanto
1024 indicato dallo standard POSIX.1b, che presenta una realizzazione più sicura ed
1025 una interfaccia più semplice, che tratteremo in sez.~\ref{sec:ipc_posix}.
1028 \subsection{Il controllo di accesso}
1029 \label{sec:ipc_sysv_access_control}
1031 Oltre alle chiavi, abbiamo visto in fig.~\ref{fig:ipc_ipc_perm} che ad ogni
1032 oggetto sono associate in \struct{ipc\_perm} ulteriori informazioni, come gli
1033 identificatori del creatore (nei campi \var{cuid} e \var{cgid}) e del
1034 proprietario (nei campi \var{uid} e \var{gid}) dello stesso, e un insieme di
1035 permessi (nel campo \var{mode}). In questo modo è possibile definire un
1036 controllo di accesso sugli oggetti di IPC, simile a quello che si ha per i
1037 file (vedi sez.~\ref{sec:file_perm_overview}).
1039 Benché questo controllo di accesso sia molto simile a quello dei file, restano
1040 delle importanti differenze. La prima è che il permesso di esecuzione non
1041 esiste (e se specificato viene ignorato), per cui si può parlare solo di
1042 permessi di lettura e scrittura (nel caso dei semafori poi quest'ultimo è più
1043 propriamente un permesso di modifica). I valori di \var{mode} sono gli stessi
1044 ed hanno lo stesso significato di quelli riportati in
1045 tab.~\ref{tab:file_mode_flags} e come per i file definiscono gli accessi per
1046 il proprietario, il suo gruppo e tutti gli altri.
1048 Se però si vogliono usare le costanti simboliche di
1049 tab.~\ref{tab:file_mode_flags} occorrerà includere anche il file
1050 \headfile{sys/stat.h}; alcuni sistemi definiscono le costanti \const{MSG\_R}
1051 (il valore ottale \texttt{0400}) e \const{MSG\_W} (il valore ottale
1052 \texttt{0200}) per indicare i permessi base di lettura e scrittura per il
1053 proprietario, da utilizzare, con gli opportuni shift, pure per il gruppo e gli
1054 altri. In Linux, visto la loro scarsa utilità, queste costanti non sono
1057 Quando l'oggetto viene creato i campi \var{cuid} e \var{uid} di
1058 \struct{ipc\_perm} ed i campi \var{cgid} e \var{gid} vengono impostati
1059 rispettivamente al valore dell'\ids{UID} e del \ids{GID} effettivo del processo
1060 che ha chiamato la funzione, ma, mentre i campi \var{uid} e \var{gid} possono
1061 essere cambiati, i campi \var{cuid} e \var{cgid} restano sempre gli stessi.
1063 Il controllo di accesso è effettuato a due livelli. Il primo livello è nelle
1064 funzioni che richiedono l'identificatore di un oggetto data la chiave. Queste
1065 specificano tutte un argomento \param{flag}, in tal caso quando viene
1066 effettuata la ricerca di una chiave, qualora \param{flag} specifichi dei
1067 permessi, questi vengono controllati e l'identificatore viene restituito solo
1068 se corrispondono a quelli dell'oggetto. Se ci sono dei permessi non presenti
1069 in \var{mode} l'accesso sarà negato. Questo controllo però è di utilità
1070 indicativa, dato che è sempre possibile specificare per \param{flag} un valore
1071 nullo, nel qual caso l'identificatore sarà restituito comunque.
1073 Il secondo livello di controllo è quello delle varie funzioni che accedono
1074 direttamente (in lettura o scrittura) all'oggetto. In tal caso lo schema dei
1075 controlli è simile a quello dei file, ed avviene secondo questa sequenza:
1077 \item se il processo ha i privilegi di amministratore (più precisamente la
1078 capacità \itindex{capability} \const{CAP\_IPC\_OWNER}) l'accesso è sempre
1080 \item se l'\ids{UID} effettivo del processo corrisponde o al valore del campo
1081 \var{cuid} o a quello del campo \var{uid} ed il permesso per il proprietario
1082 in \var{mode} è appropriato\footnote{per appropriato si intende che è
1083 impostato il permesso di scrittura per le operazioni di scrittura e quello
1084 di lettura per le operazioni di lettura.} l'accesso è consentito.
1085 \item se il \ids{GID} effettivo del processo corrisponde o al
1086 valore del campo \var{cgid} o a quello del campo \var{gid} ed il permesso
1087 per il gruppo in \var{mode} è appropriato l'accesso è consentito.
1088 \item se il permesso per gli altri è appropriato l'accesso è consentito.
1090 solo se tutti i controlli elencati falliscono l'accesso è negato. Si noti che
1091 a differenza di quanto avviene per i permessi dei file, fallire in uno dei
1092 passi elencati non comporta il fallimento dell'accesso. Un'ulteriore
1093 differenza rispetto a quanto avviene per i file è che per gli oggetti di IPC
1094 il valore di \itindex{umask} \textit{umask} (si ricordi quanto esposto in
1095 sez.~\ref{sec:file_perm_management}) non ha alcun significato.
1098 \subsection{Gli identificatori ed il loro utilizzo}
1099 \label{sec:ipc_sysv_id_use}
1101 L'unico campo di \struct{ipc\_perm} del quale non abbiamo ancora parlato è
1102 \var{seq}, che in fig.~\ref{fig:ipc_ipc_perm} è qualificato con un criptico
1103 ``\textsl{numero di sequenza}'', ne parliamo adesso dato che esso è
1104 strettamente attinente alle modalità con cui il kernel assegna gli
1105 identificatori degli oggetti del sistema di IPC.
1107 Quando il sistema si avvia, alla creazione di ogni nuovo oggetto di IPC viene
1108 assegnato un numero progressivo, pari al numero di oggetti di quel tipo
1109 esistenti. Se il comportamento fosse sempre questo sarebbe identico a quello
1110 usato nell'assegnazione dei file descriptor nei processi, ed i valori degli
1111 identificatori tenderebbero ad essere riutilizzati spesso e restare di piccole
1112 dimensioni (inferiori al numero massimo di oggetti disponibili).
1114 Questo va benissimo nel caso dei file descriptor, che sono locali ad un
1115 processo, ma qui il comportamento varrebbe per tutto il sistema, e per
1116 processi del tutto scorrelati fra loro. Così si potrebbero avere situazioni
1117 come quella in cui un server esce e cancella le sue code di messaggi, ed il
1118 relativo identificatore viene immediatamente assegnato a quelle di un altro
1119 server partito subito dopo, con la possibilità che i client del primo non
1120 facciano in tempo ad accorgersi dell'avvenuto, e finiscano con l'interagire
1121 con gli oggetti del secondo, con conseguenze imprevedibili.
1123 Proprio per evitare questo tipo di situazioni il sistema usa il valore di
1124 \var{seq} per provvedere un meccanismo che porti gli identificatori ad
1125 assumere tutti i valori possibili, rendendo molto più lungo il periodo in cui
1126 un identificatore può venire riutilizzato.
1128 Il sistema dispone sempre di un numero fisso di oggetti di IPC, fino al kernel
1129 2.2.x questi erano definiti dalle costanti \const{MSGMNI}, \const{SEMMNI} e
1130 \const{SHMMNI}, e potevano essere cambiati (come tutti gli altri limiti
1131 relativi al \textit{SysV-IPC}) solo con una ricompilazione del kernel. A
1132 partire dal kernel 2.4.x è possibile cambiare questi valori a sistema attivo
1133 scrivendo sui file \sysctlrelfile{kernel}{shmmni},
1134 \sysctlrelfile{kernel}{msgmni} e \sysctlrelfile{kernel}{sem} di
1135 \file{/proc/sys/kernel} o con l'uso di \func{sysctl}.
1137 \begin{figure}[!htb]
1138 \footnotesize \centering
1139 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1140 \includecodesample{listati/IPCTestId.c}
1143 \caption{Sezione principale del programma di test per l'assegnazione degli
1144 identificatori degli oggetti di IPC \file{IPCTestId.c}.}
1145 \label{fig:ipc_sysv_idtest}
1148 Per ciascun tipo di oggetto di IPC viene mantenuto in \var{seq} un numero di
1149 sequenza progressivo che viene incrementato di uno ogni volta che l'oggetto
1150 viene cancellato. Quando l'oggetto viene creato usando uno spazio che era già
1151 stato utilizzato in precedenza, per restituire il nuovo identificatore al
1152 numero di oggetti presenti viene sommato il valore corrente del campo
1153 \var{seq}, moltiplicato per il numero massimo di oggetti di quel tipo.
1155 Questo in realtà è quanto avveniva fino ai kernel della serie 2.2, dalla serie
1156 2.4 viene usato lo stesso fattore di moltiplicazione per qualunque tipo di
1157 oggetto, utilizzando il valore dalla costante \const{IPCMNI} (definita in
1158 \file{include/linux/ipc.h}), che indica il limite massimo complessivo per il
1159 numero di tutti gli oggetti presenti nel \textit{SysV-IPC}, ed il cui default
1160 è 32768. Si evita così il riutilizzo degli stessi numeri, e si fa sì che
1161 l'identificatore assuma tutti i valori possibili.
1163 In fig.~\ref{fig:ipc_sysv_idtest} è riportato il codice di un semplice
1164 programma di test che si limita a creare un oggetto di IPC (specificato con
1165 una opzione a riga di comando), stamparne il numero di identificatore, e
1166 cancellarlo, il tutto un numero di volte specificato tramite una seconda
1167 opzione. La figura non riporta il codice di selezione delle opzioni, che
1168 permette di inizializzare i valori delle variabili \var{type} al tipo di
1169 oggetto voluto, e \var{n} al numero di volte che si vuole effettuare il ciclo
1170 di creazione, stampa, cancellazione.
1172 I valori di default sono per l'uso delle code di messaggi e per 5 ripetizioni
1173 del ciclo. Per questo motivo se non si utilizzano opzioni verrà eseguito per
1174 cinque volte il ciclo (\texttt{\small 7-11}), in cui si crea una coda di
1175 messaggi (\texttt{\small 8}), se ne stampa l'identificativo (\texttt{\small
1176 9}) e la si rimuove (\texttt{\small 10}). Non stiamo ad approfondire adesso
1177 il significato delle funzioni utilizzate, che verranno esaminate nelle
1180 Quello che ci interessa infatti è verificare l'allocazione degli
1181 identificativi associati agli oggetti; lanciando il comando si otterrà
1182 pertanto qualcosa del tipo:
1184 piccardi@gont sources]$ \textbf{./ipctestid}
1186 Identifier Value 32768
1187 Identifier Value 65536
1188 Identifier Value 98304
1189 Identifier Value 131072
1192 il che ci mostra che stiamo lavorando con un kernel posteriore alla serie 2.2
1193 nel quale non avevamo ancora usato nessuna coda di messaggi (il valore nullo
1194 del primo identificativo indica che il campo \var{seq} era zero). Ripetendo il
1195 comando, e quindi eseguendolo in un processo diverso, in cui non può esistere
1196 nessuna traccia di quanto avvenuto in precedenza, otterremo come nuovo
1199 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./ipctestid}
1200 Identifier Value 163840
1201 Identifier Value 196608
1202 Identifier Value 229376
1203 Identifier Value 262144
1204 Identifier Value 294912
1207 in cui la sequenza numerica prosegue, cosa che ci mostra come il valore di
1208 \var{seq} continui ad essere incrementato e costituisca in effetti una
1209 quantità mantenuta all'interno del sistema ed indipendente dai processi.
1212 \subsection{Code di messaggi}
1213 \label{sec:ipc_sysv_mq}
1215 Il primo oggetto introdotto dal \textit{SysV-IPC} è quello delle code di
1216 messaggi. Le code di messaggi sono oggetti analoghi alle \textit{pipe} o alle
1217 \textit{fifo} ed il loro scopo principale è quello di fornire a processi
1218 diversi un meccanismo con cui scambiarsi dei dati in forma di messaggio. Dato
1219 che le \textit{pipe} e le \textit{fifo} costituiscono una ottima alternativa,
1220 ed in genere sono molto più semplici da usare, le code di messaggi sono il
1221 meno utilizzato degli oggetti introdotti dal \textit{SysV-IPC}.
1223 La funzione di sistema che permette di ottenere l'identificativo di una coda
1224 di messaggi esistente per potervi accedere, oppure di creare una nuova coda
1225 qualora quella indicata non esista ancora, è \funcd{msgget}, e il suo
1232 \fdecl{int msgget(key\_t key, int flag)}
1233 \fdesc{Ottiene o crea una coda di messaggi.}
1236 {La funzione ritorna l'identificatore (un intero positivo) in caso di successo
1237 e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1239 \item[\errcode{EACCES}] il processo chiamante non ha i privilegi per
1240 accedere alla coda richiesta.
1241 \item[\errcode{EEXIST}] si è richiesta la creazione di una coda che già
1242 esiste, ma erano specificati sia \const{IPC\_CREAT} che \const{IPC\_EXCL}.
1243 \item[\errcode{EIDRM}] la coda richiesta è marcata per essere cancellata
1244 (solo fino al kernel 2.3.20).
1245 \item[\errcode{ENOENT}] si è cercato di ottenere l'identificatore di una coda
1246 di messaggi specificando una chiave che non esiste e \const{IPC\_CREAT}
1247 non era specificato.
1248 \item[\errcode{ENOSPC}] si è cercato di creare una coda di messaggi quando è
1249 stato superato il limite massimo di code (\const{MSGMNI}).
1251 ed inoltre \errval{ENOMEM} nel suo significato generico.}
1254 Le funzione (come le analoghe che si usano per gli altri oggetti) serve sia a
1255 ottenere l'identificatore di una coda di messaggi esistente, che a crearne una
1256 nuova. L'argomento \param{key} specifica la chiave che è associata
1257 all'oggetto, eccetto il caso in cui si specifichi il valore
1258 \const{IPC\_PRIVATE}, nel qual caso la coda è creata ex-novo e non vi è
1259 associata alcuna chiave (per questo viene detta \textsl{privata}), ed il
1260 processo e i suoi eventuali figli potranno farvi riferimento solo attraverso
1263 Se invece si specifica un valore diverso da \const{IPC\_PRIVATE} (in Linux
1264 questo significa un valore diverso da zero) l'effetto della funzione dipende
1265 dal valore di \param{flag}, se questo è nullo la funzione si limita ad
1266 effettuare una ricerca sugli oggetti esistenti, restituendo l'identificatore
1267 se trova una corrispondenza, o fallendo con un errore di \errcode{ENOENT} se
1268 non esiste o di \errcode{EACCES} se si sono specificati dei permessi non
1271 Se invece si vuole creare una nuova coda di messaggi \param{flag} non può
1272 essere nullo e deve essere fornito come maschera binaria, impostando il bit
1273 corrispondente al valore \const{IPC\_CREAT}. In questo caso i nove bit meno
1274 significativi di \param{flag} saranno usati come permessi per il nuovo
1275 oggetto, secondo quanto illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}.
1276 Se si imposta anche il bit corrispondente a \const{IPC\_EXCL} la funzione avrà
1277 successo solo se l'oggetto non esiste già, fallendo con un errore di
1278 \errcode{EEXIST} altrimenti.
1280 Si tenga conto che l'uso di \const{IPC\_PRIVATE} non impedisce ad altri
1281 processi di accedere alla coda, se hanno privilegi sufficienti, una volta che
1282 questi possano indovinare o ricavare, ad esempio per tentativi,
1283 l'identificatore ad essa associato. Per come sono implementati gli oggetti di
1284 IPC infatti non esiste alcun modo in cui si possa garantire l'accesso
1285 esclusivo ad una coda di messaggi. Usare \const{IPC\_PRIVATE} o
1286 \const{IPC\_CREAT} e \const{IPC\_EXCL} per \param{flag} comporta solo la
1287 creazione di una nuova coda.
1292 \begin{tabular}[c]{|c|r|l|l|}
1294 \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{File in \file{/proc}}
1295 & \textbf{Significato} \\
1298 \const{MSGMNI}& 16& \file{msgmni} & Numero massimo di code di
1300 \const{MSGMAX}& 8192& \file{msgmax} & Dimensione massima di un singolo
1302 \const{MSGMNB}&16384& \file{msgmnb} & Dimensione massima del contenuto di
1306 \caption{Valori delle costanti associate ai limiti delle code di messaggi.}
1307 \label{tab:ipc_msg_limits}
1310 Le code di messaggi sono caratterizzate da tre limiti fondamentali, un tempo
1311 definiti staticamente e corrispondenti alle prime tre costanti riportate in
1312 tab.~\ref{tab:ipc_msg_limits}. Come accennato però con tutte le versioni più
1313 recenti del kernel con Linux è possibile modificare questi limiti attraverso
1314 l'uso di \func{sysctl} o scrivendo nei file \sysctlrelfile{kernel}{msgmax},
1315 \sysctlrelfile{kernel}{msgmnb} e \sysctlrelfile{kernel}{msgmni} di
1316 \file{/proc/sys/kernel/}.
1318 Una coda di messaggi è costituita da una \itindex{linked~list} \textit{linked
1319 list}.\footnote{una \itindex{linked~list} \textit{linked list} è una tipica
1320 struttura di dati, organizzati in una lista in cui ciascun elemento contiene
1321 un puntatore al successivo. In questo modo la struttura è veloce
1322 nell'estrazione ed immissione dei dati dalle estremità dalla lista (basta
1323 aggiungere un elemento in testa o in coda ed aggiornare un puntatore), e
1324 relativamente veloce da attraversare in ordine sequenziale (seguendo i
1325 puntatori), è invece relativamente lenta nell'accesso casuale e nella
1326 ricerca.} I nuovi messaggi vengono inseriti in coda alla lista e vengono
1327 letti dalla cima, in fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema} si è riportato uno schema
1328 semplificato con cui queste strutture vengono mantenute dal kernel. Lo schema
1329 illustrato in realtà è una semplificazione di quello usato fino ai kernel
1330 della serie 2.2. A partire della serie 2.4 la gestione delle code di messaggi
1331 è effettuata in maniera diversa (e non esiste una struttura \struct{msqid\_ds}
1332 nel kernel), ma abbiamo mantenuto lo schema precedente dato che illustra in
1333 maniera più che adeguata i principi di funzionamento delle code di messaggi.
1335 \begin{figure}[!htb]
1336 \centering \includegraphics[width=13cm]{img/mqstruct}
1337 \caption{Schema della struttura di una coda messaggi.}
1338 \label{fig:ipc_mq_schema}
1342 A ciascuna coda è associata una struttura \struct{msqid\_ds} la cui
1343 definizione è riportata in fig.~\ref{fig:ipc_msqid_ds} ed a cui si accede
1344 includendo \headfile{sys/msg.h};
1346 % INFO: sotto materiale obsoleto e non interessante
1347 % In questa struttura il
1348 % kernel mantiene le principali informazioni riguardo lo stato corrente della
1349 % coda. Come accennato questo vale fino ai kernel della serie 2.2, essa viene
1350 % usata nei kernel della serie 2.4 solo per compatibilità in quanto è quella
1351 % restituita dalle funzioni dell'interfaccia; si noti come ci sia una differenza
1352 % con i campi mostrati nello schema di fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema} che sono
1353 % presi dalla definizione di \file{include/linux/msg.h}, e fanno riferimento
1354 % alla definizione della omonima struttura usata nel kernel.
1355 %In fig.~\ref{fig:ipc_msqid_ds} sono elencati i campi definiti in
1356 %\headfile{sys/msg.h};
1357 si tenga presente che il campo \var{\_\_msg\_cbytes} non è previsto dallo
1358 standard POSIX.1-2001 e che alcuni campi fino al kernel 2.2 erano definiti
1361 \begin{figure}[!htb]
1362 \footnotesize \centering
1363 \begin{minipage}[c]{.90\textwidth}
1364 \includestruct{listati/msqid_ds.h}
1367 \caption{La struttura \structd{msqid\_ds}, associata a ciascuna coda di
1369 \label{fig:ipc_msqid_ds}
1372 Quando si crea una nuova coda con \func{msgget} questa struttura viene
1373 inizializzata,\footnote{in realtà viene inizializzata una struttura interna al
1374 kernel, ma i dati citati sono gli stessi.} in particolare il campo
1375 \var{msg\_perm} che esprime i permessi di accesso viene inizializzato nella
1376 modalità illustrata in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}. Per quanto
1377 riguarda gli altri campi invece:
1379 \item il campo \var{msg\_qnum}, che esprime il numero di messaggi presenti
1380 sulla coda, viene inizializzato a 0.
1381 \item i campi \var{msg\_lspid} e \var{msg\_lrpid}, che esprimono
1382 rispettivamente il \ids{PID} dell'ultimo processo che ha inviato o ricevuto
1383 un messaggio sulla coda, sono inizializzati a 0.
1384 \item i campi \var{msg\_stime} e \var{msg\_rtime}, che esprimono
1385 rispettivamente il tempo in cui è stato inviato o ricevuto l'ultimo
1386 messaggio sulla coda, sono inizializzati a 0.
1387 \item il campo \var{msg\_ctime}, che esprime il tempo di ultima modifica della
1388 coda, viene inizializzato al tempo corrente.
1389 \item il campo \var{msg\_qbytes}, che esprime la dimensione massima del
1390 contenuto della coda (in byte) viene inizializzato al valore preimpostato
1391 del sistema (\const{MSGMNB}).
1392 \item il campo \var{\_\_msg\_cbytes}, che esprime la dimensione in byte dei
1393 messaggi presenti sulla coda, viene inizializzato a zero.
1394 % i campi \var{msg\_first} e \var{msg\_last} che esprimono l'indirizzo del
1395 % primo e ultimo messaggio sono inizializzati a \val{NULL} e
1396 % \var{msg\_cbytes}, che esprime la dimensione in byte dei messaggi presenti è
1397 % inizializzato a zero. Questi campi sono ad uso interno dell'implementazione
1398 % e non devono essere utilizzati da programmi in user space).
1401 Una volta creata una coda di messaggi le operazioni di controllo vengono
1402 effettuate con la funzione di sistema \funcd{msgctl}, che, come le analoghe
1403 \func{semctl} e \func{shmctl}, fa le veci di quello che \func{ioctl} è per i
1404 file; il suo prototipo è:
1410 \fdecl{int msgctl(int msqid, int cmd, struct msqid\_ds *buf)}
1411 \fdesc{Esegue una operazione su una coda.}
1414 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1415 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1417 \item[\errcode{EACCES}] si è richiesto \const{IPC\_STAT} ma processo
1418 chiamante non ha i privilegi di lettura sulla coda.
1419 \item[\errcode{EIDRM}] la coda richiesta è stata cancellata.
1420 \item[\errcode{EPERM}] si è richiesto \const{IPC\_SET} o \const{IPC\_RMID} ma
1421 il processo non ha i privilegi, o si è richiesto di aumentare il valore di
1422 \var{msg\_qbytes} oltre il limite \const{MSGMNB} senza essere
1425 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL} nel loro significato
1429 La funzione permette di eseguire una operazione di controllo per la coda
1430 specificata dall'identificatore \param{msqid}, utilizzando i valori della
1431 struttura \struct{msqid\_ds}, mantenuta all'indirizzo \param{buf}. Il
1432 comportamento della funzione dipende dal valore dell'argomento \param{cmd},
1433 che specifica il tipo di azione da eseguire. I valori possibili
1434 per \param{cmd} sono:
1435 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.6cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
1436 \item[\const{IPC\_STAT}] Legge le informazioni riguardo la coda nella
1437 struttura \struct{msqid\_ds} indicata da \param{buf}. Occorre avere il
1438 permesso di lettura sulla coda.
1439 \item[\const{IPC\_RMID}] Rimuove la coda, cancellando tutti i dati, con
1440 effetto immediato. Tutti i processi che cercheranno di accedere alla coda
1441 riceveranno un errore di \errcode{EIDRM}, e tutti processi in attesa su
1442 funzioni di lettura o di scrittura sulla coda saranno svegliati ricevendo
1443 il medesimo errore. Questo comando può essere eseguito solo da un processo
1444 con \ids{UID} effettivo corrispondente al creatore o al proprietario della
1445 coda, o all'amministratore.
1446 \item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
1447 della coda, ed il limite massimo sulle dimensioni del totale dei messaggi in
1448 essa contenuti (\var{msg\_qbytes}). I valori devono essere passati in una
1449 struttura \struct{msqid\_ds} puntata da \param{buf}. Per modificare i
1450 valori di \var{msg\_perm.mode}, \var{msg\_perm.uid} e \var{msg\_perm.gid}
1451 occorre essere il proprietario o il creatore della coda, oppure
1452 l'amministratore e lo stesso vale per \var{msg\_qbytes}. Infine solo
1453 l'amministratore (più precisamente un processo con la capacità
1454 \itindex{capability} \const{CAP\_IPC\_RESOURCE}) ha la facoltà di
1455 incrementarne il valore a limiti superiori a \const{MSGMNB}. Se eseguita con
1456 successo la funzione aggiorna anche il campo \var{msg\_ctime}.
1459 A questi tre valori, che sono quelli previsti dallo standard, su Linux se ne
1460 affiancano altri tre (\const{IPC\_INFO}, \const{MSG\_STAT} e
1461 \const{MSG\_INFO}) introdotti ad uso del programma \cmd{ipcs} per ottenere le
1462 informazioni generali relative alle risorse usate dalle code di
1463 messaggi. Questi potranno essere modificati o rimossi in favore dell'uso di
1464 \texttt{/proc}, per cui non devono essere usati e non li tratteremo.
1466 Una volta che si abbia a disposizione l'identificatore, per inviare un
1467 messaggio su una coda si utilizza la funzione di sistema \funcd{msgsnd}, il
1474 \fdecl{int msgsnd(int msqid, struct msgbuf *msgp, size\_t msgsz, int msgflg)}
1475 \fdesc{Invia un messaggio su una coda.}
1478 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
1479 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1481 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i privilegi di accesso sulla coda.
1482 \item[\errcode{EAGAIN}] il messaggio non può essere inviato perché si è
1483 superato il limite \var{msg\_qbytes} sul numero massimo di byte presenti
1484 sulla coda, e si è richiesto \const{IPC\_NOWAIT} in \param{flag}.
1485 \item[\errcode{EIDRM}] la coda è stata cancellata.
1486 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un \param{msgid} invalido, o un
1487 valore non positivo per \param{mtype}, o un valore di \param{msgsz}
1488 maggiore di \const{MSGMAX}.
1490 ed inoltre \errval{EFAULT}, \errval{EINTR} e \errval{ENOMEM} nel loro
1491 significato generico.}
1494 La funzione inserisce il messaggio sulla coda specificata da \param{msqid}; il
1495 messaggio ha lunghezza specificata da \param{msgsz} ed è passato attraverso il
1496 l'argomento \param{msgp}. Quest'ultimo deve venire passato sempre come
1497 puntatore ad una struttura \struct{msgbuf} analoga a quella riportata in
1498 fig.~\ref{fig:ipc_msbuf} che è quella che deve contenere effettivamente il
1499 messaggio. La dimensione massima per il testo di un messaggio non può
1500 comunque superare il limite \const{MSGMAX}.
1502 \begin{figure}[!htb]
1503 \footnotesize \centering
1504 \begin{minipage}[c]{0.8\textwidth}
1505 \includestruct{listati/msgbuf.h}
1508 \caption{Schema della struttura \structd{msgbuf}, da utilizzare come
1509 argomento per inviare/ricevere messaggi.}
1510 \label{fig:ipc_msbuf}
1513 La struttura di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf} è comunque solo un modello, tanto che
1514 la definizione contenuta in \headfile{sys/msg.h} usa esplicitamente per il
1515 secondo campo il valore \code{mtext[1]}, che non è di nessuna utilità ai fini
1516 pratici. La sola cosa che conta è che la struttura abbia come primo membro un
1517 campo \var{mtype} come nell'esempio; esso infatti serve ad identificare il
1518 tipo di messaggio e deve essere sempre specificato come intero positivo di
1519 tipo \ctyp{long}. Il campo \var{mtext} invece può essere di qualsiasi tipo e
1520 dimensione, e serve a contenere il testo del messaggio.
1522 In generale pertanto per inviare un messaggio con \func{msgsnd} si usa
1523 ridefinire una struttura simile a quella di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}, adattando
1524 alle proprie esigenze il campo \var{mtype}, (o ridefinendo come si vuole il
1525 corpo del messaggio, anche con più campi o con strutture più complesse) avendo
1526 però la cura di mantenere nel primo campo un valore di tipo \ctyp{long} che ne
1529 Si tenga presente che la lunghezza che deve essere indicata in questo
1530 argomento è solo quella del messaggio, non quella di tutta la struttura, se
1531 cioè \var{message} è una propria struttura che si passa alla funzione,
1532 \param{msgsz} dovrà essere uguale a \code{sizeof(message)-sizeof(long)}, (se
1533 consideriamo il caso dell'esempio in fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}, \param{msgsz}
1534 dovrà essere pari a \const{LENGTH}).
1536 Per capire meglio il funzionamento della funzione riprendiamo in
1537 considerazione la struttura della coda illustrata in
1538 fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema}. Alla chiamata di \func{msgsnd} il nuovo messaggio
1539 sarà aggiunto in fondo alla lista inserendo una nuova struttura \struct{msg},
1540 il puntatore \var{msg\_last} di \struct{msqid\_ds} verrà aggiornato, come pure
1541 il puntatore al messaggio successivo per quello che era il precedente ultimo
1542 messaggio; il valore di \var{mtype} verrà mantenuto in \var{msg\_type} ed il
1543 valore di \param{msgsz} in \var{msg\_ts}; il testo del messaggio sarà copiato
1544 all'indirizzo specificato da \var{msg\_spot}.
1546 Il valore dell'argomento \param{flag} permette di specificare il comportamento
1547 della funzione. Di norma, quando si specifica un valore nullo, la funzione
1548 ritorna immediatamente a meno che si sia ecceduto il valore di
1549 \var{msg\_qbytes}, o il limite di sistema sul numero di messaggi, nel qual
1550 caso si blocca. Se si specifica per \param{flag} il valore
1551 \const{IPC\_NOWAIT} la funzione opera in modalità non-bloccante, ed in questi
1552 casi ritorna immediatamente con un errore di \errcode{EAGAIN}.
1554 Se non si specifica \const{IPC\_NOWAIT} la funzione resterà bloccata fintanto
1555 che non si liberano risorse sufficienti per poter inserire nella coda il
1556 messaggio, nel qual caso ritornerà normalmente. La funzione può ritornare con
1557 una condizione di errore anche in due altri casi: quando la coda viene rimossa
1558 (nel qual caso si ha un errore di \errcode{EIDRM}) o quando la funzione viene
1559 interrotta da un segnale (nel qual caso si ha un errore di \errcode{EINTR}).
1561 Una volta completato con successo l'invio del messaggio sulla coda, la
1562 funzione aggiorna i dati mantenuti in \struct{msqid\_ds}, in particolare
1565 \item Il valore di \var{msg\_lspid}, che viene impostato al \ids{PID} del
1567 \item Il valore di \var{msg\_qnum}, che viene incrementato di uno.
1568 \item Il valore \var{msg\_stime}, che viene impostato al tempo corrente.
1571 La funzione di sistema che viene utilizzata per estrarre un messaggio da una
1572 coda è \funcd{msgrcv}, ed il suo prototipo è:
1578 \fdecl{ssize\_t msgrcv(int msqid, struct msgbuf *msgp, size\_t msgsz,
1579 long msgtyp, int msgflg)}
1580 \fdesc{Legge un messaggio da una coda.}
1583 {La funzione ritorna il numero di byte letti in caso di successo e $-1$ per un
1584 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1586 \item[\errcode{E2BIG}] il testo del messaggio è più lungo di \param{msgsz} e
1587 non si è specificato \const{MSG\_NOERROR} in \param{msgflg}.
1588 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i privilegi di accesso sulla coda.
1589 \item[\errcode{EIDRM}] la coda è stata cancellata.
1590 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale mentre
1591 era in attesa di ricevere un messaggio.
1592 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un \param{msgid} invalido o un
1593 valore di \param{msgsz} negativo.
1595 ed inoltre \errval{EFAULT} nel suo significato generico.}
1598 La funzione legge un messaggio dalla coda specificata da \param{msqid},
1599 scrivendolo sulla struttura puntata da \param{msgp}, che dovrà avere un
1600 formato analogo a quello di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}. Una volta estratto, il
1601 messaggio sarà rimosso dalla coda. L'argomento \param{msgsz} indica la
1602 lunghezza massima del testo del messaggio (equivalente al valore del parametro
1603 \const{LENGTH} nell'esempio di fig.~\ref{fig:ipc_msbuf}).
1605 Se il testo del messaggio ha lunghezza inferiore a \param{msgsz} esso viene
1606 rimosso dalla coda; in caso contrario, se \param{msgflg} è impostato a
1607 \const{MSG\_NOERROR}, il messaggio viene troncato e la parte in eccesso viene
1608 perduta, altrimenti il messaggio non viene estratto e la funzione ritorna con
1609 un errore di \errcode{E2BIG}.
1611 L'argomento \param{msgtyp} permette di restringere la ricerca ad un
1612 sottoinsieme dei messaggi presenti sulla coda; la ricerca infatti è fatta con
1613 una scansione della struttura mostrata in fig.~\ref{fig:ipc_mq_schema},
1614 restituendo il primo messaggio incontrato che corrisponde ai criteri
1615 specificati (che quindi, visto come i messaggi vengono sempre inseriti dalla
1616 coda, è quello meno recente); in particolare:
1618 \item se \param{msgtyp} è 0 viene estratto il messaggio in cima alla coda, cioè
1619 quello fra i presenti che è stato inserito per primo.
1620 \item se \param{msgtyp} è positivo viene estratto il primo messaggio il cui
1621 tipo (il valore del campo \var{mtype}) corrisponde al valore di
1623 \item se \param{msgtyp} è negativo viene estratto il primo fra i messaggi con
1624 il valore più basso del tipo, fra tutti quelli il cui tipo ha un valore
1625 inferiore al valore assoluto di \param{msgtyp}.
1628 Il valore di \param{msgflg} permette di controllare il comportamento della
1629 funzione, esso può essere nullo o una maschera binaria composta da uno o più
1630 valori. Oltre al precedente \const{MSG\_NOERROR}, sono possibili altri due
1631 valori: \const{MSG\_EXCEPT}, che permette, quando \param{msgtyp} è positivo,
1632 di leggere il primo messaggio nella coda con tipo diverso da \param{msgtyp}, e
1633 \const{IPC\_NOWAIT} che causa il ritorno immediato della funzione quando non
1634 ci sono messaggi sulla coda.
1636 Il comportamento usuale della funzione infatti, se non ci sono messaggi
1637 disponibili per la lettura, è di bloccare il processo. Nel caso però si sia
1638 specificato \const{IPC\_NOWAIT} la funzione ritorna immediatamente con un
1639 errore \errcode{ENOMSG}. Altrimenti la funzione ritorna normalmente non appena
1640 viene inserito un messaggio del tipo desiderato, oppure ritorna con errore
1641 qualora la coda sia rimossa (con \var{errno} impostata a \errcode{EIDRM}) o se
1642 il processo viene interrotto da un segnale (con \var{errno} impostata a
1645 Una volta completata con successo l'estrazione del messaggio dalla coda, la
1646 funzione aggiorna i dati mantenuti in \struct{msqid\_ds}, in particolare
1649 \item Il valore di \var{msg\_lrpid}, che viene impostato al \ids{PID} del
1651 \item Il valore di \var{msg\_qnum}, che viene decrementato di uno.
1652 \item Il valore \var{msg\_rtime}, che viene impostato al tempo corrente.
1655 Le code di messaggi presentano il solito problema di tutti gli oggetti del
1656 \textit{SysV-IPC} che essendo questi permanenti restano nel sistema occupando
1657 risorse anche quando un processo è terminato, al contrario delle \textit{pipe}
1658 per le quali tutte le risorse occupate vengono rilasciate quanto l'ultimo
1659 processo che le utilizzava termina. Questo comporta che in caso di errori si
1660 può saturare il sistema, e che devono comunque essere esplicitamente previste
1661 delle funzioni di rimozione in caso di interruzioni o uscite dal programma
1662 (come vedremo in fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_server}).
1664 L'altro problema è che non facendo uso di file descriptor le tecniche di
1665 \textit{I/O multiplexing} descritte in sez.~\ref{sec:file_multiplexing} non
1666 possono essere utilizzate, e non si ha a disposizione niente di analogo alle
1667 funzioni \func{select} e \func{poll}. Questo rende molto scomodo usare più di
1668 una di queste strutture alla volta; ad esempio non si può scrivere un server
1669 che aspetti un messaggio su più di una coda senza fare ricorso ad una tecnica
1670 di \itindex{polling} \textit{polling} che esegua un ciclo di attesa su
1673 Come esempio dell'uso delle code di messaggi possiamo riscrivere il nostro
1674 server di \textit{fortunes} usando queste al posto delle \textit{fifo}. In
1675 questo caso useremo una sola coda di messaggi, usando il tipo di messaggio per
1676 comunicare in maniera indipendente con client diversi.
1678 \begin{figure}[!htbp]
1679 \footnotesize \centering
1680 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1681 \includecodesample{listati/MQFortuneServer.c}
1684 \caption{Sezione principale del codice del server di \textit{fortunes}
1685 basato sulle \textit{message queue}.}
1686 \label{fig:ipc_mq_fortune_server}
1689 In fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_server} si è riportato un estratto delle parti
1690 principali del codice del nuovo server (il codice completo è nel file
1691 \file{MQFortuneServer.c} nei sorgenti allegati). Il programma è basato su un
1692 uso accorto della caratteristica di poter associate un ``tipo'' ai messaggi
1693 per permettere una comunicazione indipendente fra il server ed i vari client,
1694 usando il \ids{PID} di questi ultimi come identificativo. Questo è possibile
1695 in quanto, al contrario di una \textit{fifo}, la lettura di una coda di
1696 messaggi può non essere sequenziale, proprio grazie alla classificazione dei
1697 messaggi sulla base del loro tipo.
1699 Il programma, oltre alle solite variabili per il nome del file da cui leggere
1700 le \textit{fortunes} e per il vettore di stringhe che contiene le frasi,
1701 definisce due strutture appositamente per la comunicazione; con
1702 \var{msgbuf\_read} vengono passate (\texttt{\small 8-11}) le richieste mentre
1703 con \var{msgbuf\_write} vengono restituite (\texttt{\small 12-15}) le frasi.
1705 La gestione delle opzioni si è al solito omessa, essa si curerà di impostare
1706 nella variabile \var{n} il numero di frasi da leggere specificato a linea di
1707 comando ed in \var{fortunefilename} il file da cui leggerle. Dopo aver
1708 installato (\texttt{\small 19-21}) i gestori dei segnali per trattare
1709 l'uscita dal server, viene prima controllato (\texttt{\small 22}) il numero di
1710 frasi richieste abbia senso (cioè sia maggiore di zero), le quali poi vengono
1711 lette (\texttt{\small 23}) nel vettore in memoria con la stessa funzione
1712 \code{FortuneParse} usata anche per il server basato sulle \textit{fifo}.
1714 Una volta inizializzato il vettore di stringhe coi messaggi presi dal file
1715 delle \textit{fortune} si procede (\texttt{\small 25}) con la generazione di
1716 una chiave per identificare la coda di messaggi (si usa il nome del file dei
1717 sorgenti del server) con la quale poi si esegue (\texttt{\small 26}) la
1718 creazione della stessa (si noti come si sia chiamata \func{msgget} con un
1719 valore opportuno per l'argomento \param{flag}), avendo cura di abortire il
1720 programma (\texttt{\small 27-29}) in caso di errore.
1722 Finita la fase di inizializzazione il server prima (\texttt{\small 32}) chiama
1723 la funzione \func{daemon} per andare in background e poi esegue in permanenza
1724 il ciclo principale (\texttt{\small 33-40}). Questo inizia (\texttt{\small
1725 34}) con il porsi in attesa di un messaggio di richiesta da parte di un
1726 client. Si noti infatti come \func{msgrcv} richieda un messaggio con
1727 \var{mtype} uguale a 1, questo è il valore usato per le richieste dato che
1728 corrisponde al \ids{PID} di \cmd{init}, che non può essere un client. L'uso
1729 del flag \const{MSG\_NOERROR} è solo per sicurezza, dato che i messaggi di
1730 richiesta sono di dimensione fissa (e contengono solo il \ids{PID} del
1733 Se non sono presenti messaggi di richiesta \func{msgrcv} si bloccherà,
1734 ritornando soltanto in corrispondenza dell'arrivo sulla coda di un messaggio
1735 di richiesta da parte di un client, in tal caso il ciclo prosegue
1736 (\texttt{\small 35}) selezionando una frase a caso, copiandola (\texttt{\small
1737 36}) nella struttura \var{msgbuf\_write} usata per la risposta e
1738 calcolandone (\texttt{\small 37}) la dimensione.
1740 Per poter permettere a ciascun client di ricevere solo la risposta indirizzata
1741 a lui il tipo del messaggio in uscita viene inizializzato (\texttt{\small 38})
1742 al valore del \ids{PID} del client ricevuto nel messaggio di richiesta.
1743 L'ultimo passo del ciclo (\texttt{\small 39}) è inviare sulla coda il
1744 messaggio di risposta. Si tenga conto che se la coda è piena anche questa
1745 funzione potrà bloccarsi fintanto che non venga liberato dello spazio.
1747 Si noti che il programma può terminare solo grazie ad una interruzione da
1748 parte di un segnale; in tal caso verrà eseguito (\texttt{\small 45-48}) il
1749 gestore \code{HandSIGTERM}, che semplicemente si limita a cancellare la coda
1750 (\texttt{\small 46}) ed ad uscire (\texttt{\small 47}).
1752 \begin{figure}[!htbp]
1753 \footnotesize \centering
1754 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
1755 \includecodesample{listati/MQFortuneClient.c}
1758 \caption{Sezione principale del codice del client di \textit{fortunes}
1759 basato sulle \textit{message queue}.}
1760 \label{fig:ipc_mq_fortune_client}
1763 In fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_client} si è riportato un estratto il codice
1764 del programma client. Al solito il codice completo è con i sorgenti allegati,
1765 nel file \file{MQFortuneClient.c}. Come sempre si sono rimosse le parti
1766 relative alla gestione delle opzioni, ed in questo caso, anche la
1767 dichiarazione delle variabili, che, per la parte relative alle strutture usate
1768 per la comunicazione tramite le code, sono le stesse viste in
1769 fig.~\ref{fig:ipc_mq_fortune_server}.
1771 Il client in questo caso è molto semplice; la prima parte del programma
1772 (\texttt{\small 4-9}) si occupa di accedere alla coda di messaggi, ed è
1773 identica a quanto visto per il server, solo che in questo caso \func{msgget}
1774 non viene chiamata con il flag di creazione in quanto la coda deve essere
1775 preesistente. In caso di errore (ad esempio se il server non è stato avviato)
1776 il programma termina immediatamente.
1778 Una volta acquisito l'identificatore della coda il client compone
1779 (\texttt{\small 12-13}) il messaggio di richiesta in \var{msg\_read}, usando
1780 1 per il tipo ed inserendo il proprio \ids{PID} come dato da passare al
1781 server. Calcolata (\texttt{\small 14}) la dimensione, provvede
1782 (\texttt{\small 15}) ad immettere la richiesta sulla coda.
1784 A questo punto non resta che rileggere la risposta (\texttt{\small 16}) dalla
1785 coda del server richiedendo a \func{msgrcv} di selezionare i messaggi di tipo
1786 corrispondente al valore del \ids{PID} inviato nella richiesta. L'ultimo passo
1787 (\texttt{\small 17}) prima di uscire è quello di stampare a video il messaggio
1790 Proviamo allora il nostro nuovo sistema, al solito occorre definire
1791 \code{LD\_LIBRARY\_PATH} per accedere alla libreria \file{libgapil.so}, dopo
1792 di che, in maniera del tutto analoga a quanto fatto con il programma che usa
1793 le \textit{fifo}, potremo far partire il server con:
1795 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./mqfortuned -n10}
1798 come nel caso precedente, avendo eseguito il server in background, il comando
1799 ritornerà immediatamente; potremo però verificare con \cmd{ps} che il
1800 programma è effettivamente in esecuzione, e che ha creato una coda di
1803 [piccardi@gont sources]$ \textbf{ipcs}
1805 ------ Shared Memory Segments --------
1806 key shmid owner perms bytes nattch status
1808 ------ Semaphore Arrays --------
1809 key semid owner perms nsems
1811 ------ Message Queues --------
1812 key msqid owner perms used-bytes messages
1813 0x0102dc6a 0 piccardi 666 0 0
1816 a questo punto potremo usare il client per ottenere le nostre frasi:
1818 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./mqfortune}
1819 Linux ext2fs has been stable for a long time, now it's time to break it
1820 -- Linuxkongreß '95 in Berlin
1821 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./mqfortune}
1822 Let's call it an accidental feature.
1825 con un risultato del tutto equivalente al precedente. Infine potremo chiudere
1826 il server inviando il segnale di terminazione con il comando \code{killall
1827 mqfortuned}, verificando che effettivamente la coda di messaggi venga
1830 Benché funzionante questa architettura risente dello stesso inconveniente
1831 visto anche nel caso del precedente server basato sulle \textit{fifo}; se il
1832 client viene interrotto dopo l'invio del messaggio di richiesta e prima della
1833 lettura della risposta, quest'ultima resta nella coda (così come per le
1834 \textit{fifo} si aveva il problema delle \textit{fifo} che restavano nel
1835 filesystem). In questo caso però il problemi sono maggiori, sia perché è molto
1836 più facile esaurire la memoria dedicata ad una coda di messaggi che gli
1837 \itindex{inode} \textit{inode} di un filesystem, sia perché, con il riutilizzo
1838 dei \ids{PID} da parte dei processi, un client eseguito in un momento
1839 successivo potrebbe ricevere un messaggio non indirizzato a lui.
1842 \subsection{I semafori}
1843 \label{sec:ipc_sysv_sem}
1845 I semafori non sono propriamente meccanismi di intercomunicazione come
1846 \textit{pipe}, \textit{fifo} e code di messaggi, poiché non consentono di
1847 scambiare dati fra processi, ma servono piuttosto come meccanismi di
1848 sincronizzazione o di protezione per le \index{sezione~critica}
1849 \textsl{sezioni critiche} del codice (si ricordi quanto detto in
1850 sez.~\ref{sec:proc_race_cond}). Un semaforo infatti non è altro che un
1851 contatore mantenuto nel kernel che determina se consentire o meno la
1852 prosecuzione dell'esecuzione di un programma. In questo modo si può
1853 controllare l'accesso ad una risorsa condivisa da più processi, associandovi
1854 un semaforo che assicuri che non possa essere usata da più di un processo alla
1857 Il concetto di semaforo è uno dei concetti base nella programmazione ed è
1858 assolutamente generico, così come del tutto generali sono modalità con cui lo
1859 si utilizza. Un processo che deve accedere ad una risorsa condivisa eseguirà
1860 un controllo del semaforo: se questo è positivo il suo valore sarà
1861 decrementato, indicando che si è consumato una unità della risorsa, ed il
1862 processo potrà proseguire nell'utilizzo di quest'ultima, provvedendo a
1863 rilasciarla, una volta completate le operazioni volute, reincrementando il
1866 Se al momento del controllo il valore del semaforo è nullo la risorsa viene
1867 considerata non disponibile, ed il processo si bloccherà fin quando chi la sta
1868 utilizzando non la rilascerà, incrementando il valore del semaforo. Non appena
1869 il semaforo diventa positivo, indicando che la risorsa è tornata disponibile,
1870 il processo bloccato in attesa riprenderà l'esecuzione, e potrà operare come
1871 nel caso precedente (decremento del semaforo, accesso alla risorsa, incremento
1874 Per poter implementare questo tipo di logica le operazioni di controllo e
1875 decremento del contatore associato al semaforo devono essere atomiche,
1876 pertanto una realizzazione di un oggetto di questo tipo è necessariamente
1877 demandata al kernel. La forma più semplice di semaforo è quella del
1878 \textsl{semaforo binario}, o \textit{mutex}, in cui un valore diverso da zero
1879 (normalmente 1) indica la libertà di accesso, e un valore nullo l'occupazione
1880 della risorsa. In generale però si possono usare semafori con valori interi,
1881 utilizzando il valore del contatore come indicatore del ``numero di risorse''
1884 Il sistema di intercomunicazione di \textit{SysV-IPC} prevede anche una
1885 implementazione dei semafori, ma gli oggetti utilizzati sono tuttavia non
1886 semafori singoli, ma gruppi (più propriamente \textsl{insiemi}) di semafori
1887 detti ``\textit{semaphore set}''. La funzione di sistema che permette di
1888 creare o ottenere l'identificatore di un insieme di semafori è \funcd{semget},
1889 ed il suo prototipo è:
1895 \fdecl{int semget(key\_t key, int nsems, int flag)}
1896 \fdesc{Restituisce l'identificatore di un insieme di semafori.}
1899 {La funzione ritorna l'identificatore (un intero positivo) in caso di successo
1900 e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
1902 \item[\errcode{ENOSPC}] si è superato il limite di sistema per il numero
1903 totale di semafori (\const{SEMMNS}) o di insiemi (\const{SEMMNI}).
1904 \item[\errcode{EINVAL}] \param{nsems} è minore di zero o maggiore del limite
1905 sul numero di semafori di un insieme (\const{SEMMSL}), o se l'insieme già
1906 esiste, maggiore del numero di semafori che contiene.
1907 \item[\errcode{ENOMEM}] il sistema non ha abbastanza memoria per poter
1908 contenere le strutture per un nuovo insieme di semafori.
1910 ed inoltre \errval{EACCES}, \errval{EEXIST}, \errval{EIDRM} e
1911 \errval{ENOENT} con lo stesso significato che hanno per \func{msgget}.}
1914 La funzione è del tutto analoga a \func{msgget}, solo che in questo caso
1915 restituisce l'identificatore di un insieme di semafori, in particolare è
1916 identico l'uso degli argomenti \param{key} e \param{flag}, per cui non
1917 ripeteremo quanto detto al proposito in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq}. L'argomento
1918 \param{nsems} permette di specificare quanti semafori deve contenere l'insieme
1919 quando se ne richieda la creazione, e deve essere nullo quando si effettua una
1920 richiesta dell'identificatore di un insieme già esistente.
1922 Purtroppo questa implementazione complica inutilmente lo schema elementare che
1923 abbiamo descritto, dato che non è possibile definire un singolo semaforo, ma
1924 se ne deve creare per forza un insieme. Ma questa in definitiva è solo una
1925 complicazione inutile dell'interfaccia, il problema è che i semafori forniti
1926 dal \textit{SysV-IPC} soffrono di altri due difetti progettuali molto più
1929 Il primo difetto è che non esiste una funzione che permetta di creare ed
1930 inizializzare un semaforo in un'unica chiamata; occorre prima creare l'insieme
1931 dei semafori con \func{semget} e poi inizializzarlo con \func{semctl}, si
1932 perde così ogni possibilità di eseguire l'operazione atomicamente. Eventuali
1933 accessi che possono avvenire fra la creazione e l'inizializzazione potranno
1934 avere effetti imprevisti.
1936 Il secondo difetto deriva dalla caratteristica generale degli oggetti del
1937 \textit{SysV-IPC} di essere risorse globali di sistema, che non vengono
1938 cancellate quando nessuno le usa più. In questo caso il problema è più grave
1939 perché ci si a trova a dover affrontare esplicitamente il caso in cui un
1940 processo termina per un qualche errore lasciando un semaforo occupato, che
1941 resterà tale fino al successivo riavvio del sistema. Come vedremo esistono
1942 delle modalità per evitare tutto ciò, ma diventa necessario indicare
1943 esplicitamente che si vuole il ripristino del semaforo all'uscita del
1944 processo, e la gestione diventa più complicata.
1946 \begin{figure}[!htb]
1947 \footnotesize \centering
1948 \begin{minipage}[c]{.80\textwidth}
1949 \includestruct{listati/semid_ds.h}
1952 \caption{La struttura \structd{semid\_ds}, associata a ciascun insieme di
1954 \label{fig:ipc_semid_ds}
1957 A ciascun insieme di semafori è associata una struttura \struct{semid\_ds},
1958 riportata in fig.~\ref{fig:ipc_semid_ds}.\footnote{anche in questo caso in
1959 realtà il kernel usa una sua specifica struttura interna, ma i dati
1960 significativi sono sempre quelli citati.} Come nel caso delle code di
1961 messaggi quando si crea un nuovo insieme di semafori con \func{semget} questa
1962 struttura viene inizializzata. In particolare il campo \var{sem\_perm}, che
1963 esprime i permessi di accesso, viene inizializzato come illustrato in
1964 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control} (si ricordi che in questo caso il
1965 permesso di scrittura è in realtà permesso di alterare il semaforo), per
1966 quanto riguarda gli altri campi invece:
1968 \item il campo \var{sem\_nsems}, che esprime il numero di semafori
1969 nell'insieme, viene inizializzato al valore di \param{nsems}.
1970 \item il campo \var{sem\_ctime}, che esprime il tempo di ultimo cambiamento
1971 dell'insieme, viene inizializzato al tempo corrente.
1972 \item il campo \var{sem\_otime}, che esprime il tempo dell'ultima operazione
1973 effettuata, viene inizializzato a zero.
1976 \begin{figure}[!htb]
1977 \footnotesize \centering
1978 \begin{minipage}[c]{.80\textwidth}
1979 \includestruct{listati/sem.h}
1982 \caption{La struttura \structd{sem}, che contiene i dati di un singolo
1987 Ciascun semaforo dell'insieme è realizzato come una struttura di tipo
1988 \struct{sem} che ne contiene i dati essenziali, la cui definizione è riportata
1989 in fig.~\ref{fig:ipc_sem}.\footnote{in realtà in fig~\ref{fig:ipc_sem} si è
1990 riportata la definizione originaria del kernel 1.0, che contiene la prima
1991 realizzazione del \textit{SysV-IPC} in Linux; ormai questa struttura è
1992 ridotta ai soli due primi membri, e gli altri vengono calcolati
1993 dinamicamente, la si è usata solo a scopo di esempio, perché indica tutti i
1994 valori associati ad un semaforo, restituiti dalle funzioni di controllo, e
1995 citati dalle pagine di manuale.} Questa struttura non è accessibile
1996 direttamente dallo \textit{user space}, ma i valori in essa specificati
1997 possono essere letti in maniera indiretta, attraverso l'uso delle opportune
1998 funzioni di controllo. I dati mantenuti nella struttura, ed elencati in
1999 fig.~\ref{fig:ipc_sem}, indicano rispettivamente:
2000 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2001 \item[\var{semval}] il valore numerico del semaforo.
2002 \item[\var{sempid}] il \ids{PID} dell'ultimo processo che ha eseguito una
2003 operazione sul semaforo.
2004 \item[\var{semncnt}] il numero di processi in attesa che esso venga
2006 \item[\var{semzcnt}] il numero di processi in attesa che esso si annulli.
2009 Come per le code di messaggi anche per gli insiemi di semafori esistono una
2010 serie di limiti, i cui valori sono associati ad altrettante costanti, che si
2011 sono riportate in tab.~\ref{tab:ipc_sem_limits}. Alcuni di questi limiti sono
2012 al solito accessibili e modificabili attraverso \func{sysctl} o scrivendo
2013 direttamente nel file \sysctlfile{kernel/sem}.
2018 \begin{tabular}[c]{|c|r|p{8cm}|}
2020 \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{Significato} \\
2023 \const{SEMMNI}& 128 & Numero massimo di insiemi di semafori.\\
2024 \const{SEMMSL}& 250 & Numero massimo di semafori per insieme.\\
2025 \const{SEMMNS}&\const{SEMMNI}*\const{SEMMSL}& Numero massimo di semafori
2027 \const{SEMVMX}& 32767 & Massimo valore per un semaforo.\\
2028 \const{SEMOPM}& 32 & Massimo numero di operazioni per chiamata a
2030 \const{SEMMNU}&\const{SEMMNS}& Massimo numero di strutture di ripristino.\\
2031 \const{SEMUME}&\const{SEMOPM}& Massimo numero di voci di ripristino.\\
2032 \const{SEMAEM}&\const{SEMVMX}& Valore massimo per l'aggiustamento
2036 \caption{Valori delle costanti associate ai limiti degli insiemi di
2037 semafori, definite in \file{linux/sem.h}.}
2038 \label{tab:ipc_sem_limits}
2042 La funzione di sistema che permette di effettuare le varie operazioni di
2043 controllo sui semafori fra le quali, come accennato, è impropriamente compresa
2044 anche la loro inizializzazione, è \funcd{semctl}; il suo prototipo è:
2050 \fdecl{int semctl(int semid, int semnum, int cmd)}
2051 \fdecl{int semctl(int semid, int semnum, int cmd, union semun arg)}
2052 \fdesc{Esegue le operazioni di controllo su un semaforo o un insieme di
2056 {La funzione ritorna in caso di successo un valore positivo quanto usata con
2057 tre argomenti ed un valore nullo quando usata con quattro e $-1$ per un
2058 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2060 \item[\errcode{EACCES}] i permessi assegnati al semaforo non consentono
2061 l'operazione di lettura o scrittura richiesta e non si hanno i privilegi
2063 \item[\errcode{EIDRM}] l'insieme di semafori è stato cancellato.
2064 \item[\errcode{EPERM}] si è richiesto \const{IPC\_SET} o \const{IPC\_RMID}
2065 ma il processo non è né il creatore né il proprietario del semaforo e
2066 non ha i privilegi di amministratore.
2067 \item[\errcode{ERANGE}] si è richiesto \const{SETALL} \const{SETVAL} ma il
2068 valore a cui si vuole impostare il semaforo è minore di zero o maggiore
2071 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL} nel loro significato
2075 La funzione può avere tre o quattro argomenti, a seconda dell'operazione
2076 specificata con \param{cmd}, ed opera o sull'intero insieme specificato da
2077 \param{semid} o sul singolo semaforo di un insieme, specificato da
2080 \begin{figure}[!htb]
2081 \footnotesize \centering
2082 \begin{minipage}[c]{0.80\textwidth}
2083 \includestruct{listati/semun.h}
2086 \caption{La definizione dei possibili valori di una \direct{union}
2087 \structd{semun}, usata come quarto argomento della funzione
2089 \label{fig:ipc_semun}
2092 Qualora la funzione operi con quattro argomenti \param{arg} è un argomento
2093 generico, che conterrà un dato diverso a seconda dell'azione richiesta; per
2094 unificare detto argomento esso deve essere passato come una unione
2095 \struct{semun}, la cui definizione, con i possibili valori che può assumere, è
2096 riportata in fig.~\ref{fig:ipc_semun}.
2098 Nelle versioni più vecchie delle \acr{glibc} questa unione veniva definita in
2099 \file{sys/sem.h}, ma nelle versioni più recenti questo non avviene più in
2100 quanto lo standard POSIX.1-2001 richiede che sia sempre definita a cura del
2101 chiamante. In questa seconda evenienza le \acr{glibc} definiscono però la
2102 macro \macro{\_SEM\_SEMUN\_UNDEFINED} che può essere usata per controllare la
2105 Come già accennato sia il comportamento della funzione che il numero di
2106 argomenti con cui deve essere invocata dipendono dal valore dell'argomento
2107 \param{cmd}, che specifica l'azione da intraprendere. Per questo argomento i
2108 valori validi, quelli cioè che non causano un errore di \errcode{EINVAL}, sono
2110 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.6cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2111 \item[\const{IPC\_STAT}] Legge i dati dell'insieme di semafori, copiandone i
2112 valori nella struttura \struct{semid\_ds} posta all'indirizzo specificato
2113 con \var{arg.buf}. Occorre avere il permesso di lettura.
2114 L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
2115 \item[\const{IPC\_RMID}] Rimuove l'insieme di semafori e le relative strutture
2116 dati, con effetto immediato. Tutti i processi che erano bloccati in attesa
2117 vengono svegliati, ritornando con un errore di \errcode{EIDRM}. L'\ids{UID}
2118 effettivo del processo deve corrispondere o al creatore o al proprietario
2119 dell'insieme, o all'amministratore. L'argomento
2120 \param{semnum} viene ignorato.
2121 \item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
2122 dell'insieme. I valori devono essere passati in una struttura
2123 \struct{semid\_ds} puntata da \param{arg.buf} di cui saranno usati soltanto
2124 i campi \var{sem\_perm.uid}, \var{sem\_perm.gid} e i nove bit meno
2125 significativi di \var{sem\_perm.mode}. La funziona aggiorna anche il campo
2126 \var{sem\_ctime}. L'\ids{UID} effettivo del processo deve corrispondere o
2127 al creatore o al proprietario dell'insieme, o all'amministratore.
2128 L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
2129 \item[\const{GETALL}] Restituisce il valore corrente di ciascun semaforo
2130 dell'insieme (corrispondente al campo \var{semval} di \struct{sem}) nel
2131 vettore indicato da \param{arg.array}. Occorre avere il permesso di lettura.
2132 L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
2133 \item[\const{GETNCNT}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il
2134 numero di processi in attesa che il semaforo \param{semnum} dell'insieme
2135 \param{semid} venga incrementato (corrispondente al campo \var{semncnt} di
2136 \struct{sem}). Va invocata con tre argomenti. Occorre avere il permesso di
2138 \item[\const{GETPID}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il
2139 \ids{PID} dell'ultimo processo che ha compiuto una operazione sul semaforo
2140 \param{semnum} dell'insieme \param{semid} (corrispondente al campo
2141 \var{sempid} di \struct{sem}). Va invocata con tre argomenti. Occorre avere
2142 il permesso di lettura.
2143 \item[\const{GETVAL}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il il
2144 valore corrente del semaforo \param{semnum} dell'insieme \param{semid}
2145 (corrispondente al campo \var{semval} di \struct{sem}). Va invocata con tre
2146 argomenti. Occorre avere il permesso di lettura.
2147 \item[\const{GETZCNT}] Restituisce come valore di ritorno della funzione il
2148 numero di processi in attesa che il valore del semaforo \param{semnum}
2149 dell'insieme \param{semid} diventi nullo (corrispondente al campo
2150 \var{semncnt} di \struct{sem}). Va invocata con tre argomenti. Occorre
2151 avere il permesso di lettura.
2152 \item[\const{SETALL}] Inizializza il valore di tutti i semafori dell'insieme,
2153 aggiornando il campo \var{sem\_ctime} di \struct{semid\_ds}. I valori devono
2154 essere passati nel vettore indicato da \param{arg.array}. Si devono avere i
2155 privilegi di scrittura. L'argomento \param{semnum} viene ignorato.
2156 \item[\const{SETVAL}] Inizializza il semaforo \param{semnum} al valore passato
2157 dall'argomento \param{arg.val}, aggiornando il campo \var{sem\_ctime} di
2158 \struct{semid\_ds}. Si devono avere i privilegi di scrittura.
2161 Come per \func{msgctl} esistono tre ulteriori valori, \const{IPC\_INFO},
2162 \const{SEM\_STAT} e \const{SEM\_INFO}, specifici di Linux e fuori da ogni
2163 standard, creati specificamente ad uso del comando \cmd{ipcs}. Dato che anche
2164 questi potranno essere modificati o rimossi, non devono essere utilizzati e
2165 pertanto non li tratteremo.
2167 Quando si imposta il valore di un semaforo (sia che lo si faccia per tutto
2168 l'insieme con \const{SETALL}, che per un solo semaforo con \const{SETVAL}), i
2169 processi in attesa su di esso reagiscono di conseguenza al cambiamento di
2170 valore. Inoltre la coda delle operazioni di ripristino viene cancellata per
2171 tutti i semafori il cui valore viene modificato.
2176 \begin{tabular}[c]{|c|l|}
2178 \textbf{Operazione} & \textbf{Valore restituito} \\
2181 \const{GETNCNT}& Valore di \var{semncnt}.\\
2182 \const{GETPID} & Valore di \var{sempid}.\\
2183 \const{GETVAL} & Valore di \var{semval}.\\
2184 \const{GETZCNT}& Valore di \var{semzcnt}.\\
2187 \caption{Valori di ritorno della funzione \func{semctl}.}
2188 \label{tab:ipc_semctl_returns}
2191 Il valore di ritorno della funzione in caso di successo dipende
2192 dall'operazione richiesta; per tutte le operazioni che richiedono quattro
2193 argomenti esso è sempre nullo, per le altre operazioni, elencate in
2194 tab.~\ref{tab:ipc_semctl_returns} viene invece restituito il valore richiesto,
2195 corrispondente al campo della struttura \struct{sem} indicato nella seconda
2196 colonna della tabella.
2198 Le operazioni ordinarie sui semafori, come l'acquisizione o il rilascio degli
2199 stessi (in sostanza tutte quelle non comprese nell'uso di \func{semctl})
2200 vengono effettuate con la funzione di sistema \funcd{semop}, il cui prototipo
2207 \fdecl{int semop(int semid, struct sembuf *sops, unsigned nsops)}
2208 \fdesc{Esegue operazioni ordinarie su un semaforo o un insieme di semafori.}
2211 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2212 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2214 \item[\errcode{E2BIG}] l'argomento \param{nsops} è maggiore del numero
2215 massimo di operazioni \const{SEMOPM}.
2216 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i permessi per eseguire
2217 l'operazione richiesta e non ha i privilegi di amministratore.
2218 \item[\errcode{EAGAIN}] un'operazione comporterebbe il blocco del processo,
2219 ma si è specificato \const{IPC\_NOWAIT} in \var{sem\_flg}.
2220 \item[\errcode{EFBIG}] il valore del campo \var{sem\_num} è negativo o
2221 maggiore o uguale al numero di semafori dell'insieme.
2222 \item[\errcode{EIDRM}] l'insieme di semafori è stato cancellato.
2223 \item[\errcode{EINTR}] la funzione, bloccata in attesa dell'esecuzione
2224 dell'operazione, viene interrotta da un segnale.
2225 \item[\errcode{ENOMEM}] si è richiesto un \const{SEM\_UNDO} ma il sistema
2226 non ha le risorse per allocare la struttura di ripristino.
2227 \item[\errcode{ERANGE}] per alcune operazioni il valore risultante del
2228 semaforo viene a superare il limite massimo \const{SEMVMX}.
2230 ed inoltre \errval{EFAULT} ed \errval{EINVAL} nel loro significato
2234 La funzione permette di eseguire operazioni multiple sui singoli semafori di
2235 un insieme. La funzione richiede come primo argomento l'identificatore
2236 \param{semid} dell'insieme su cui si vuole operare, il numero di operazioni da
2237 effettuare viene specificato con l'argomento \param{nsop}, mentre il loro
2238 contenuto viene passato con un puntatore ad un vettore di strutture
2239 \struct{sembuf} nell'argomento \param{sops}. Le operazioni richieste vengono
2240 effettivamente eseguite se e soltanto se è possibile effettuarle tutte quante,
2241 ed in tal caso vengono eseguite nella sequenza passata nel
2242 vettore \param{sops}.
2244 Con lo standard POSIX.1-2001 è stata introdotta una variante di \func{semop}
2245 che consente di specificare anche un tempo massimo di attesa. La nuova
2246 funzione di sistema, disponibile a partire dal kernel 2.4.22 e dalle
2247 \acr{glibc} 2.3.3, ed utilizzabile solo dopo aver definito la macro
2248 \macro{\_GNU\_SOURCE}, è \funcd{semtimedop}, ed il suo prototipo è:
2254 \fdecl{int semtimedop(int semid, struct sembuf *sops, unsigned nsops,
2255 struct timespec *timeout)}
2256 \fdesc{Esegue operazioni ordinarie su un semaforo o un insieme di semafori.}
2259 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2260 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2262 \item[\errcode{EAGAIN}] l'operazione comporterebbe il blocco del processo,
2263 ma si è specificato \const{IPC\_NOWAIT} in \var{sem\_flg} oppure si è
2264 atteso oltre quanto indicato da \param{timeout}.
2266 e gli altri valori già visti per \func{semop}, con lo stesso significato.}
2269 Rispetto a \func{semop} la funzione consente di specificare un tempo massimo
2270 di attesa, indicato con una struttura \struct{timespec} (vedi
2271 fig.~\ref{fig:sys_timespec_struct}), per le operazioni che verrebbero
2272 bloccate. Alla scadenza di detto tempo la funzione ritorna comunque con un
2273 errore di \errval{EAGAIN} senza che nessuna delle operazioni richieste venga
2276 Si tenga presente che la precisione della temporizzazione è comunque limitata
2277 dalla risoluzione dell'orologio di sistema, per cui il tempo di attesa verrà
2278 arrotondato per eccesso. In caso si passi un valore \val{NULL}
2279 per \param{timeout} il comportamento di \func{semtimedop} è identico a quello
2283 \begin{figure}[!htb]
2284 \footnotesize \centering
2285 \begin{minipage}[c]{.80\textwidth}
2286 \includestruct{listati/sembuf.h}
2289 \caption{La struttura \structd{sembuf}, usata per le operazioni sui
2291 \label{fig:ipc_sembuf}
2294 Come indicato il contenuto di ciascuna operazione deve essere specificato
2295 attraverso una struttura \struct{sembuf} (la cui definizione è riportata in
2296 fig.~\ref{fig:ipc_sembuf}) che il programma chiamante deve avere cura di
2297 allocare in un opportuno vettore. La struttura permette di indicare il
2298 semaforo su cui operare, il tipo di operazione, ed un flag di controllo.
2300 Il campo \var{sem\_num} serve per indicare a quale semaforo dell'insieme fa
2301 riferimento l'operazione. Si ricordi che i semafori sono numerati come gli
2302 elementi di un vettore, per cui il primo semaforo di un insieme corrisponde ad
2303 un valore nullo di \var{sem\_num}.
2305 Il campo \var{sem\_flg} è un flag, mantenuto come maschera binaria, per il
2306 quale possono essere impostati i due valori \const{IPC\_NOWAIT} e
2307 \const{SEM\_UNDO}. Impostando \const{IPC\_NOWAIT} si fa si che in tutti quei
2308 casi in cui l'esecuzione di una operazione richiederebbe di porre il processo
2309 vada nello stato di \textit{sleep}, invece di bloccarsi \func{semop} ritorni
2310 immediatamente (abortendo così le eventuali operazioni restanti) con un errore
2311 di \errcode{EAGAIN}. Impostando \const{SEM\_UNDO} si richiede invece che
2312 l'operazione in questione venga registrata, in modo che il valore del semaforo
2313 possa essere ripristinato all'uscita del processo.
2315 Infine \var{sem\_op} è il campo che controlla qual'è l'operazione che viene
2316 eseguita e determina in generale il comportamento della chiamata a
2317 \func{semop}. I casi possibili per il valore di questo campo sono tre:
2318 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.8cm}}
2319 \item[\var{sem\_op} $>0$] In questo caso il valore viene aggiunto al valore
2320 corrente di \var{semval} per il semaforo indicato. Questa operazione non
2321 causa mai un blocco del processo, ed eventualmente \func{semop} ritorna
2322 immediatamente con un errore di \errcode{ERANGE} qualora si sia superato il
2323 limite \const{SEMVMX}. Se l'operazione ha successo si passa immediatamente
2324 alla successiva. Specificando \const{SEM\_UNDO} si aggiorna il contatore
2325 per il ripristino del valore del semaforo. Al processo chiamante è richiesto
2326 il privilegio di alterazione (scrittura) sull'insieme di semafori.
2328 \item[\var{sem\_op} $=0$] Nel caso \var{semval} sia zero l'operazione ha
2329 successo immediato, e o si passa alla successiva o \func{semop} ritorna con
2330 successo se questa era l'ultima. Se \var{semval} è diverso da zero il
2331 comportamento è controllato da \var{sem\_flg}, se è stato impostato
2332 \const{IPC\_NOWAIT} \func{semop} ritorna immediatamente abortendo tutte le
2333 operazioni con un errore di \errcode{EAGAIN}, altrimenti viene incrementato
2334 \var{semzcnt} di uno ed il processo viene bloccato fintanto che non si
2335 verifica una delle condizioni seguenti:
2337 \item \var{semval} diventa zero, nel qual caso \var{semzcnt} viene
2338 decrementato di uno, l'operazione ha successo e si passa alla successiva,
2339 oppure \func{semop} ritorna con successo se questa era l'ultima.
2340 \item l'insieme di semafori viene rimosso, nel qual caso \func{semop}
2341 ritorna abortendo tutte le operazioni con un errore di \errcode{EIDRM}.
2342 \item il processo chiamante riceve un segnale, nel qual caso \var{semzcnt}
2343 viene decrementato di uno e \func{semop} ritorna abortendo tutte le
2344 operazioni con un errore di \errcode{EINTR}.
2346 Al processo chiamante è richiesto soltanto il privilegio di lettura
2347 dell'insieme dei semafori.
2349 \item[\var{sem\_op} $<0$] Nel caso in cui \var{semval} è maggiore o uguale del
2350 valore assoluto di \var{sem\_op} (se cioè la somma dei due valori resta
2351 positiva o nulla) i valori vengono sommati e l'operazione ha successo e si
2352 passa alla successiva, oppure \func{semop} ritorna con successo se questa
2353 era l'ultima. Qualora si sia impostato \const{SEM\_UNDO} viene anche
2354 aggiornato il contatore per il ripristino del valore del semaforo. In caso
2355 contrario (quando cioè la somma darebbe luogo ad un valore di \var{semval}
2356 negativo) se si è impostato \const{IPC\_NOWAIT} \func{semop} ritorna
2357 immediatamente abortendo tutte le operazioni con un errore di
2358 \errcode{EAGAIN}, altrimenti viene incrementato di uno \var{semncnt} ed il
2359 processo resta in stato di \textit{sleep} fintanto che non si ha una delle
2360 condizioni seguenti:
2362 \item \var{semval} diventa maggiore o uguale del valore assoluto di
2363 \var{sem\_op}, nel qual caso \var{semncnt} viene decrementato di uno, il
2364 valore di \var{sem\_op} viene sommato a \var{semval}, e se era stato
2365 impostato \const{SEM\_UNDO} viene aggiornato il contatore per il
2366 ripristino del valore del semaforo.
2367 \item l'insieme di semafori viene rimosso, nel qual caso \func{semop}
2368 ritorna abortendo tutte le operazioni con un errore di \errcode{EIDRM}.
2369 \item il processo chiamante riceve un segnale, nel qual caso \var{semncnt}
2370 viene decrementato di uno e \func{semop} ritorna abortendo tutte le
2371 operazioni con un errore di \errcode{EINTR}.
2373 Al processo chiamante è richiesto il privilegio di alterazione (scrittura)
2374 sull'insieme di semafori.
2377 Qualora si sia usato \func{semtimedop} alle condizioni di errore precedenti si
2378 aggiunge anche quella di scadenza del tempo di attesa indicato
2379 con \param{timeout} che farà abortire la funzione, qualora resti bloccata
2380 troppo a lungo nell'esecuzione delle operazioni richieste, con un errore di
2383 In caso di successo (sia per \func{semop} che per \func{semtimedop}) per ogni
2384 semaforo modificato verrà aggiornato il campo \var{sempid} al valore del
2385 \ids{PID} del processo chiamante; inoltre verranno pure aggiornati al tempo
2386 corrente i campi \var{sem\_otime} e \var{sem\_ctime}.
2388 Dato che, come già accennato in precedenza, in caso di uscita inaspettata i
2389 semafori possono restare occupati, abbiamo visto come \func{semop} (e
2390 \func{semtimedop}) permetta di attivare un meccanismo di ripristino attraverso
2391 l'uso del flag \const{SEM\_UNDO}. Il meccanismo è implementato tramite una
2392 apposita struttura \kstruct{sem\_undo}, associata ad ogni processo per ciascun
2393 semaforo che esso ha modificato; all'uscita i semafori modificati vengono
2394 ripristinati, e le strutture disallocate. Per mantenere coerente il
2395 comportamento queste strutture non vengono ereditate attraverso una
2396 \func{fork} (altrimenti si avrebbe un doppio ripristino), mentre passano
2397 inalterate nell'esecuzione di una \func{exec} (altrimenti non si avrebbe
2400 Tutto questo però ha un problema di fondo. Per capire di cosa si tratta
2401 occorre fare riferimento all'implementazione usata in Linux, che è riportata
2402 in maniera semplificata nello schema di fig.~\ref{fig:ipc_sem_schema}. Si è
2403 presa come riferimento l'architettura usata fino al kernel 2.2.x che è più
2404 semplice (ed illustrata in dettaglio in \cite{tlk}). Nel kernel 2.4.x la
2405 struttura del \textit{SysV-IPC} è stata modificata, ma le definizioni relative
2406 a queste strutture restano per compatibilità (in particolare con le vecchie
2407 versioni delle librerie del C, come le \acr{libc5}).
2409 \begin{figure}[!htb]
2410 \centering \includegraphics[width=12cm]{img/semtruct}
2411 \caption{Schema della struttura di un insieme di semafori.}
2412 \label{fig:ipc_sem_schema}
2415 Alla creazione di un nuovo insieme viene allocata una nuova strutture
2416 \struct{semid\_ds} ed il relativo vettore di strutture \struct{sem}. Quando si
2417 richiede una operazione viene anzitutto verificato che tutte le operazioni
2418 possono avere successo; se una di esse comporta il blocco del processo il
2419 kernel crea una struttura \kstruct{sem\_queue} che viene aggiunta in fondo
2420 alla coda di attesa associata a ciascun insieme di semafori, che viene
2421 referenziata tramite i campi \var{sem\_pending} e \var{sem\_pending\_last} di
2422 \struct{semid\_ds}. Nella struttura viene memorizzato il riferimento alle
2423 operazioni richieste (nel campo \var{sops}, che è un puntatore ad una
2424 struttura \struct{sembuf}) e al processo corrente (nel campo \var{sleeper})
2425 poi quest'ultimo viene messo stato di attesa e viene invocato lo
2426 \itindex{scheduler} \textit{scheduler} per passare all'esecuzione di un altro
2429 Se invece tutte le operazioni possono avere successo queste vengono eseguite
2430 immediatamente, dopo di che il kernel esegue una scansione della coda di
2431 attesa (a partire da \var{sem\_pending}) per verificare se qualcuna delle
2432 operazioni sospese in precedenza può essere eseguita, nel qual caso la
2433 struttura \kstruct{sem\_queue} viene rimossa e lo stato del processo associato
2434 all'operazione (\var{sleeper}) viene riportato a \textit{running}; il tutto
2435 viene ripetuto fin quando non ci sono più operazioni eseguibili o si è
2436 svuotata la coda. Per gestire il meccanismo del ripristino tutte le volte che
2437 per un'operazione si è specificato il flag \const{SEM\_UNDO} viene mantenuta
2438 per ciascun insieme di semafori una apposita struttura \kstruct{sem\_undo} che
2439 contiene (nel vettore puntato dal campo \var{semadj}) un valore di
2440 aggiustamento per ogni semaforo cui viene sommato l'opposto del valore usato
2443 Queste strutture sono mantenute in due liste (rispettivamente attraverso i due
2444 campi \var{id\_next} e \var{proc\_next}) una associata all'insieme di cui fa
2445 parte il semaforo, che viene usata per invalidare le strutture se questo viene
2446 cancellato o per azzerarle se si è eseguita una operazione con \func{semctl},
2447 l'altra associata al processo che ha eseguito l'operazione, attraverso il
2448 campo \var{semundo} di \kstruct{task\_struct}, come mostrato in
2449 \ref{fig:ipc_sem_schema}. Quando un processo termina, la lista ad esso
2450 associata viene scandita e le operazioni applicate al semaforo. Siccome un
2451 processo può accumulare delle richieste di ripristino per semafori differenti
2452 attraverso diverse chiamate a \func{semop}, si pone il problema di come
2453 eseguire il ripristino dei semafori all'uscita del processo, ed in particolare
2454 se questo può essere fatto atomicamente.
2456 Il punto è cosa succede quando una delle operazioni previste per il ripristino
2457 non può essere eseguita immediatamente perché ad esempio il semaforo è
2458 occupato; in tal caso infatti, se si pone il processo in stato di
2459 \textit{sleep} aspettando la disponibilità del semaforo (come faceva
2460 l'implementazione originaria) si perde l'atomicità dell'operazione. La scelta
2461 fatta dal kernel è pertanto quella di effettuare subito le operazioni che non
2462 prevedono un blocco del processo e di ignorare silenziosamente le altre;
2463 questo però comporta il fatto che il ripristino non è comunque garantito in
2466 Come esempio di uso dell'interfaccia dei semafori vediamo come implementare
2467 con essa dei semplici \textit{mutex} (cioè semafori binari), tutto il codice
2468 in questione, contenuto nel file \file{Mutex.c} allegato ai sorgenti, è
2469 riportato in fig.~\ref{fig:ipc_mutex_create}. Utilizzeremo l'interfaccia per
2470 creare un insieme contenente un singolo semaforo, per il quale poi useremo un
2471 valore unitario per segnalare la disponibilità della risorsa, ed un valore
2472 nullo per segnalarne l'indisponibilità.
2474 \begin{figure}[!htbp]
2475 \footnotesize \centering
2476 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2477 \includecodesample{listati/Mutex.c}
2480 \caption{Il codice delle funzioni che permettono di creare o recuperare
2481 l'identificatore di un semaforo da utilizzare come \textit{mutex}.}
2482 \label{fig:ipc_mutex_create}
2485 La prima funzione (\texttt{\small 2-15}) è \func{MutexCreate} che data una
2486 chiave crea il semaforo usato per il mutex e lo inizializza, restituendone
2487 l'identificatore. Il primo passo (\texttt{\small 6}) è chiamare \func{semget}
2488 con \const{IPC\_CREATE} per creare il semaforo qualora non esista,
2489 assegnandogli i privilegi di lettura e scrittura per tutti. In caso di errore
2490 (\texttt{\small 7-9}) si ritorna subito il risultato di \func{semget},
2491 altrimenti (\texttt{\small 10}) si inizializza il semaforo chiamando
2492 \func{semctl} con il comando \const{SETVAL}, utilizzando l'unione
2493 \struct{semunion} dichiarata ed avvalorata in precedenza (\texttt{\small 4})
2494 ad 1 per significare che risorsa è libera. In caso di errore (\texttt{\small
2495 11-13}) si restituisce il valore di ritorno di \func{semctl}, altrimenti
2496 (\texttt{\small 14}) si ritorna l'identificatore del semaforo.
2498 La seconda funzione (\texttt{\small 17-20}) è \func{MutexFind}, che, data una
2499 chiave, restituisce l'identificatore del semaforo ad essa associato. La
2500 comprensione del suo funzionamento è immediata in quanto essa è soltanto un
2501 \textit{wrapper}\footnote{si chiama così una funzione usata per fare da
2502 \textsl{involucro} alla chiamata di un altra, usata in genere per
2503 semplificare un'interfaccia (come in questo caso) o per utilizzare con la
2504 stessa funzione diversi substrati (librerie, ecc.) che possono fornire le
2505 stesse funzionalità.} di una chiamata a \func{semget} per cercare
2506 l'identificatore associato alla chiave, il valore di ritorno di quest'ultima
2507 viene passato all'indietro al chiamante.
2509 La terza funzione (\texttt{\small 22-25}) è \func{MutexRead} che, dato un
2510 identificatore, restituisce il valore del semaforo associato al mutex. Anche
2511 in questo caso la funzione è un \textit{wrapper} per una chiamata a
2512 \func{semctl} con il comando \const{GETVAL}, che permette di restituire il
2513 valore del semaforo.
2515 La quarta e la quinta funzione (\texttt{\small 36-44}) sono \func{MutexLock},
2516 e \func{MutexUnlock}, che permettono rispettivamente di bloccare e sbloccare
2517 il mutex. Entrambe fanno da wrapper per \func{semop}, utilizzando le due
2518 strutture \var{sem\_lock} e \var{sem\_unlock} definite in precedenza
2519 (\texttt{\small 27-34}). Si noti come per queste ultime si sia fatto uso
2520 dell'opzione \const{SEM\_UNDO} per evitare che il semaforo resti bloccato in
2521 caso di terminazione imprevista del processo.
2523 L'ultima funzione (\texttt{\small 46-49}) della serie, è \func{MutexRemove},
2524 che rimuove il mutex. Anche in questo caso si ha un wrapper per una chiamata a
2525 \func{semctl} con il comando \const{IPC\_RMID}, che permette di cancellare il
2526 semaforo; il valore di ritorno di quest'ultima viene passato all'indietro.
2528 Chiamare \func{MutexLock} decrementa il valore del semaforo: se questo è
2529 libero (ha già valore 1) sarà bloccato (valore nullo), se è bloccato la
2530 chiamata a \func{semop} si bloccherà fintanto che la risorsa non venga
2531 rilasciata. Chiamando \func{MutexUnlock} il valore del semaforo sarà
2532 incrementato di uno, sbloccandolo qualora fosse bloccato.
2534 Si noti che occorre eseguire sempre prima \func{MutexLock} e poi
2535 \func{MutexUnlock}, perché se per un qualche errore si esegue più volte
2536 quest'ultima il valore del semaforo crescerebbe oltre 1, e \func{MutexLock}
2537 non avrebbe più l'effetto aspettato (bloccare la risorsa quando questa è
2538 considerata libera). Infine si tenga presente che usare \func{MutexRead} per
2539 controllare il valore dei mutex prima di proseguire in una operazione di
2540 sblocco non servirebbe comunque, dato che l'operazione non sarebbe atomica.
2541 Vedremo in sez.~\ref{sec:ipc_lock_file} come sia possibile ottenere
2542 un'interfaccia analoga a quella appena illustrata, senza incorrere in questi
2543 problemi, usando il \itindex{file~locking} \textit{file locking}.
2546 \subsection{Memoria condivisa}
2547 \label{sec:ipc_sysv_shm}
2549 Il terzo oggetto introdotto dal \textit{SysV-IPC} è quello dei segmenti di
2550 memoria condivisa. La funzione di sistema che permette di ottenerne uno è
2551 \funcd{shmget}, ed il suo prototipo è:
2557 \fdecl{int shmget(key\_t key, int size, int flag)}
2558 \fdesc{Ottiene o crea una memoria condivisa.}
2561 {La funzione ritorna l'identificatore (un intero positivo) in caso di successo
2562 e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2564 \item[\errcode{ENOSPC}] si è superato il limite (\const{SHMMNI}) sul numero
2565 di segmenti di memoria nel sistema, o cercato di allocare un segmento le
2566 cui dimensioni fanno superare il limite di sistema (\const{SHMALL}) per
2567 la memoria ad essi riservata.
2568 \item[\errcode{EINVAL}] si è richiesta una dimensione per un nuovo segmento
2569 maggiore di \const{SHMMAX} o minore di \const{SHMMIN}, o se il segmento
2570 già esiste \param{size} è maggiore delle sue dimensioni.
2571 \item[\errcode{ENOMEM}] il sistema non ha abbastanza memoria per poter
2572 contenere le strutture per un nuovo segmento di memoria condivisa.
2573 \item[\errcode{ENOMEM}] si è specificato \const{IPC\_HUGETLB} ma non si
2574 hanno i privilegi di amministratore.
2576 ed inoltre \errval{EACCES}, \errval{ENOENT}, \errval{EEXIST},
2577 \errval{EIDRM}, con lo stesso significato che hanno per \func{msgget}.}
2581 La funzione, come \func{semget}, è analoga a \func{msgget}, ed identico è
2582 l'uso degli argomenti \param{key} e \param{flag} per cui non ripeteremo quanto
2583 detto al proposito in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq}. A partire dal kernel 2.6
2584 però sono stati introdotti degli ulteriori bit di controllo per
2585 l'argomento \param{flag}, specifici di \func{shmget}, attinenti alle modalità
2586 di gestione del segmento di memoria condivisa in relazione al sistema della
2589 Il primo dei due flag è \const{SHM\_HUGETLB} che consente di richiedere la
2590 creazione del segmento usando una \itindex{huge~page} \textit{huge page}, le
2591 pagine di memoria di grandi dimensioni introdotte con il kernel 2.6 per
2592 ottimizzare le prestazioni nei sistemi più recenti che hanno grandi quantità
2593 di memoria. L'operazione è privilegiata e richiede che il processo abbia la
2594 \itindex{capability} \textit{capability} \const{CAP\_IPC\_LOCK}. Questa
2595 funzionalità è specifica di Linux e non è portabile.
2597 Il secondo flag aggiuntivo, introdotto a partire dal kernel 2.6.15, è
2598 \const{SHM\_NORESERVE}, ed ha lo stesso scopo del flag \const{MAP\_NORESERVE}
2599 di \func{mmap} (vedi sez.~\ref{sec:file_memory_map}): non vengono riservate
2600 delle pagine di swap ad uso del meccanismo del \textit{copy on write}
2601 \itindex{copy~on~write} per mantenere le modifiche fatte sul segmento. Questo
2602 significa che caso di scrittura sul segmento quando non c'è più memoria
2603 disponibile, si avrà l'emissione di un \signal{SIGSEGV}.
2605 Infine l'argomento \param{size} specifica la dimensione del segmento di
2606 memoria condivisa; il valore deve essere specificato in byte, ma verrà
2607 comunque arrotondato al multiplo superiore di \const{PAGE\_SIZE}. Il valore
2608 deve essere specificato quando si crea un nuovo segmento di memoria con
2609 \const{IPC\_CREAT} o \const{IPC\_PRIVATE}, se invece si accede ad un segmento
2610 di memoria condivisa esistente non può essere maggiore del valore con cui esso
2613 La memoria condivisa è la forma più veloce di comunicazione fra due processi,
2614 in quanto permette agli stessi di vedere nel loro spazio di indirizzi una
2615 stessa sezione di memoria. Pertanto non è necessaria nessuna operazione di
2616 copia per trasmettere i dati da un processo all'altro, in quanto ciascuno può
2617 accedervi direttamente con le normali operazioni di lettura e scrittura dei
2620 Ovviamente tutto questo ha un prezzo, ed il problema fondamentale della
2621 memoria condivisa è la sincronizzazione degli accessi. È evidente infatti che
2622 se un processo deve scambiare dei dati con un altro, si deve essere sicuri che
2623 quest'ultimo non acceda al segmento di memoria condivisa prima che il primo
2624 non abbia completato le operazioni di scrittura, inoltre nel corso di una
2625 lettura si deve essere sicuri che i dati restano coerenti e non vengono
2626 sovrascritti da un accesso in scrittura sullo stesso segmento da parte di un
2627 altro processo. Per questo in genere la memoria condivisa viene sempre
2628 utilizzata in abbinamento ad un meccanismo di sincronizzazione, il che, di
2629 norma, significa insieme a dei semafori.
2631 \begin{figure}[!htb]
2632 \footnotesize \centering
2633 \begin{minipage}[c]{0.80\textwidth}
2634 \includestruct{listati/shmid_ds.h}
2637 \caption{La struttura \structd{shmid\_ds}, associata a ciascun segmento di
2639 \label{fig:ipc_shmid_ds}
2642 A ciascun segmento di memoria condivisa è associata una struttura
2643 \struct{shmid\_ds}, riportata in fig.~\ref{fig:ipc_shmid_ds}. Come nel caso
2644 delle code di messaggi quando si crea un nuovo segmento di memoria condivisa
2645 con \func{shmget} questa struttura viene inizializzata, in particolare il
2646 campo \var{shm\_perm} viene inizializzato come illustrato in
2647 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}, e valgono le considerazioni ivi fatte
2648 relativamente ai permessi di accesso; per quanto riguarda gli altri campi
2651 \item il campo \var{shm\_segsz}, che esprime la dimensione del segmento, viene
2652 inizializzato al valore di \param{size}.
2653 \item il campo \var{shm\_ctime}, che esprime il tempo di creazione del
2654 segmento, viene inizializzato al tempo corrente.
2655 \item i campi \var{shm\_atime} e \var{shm\_dtime}, che esprimono
2656 rispettivamente il tempo dell'ultima volta che il segmento è stato
2657 agganciato o sganciato da un processo, vengono inizializzati a zero.
2658 \item il campo \var{shm\_lpid}, che esprime il \ids{PID} del processo che ha
2659 eseguito l'ultima operazione, viene inizializzato a zero.
2660 \item il campo \var{shm\_cpid}, che esprime il \ids{PID} del processo che ha
2661 creato il segmento, viene inizializzato al \ids{PID} del processo chiamante.
2662 \item il campo \var{shm\_nattac}, che esprime il numero di processi agganciati
2663 al segmento viene inizializzato a zero.
2666 Come per le code di messaggi e gli insiemi di semafori, anche per i segmenti
2667 di memoria condivisa esistono una serie di limiti imposti dal sistema. Alcuni
2668 di questi limiti sono al solito accessibili e modificabili attraverso
2669 \func{sysctl} o scrivendo direttamente nei rispettivi file di
2670 \file{/proc/sys/kernel/}.
2672 In tab.~\ref{tab:ipc_shm_limits} si sono riportate le
2673 costanti simboliche associate a ciascuno di essi, il loro significato, i
2674 valori preimpostati, e, quando presente, il file in \file{/proc/sys/kernel/}
2675 che permettono di cambiarne il valore.
2681 \begin{tabular}[c]{|c|r|c|p{7cm}|}
2683 \textbf{Costante} & \textbf{Valore} & \textbf{File in \texttt{proc}}
2684 & \textbf{Significato} \\
2687 \const{SHMALL}& 0x200000&\sysctlrelfile{kernel}{shmall}
2688 & Numero massimo di pagine che
2689 possono essere usate per i segmenti di
2690 memoria condivisa.\\
2691 \const{SHMMAX}&0x2000000&\sysctlrelfile{kernel}{shmmax}
2692 & Dimensione massima di un segmento di memoria
2694 \const{SHMMNI}& 4096&\sysctlrelfile{kernel}{msgmni}
2695 & Numero massimo di segmenti di memoria condivisa
2696 presenti nel kernel.\\
2697 \const{SHMMIN}& 1& --- & Dimensione minima di un segmento di
2698 memoria condivisa.\\
2699 \const{SHMLBA}&\const{PAGE\_SIZE}&--- & Limite inferiore per le dimensioni
2700 minime di un segmento (deve essere
2701 allineato alle dimensioni di una
2702 pagina di memoria).\\
2703 \const{SHMSEG}& --- & --- & Numero massimo di segmenti di
2704 memoria condivisa per ciascun
2705 processo (l'implementazione non
2706 prevede l'esistenza di questo
2712 \caption{Valori delle costanti associate ai limiti dei segmenti di memoria
2713 condivisa, insieme al relativo file in \file{/proc/sys/kernel/} ed al
2714 valore preimpostato presente nel sistema.}
2715 \label{tab:ipc_shm_limits}
2718 Al solito la funzione di sistema che permette di effettuare le operazioni di
2719 controllo su un segmento di memoria condivisa è \funcd{shmctl}; il suo
2725 \fdecl{int shmctl(int shmid, int cmd, struct shmid\_ds *buf)}
2727 \fdesc{Esegue le operazioni di controllo su un segmento di memoria condivisa.}
2730 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
2731 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
2733 \item[\errcode{EACCES}] si è richiesto \const{IPC\_STAT} ma i permessi non
2734 consentono l'accesso in lettura al segmento.
2735 \item[\errcode{EFAULT}] l'indirizzo specificato con \param{buf} non è
2737 \item[\errcode{EIDRM}] l'argomento \param{shmid} fa riferimento ad un
2738 segmento che è stato cancellato.
2739 \item[\errcode{EINVAL}] o \param{shmid} non è un identificatore valido o
2740 \param{cmd} non è un comando valido.
2741 \item[\errcode{ENOMEM}] si è richiesto un \textit{memory lock} di
2742 dimensioni superiori al massimo consentito.
2743 \item[\errcode{EOVERFLOW}] si è tentato il comando \const{IPC\_STAT} ma il
2744 valore del \ids{GID} o dell'\ids{UID} è troppo grande per essere
2745 memorizzato nella struttura puntata da \param{buf}.
2746 \item[\errcode{EPERM}] si è specificato un comando con \const{IPC\_SET} o
2747 \const{IPC\_RMID} senza i permessi necessari.
2752 Il comando specificato attraverso l'argomento \param{cmd} determina i diversi
2753 effetti della funzione. Nello standard POSIX.1-2001 i valori che esso può
2754 assumere, ed il corrispondente comportamento della funzione, sono i seguenti:
2756 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2757 \item[\const{IPC\_STAT}] Legge le informazioni riguardo il segmento di memoria
2758 condivisa nella struttura \struct{shmid\_ds} puntata da \param{buf}. Occorre
2759 che il processo chiamante abbia il permesso di lettura sulla segmento.
2760 \item[\const{IPC\_RMID}] Marca il segmento di memoria condivisa per la
2761 rimozione, questo verrà cancellato effettivamente solo quando l'ultimo
2762 processo ad esso agganciato si sarà staccato. Questo comando può essere
2763 eseguito solo da un processo con \ids{UID} effettivo corrispondente o al
2764 creatore del segmento, o al proprietario del segmento, o all'amministratore.
2765 \item[\const{IPC\_SET}] Permette di modificare i permessi ed il proprietario
2766 del segmento. Per modificare i valori di \var{shm\_perm.mode},
2767 \var{shm\_perm.uid} e \var{shm\_perm.gid} occorre essere il proprietario o
2768 il creatore del segmento, oppure l'amministratore. Compiuta l'operazione
2769 aggiorna anche il valore del campo \var{shm\_ctime}.
2772 Oltre ai precedenti su Linux sono definiti anche degli ulteriori comandi, che
2773 consentono di estendere le funzionalità, ovviamente non devono essere usati se
2774 si ha a cuore la portabilità. Questi comandi aggiuntivi sono:
2776 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
2777 \item[\const{SHM\_LOCK}] Abilita il \itindex{memory~locking} \textit{memory
2778 locking} sul segmento di memoria condivisa, impedendo che la memoria usata
2779 per il segmento venga salvata su disco dal meccanismo della
2780 \index{memoria~virtuale} memoria virtuale. Come illustrato in
2781 sez.~\ref{sec:proc_mem_lock} fino al kernel 2.6.9 solo l'amministratore
2782 poteva utilizzare questa capacità,\footnote{che richiedeva la
2783 \textit{capability} \const{CAP\_IPC\_LOCK}.} a partire dal dal kernel
2784 2.6.10 anche gli utenti normali possono farlo fino al limite massimo
2785 determinato da \const{RLIMIT\_MEMLOCK} (vedi
2786 sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}).
2787 \item[\const{SHM\_UNLOCK}] Disabilita il \itindex{memory~locking}
2788 \textit{memory locking} sul segmento di memoria condivisa. Fino al kernel
2789 2.6.9 solo l'amministratore poteva utilizzare questo comando in
2790 corrispondenza di un segmento da lui bloccato.
2793 A questi due, come per \func{msgctl} e \func{semctl}, si aggiungono tre
2794 ulteriori valori, \const{IPC\_INFO}, \const{MSG\_STAT} e \const{MSG\_INFO},
2795 introdotti ad uso del programma \cmd{ipcs} per ottenere le informazioni
2796 generali relative alle risorse usate dai segmenti di memoria condivisa. Dato
2797 che potranno essere modificati o rimossi in favore dell'uso di \texttt{/proc},
2798 non devono essere usati e non li tratteremo.
2800 L'argomento \param{buf} viene utilizzato solo con i comandi \const{IPC\_STAT}
2801 e \const{IPC\_SET} nel qual caso esso dovrà puntare ad una struttura
2802 \struct{shmid\_ds} precedentemente allocata, in cui nel primo caso saranno
2803 scritti i dati del segmento di memoria restituiti dalla funzione e da cui, nel
2804 secondo caso, verranno letti i dati da impostare sul segmento.
2806 Una volta che lo si è creato, per utilizzare un segmento di memoria condivisa
2807 l'interfaccia prevede due funzioni, \funcd{shmat} e \func{shmdt}. La prima di
2808 queste serve ad agganciare un segmento al processo chiamante, in modo che
2809 quest'ultimo possa inserirlo nel suo spazio di indirizzi per potervi accedere;
2815 \fdecl{void *shmat(int shmid, const void *shmaddr, int shmflg)}
2817 \fdesc{Aggancia un segmento di memoria condivisa al processo chiamante.}
2820 {La funzione ritorna l'indirizzo del segmento in caso di successo e $-1$ (in
2821 un cast a \type{void *}) per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà
2824 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per accedere al
2825 segmento nella modalità richiesta.
2826 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un identificatore invalido per
2827 \param{shmid}, o un indirizzo non allineato sul confine di una pagina
2828 per \param{shmaddr} o il valore \val{NULL} indicando \const{SHM\_REMAP}.
2830 ed inoltre \errval{ENOMEM} nel suo significato generico.
2834 La funzione inserisce un segmento di memoria condivisa all'interno dello
2835 spazio di indirizzi del processo, in modo che questo possa accedervi
2836 direttamente, la situazione dopo l'esecuzione di \func{shmat} è illustrata in
2837 fig.~\ref{fig:ipc_shmem_layout} (per la comprensione del resto dello schema si
2838 ricordi quanto illustrato al proposito in sez.~\ref{sec:proc_mem_layout}). In
2839 particolare l'indirizzo finale del segmento dati (quello impostato da
2840 \func{brk}, vedi sez.~\ref{sec:proc_mem_alloc}) non viene influenzato.
2841 Si tenga presente infine che la funzione ha successo anche se il segmento è
2842 stato marcato per la cancellazione.
2844 \begin{figure}[!htb]
2845 \centering \includegraphics[height=10cm]{img/sh_memory_layout}
2846 \caption{Disposizione dei segmenti di memoria di un processo quando si è
2847 agganciato un segmento di memoria condivisa.}
2848 \label{fig:ipc_shmem_layout}
2851 L'argomento \param{shmaddr} specifica a quale indirizzo\footnote{lo standard
2852 SVID prevede che l'argomento \param{shmaddr} sia di tipo \ctyp{char *}, così
2853 come il valore di ritorno della funzione; in Linux è stato così con le
2854 \acr{libc4} e le \acr{libc5}, con il passaggio alla \acr{glibc} il tipo di
2855 \param{shmaddr} è divenuto un \ctyp{const void *} e quello del valore di
2856 ritorno un \ctyp{void *} seguendo POSIX.1-2001.} deve essere associato il
2857 segmento, se il valore specificato è \val{NULL} è il sistema a scegliere
2858 opportunamente un'area di memoria libera (questo è il modo più portabile e
2859 sicuro di usare la funzione). Altrimenti il kernel aggancia il segmento
2860 all'indirizzo specificato da \param{shmaddr}; questo però può avvenire solo se
2861 l'indirizzo coincide con il limite di una pagina, cioè se è un multiplo esatto
2862 del parametro di sistema \const{SHMLBA}, che in Linux è sempre uguale
2865 Si tenga presente però che quando si usa \val{NULL} come valore di
2866 \param{shmaddr}, l'indirizzo restituito da \func{shmat} può cambiare da
2867 processo a processo; pertanto se nell'area di memoria condivisa si salvano
2868 anche degli indirizzi, si deve avere cura di usare valori relativi (in genere
2869 riferiti all'indirizzo di partenza del segmento).
2871 L'argomento \param{shmflg} permette di cambiare il comportamento della
2872 funzione; esso va specificato come maschera binaria, i bit utilizzati al
2873 momento sono sono tre e sono identificati dalle costanti \const{SHM\_RND},
2874 \const{SHM\_RDONLY} e \const{SHM\_REMAP} che vanno combinate con un OR
2877 Specificando \const{SHM\_RND} si evita che \func{shmat} ritorni un errore
2878 quando \param{shmaddr} non è allineato ai confini di una pagina. Si può quindi
2879 usare un valore qualunque per \param{shmaddr}, e il segmento verrà comunque
2880 agganciato, ma al più vicino multiplo di \const{SHMLBA}; il nome della
2881 costante sta infatti per \textit{rounded}, e serve per specificare un
2882 indirizzo come arrotondamento.
2884 L'uso di \const{SHM\_RDONLY} permette di agganciare il segmento in sola
2885 lettura (si ricordi che anche le pagine di memoria hanno dei permessi), in tal
2886 caso un tentativo di scrivere sul segmento comporterà una
2887 \itindex{segment~violation} violazione di accesso con l'emissione di un
2888 segnale di \signal{SIGSEGV}. Il comportamento usuale di \func{shmat} è quello
2889 di agganciare il segmento con l'accesso in lettura e scrittura (ed il processo
2890 deve aver questi permessi in \var{shm\_perm}), non è prevista la possibilità
2891 di agganciare un segmento in sola scrittura.
2893 Infine \const{SHM\_REMAP} è una estensione specifica di Linux (quindi non
2894 portabile) che indica che la mappatura del segmento deve rimpiazzare ogni
2895 precedente mappatura esistente nell'intervallo iniziante
2896 all'indirizzo \param{shmaddr} e di dimensione pari alla lunghezza del
2897 segmento. In condizioni normali questo tipo di richiesta fallirebbe con un
2898 errore di \errval{EINVAL}. Ovviamente usando \const{SHM\_REMAP}
2899 l'argomento \param{shmaddr} non può essere nullo.
2901 In caso di successo la funzione \func{shmat} aggiorna anche i seguenti campi
2902 della struttura \struct{shmid\_ds}:
2904 \item il tempo \var{shm\_atime} dell'ultima operazione di aggancio viene
2905 impostato al tempo corrente.
2906 \item il \ids{PID} \var{shm\_lpid} dell'ultimo processo che ha operato sul
2907 segmento viene impostato a quello del processo corrente.
2908 \item il numero \var{shm\_nattch} di processi agganciati al segmento viene
2912 Come accennato in sez.~\ref{sec:proc_fork} un segmento di memoria condivisa
2913 agganciato ad un processo viene ereditato da un figlio attraverso una
2914 \func{fork}, dato che quest'ultimo riceve una copia dello spazio degli
2915 indirizzi del padre. Invece, dato che attraverso una \func{exec} viene
2916 eseguito un diverso programma con uno spazio di indirizzi completamente
2917 diverso, tutti i segmenti agganciati al processo originario vengono
2918 automaticamente sganciati. Lo stesso avviene all'uscita del processo
2919 attraverso una \func{exit}.
2921 Una volta che un segmento di memoria condivisa non serve più, si può
2922 sganciarlo esplicitamente dal processo usando l'altra funzione
2923 dell'interfaccia, \funcd{shmdt}, il cui prototipo è:
2928 \fdecl{int shmdt(const void *shmaddr)}
2930 \fdesc{Sgancia dal processo un segmento di memoria condivisa.}
2933 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, la funzione
2934 fallisce solo quando non c'è un segmento agganciato
2935 all'indirizzo \param{shmaddr}, con \var{errno} che assume il valore
2940 La funzione sgancia dallo spazio degli indirizzi del processo un segmento di
2941 memoria condivisa; questo viene identificato con l'indirizzo \param{shmaddr}
2942 restituito dalla precedente chiamata a \func{shmat} con il quale era stato
2943 agganciato al processo.
2945 In caso di successo la funzione aggiorna anche i seguenti campi di
2948 \item il tempo \var{shm\_dtime} dell'ultima operazione di sganciamento viene
2949 impostato al tempo corrente.
2950 \item il \ids{PID} \var{shm\_lpid} dell'ultimo processo che ha operato sul
2951 segmento viene impostato a quello del processo corrente.
2952 \item il numero \var{shm\_nattch} di processi agganciati al segmento viene
2953 decrementato di uno.
2955 inoltre la regione di indirizzi usata per il segmento di memoria condivisa
2956 viene tolta dallo spazio di indirizzi del processo.
2958 \begin{figure}[!htbp]
2959 \footnotesize \centering
2960 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
2961 \includecodesample{listati/SharedMem.c}
2964 \caption{Il codice delle funzioni che permettono di creare, trovare e
2965 rimuovere un segmento di memoria condivisa.}
2966 \label{fig:ipc_sysv_shm_func}
2969 Come esempio di uso di queste funzioni vediamo come implementare una serie di
2970 funzioni di libreria che ne semplifichino l'uso, automatizzando le operazioni
2971 più comuni; il codice, contenuto nel file \file{SharedMem.c}, è riportato in
2972 fig.~\ref{fig:ipc_sysv_shm_func}.
2974 La prima funzione (\texttt{\small 1-16}) è \func{ShmCreate} che, data una
2975 chiave, crea il segmento di memoria condivisa restituendo il puntatore allo
2976 stesso. La funzione comincia (\texttt{\small 6}) con il chiamare
2977 \func{shmget}, usando il flag \const{IPC\_CREATE} per creare il segmento
2978 qualora non esista, ed assegnandogli i privilegi specificati dall'argomento
2979 \var{perm} e la dimensione specificata dall'argomento \var{shm\_size}. In
2980 caso di errore (\texttt{\small 7-9}) si ritorna immediatamente un puntatore
2981 nullo, altrimenti (\texttt{\small 10}) si prosegue agganciando il segmento di
2982 memoria condivisa al processo con \func{shmat}. In caso di errore
2983 (\texttt{\small 11-13}) si restituisce di nuovo un puntatore nullo, infine
2984 (\texttt{\small 14}) si inizializza con \func{memset} il contenuto del
2985 segmento al valore costante specificato dall'argomento \var{fill}, e poi si
2986 ritorna il puntatore al segmento stesso.
2988 La seconda funzione (\texttt{\small 17-31}) è \func{ShmFind}, che, data una
2989 chiave, restituisce l'indirizzo del segmento ad essa associato. Anzitutto
2990 (\texttt{\small 22}) si richiede l'identificatore del segmento con
2991 \func{shmget}, ritornando (\texttt{\small 23-25}) un puntatore nullo in caso
2992 di errore. Poi si prosegue (\texttt{\small 26}) agganciando il segmento al
2993 processo con \func{shmat}, restituendo (\texttt{\small 27-29}) di nuovo un
2994 puntatore nullo in caso di errore, se invece non ci sono errori si restituisce
2995 il puntatore ottenuto da \func{shmat}.
2997 La terza funzione (\texttt{\small 32-51}) è \func{ShmRemove} che, data la
2998 chiave ed il puntatore associati al segmento di memoria condivisa, prima lo
2999 sgancia dal processo e poi lo rimuove. Il primo passo (\texttt{\small 37}) è
3000 la chiamata a \func{shmdt} per sganciare il segmento, restituendo
3001 (\texttt{\small 38-39}) un valore -1 in caso di errore. Il passo successivo
3002 (\texttt{\small 41}) è utilizzare \func{shmget} per ottenere l'identificatore
3003 associato al segmento data la chiave \var{key}. Al solito si restituisce un
3004 valore di -1 (\texttt{\small 42-45}) in caso di errore, mentre se tutto va
3005 bene si conclude restituendo un valore nullo.
3007 Benché la memoria condivisa costituisca il meccanismo di intercomunicazione
3008 fra processi più veloce, essa non è sempre il più appropriato, dato che, come
3009 abbiamo visto, si avrà comunque la necessità di una sincronizzazione degli
3010 accessi. Per questo motivo, quando la comunicazione fra processi è
3011 sequenziale, altri meccanismi come le \textit{pipe}, le \textit{fifo} o i
3012 socket, che non necessitano di sincronizzazione esplicita, sono da
3013 preferire. Essa diventa l'unico meccanismo possibile quando la comunicazione
3014 non è sequenziale\footnote{come accennato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_mq} per la
3015 comunicazione non sequenziale si possono usare le code di messaggi,
3016 attraverso l'uso del campo \var{mtype}, ma solo se quest'ultima può essere
3017 effettuata in forma di messaggio.} o quando non può avvenire secondo una
3018 modalità predefinita.
3020 Un esempio classico di uso della memoria condivisa è quello del
3021 ``\textit{monitor}'', in cui viene per scambiare informazioni fra un processo
3022 server, che vi scrive dei dati di interesse generale che ha ottenuto, e i
3023 processi client interessati agli stessi dati che così possono leggerli in
3024 maniera completamente asincrona. Con questo schema di funzionamento da una
3025 parte si evita che ciascun processo client debba compiere l'operazione,
3026 potenzialmente onerosa, di ricavare e trattare i dati, e dall'altra si evita
3027 al processo server di dover gestire l'invio a tutti i client di tutti i dati
3028 (non potendo il server sapere quali di essi servono effettivamente al singolo
3031 Nel nostro caso implementeremo un ``\textsl{monitor}'' di una directory: un
3032 processo si incaricherà di tenere sotto controllo alcuni parametri relativi ad
3033 una directory (il numero dei file contenuti, la dimensione totale, quante
3034 directory, link simbolici, file normali, ecc.) che saranno salvati in un
3035 segmento di memoria condivisa cui altri processi potranno accedere per
3036 ricavare la parte di informazione che interessa.
3038 In fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_main} si è riportata la sezione principale del
3039 corpo del programma server, insieme alle definizioni delle altre funzioni
3040 usate nel programma e delle \index{variabili!globali} variabili globali,
3041 omettendo tutto quello che riguarda la gestione delle opzioni e la stampa
3042 delle istruzioni di uso a video; al solito il codice completo si trova con i
3043 sorgenti allegati nel file \file{DirMonitor.c}.
3045 \begin{figure}[!htbp]
3046 \footnotesize \centering
3047 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3048 \includecodesample{listati/DirMonitor.c}
3051 \caption{Codice della funzione principale del programma \file{DirMonitor.c}.}
3052 \label{fig:ipc_dirmonitor_main}
3055 Il programma usa delle \index{variabili!globali} variabili globali
3056 (\texttt{\small 2-14}) per mantenere i valori relativi agli oggetti usati per
3057 la comunicazione inter-processo; si è definita inoltre una apposita struttura
3058 \struct{DirProp} che contiene i dati relativi alle proprietà che si vogliono
3059 mantenere nella memoria condivisa, per l'accesso da parte dei client.
3061 Il programma, dopo la sezione, omessa, relativa alla gestione delle opzioni da
3062 riga di comando (che si limitano alla eventuale stampa di un messaggio di
3063 aiuto a video ed all'impostazione della durata dell'intervallo con cui viene
3064 ripetuto il calcolo delle proprietà della directory) controlla (\texttt{\small
3065 20-23}) che sia stato specificato l'argomento necessario contenente il nome
3066 della directory da tenere sotto controllo, senza il quale esce immediatamente
3067 con un messaggio di errore.
3069 Poi, per verificare che l'argomento specifichi effettivamente una directory,
3070 si esegue (\texttt{\small 24-26}) su di esso una \func{chdir}, uscendo
3071 immediatamente in caso di errore. Questa funzione serve anche per impostare
3072 la \index{directory~di~lavoro} directory di lavoro del programma nella
3073 directory da tenere sotto controllo, in vista del successivo uso della
3074 funzione \func{daemon}. Si noti come si è potuta fare questa scelta,
3075 nonostante le indicazioni illustrate in sez.~\ref{sec:sess_daemon}, per il
3076 particolare scopo del programma, che necessita comunque di restare all'interno
3079 Infine (\texttt{\small 27-29}) si installano i gestori per i vari segnali di
3080 terminazione che, avendo a che fare con un programma che deve essere eseguito
3081 come server, sono il solo strumento disponibile per concluderne l'esecuzione.
3083 Il passo successivo (\texttt{\small 30-39}) è quello di creare gli oggetti di
3084 intercomunicazione necessari. Si inizia costruendo (\texttt{\small 30}) la
3085 chiave da usare come riferimento con il nome del programma,\footnote{si è
3086 usato un riferimento relativo alla home dell'utente, supposto che i sorgenti
3087 di GaPiL siano stati installati direttamente in essa; qualora si effettui
3088 una installazione diversa si dovrà correggere il programma.} dopo di che si
3089 richiede (\texttt{\small 31}) la creazione di un segmento di memoria condivisa
3090 con usando la funzione \func{ShmCreate} illustrata in precedenza (una pagina
3091 di memoria è sufficiente per i dati che useremo), uscendo (\texttt{\small
3092 32-35}) qualora la creazione ed il successivo agganciamento al processo non
3093 abbia successo. Con l'indirizzo \var{shmptr} così ottenuto potremo poi
3094 accedere alla memoria condivisa, che, per come abbiamo lo abbiamo definito,
3095 sarà vista nella forma data da \struct{DirProp}. Infine (\texttt{\small
3096 36-39}) utilizzando sempre la stessa chiave, si crea, tramite le funzioni
3097 di interfaccia già descritte in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}, anche un mutex,
3098 che utilizzeremo per regolare l'accesso alla memoria condivisa.
3100 Completata l'inizializzazione e la creazione degli oggetti di
3101 intercomunicazione il programma entra nel ciclo principale (\texttt{\small
3102 40-49}) dove vengono eseguite indefinitamente le attività di monitoraggio.
3103 Il primo passo (\texttt{\small 41}) è eseguire \func{daemon} per proseguire
3104 con l'esecuzione in background come si conviene ad un programma demone; si
3105 noti che si è mantenuta, usando un valore non nullo del primo argomento, la
3106 \index{directory~di~lavoro} directory di lavoro corrente. Una volta che il
3107 programma è andato in background l'esecuzione prosegue all'interno di un ciclo
3108 infinito (\texttt{\small 42-48}).
3110 Si inizia (\texttt{\small 43}) bloccando il mutex con \func{MutexLock} per
3111 poter accedere alla memoria condivisa (la funzione si bloccherà
3112 automaticamente se qualche client sta leggendo), poi (\texttt{\small 44}) si
3113 cancellano i valori precedentemente immagazzinati nella memoria condivisa con
3114 \func{memset}, e si esegue (\texttt{\small 45}) un nuovo calcolo degli stessi
3115 utilizzando la funzione \myfunc{dir\_scan}; infine (\texttt{\small 46}) si
3116 sblocca il mutex con \func{MutexUnlock}, e si attende (\texttt{\small 47}) per
3117 il periodo di tempo specificato a riga di comando con l'opzione \code{-p}
3118 usando una \func{sleep}.
3120 Si noti come per il calcolo dei valori da mantenere nella memoria condivisa si
3121 sia usata ancora una volta la funzione \myfunc{dir\_scan}, già utilizzata (e
3122 descritta in dettaglio) in sez.~\ref{sec:file_dir_read}, che ci permette di
3123 effettuare la scansione delle voci della directory, chiamando per ciascuna di
3124 esse la funzione \func{ComputeValues}, che esegue tutti i calcoli necessari.
3126 \begin{figure}[!htbp]
3127 \footnotesize \centering
3128 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3129 \includecodesample{listati/ComputeValues.c}
3132 \caption{Codice delle funzioni ausiliarie usate da \file{DirMonitor.c}.}
3133 \label{fig:ipc_dirmonitor_sub}
3137 Il codice di quest'ultima è riportato in fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_sub}.
3138 Come si vede la funzione (\texttt{\small 2-16}) è molto semplice e si limita
3139 a chiamare (\texttt{\small 5}) la funzione \func{stat} sul file indicato da
3140 ciascuna voce, per ottenerne i dati, che poi utilizza per incrementare i vari
3141 contatori nella memoria condivisa, cui accede grazie alla
3142 \index{variabili!globali} variabile globale \var{shmptr}.
3144 Dato che la funzione è chiamata da \myfunc{dir\_scan}, si è all'interno del
3145 ciclo principale del programma, con un mutex acquisito, perciò non è
3146 necessario effettuare nessun controllo e si può accedere direttamente alla
3147 memoria condivisa usando \var{shmptr} per riempire i campi della struttura
3148 \struct{DirProp}; così prima (\texttt{\small 6-7}) si sommano le dimensioni
3149 dei file ed il loro numero, poi, utilizzando le macro di
3150 tab.~\ref{tab:file_type_macro}, si contano (\texttt{\small 8-14}) quanti ce
3151 ne sono per ciascun tipo.
3153 In fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_sub} è riportato anche il codice
3154 (\texttt{\small 17-23}) del gestore dei segnali di terminazione, usato per
3155 chiudere il programma. Esso, oltre a provocare l'uscita del programma, si
3156 incarica anche di cancellare tutti gli oggetti di intercomunicazione non più
3157 necessari. Per questo anzitutto (\texttt{\small 19}) acquisisce il mutex con
3158 \func{MutexLock}, per evitare di operare mentre un client sta ancora leggendo
3159 i dati, dopo di che (\texttt{\small 20}) distacca e rimuove il segmento di
3160 memoria condivisa usando \func{ShmRemove}. Infine (\texttt{\small 21})
3161 rimuove il mutex con \func{MutexRemove} ed esce (\texttt{\small 22}).
3163 \begin{figure}[!htbp]
3164 \footnotesize \centering
3165 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3166 \includecodesample{listati/ReadMonitor.c}
3169 \caption{Codice del programma client del monitor delle proprietà di una
3170 directory, \file{ReadMonitor.c}.}
3171 \label{fig:ipc_dirmonitor_client}
3174 Il codice del client usato per leggere le informazioni mantenute nella memoria
3175 condivisa è riportato in fig.~\ref{fig:ipc_dirmonitor_client}. Al solito si è
3176 omessa la sezione di gestione delle opzioni e la funzione che stampa a video
3177 le istruzioni; il codice completo è nei sorgenti allegati, nel file
3178 \file{ReadMonitor.c}.
3180 Una volta conclusa la gestione delle opzioni a riga di comando il programma
3181 rigenera (\texttt{\small 7}) con \func{ftok} la stessa chiave usata dal server
3182 per identificare il segmento di memoria condivisa ed il mutex, poi
3183 (\texttt{\small 8}) richiede con \func{ShmFind} l'indirizzo della memoria
3184 condivisa agganciando al contempo il segmento al processo, Infine
3185 (\texttt{\small 17-20}) con \func{MutexFind} si richiede l'identificatore del
3186 mutex. Completata l'inizializzazione ed ottenuti i riferimenti agli oggetti
3187 di intercomunicazione necessari viene eseguito il corpo principale del
3188 programma (\texttt{\small 21-33}); si comincia (\texttt{\small 22})
3189 acquisendo il mutex con \func{MutexLock}; qui avviene il blocco del processo
3190 se la memoria condivisa non è disponibile. Poi (\texttt{\small 23-31}) si
3191 stampano i vari valori mantenuti nella memoria condivisa attraverso l'uso di
3192 \var{shmptr}. Infine (\texttt{\small 41}) con \func{MutexUnlock} si rilascia
3193 il mutex, prima di uscire.
3195 Verifichiamo allora il funzionamento dei nostri programmi; al solito, usando
3196 le funzioni di libreria occorre definire opportunamente
3197 \code{LD\_LIBRARY\_PATH}; poi si potrà lanciare il server con:
3199 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./dirmonitor ./}
3202 ed avendo usato \func{daemon} il comando ritornerà immediatamente. Una volta
3203 che il server è in esecuzione, possiamo passare ad invocare il client per
3204 verificarne i risultati, in tal caso otterremo:
3206 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./readmon}
3207 Ci sono 68 file dati
3212 Ci sono 0 device a caratteri
3213 Ci sono 0 device a blocchi
3214 Totale 71 file, per 489831 byte
3217 ed un rapido calcolo (ad esempio con \code{ls -a | wc} per contare i file) ci
3218 permette di verificare che il totale dei file è giusto. Un controllo con
3219 \cmd{ipcs} ci permette inoltre di verificare la presenza di un segmento di
3220 memoria condivisa e di un semaforo:
3222 [piccardi@gont sources]$ \textbf{ipcs}
3223 ------ Shared Memory Segments --------
3224 key shmid owner perms bytes nattch status
3225 0xffffffff 54067205 piccardi 666 4096 1
3227 ------ Semaphore Arrays --------
3228 key semid owner perms nsems
3229 0xffffffff 229376 piccardi 666 1
3231 ------ Message Queues --------
3232 key msqid owner perms used-bytes messages
3236 Se a questo punto aggiungiamo un file, ad esempio con \code{touch prova},
3237 potremo verificare che, passati nel peggiore dei casi almeno 10 secondi (o
3238 l'eventuale altro intervallo impostato per la rilettura dei dati) avremo:
3240 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./readmon}
3241 Ci sono 69 file dati
3246 Ci sono 0 device a caratteri
3247 Ci sono 0 device a blocchi
3248 Totale 72 file, per 489887 byte
3252 A questo punto possiamo far uscire il server inviandogli un segnale di
3253 \signal{SIGTERM} con il comando \code{killall dirmonitor}, a questo punto
3254 ripetendo la lettura, otterremo un errore:
3256 [piccardi@gont sources]$ \textbf{./readmon}
3257 Cannot find shared memory: No such file or directory
3260 e inoltre potremo anche verificare che anche gli oggetti di intercomunicazione
3261 visti in precedenza sono stati regolarmente cancellati:
3263 [piccardi@gont sources]$ \textbf{ipcs}
3264 ------ Shared Memory Segments --------
3265 key shmid owner perms bytes nattch status
3267 ------ Semaphore Arrays --------
3268 key semid owner perms nsems
3270 ------ Message Queues --------
3271 key msqid owner perms used-bytes messages
3276 %% Per capire meglio il funzionamento delle funzioni facciamo ancora una volta
3277 %% riferimento alle strutture con cui il kernel implementa i segmenti di memoria
3278 %% condivisa; uno schema semplificato della struttura è illustrato in
3279 %% fig.~\ref{fig:ipc_shm_struct}.
3281 %% \begin{figure}[!htb]
3283 %% \includegraphics[width=10cm]{img/shmstruct}
3284 %% \caption{Schema dell'implementazione dei segmenti di memoria condivisa in
3286 %% \label{fig:ipc_shm_struct}
3292 \section{Tecniche alternative}
3293 \label{sec:ipc_alternatives}
3295 Come abbiamo detto in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_generic}, e ripreso nella
3296 descrizione dei singoli oggetti che ne fan parte, il \textit{SysV-IPC}
3297 presenta numerosi problemi; in \cite{APUE}\footnote{in particolare nel
3298 capitolo 14.} Stevens ne effettua una accurata analisi (alcuni dei concetti
3299 sono già stati accennati in precedenza) ed elenca alcune possibili tecniche
3300 alternative, che vogliamo riprendere in questa sezione.
3303 \subsection{Alternative alle code di messaggi}
3304 \label{sec:ipc_mq_alternative}
3306 Le code di messaggi sono probabilmente il meno usato degli oggetti del
3307 \textit{SysV-IPC}; esse infatti nacquero principalmente come meccanismo di
3308 comunicazione bidirezionale quando ancora le \textit{pipe} erano
3309 unidirezionali; con la disponibilità di \func{socketpair} (vedi
3310 sez.~\ref{sec:ipc_socketpair}) o utilizzando una coppia di \textit{pipe}, si
3311 può ottenere questo risultato senza incorrere nelle complicazioni introdotte
3312 dal \textit{SysV-IPC}.
3314 In realtà, grazie alla presenza del campo \var{mtype}, le code di messaggi
3315 hanno delle caratteristiche ulteriori, consentendo una classificazione dei
3316 messaggi ed un accesso non rigidamente sequenziale; due caratteristiche che
3317 sono impossibili da ottenere con le \textit{pipe} e i socket di
3318 \func{socketpair}. A queste esigenze però si può comunque ovviare in maniera
3319 diversa con un uso combinato della memoria condivisa e dei meccanismi di
3320 sincronizzazione, per cui alla fine l'uso delle code di messaggi classiche è
3321 relativamente poco diffuso.
3323 % TODO: trattare qui, se non si trova posto migliore, copy_from_process e
3324 % copy_to_process, introdotte con il kernel 3.2. Vedi
3325 % http://lwn.net/Articles/405346/ e
3326 % http://ozlabs.org/~cyeoh/cma/process_vm_readv.txt
3329 \subsection{I \textsl{file di lock}}
3330 \label{sec:ipc_file_lock}
3332 \index{file!di lock|(}
3334 Come illustrato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem} i semafori del \textit{SysV-IPC}
3335 presentano una interfaccia inutilmente complessa e con alcuni difetti
3336 strutturali, per questo quando si ha una semplice esigenza di sincronizzazione
3337 per la quale basterebbe un semaforo binario (quello che abbiamo definito come
3338 \textit{mutex}), per indicare la disponibilità o meno di una risorsa, senza la
3339 necessità di un contatore come i semafori, si possono utilizzare metodi
3342 La prima possibilità, utilizzata fin dalle origini di Unix, è quella di usare
3343 dei \textsl{file di lock} (per i quali è stata anche riservata una opportuna
3344 directory, \file{/var/lock}, nella standardizzazione del \textit{Filesystem
3345 Hierarchy Standard}). Per questo si usa la caratteristica della funzione
3346 \func{open} (illustrata in sez.~\ref{sec:file_open_close}) che
3347 prevede\footnote{questo è quanto dettato dallo standard POSIX.1, ciò non
3348 toglie che in alcune implementazioni questa tecnica possa non funzionare; in
3349 particolare per Linux, nel caso di NFS, si è comunque soggetti alla
3350 possibilità di una \itindex{race~condition} \textit{race condition}.} che
3351 essa ritorni un errore quando usata con i flag di \const{O\_CREAT} e
3352 \const{O\_EXCL}. In tal modo la creazione di un \textsl{file di lock} può
3353 essere eseguita atomicamente, il processo che crea il file con successo si può
3354 considerare come titolare del lock (e della risorsa ad esso associata) mentre
3355 il rilascio si può eseguire con una chiamata ad \func{unlink}.
3357 Un esempio dell'uso di questa funzione è mostrato dalle funzioni
3358 \func{LockFile} ed \func{UnlockFile} riportate in fig.~\ref{fig:ipc_file_lock}
3359 (sono contenute in \file{LockFile.c}, un altro dei sorgenti allegati alla
3360 guida) che permettono rispettivamente di creare e rimuovere un \textsl{file di
3361 lock}. Come si può notare entrambe le funzioni sono elementari; la prima
3362 (\texttt{\small 4-10}) si limita ad aprire il file di lock (\texttt{\small
3363 9}) nella modalità descritta, mentre la seconda (\texttt{\small 11-17}) lo
3364 cancella con \func{unlink}.
3366 \begin{figure}[!htbp]
3367 \footnotesize \centering
3368 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3369 \includecodesample{listati/LockFile.c}
3372 \caption{Il codice delle funzioni \func{LockFile} e \func{UnlockFile} che
3373 permettono di creare e rimuovere un \textsl{file di lock}.}
3374 \label{fig:ipc_file_lock}
3377 Uno dei limiti di questa tecnica è che, come abbiamo già accennato in
3378 sez.~\ref{sec:file_open_close}, questo comportamento di \func{open} può non
3379 funzionare (la funzione viene eseguita, ma non è garantita l'atomicità
3380 dell'operazione) se il filesystem su cui si va ad operare è su NFS; in tal
3381 caso si può adottare una tecnica alternativa che prevede l'uso della
3382 \func{link} per creare come \textsl{file di lock} un hard link ad un file
3383 esistente; se il link esiste già e la funzione fallisce, significa che la
3384 risorsa è bloccata e potrà essere sbloccata solo con un \func{unlink},
3385 altrimenti il link è creato ed il lock acquisito; il controllo e l'eventuale
3386 acquisizione sono atomici; la soluzione funziona anche su NFS, ma ha un altro
3387 difetto è che è quello di poterla usare solo se si opera all'interno di uno
3390 In generale comunque l'uso di un \textsl{file di lock} presenta parecchi
3391 problemi che non lo rendono una alternativa praticabile per la
3392 sincronizzazione: anzitutto in caso di terminazione imprevista del processo,
3393 si lascia allocata la risorsa (il \textsl{file di lock}) e questa deve essere
3394 sempre cancellata esplicitamente. Inoltre il controllo della disponibilità
3395 può essere eseguito solo con una tecnica di \itindex{polling}
3396 \textit{polling}, ed è quindi molto inefficiente.
3398 La tecnica dei file di lock ha comunque una sua utilità, e può essere usata
3399 con successo quando l'esigenza è solo quella di segnalare l'occupazione di una
3400 risorsa, senza necessità di attendere che questa si liberi; ad esempio la si
3401 usa spesso per evitare interferenze sull'uso delle porte seriali da parte di
3402 più programmi: qualora si trovi un file di lock il programma che cerca di
3403 accedere alla seriale si limita a segnalare che la risorsa non è disponibile.
3405 \index{file!di lock|)}
3408 \subsection{La sincronizzazione con il \textit{file locking}}
3409 \label{sec:ipc_lock_file}
3411 Dato che i \index{file!di lock} file di lock presentano gli inconvenienti
3412 illustrati in precedenza, la tecnica alternativa di sincronizzazione più
3413 comune è quella di fare ricorso al \itindex{file~locking} \textit{file
3414 locking} (trattato in sez.~\ref{sec:file_locking}) usando \func{fcntl} su un
3415 file creato per l'occasione per ottenere un write lock. In questo modo potremo
3416 usare il lock come un \textit{mutex}: per bloccare la risorsa basterà
3417 acquisire il lock, per sbloccarla basterà rilasciare il lock. Una richiesta
3418 fatta con un write lock metterà automaticamente il processo in stato di
3419 attesa, senza necessità di ricorrere al \itindex{polling} \textit{polling} per
3420 determinare la disponibilità della risorsa, e al rilascio della stessa da
3421 parte del processo che la occupava si otterrà il nuovo lock atomicamente.
3423 Questo approccio presenta il notevole vantaggio che alla terminazione di un
3424 processo tutti i lock acquisiti vengono rilasciati automaticamente (alla
3425 chiusura dei relativi file) e non ci si deve preoccupare di niente; inoltre
3426 non consuma risorse permanentemente allocate nel sistema. Lo svantaggio è che,
3427 dovendo fare ricorso a delle operazioni sul filesystem, esso è in genere
3428 leggermente più lento.
3430 \begin{figure}[!htbp]
3431 \footnotesize \centering
3432 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
3433 \includecodesample{listati/MutexLocking.c}
3436 \caption{Il codice delle funzioni che permettono per la gestione dei
3437 \textit{mutex} con il \itindex{file~locking} \textit{file locking}.}
3438 \label{fig:ipc_flock_mutex}
3441 Il codice delle varie funzioni usate per implementare un mutex utilizzando il
3442 \textit{file locking} \itindex{file~locking} è riportato in
3443 fig.~\ref{fig:ipc_flock_mutex}; si è mantenuta volutamente una struttura
3444 analoga alle precedenti funzioni che usano i semafori, anche se le due
3445 interfacce non possono essere completamente equivalenti, specie per quanto
3446 riguarda la rimozione del mutex.
3448 La prima funzione (\texttt{\small 1-5}) è \func{CreateMutex}, e serve a
3449 creare il mutex; la funzione è estremamente semplice, e si limita
3450 (\texttt{\small 4}) a creare, con una opportuna chiamata ad \func{open}, il
3451 file che sarà usato per il successivo \textit{file locking}, assicurandosi che
3452 non esista già (nel qual caso segnala un errore); poi restituisce il file
3453 descriptor che sarà usato dalle altre funzioni per acquisire e rilasciare il
3456 La seconda funzione (\texttt{\small 6-10}) è \func{FindMutex}, che, come la
3457 precedente, è stata definita per mantenere una analogia con la corrispondente
3458 funzione basata sui semafori. Anch'essa si limita (\texttt{\small 9}) ad
3459 aprire il file da usare per il \itindex{file~locking} \textit{file locking},
3460 solo che in questo caso le opzioni di \func{open} sono tali che il file in
3461 questione deve esistere di già.
3463 La terza funzione (\texttt{\small 11-22}) è \func{LockMutex} e serve per
3464 acquisire il mutex. La funzione definisce (\texttt{\small 14}) e inizializza
3465 (\texttt{\small 16-19}) la struttura \var{lock} da usare per acquisire un
3466 write lock sul file, che poi (\texttt{\small 21}) viene richiesto con
3467 \func{fcntl}, restituendo il valore di ritorno di quest'ultima. Se il file è
3468 libero il lock viene acquisito e la funzione ritorna immediatamente;
3469 altrimenti \func{fcntl} si bloccherà (si noti che la si è chiamata con
3470 \const{F\_SETLKW}) fino al rilascio del lock.
3472 La quarta funzione (\texttt{\small 24-34}) è \func{UnlockMutex} e serve a
3473 rilasciare il mutex. La funzione è analoga alla precedente, solo che in questo
3474 caso si inizializza (\texttt{\small 28-31}) la struttura \var{lock} per il
3475 rilascio del lock, che viene effettuato (\texttt{\small 33}) con la opportuna
3476 chiamata a \func{fcntl}. Avendo usato il \itindex{file~locking} \textit{file
3477 locking} in semantica POSIX (si riveda quanto detto
3478 sez.~\ref{sec:file_posix_lock}) solo il processo che ha precedentemente
3479 eseguito il lock può sbloccare il mutex.
3481 La quinta funzione (\texttt{\small 36-39}) è \func{RemoveMutex} e serve a
3482 cancellare il mutex. Anche questa funzione è stata definita per mantenere una
3483 analogia con le funzioni basate sui semafori, e si limita a cancellare
3484 (\texttt{\small 38}) il file con una chiamata ad \func{unlink}. Si noti che in
3485 questo caso la funzione non ha effetto sui mutex già ottenuti con precedenti
3486 chiamate a \func{FindMutex} o \func{CreateMutex}, che continueranno ad essere
3487 disponibili fintanto che i relativi file descriptor restano aperti. Pertanto
3488 per rilasciare un mutex occorrerà prima chiamare \func{UnlockMutex} oppure
3489 chiudere il file usato per il lock.
3491 La sesta funzione (\texttt{\small 41-55}) è \func{ReadMutex} e serve a
3492 leggere lo stato del mutex. In questo caso si prepara (\texttt{\small 46-49})
3493 la solita struttura \var{lock} come l'acquisizione del lock, ma si effettua
3494 (\texttt{\small 51}) la chiamata a \func{fcntl} usando il comando
3495 \const{F\_GETLK} per ottenere lo stato del lock, e si restituisce
3496 (\texttt{\small 52}) il valore di ritorno in caso di errore, ed il valore del
3497 campo \var{l\_type} (che descrive lo stato del lock) altrimenti
3498 (\texttt{\small 54}). Per questo motivo la funzione restituirà -1 in caso di
3499 errore e uno dei due valori \const{F\_UNLCK} o \const{F\_WRLCK}\footnote{non
3500 si dovrebbe mai avere il terzo valore possibile, \const{F\_RDLCK}, dato che
3501 la nostra interfaccia usa solo i write lock. Però è sempre possibile che
3502 siano richiesti altri lock sul file al di fuori dell'interfaccia, nel qual
3503 caso si potranno avere, ovviamente, interferenze indesiderate.} in caso di
3504 successo, ad indicare che il mutex è, rispettivamente, libero o occupato.
3506 Basandosi sulla semantica dei file lock POSIX valgono tutte le considerazioni
3507 relative al comportamento di questi ultimi fatte in
3508 sez.~\ref{sec:file_posix_lock}; questo significa ad esempio che, al contrario
3509 di quanto avveniva con l'interfaccia basata sui semafori, chiamate multiple a
3510 \func{UnlockMutex} o \func{LockMutex} non si cumulano e non danno perciò
3511 nessun inconveniente.
3514 \subsection{Il \textit{memory mapping} anonimo}
3515 \label{sec:ipc_mmap_anonymous}
3517 \itindbeg{memory~mapping} Abbiamo già visto che quando i processi sono
3518 \textsl{correlati}, se cioè hanno almeno un progenitore comune, l'uso delle
3519 \textit{pipe} può costituire una valida alternativa alle code di messaggi;
3520 nella stessa situazione si può evitare l'uso di una memoria condivisa facendo
3521 ricorso al cosiddetto \textit{memory mapping} anonimo.
3523 In sez.~\ref{sec:file_memory_map} abbiamo visto come sia possibile mappare il
3524 contenuto di un file nella memoria di un processo, e che, quando viene usato
3525 il flag \const{MAP\_SHARED}, le modifiche effettuate al contenuto del file
3526 vengono viste da tutti i processi che lo hanno mappato. Utilizzare questa
3527 tecnica per creare una memoria condivisa fra processi diversi è estremamente
3528 inefficiente, in quanto occorre passare attraverso il disco.
3530 Però abbiamo visto anche che se si esegue la mappatura con il flag
3531 \const{MAP\_ANONYMOUS} la regione mappata non viene associata a nessun file,
3532 anche se quanto scritto rimane in memoria e può essere riletto; allora, dato
3533 che un processo figlio mantiene nel suo spazio degli indirizzi anche le
3534 regioni mappate, esso sarà anche in grado di accedere a quanto in esse è
3537 In questo modo diventa possibile creare una memoria condivisa fra processi
3538 diversi, purché questi abbiano almeno un progenitore comune che ha effettuato
3539 il \textit{memory mapping} anonimo.\footnote{nei sistemi derivati da SysV una
3540 funzionalità simile a questa viene implementata mappando il file speciale
3541 \file{/dev/zero}. In tal caso i valori scritti nella regione mappata non
3542 vengono ignorati (come accade qualora si scriva direttamente sul file), ma
3543 restano in memoria e possono essere riletti secondo le stesse modalità usate
3544 nel \textit{memory mapping} anonimo.} Vedremo come utilizzare questa tecnica
3545 più avanti, quando realizzeremo una nuova versione del monitor visto in
3546 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm} che possa restituisca i risultati via rete.
3547 \itindend{memory~mapping}
3549 % TODO: fare esempio di mmap anonima
3551 % TODO: con il kernel 3.2 è stata introdotta un nuovo meccanismo di
3552 % intercomunicazione veloce chiamato Cross Memory Attach, da capire se e come
3553 % trattarlo qui, vedi http://lwn.net/Articles/405346/
3554 % https://git.kernel.org/?p=linux/kernel/git/torvalds/linux-2.6.git;a=commitdiff;h=fcf634098c00dd9cd247447368495f0b79be12d1
3556 \section{L'intercomunicazione fra processi di POSIX}
3557 \label{sec:ipc_posix}
3559 Per superare i numerosi problemi del \textit{SysV-IPC}, evidenziati per i suoi
3560 aspetti generali in coda a sez.~\ref{sec:ipc_sysv_generic} e per i singoli
3561 oggetti nei paragrafi successivi, lo standard POSIX.1b ha introdotto dei nuovi
3562 meccanismi di comunicazione, che vanno sotto il nome di POSIX IPC, definendo
3563 una interfaccia completamente nuova, che tratteremo in questa sezione.
3566 \subsection{Considerazioni generali}
3567 \label{sec:ipc_posix_generic}
3569 Oggi Linux supporta tutti gli oggetti definito nello standard POSIX per l'IPC,
3570 ma a lungo non è stato così; la memoria condivisa è presente a partire dal
3571 kernel 2.4.x, i semafori sono forniti dalla \acr{glibc} nella sezione che
3572 implementa i \itindex{thread} \textit{thread} POSIX di nuova generazione che
3573 richiedono il kernel 2.6, le code di messaggi sono supportate a partire dal
3576 La caratteristica fondamentale dell'interfaccia POSIX è l'abbandono dell'uso
3577 degli identificatori e delle chiavi visti nel \textit{SysV-IPC}, per passare ai
3578 \itindex{POSIX~IPC~names} \textit{POSIX IPC names}, che sono sostanzialmente
3579 equivalenti ai nomi dei file. Tutte le funzioni che creano un oggetto di IPC
3580 POSIX prendono come primo argomento una stringa che indica uno di questi nomi;
3581 lo standard è molto generico riguardo l'implementazione, ed i nomi stessi
3582 possono avere o meno una corrispondenza sul filesystem; tutto quello che è
3585 \item i nomi devono essere conformi alle regole che caratterizzano i
3586 \textit{pathname}, in particolare non essere più lunghi di \const{PATH\_MAX}
3587 byte e terminati da un carattere nullo.
3588 \item se il nome inizia per una \texttt{/} chiamate differenti allo stesso
3589 nome fanno riferimento allo stesso oggetto, altrimenti l'interpretazione del
3590 nome dipende dall'implementazione.
3591 \item l'interpretazione di ulteriori \texttt{/} presenti nel nome dipende
3592 dall'implementazione.
3595 Data la assoluta genericità delle specifiche, il comportamento delle funzioni
3596 è subordinato in maniera quasi completa alla relativa implementazione, tanto
3597 che Stevens in \cite{UNP2} cita questo caso come un esempio della maniera
3598 standard usata dallo standard POSIX per consentire implementazioni non
3601 Nel caso di Linux, sia per quanto riguarda la memoria condivisa ed i semafori,
3602 che per le code di messaggi, tutto viene creato usando come radici delle
3603 opportune directory (rispettivamente \file{/dev/shm} e \file{/dev/mqueue}, per
3604 i dettagli si faccia riferimento a sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm},
3605 sez.~\ref{sec:ipc_posix_sem} e sez.~\ref{sec:ipc_posix_mq}). I nomi
3606 specificati nelle relative funzioni devono essere nella forma di un
3607 \textit{pathname} assoluto (devono cioè iniziare con ``\texttt{/}'') e
3608 corrisponderanno ad altrettanti file creati all'interno di queste directory;
3609 per questo motivo detti nomi non possono contenere altre ``\texttt{/}'' oltre
3612 Il vantaggio degli oggetti di IPC POSIX è comunque che essi vengono inseriti
3613 nell'albero dei file, e possono essere maneggiati con le usuali funzioni e
3614 comandi di accesso ai file, che funzionano come su dei file normali. Questo
3615 però è vero nel caso di Linux, che usa una implementazione che lo consente,
3616 non è detto che altrettanto valga per altri kernel. In particolare, come si
3617 può facilmente verificare con il comando \cmd{strace}, sia per la memoria
3618 condivisa che per le code di messaggi varie \textit{system call} utilizzate da
3619 Linux corrispondono in realtà a quelle ordinarie dei file, essendo detti
3620 oggetti realizzati come tali usando degli specifici filesystem.
3622 In particolare i permessi associati agli oggetti di IPC POSIX sono identici ai
3623 permessi dei file, ed il controllo di accesso segue esattamente la stessa
3624 semantica (quella illustrata in sez.~\ref{sec:file_access_control}), e non
3625 quella particolare (si ricordi quanto visto in
3626 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_access_control}) che viene usata per gli oggetti del
3627 SysV-IPC. Per quanto riguarda l'attribuzione dell'utente e del gruppo
3628 proprietari dell'oggetto alla creazione di quest'ultimo essa viene effettuata
3629 secondo la semantica SysV: corrispondono cioè a \ids{UID} e \ids{GID} effettivi
3630 del processo che esegue la creazione.
3633 \subsection{Code di messaggi Posix}
3634 \label{sec:ipc_posix_mq}
3636 Le code di messaggi POSIX sono supportate da Linux a partire dalla versione
3637 2.6.6 del kernel. In generale, come le corrispettive del \textit{SysV-IPC}, le
3638 code di messaggi sono poco usate, dato che i socket, nei casi in cui sono
3639 sufficienti, sono più comodi, e che in casi più complessi la comunicazione può
3640 essere gestita direttamente con mutex (o semafori) e memoria condivisa con
3641 tutta la flessibilità che occorre.
3643 Per poter utilizzare le code di messaggi, oltre ad utilizzare un kernel
3644 superiore al 2.6.6 occorre utilizzare la libreria \file{librt} che contiene le
3645 funzioni dell'interfaccia POSIX ed i programmi che usano le code di messaggi
3646 devono essere compilati aggiungendo l'opzione \code{-lrt} al comando
3647 \cmd{gcc}. In corrispondenza all'inclusione del supporto nel kernel ufficiale
3648 le funzioni di libreria sono state inserite nella \acr{glibc}, e sono
3649 disponibili a partire dalla versione 2.3.4 delle medesime.
3651 La libreria inoltre richiede la presenza dell'apposito filesystem di tipo
3652 \texttt{mqueue} montato sulla directory \file{/dev/mqueue}; questo può essere
3653 fatto aggiungendo ad \conffile{/etc/fstab} una riga come:
3654 \begin{FileExample}[label=/etc/fstab]
3655 mqueue /dev/mqueue mqueue defaults 0 0
3657 ed esso sarà utilizzato come radice sulla quale vengono risolti i nomi delle
3658 code di messaggi che iniziano con una ``\texttt{/}''. Le opzioni di mount
3659 accettate sono \texttt{uid}, \texttt{gid} e \texttt{mode} che permettono
3660 rispettivamente di impostare l'utente, il gruppo ed i permessi associati al
3664 La funzione di sistema che permette di aprire (e crearla se non esiste ancora)
3665 una coda di messaggi POSIX è \funcd{mq\_open}, ed il suo prototipo è:
3671 \fdecl{mqd\_t mq\_open(const char *name, int oflag)}
3672 \fdecl{mqd\_t mq\_open(const char *name, int oflag, unsigned long mode,
3673 struct mq\_attr *attr)}
3675 \fdesc{Apre una coda di messaggi POSIX impostandone le caratteristiche.}
3678 {La funzione ritorna il descrittore associato alla coda in caso di successo e
3679 $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3681 \item[\errcode{EACCES}] il processo non ha i privilegi per accedere alla
3682 coda secondo quanto specificato da \param{oflag} oppure \const{name}
3683 contiene più di una ``\texttt{/}''.
3684 \item[\errcode{EEXIST}] si è specificato \const{O\_CREAT} e \const{O\_EXCL}
3685 ma la coda già esiste.
3686 \item[\errcode{EINVAL}] il file non supporta la funzione, o si è specificato
3687 \const{O\_CREAT} con una valore non nullo di \param{attr} e valori non
3688 validi dei campi \var{mq\_maxmsg} e \var{mq\_msgsize}; questi valori
3689 devono essere positivi ed inferiori ai limiti di sistema se il processo
3690 non ha privilegi amministrativi, inoltre \var{mq\_maxmsg} non può comunque
3691 superare \const{HARD\_MAX}.
3692 \item[\errcode{ENOENT}] non si è specificato \const{O\_CREAT} ma la coda non
3693 esiste o si è usato il nome ``\texttt{/}''.
3694 \item[\errcode{ENOSPC}] lo spazio è insufficiente, probabilmente per aver
3695 superato il limite di \texttt{queues\_max}.
3697 ed inoltre \errval{EMFILE}, \errval{ENAMETOOLONG}, \errval{ENFILE},
3698 \errval{ENOMEM} ed nel loro significato generico. }
3701 La funzione apre la coda di messaggi identificata dall'argomento \param{name}
3702 restituendo il descrittore ad essa associato, del tutto analogo ad un file
3703 descriptor, con l'unica differenza che lo standard prevede un apposito tipo
3704 \type{mqd\_t}. Nel caso di Linux si tratta in effetti proprio di un normale
3705 file descriptor; pertanto, anche se questo comportamento non è portabile, lo
3706 si può tenere sotto osservazione con le funzioni dell'I/O multiplexing (vedi
3707 sez.~\ref{sec:file_multiplexing}) come possibile alternativa all'uso
3708 dell'interfaccia di notifica di \func{mq\_notify} (che vedremo a breve).
3710 Se il nome indicato fa riferimento ad una coda di messaggi già esistente, il
3711 descrittore ottenuto farà riferimento allo stesso oggetto, pertanto tutti i
3712 processi che hanno usato \func{mq\_open} su quel nome otterranno un
3713 riferimento alla stessa coda. Diventa così immediato costruire un canale di
3714 comunicazione fra detti processi.
3716 La funzione è del tutto analoga ad \func{open} ed analoghi sono i valori che
3717 possono essere specificati per \param{oflag}, che deve essere specificato come
3718 maschera binaria; i valori possibili per i vari bit sono quelli visti in
3719 sez.~\ref{sec:file_open_close} (per questo occorre includere \texttt{fcntl.h})
3720 dei quali però \func{mq\_open} riconosce solo i seguenti:
3721 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.2cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3722 \item[\const{O\_RDONLY}] Apre la coda solo per la ricezione di messaggi. Il
3723 processo potrà usare il descrittore con \func{mq\_receive} ma non con
3725 \item[\const{O\_WRONLY}] Apre la coda solo per la trasmissione di messaggi. Il
3726 processo potrà usare il descrittore con \func{mq\_send} ma non con
3728 \item[\const{O\_RDWR}] Apre la coda solo sia per la trasmissione che per la
3730 \item[\const{O\_CREAT}] Necessario qualora si debba creare la coda; la
3731 presenza di questo bit richiede la presenza degli ulteriori argomenti
3732 \param{mode} e \param{attr}.
3733 \item[\const{O\_EXCL}] Se usato insieme a \const{O\_CREAT} fa fallire la
3734 chiamata se la coda esiste già, altrimenti esegue la creazione atomicamente.
3735 \item[\const{O\_NONBLOCK}] Imposta la coda in modalità non bloccante, le
3736 funzioni di ricezione e trasmissione non si bloccano quando non ci sono le
3737 risorse richieste, ma ritornano immediatamente con un errore di
3741 I primi tre bit specificano la modalità di apertura della coda, e sono fra
3742 loro esclusivi. Ma qualunque sia la modalità in cui si è aperta una coda,
3743 questa potrà essere riaperta più volte in una modalità diversa, e vi si potrà
3744 sempre accedere attraverso descrittori diversi, esattamente come si può fare
3747 Se la coda non esiste e la si vuole creare si deve specificare
3748 \const{O\_CREAT}, in tal caso occorre anche specificare i permessi di
3749 creazione con l'argomento \param{mode};\footnote{fino al 2.6.14 per un bug i
3750 valori della \textit{umask} del processo non venivano applicati a questi
3751 permessi.} i valori di quest'ultimo sono identici a quelli usati per
3752 \func{open} (per questo occorre includere \texttt{sys/stat.h}), anche se per
3753 le code di messaggi han senso solo i permessi di lettura e scrittura.
3755 Oltre ai permessi di creazione possono essere specificati anche gli attributi
3756 specifici della coda tramite l'argomento \param{attr}; quest'ultimo è un
3757 puntatore ad una apposita struttura \struct{mq\_attr}, la cui definizione è
3758 riportata in fig.~\ref{fig:ipc_mq_attr}.
3760 \begin{figure}[!htb]
3761 \footnotesize \centering
3762 \begin{minipage}[c]{0.90\textwidth}
3763 \includestruct{listati/mq_attr.h}
3766 \caption{La struttura \structd{mq\_attr}, contenente gli attributi di una
3767 coda di messaggi POSIX.}
3768 \label{fig:ipc_mq_attr}
3771 Per la creazione della coda i campi della struttura che devono essere
3772 specificati sono \var{mq\_maxmsg} e \var{mq\_msgsize}, che indicano
3773 rispettivamente il numero massimo di messaggi che può contenere e la
3774 dimensione massima di un messaggio. Il valore dovrà essere positivo e minore
3775 dei rispettivi limiti di sistema altrimenti la funzione fallirà con un errore
3776 di \errcode{EINVAL}. Se \param{attr} è un puntatore nullo gli attributi della
3777 coda saranno impostati ai valori predefiniti.
3779 I suddetti limiti di sistema sono impostati attraverso altrettanti file in
3780 \texttt{/proc/sys/fs/mqueue}, in particolare i file che controllano i valori
3782 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{1.5cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
3783 \item[\sysctlfile{fs/mqueue/msg\_max}] Indica il valore massimo del numero di
3784 messaggi in una coda e agisce come limite superiore per il valore di
3785 \var{attr->mq\_maxmsg} in \func{mq\_open}. Il suo valore di default è 10. Il
3786 valore massimo è \const{HARD\_MAX} che vale \code{(131072/sizeof(void *))},
3787 ed il valore minimo 1 (ma era 10 per i kernel precedenti il 2.6.28). Questo
3788 limite viene ignorato per i processi con privilegi amministrativi (più
3789 precisamente con la \itindex{capability} \textit{capability}
3790 \const{CAP\_SYS\_RESOURCE}) ma \const{HARD\_MAX} resta comunque non
3793 \item[\sysctlfile{fs/mqueue/msgsize\_max}] Indica il valore massimo della
3794 dimensione in byte di un messaggio sulla coda ed agisce come limite
3795 superiore per il valore di \var{attr->mq\_msgsize} in \func{mq\_open}. Il
3796 suo valore di default è 8192. Il valore massimo è 1048576 ed il valore
3797 minimo 128 (ma per i kernel precedenti il 2.6.28 detti limiti erano
3798 rispettivamente \const{INT\_MAX} e 8192). Questo limite viene ignorato dai
3799 processi con privilegi amministrativi (con la \itindex{capability}
3800 \textit{capability} \const{CAP\_SYS\_RESOURCE}).
3802 \item[\sysctlfile{fs/mqueue/queues\_max}] Indica il numero massimo di code di
3803 messaggi creabili in totale sul sistema, il valore di default è 256 ma si
3804 può usare un valore qualunque fra $0$ e \const{INT\_MAX}. Il limite non
3805 viene applicato ai processi con privilegi amministrativi (cioè con la
3806 \itindex{capability} \textit{capability} \const{CAP\_SYS\_RESOURCE}).
3810 Infine sulle code di messaggi si applica il limite imposto sulla risorsa
3811 \const{RLIMIT\_MSGQUEUE} (vedi sez.~\ref{sec:sys_resource_limit}) che indica
3812 lo spazio massimo (in byte) occupabile dall'insieme di tutte le code di
3813 messaggi appartenenti ai processi di uno stesso utente, che viene identificato
3814 in base al \textit{real user ID} degli stessi.
3816 Quando l'accesso alla coda non è più necessario si può chiudere il relativo
3817 descrittore con la funzione \funcd{mq\_close}, il cui prototipo è:
3821 \fdecl{int mq\_close(mqd\_t mqdes)}
3823 \fdesc{Chiude una coda di messaggi.}
3826 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3827 caso \var{errno} assumerà uno dei valori \errval{EBADF} o \errval{EINTR} nel
3828 loro significato generico.
3832 La funzione è analoga a \func{close},\footnote{su Linux, dove le code sono
3833 implementate come file su un filesystem dedicato, è esattamente la stessa
3834 funzione, per cui non esiste una \textit{system call} autonoma e la funzione
3835 viene rimappata su \func{close} dalle \acr{glibc}.} dopo la sua esecuzione
3836 il processo non sarà più in grado di usare il descrittore della coda, ma
3837 quest'ultima continuerà ad esistere nel sistema e potrà essere acceduta con
3838 un'altra chiamata a \func{mq\_open}. All'uscita di un processo tutte le code
3839 aperte, così come i file, vengono chiuse automaticamente. Inoltre se il
3840 processo aveva agganciato una richiesta di notifica sul descrittore che viene
3841 chiuso, questa sarà rilasciata e potrà essere richiesta da qualche altro
3844 Quando si vuole effettivamente rimuovere una coda dal sistema occorre usare la
3845 funzione di sistema \funcd{mq\_unlink}, il cui prototipo è:
3849 \fdecl{int mq\_unlink(const char *name)}
3851 \fdesc{Rimuove una coda di messaggi.}
3854 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
3855 caso \var{errno} assumerà gli uno dei valori:
3857 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i permessi per cancellare la coda.
3858 \item[\errcode{ENAMETOOLONG}] il nome indicato è troppo lungo.
3859 \item[\errcode{ENOENT}] non esiste una coda con il nome indicato.
3864 Anche in questo caso il comportamento della funzione è analogo a quello di
3865 \func{unlink} per i file, la funzione rimuove la coda \param{name} (ed il
3866 relativo file sotto \texttt{/dev/mqueue}), così che una successiva chiamata a
3867 \func{mq\_open} fallisce o crea una coda diversa.
3869 % TODO, verificare se mq_unlink è davvero una system call indipendente.
3871 Come per i file ogni coda di messaggi ha un contatore di riferimenti, per cui
3872 la coda non viene effettivamente rimossa dal sistema fin quando questo non si
3873 annulla. Pertanto anche dopo aver eseguito con successo \func{mq\_unlink} la
3874 coda resterà accessibile a tutti i processi che hanno un descrittore aperto su
3875 di essa. Allo stesso modo una coda ed i suoi contenuti resteranno disponibili
3876 all'interno del sistema anche quando quest'ultima non è aperta da nessun
3877 processo (questa è una delle differenze più rilevanti nei confronti di
3878 \textit{pipe} e \textit{fifo}). La sola differenza fra code di messaggi POSIX
3879 e file normali è che, essendo il filesystem delle code di messaggi virtuale, e
3880 basato su oggetti interni al kernel, il suo contenuto viene perduto con il
3881 riavvio del sistema.
3883 Come accennato ad ogni coda di messaggi è associata una struttura
3884 \struct{mq\_attr}, che può essere letta e modificata attraverso le due
3885 funzioni \funcd{mq\_getattr} e \funcd{mq\_setattr}, i cui prototipi sono:
3889 \fdecl{int mq\_getattr(mqd\_t mqdes, struct mq\_attr *mqstat)}
3890 \fdesc{Legge gli attributi di una coda di messaggi POSIX.}
3891 \fdecl{int mq\_setattr(mqd\_t mqdes, const struct mq\_attr *mqstat,
3892 struct mq\_attr *omqstat)}
3893 \fdesc{Modifica gli attributi di una coda di messaggi POSIX.}
3896 Entrambe le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore,
3897 nel qual caso \var{errno} assumerà i valori \errval{EBADF}
3898 o \errval{EINVAL} nel loro significato generico.
3902 La funzione \func{mq\_getattr} legge i valori correnti degli attributi della
3903 coda \param{mqdes} nella struttura \struct{mq\_attr} puntata
3904 da \param{mqstat}; di questi l'unico relativo allo stato corrente della coda è
3905 \var{mq\_curmsgs} che indica il numero di messaggi da essa contenuti, gli
3906 altri indicano le caratteristiche generali della stessa impostate in fase di
3909 La funzione \func{mq\_setattr} permette di modificare gli attributi di una
3910 coda (indicata da \param{mqdes}) tramite i valori contenuti nella struttura
3911 \struct{mq\_attr} puntata da \param{mqstat}, ma può essere modificato solo il
3912 campo \var{mq\_flags}, gli altri campi vengono comunque ignorati.
3914 In particolare i valori di \var{mq\_maxmsg} e \var{mq\_msgsize} possono essere
3915 specificati solo in fase ci creazione della coda. Inoltre i soli valori
3916 possibili per \var{mq\_flags} sono 0 e \const{O\_NONBLOCK}, per cui alla fine
3917 la funzione può essere utilizzata solo per abilitare o disabilitare la
3918 modalità non bloccante. L'argomento \param{omqstat} viene usato, quando
3919 diverso da \val{NULL}, per specificare l'indirizzo di una struttura su cui
3920 salvare i valori degli attributi precedenti alla chiamata della funzione.
3922 Per inserire messaggi su di una coda sono previste due funzioni di sistema,
3923 \funcd{mq\_send} e \funcd{mq\_timedsend}. In realtà su Linux la \textit{system
3924 call} è soltanto \func{mq\_timedsend}, mentre \func{mq\_send} viene
3925 implementata come funzione di libreria che si appoggia alla
3926 precedente. Inoltre \func{mq\_timedsend} richiede che sia definita la macro
3927 \macro{\_XOPEN\_SOURCE} ad un valore pari ad almeno \texttt{600} o la macro
3928 \macro{\_POSIX\_C\_SOURCE} ad un valore uguale o maggiore di \texttt{200112L}.
3929 I rispettivi prototipi sono:
3933 \fdecl{int mq\_send(mqd\_t mqdes, const char *msg\_ptr, size\_t msg\_len,
3934 unsigned int msg\_prio)}
3935 \fdesc{Esegue l'inserimento di un messaggio su una coda.}
3938 \fdecl{int mq\_timedsend(mqd\_t mqdes, const char *msg\_ptr, size\_t
3940 \phantom{int mq\_timedsend(}unsigned int msg\_prio, const struct timespec *abs\_timeout)}
3941 \fdesc{Esegue l'inserimento di un messaggio su una coda entro un tempo
3945 {Entrambe le funzioni ritornano $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore,
3946 nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
3948 \item[\errcode{EAGAIN}] si è aperta la coda con \const{O\_NONBLOCK}, e la
3950 \item[\errcode{EBADF}] si specificato un file descriptor non valido.
3951 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore nullo per
3952 \param{msg\_len}, o un valore di \param{msg\_prio} fuori dai limiti, o
3953 un valore non valido per \param{abs\_timeout}.
3954 \item[\errcode{EMSGSIZE}] la lunghezza del messaggio \param{msg\_len}
3955 eccede il limite impostato per la coda.
3956 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] l'inserimento del messaggio non è stato
3957 effettuato entro il tempo stabilito (solo \func{mq\_timedsend}).
3959 ed inoltre \errval{EBADF} e \errval{EINTR} nel loro significato generico.
3963 Entrambe le funzioni richiedono un puntatore ad un buffer in memoria
3964 contenente il testo del messaggio da inserire nella coda \param{mqdes}
3965 nell'argomento \param{msg\_ptr}, e la relativa lunghezza in \param{msg\_len}.
3966 Se quest'ultima eccede la dimensione massima specificata da \var{mq\_msgsize}
3967 le funzioni ritornano immediatamente con un errore di \errcode{EMSGSIZE}.
3969 L'argomento \param{msg\_prio} indica la priorità dell'argomento, che, essendo
3970 definito come \ctyp{unsigned int}, è sempre un intero positivo. I messaggi di
3971 priorità maggiore vengono inseriti davanti a quelli di priorità inferiore, e
3972 quindi saranno riletti per primi. A parità del valore della priorità il
3973 messaggio sarà inserito in coda a tutti quelli che hanno la stessa priorità
3974 che quindi saranno letti con la politica di una \textit{fifo}. Il valore della
3975 priorità non può eccedere il limite di sistema \const{MQ\_PRIO\_MAX}, che al
3976 momento è pari a 32768.
3978 Qualora la coda sia piena, entrambe le funzioni si bloccano, a meno che non
3979 sia stata selezionata in fase di apertura della stessa la modalità non
3980 bloccante o non si sia impostato il flag \const{O\_NONBLOCK} sul file
3981 descriptor della coda, nel qual caso entrambe ritornano con un codice di
3982 errore di \errcode{EAGAIN}.
3984 La sola differenza fra le due funzioni è che \func{mq\_timedsend}, passato il
3985 tempo massimo impostato con l'argomento \param{abs\_timeout}, ritorna con un
3986 errore di \errcode{ETIMEDOUT}, se invece il tempo è già scaduto al momento
3987 della chiamata e la coda è piena la funzione ritorna immediatamente. Il valore
3988 di \param{abs\_timeout} deve essere specificato come tempo assoluto tramite
3989 una struttura \struct{timespec} (vedi fig.~\ref{fig:sys_timespec_struct})
3990 indicato in numero di secondi e nanosecondi a partire dal 1 gennaio 1970.
3992 Come per l'inserimento, anche per l'estrazione dei messaggi da una coda sono
3993 previste due funzioni di sistema, \funcd{mq\_receive} e
3994 \funcd{mq\_timedreceive}. Anche in questo caso su Linux soltanto
3995 \func{mq\_timedreceive} è effettivamente, una \textit{system call} e per
3996 usarla devono essere definite le opportune macro come per
3997 \func{mq\_timedsend}. I rispettivi prototipi sono:
4001 \fdecl{ssize\_t mq\_receive(mqd\_t mqdes, char *msg\_ptr, size\_t
4002 msg\_len, unsigned int *msg\_prio)}
4003 \fdesc{Effettua la ricezione di un messaggio da una coda.}
4006 \fdecl{ssize\_t mq\_timedreceive(mqd\_t mqdes, char *msg\_ptr, size\_t
4008 \phantom{ssize\_t mq\_timedreceive(}unsigned int *msg\_prio, const struct timespec
4010 \fdesc{Riceve un messaggio da una coda entro un limite di tempo.}
4012 {Entrambe le funzioni ritornano il numero di byte del messaggio in caso di
4013 successo e $-1$ per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei
4016 \item[\errcode{EAGAIN}] si è aperta la coda con \const{O\_NONBLOCK}, e la
4018 \item[\errcode{EINVAL}] si è specificato un valore nullo per
4019 \param{msg\_ptr}, o un valore non valido per \param{abs\_timeout}.
4020 \item[\errcode{EMSGSIZE}] la lunghezza del messaggio sulla coda eccede il
4021 valore \param{msg\_len} specificato per la ricezione.
4022 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] la ricezione del messaggio non è stata
4023 effettuata entro il tempo stabilito.
4025 ed inoltre \errval{EBADF} o \errval{EINTR} nel loro significato generico. }
4028 La funzione estrae dalla coda \param{mqdes} il messaggio a priorità più alta,
4029 o il più vecchio fra quelli della stessa priorità. Una volta ricevuto il
4030 messaggio viene tolto dalla coda e la sua dimensione viene restituita come
4031 valore di ritorno; si tenga presente che 0 è una dimensione valida e che la
4032 condizione di errore è indicata soltanto da un valore di
4033 $-1$.\footnote{Stevens in \cite{UNP2} fa notare che questo è uno dei casi in
4034 cui vale ciò che lo standard \textsl{non} dice, una dimensione nulla
4035 infatti, pur non essendo citata, non viene proibita.}
4037 Se la dimensione specificata da \param{msg\_len} non è sufficiente a contenere
4038 il messaggio, entrambe le funzioni, al contrario di quanto avveniva nelle code
4039 di messaggi di SysV, ritornano un errore di \errcode{EMSGSIZE} senza estrarre
4040 il messaggio. È pertanto opportuno eseguire sempre una chiamata a
4041 \func{mq\_getattr} prima di eseguire una ricezione, in modo da ottenere la
4042 dimensione massima dei messaggi sulla coda, per poter essere in grado di
4043 allocare dei buffer sufficientemente ampi per la lettura.
4045 Se si specifica un puntatore per l'argomento \param{msg\_prio} il valore della
4046 priorità del messaggio viene memorizzato all'indirizzo da esso indicato.
4047 Qualora non interessi usare la priorità dei messaggi si può specificare
4048 \var{NULL}, ed usare un valore nullo della priorità nelle chiamate a
4051 Si noti che con le code di messaggi POSIX non si ha la possibilità di
4052 selezionare quale messaggio estrarre con delle condizioni sulla priorità, a
4053 differenza di quanto avveniva con le code di messaggi di SysV che permettono
4054 invece la selezione in base al valore del campo \var{mtype}.
4056 Qualora la coda sia vuota entrambe le funzioni si bloccano, a meno che non si
4057 sia selezionata la modalità non bloccante; in tal caso entrambe ritornano
4058 immediatamente con l'errore \errcode{EAGAIN}. Anche in questo caso la sola
4059 differenza fra le due funzioni è che la seconda non attende indefinitamente e
4060 passato il tempo massimo \param{abs\_timeout} ritorna comunque con un errore
4061 di \errcode{ETIMEDOUT}.
4063 Uno dei problemi sottolineati da Stevens in \cite{UNP2}, comuni ad entrambe le
4064 tipologie di code messaggi, è che non è possibile per chi riceve identificare
4065 chi è che ha inviato il messaggio, in particolare non è possibile sapere da
4066 quale utente esso provenga. Infatti, in mancanza di un meccanismo interno al
4067 kernel, anche se si possono inserire delle informazioni nel messaggio, queste
4068 non possono essere credute, essendo completamente dipendenti da chi lo invia.
4069 Vedremo però come, attraverso l'uso del meccanismo di notifica, sia possibile
4070 superare in parte questo problema.
4072 Una caratteristica specifica delle code di messaggi POSIX è la possibilità di
4073 usufruire di un meccanismo di notifica asincrono; questo può essere attivato
4074 usando la funzione \funcd{mq\_notify}, il cui prototipo è:
4078 \fdecl{int mq\_notify(mqd\_t mqdes, const struct sigevent *notification)}
4080 \fdesc{Attiva il meccanismo di notifica per una coda.}
4083 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
4084 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
4086 \item[\errcode{EBADF}] il descrittore non fa riferimento ad una coda di
4088 \item[\errcode{EBUSY}] c'è già un processo registrato per la notifica.
4089 \item[\errcode{EINVAL}] si è richiesto un meccanismo di notifica invalido
4090 o specificato nella notifica con i segnali il valore di un segnale non
4093 ed inoltre \errval{ENOMEM} nel suo significato generico.
4097 Il meccanismo di notifica permette di segnalare in maniera asincrona ad un
4098 processo la presenza di dati sulla coda indicata da \param{mqdes}, in modo da
4099 evitare la necessità di bloccarsi nell'attesa. Per far questo un processo deve
4100 registrarsi con la funzione \func{mq\_notify}, ed il meccanismo è disponibile
4101 per un solo processo alla volta per ciascuna coda.
4103 Il comportamento di \func{mq\_notify} dipende dai valori passati con
4104 l'argomento \param{notification}, che è un puntatore ad una apposita struttura
4105 \struct{sigevent}, (definita in fig.~\ref{fig:struct_sigevent}) introdotta
4106 dallo standard POSIX.1b per gestire la notifica di eventi; per altri dettagli
4107 su di essa si può rivedere quanto detto in sez.~\ref{sec:sig_timer_adv} a
4108 proposito dell'uso della stessa struttura per la notifica delle scadenze dei
4111 Attraverso questa struttura si possono impostare le modalità con cui viene
4112 effettuata la notifica nel campo \var{sigev\_notify}, che può assumere i
4113 valori di tab.~\ref{tab:sigevent_sigev_notify}; fra questi la pagina di
4114 manuale riporta soltanto i primi tre, ed inizialmente era possibile solo
4115 \const{SIGEV\_SIGNAL}. Il metodo consigliato è quello di usare
4116 \const{SIGEV\_SIGNAL} usando il campo \var{sigev\_signo} per indicare il quale
4117 segnale deve essere inviato al processo. Inoltre il campo \var{sigev\_value} è
4118 un puntatore ad una struttura \struct{sigval} (definita in
4119 fig.~\ref{fig:sig_sigval}) che permette di restituire al gestore del segnale
4120 un valore numerico o un indirizzo,\footnote{per il suo uso si riveda la
4121 trattazione fatta in sez.~\ref{sec:sig_real_time} a proposito dei segnali
4122 \textit{real-time}.} posto che questo sia installato nella forma estesa
4123 vista in sez.~\ref{sec:sig_sigaction}.
4125 La funzione registra il processo chiamante per la notifica se
4126 \param{notification} punta ad una struttura \struct{sigevent} opportunamente
4127 inizializzata, o cancella una precedente registrazione se è \val{NULL}. Dato
4128 che un solo processo alla volta può essere registrato, la funzione fallisce
4129 con \errcode{EBUSY} se c'è un altro processo già registrato. Questo significa
4130 anche che se si registra una notifica con \const{SIGEV\_NONE} il processo non
4131 la riceverà, ma impedirà anche che altri possano registrarsi per poterlo fare.
4132 Si tenga presente inoltre che alla chiusura del descrittore associato alla
4133 coda (e quindi anche all'uscita del processo) ogni eventuale registrazione di
4134 notifica presente viene cancellata.
4136 La notifica del segnale avviene all'arrivo di un messaggio in una coda vuota
4137 (cioè solo se sulla coda non ci sono messaggi) e se non c'è nessun processo
4138 bloccato in una chiamata a \func{mq\_receive}, in questo caso infatti il
4139 processo bloccato ha la precedenza ed il messaggio gli viene immediatamente
4140 inviato, mentre per il meccanismo di notifica tutto funziona come se la coda
4141 fosse rimasta vuota.
4143 Quando un messaggio arriva su una coda vuota al processo che si era registrato
4144 viene inviato il segnale specificato da \code{notification->sigev\_signo}, e
4145 la coda diventa disponibile per una ulteriore registrazione. Questo comporta
4146 che se si vuole mantenere il meccanismo di notifica occorre ripetere la
4147 registrazione chiamando nuovamente \func{mq\_notify} all'interno del gestore
4148 del segnale di notifica. A differenza della situazione simile che si aveva con
4149 i segnali non affidabili (l'argomento è stato affrontato in
4150 \ref{sec:sig_semantics}) questa caratteristica non configura una
4151 \itindex{race~condition} \textit{race condition} perché l'invio di un segnale
4152 avviene solo se la coda è vuota; pertanto se si vuole evitare di correre il
4153 rischio di perdere eventuali ulteriori segnali inviati nel lasso di tempo che
4154 occorre per ripetere la richiesta di notifica basta avere cura di eseguire
4155 questa operazione prima di estrarre i messaggi presenti dalla coda.
4157 L'invio del segnale di notifica avvalora alcuni campi di informazione
4158 restituiti al gestore attraverso la struttura \struct{siginfo\_t} (definita in
4159 fig.~\ref{fig:sig_siginfo_t}). In particolare \var{si\_pid} viene impostato al
4160 valore del \ids{PID} del processo che ha emesso il segnale, \var{si\_uid}
4161 all'\textsl{user-ID} effettivo, \var{si\_code} a \const{SI\_MESGQ}, e
4162 \var{si\_errno} a 0. Questo ci dice che, se si effettua la ricezione dei
4163 messaggi usando esclusivamente il meccanismo di notifica, è possibile ottenere
4164 le informazioni sul processo che ha inserito un messaggio usando un gestore
4165 per il segnale in forma estesa, di nuovo si faccia riferimento a quanto detto
4166 al proposito in sez.~\ref{sec:sig_sigaction} e sez.~\ref{sec:sig_real_time}.
4169 \subsection{Memoria condivisa}
4170 \label{sec:ipc_posix_shm}
4172 La memoria condivisa è stato il primo degli oggetti di IPC POSIX inserito nel
4173 kernel ufficiale; il supporto a questo tipo di oggetti è realizzato attraverso
4174 il filesystem \texttt{tmpfs}, uno speciale filesystem che mantiene tutti i
4175 suoi contenuti in memoria, che viene attivato abilitando l'opzione
4176 \texttt{CONFIG\_TMPFS} in fase di compilazione del kernel.
4178 Per potere utilizzare l'interfaccia POSIX per la memoria condivisa la
4179 \acr{glibc} (le funzioni sono state introdotte con la versione 2.2) richiede
4180 di compilare i programmi con l'opzione \code{-lrt}; inoltre è necessario che
4181 in \file{/dev/shm} sia montato un filesystem \texttt{tmpfs}; questo di norma
4182 viene fatto aggiungendo una riga del tipo di:
4183 \begin{FileExample}[label=/etc/fstab]
4184 tmpfs /dev/shm tmpfs defaults 0 0
4186 ad \conffile{/etc/fstab}. In realtà si può montare un filesystem
4187 \texttt{tmpfs} dove si vuole, per usarlo come RAM disk, con un comando del
4190 mount -t tmpfs -o size=128M,nr_inodes=10k,mode=700 tmpfs /mytmpfs
4193 Il filesystem riconosce, oltre quelle mostrate, le opzioni \texttt{uid} e
4194 \texttt{gid} che identificano rispettivamente utente e gruppo cui assegnarne
4195 la titolarità, e \texttt{nr\_blocks} che permette di specificarne la
4196 dimensione in blocchi, cioè in multipli di \const{PAGECACHE\_SIZE} che in
4197 questo caso è l'unità di allocazione elementare.
4199 La funzione che permette di aprire un segmento di memoria condivisa POSIX, ed
4200 eventualmente di crearlo se non esiste ancora, è \funcd{shm\_open}; il suo
4207 \fdecl{int shm\_open(const char *name, int oflag, mode\_t mode)}
4209 \fdesc{Apre un segmento di memoria condivisa.}
4212 {La funzione ritorna un file descriptor in caso di successo e $-1$ per un
4213 errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
4215 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i permessi di aprire il segmento nella
4216 modalità scelta o si richiesto \const{O\_TRUNC} per un segmento su cui non
4217 si ha il permesso di scrittura.
4218 \item[\errcode{EINVAL}] si è utilizzato un nome non valido.
4220 ed inoltre \errval{EEXIST}, \errval{EMFILE}, \errval{ENAMETOOLONG},
4221 \errval{ENFILE} e \errval{ENOENT} nello stesso significato che hanno per
4227 La funzione apre un segmento di memoria condivisa identificato dal nome
4228 \param{name}. Come già spiegato in sez.~\ref{sec:ipc_posix_generic} questo
4229 nome può essere specificato in forma standard solo facendolo iniziare per
4230 ``\texttt{/}'' e senza ulteriori ``\texttt{/}''. Linux supporta comunque nomi
4231 generici, che verranno interpretati prendendo come radice
4232 \file{/dev/shm}.\footnote{occorre pertanto evitare di specificare qualcosa del
4233 tipo \file{/dev/shm/nome} all'interno di \param{name}, perché questo
4234 comporta, da parte delle funzioni di libreria, il tentativo di accedere a
4235 \file{/dev/shm/dev/shm/nome}.}
4237 La funzione è del tutto analoga ad \func{open} ed analoghi sono i valori che
4238 possono essere specificati per \param{oflag}, che deve essere specificato come
4239 maschera binaria comprendente almeno uno dei due valori \const{O\_RDONLY} e
4240 \const{O\_RDWR}; i valori possibili per i vari bit sono quelli visti in
4241 sez.~\ref{sec:file_open_close} dei quali però \func{shm\_open} riconosce solo
4243 \begin{basedescript}{\desclabelwidth{2.0cm}\desclabelstyle{\nextlinelabel}}
4244 \item[\const{O\_RDONLY}] Apre il file descriptor associato al segmento di
4245 memoria condivisa per l'accesso in sola lettura.
4246 \item[\const{O\_RDWR}] Apre il file descriptor associato al segmento di
4247 memoria condivisa per l'accesso in lettura e scrittura.
4248 \item[\const{O\_CREAT}] Necessario qualora si debba creare il segmento di
4249 memoria condivisa se esso non esiste; in questo caso viene usato il valore
4250 di \param{mode} per impostare i permessi, che devono essere compatibili con
4251 le modalità con cui si è aperto il file.
4252 \item[\const{O\_EXCL}] Se usato insieme a \const{O\_CREAT} fa fallire la
4253 chiamata a \func{shm\_open} se il segmento esiste già, altrimenti esegue la
4254 creazione atomicamente.
4255 \item[\const{O\_TRUNC}] Se il segmento di memoria condivisa esiste già, ne
4256 tronca le dimensioni a 0 byte.
4259 In caso di successo la funzione restituisce un file descriptor associato al
4260 segmento di memoria condiviso con le stesse modalità di \func{open} viste in
4261 sez.~\ref{sec:file_open_close}. Inoltre sul file descriptor viene sempre
4262 impostato il flag \const{FD\_CLOEXEC}. Chiamate effettuate da diversi
4263 processi usando lo stesso nome restituiranno file descriptor associati allo
4264 stesso segmento, così come, nel caso di file ordinari, essi sono associati
4265 allo stesso \itindex{inode} inode. In questo modo è possibile effettuare una
4266 chiamata ad \func{mmap} sul file descriptor restituito da \func{shm\_open} ed
4267 i processi vedranno lo stesso segmento di memoria condivisa.
4269 Quando il nome non esiste si può creare un nuovo segmento specificando
4270 \const{O\_CREAT}; in tal caso il segmento avrà (così come i nuovi file)
4271 lunghezza nulla. Il nuovo segmento verrà creato con i permessi indicati
4272 da \param{mode} (di cui vengono usati solo i 9 bit meno significativi, non si
4273 applicano pertanto i permessi speciali di sez.~\ref{sec:file_special_perm})
4274 filtrati dal valore dell'\textit{umask} del processo. Come gruppo ed utente
4275 proprietario del segmento saranno presi quelli facenti parte del gruppo
4276 \textit{effective} del processo chiamante.
4278 Dato che un segmento di lunghezza nulla è di scarsa utilità, una vola che lo
4279 si è creato per impostarne la dimensione si dovrà poi usare \func{ftruncate}
4280 (vedi sez.~\ref{sec:file_file_size}) prima di mapparlo in memoria con
4281 \func{mmap}. Si tenga presente che una volta chiamata \func{mmap} si può
4282 chiudere il file descriptor ad esso associato (semplicemente con
4283 \func{close}), senza che la mappatura ne risenta, e che questa può essere
4284 rimossa usando \func{munmap}.
4286 Come per i file, quando si vuole rimuovere completamente un segmento di
4287 memoria condivisa occorre usare la funzione \funcd{shm\_unlink}, il cui
4292 \fdecl{int shm\_unlink(const char *name)}
4294 \fdesc{Rimuove un segmento di memoria condivisa.}
4297 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
4298 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
4300 \item[\errcode{EACCES}] non si è proprietari del segmento.
4302 ed inoltre \errval{ENAMETOOLONG} e \errval{ENOENT}, nel loro significato
4307 La funzione è del tutto analoga ad \func{unlink}, e si limita a cancellare il
4308 nome del segmento da \file{/dev/shm}, senza nessun effetto né sui file
4309 descriptor precedentemente aperti con \func{shm\_open}, né sui segmenti già
4310 mappati in memoria; questi verranno cancellati automaticamente dal sistema
4311 solo con le rispettive chiamate a \func{close} e \func{munmap}. Una volta
4312 eseguita questa funzione però, qualora si richieda l'apertura di un segmento
4313 con lo stesso nome, la chiamata a \func{shm\_open} fallirà, a meno di non aver
4314 usato \const{O\_CREAT}, in quest'ultimo caso comunque si otterrà un file
4315 descriptor che fa riferimento ad un segmento distinto da eventuali precedenti.
4317 Dato che i segmenti di memoria condivisa sono trattati come file del
4318 filesystem \texttt{tmpfs}, si possono usare su di essi, con lo stesso
4319 significato che assumono sui file ordinari, anche funzioni come quelle delle
4320 famiglie \func{fstat}, \func{fchown} e \func{fchmod}. Inoltre a partire dal
4321 kernel 2.6.19 per i permessi sono supportate anche le ACL illustrate in
4322 sez.~\ref{sec:file_ACL}.
4324 Come esempio dell'uso delle funzioni attinenti ai segmenti di memoria
4325 condivisa POSIX, vediamo come è possibile riscrivere una interfaccia
4326 semplificata analoga a quella vista in fig.~\ref{fig:ipc_sysv_shm_func} per la
4327 memoria condivisa in stile SysV. Il codice completo, di cui si sono riportate
4328 le parti essenziali in fig.~\ref{fig:ipc_posix_shmmem}, è contenuto nel file
4329 \file{SharedMem.c} dei sorgenti allegati.
4331 \begin{figure}[!htb]
4332 \footnotesize \centering
4333 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
4334 \includecodesample{listati/MemShared.c}
4337 \caption{Il codice delle funzioni di gestione dei segmenti di memoria
4339 \label{fig:ipc_posix_shmmem}
4342 La prima funzione (\texttt{\small 1-24}) è \func{CreateShm} che, dato un nome
4343 nell'argomento \var{name} crea un nuovo segmento di memoria condivisa,
4344 accessibile in lettura e scrittura, e ne restituisce l'indirizzo. Anzitutto si
4345 definiscono (\texttt{\small 8}) i flag per la successiva (\texttt{\small 9})
4346 chiamata a \func{shm\_open}, che apre il segmento in lettura e scrittura
4347 (creandolo se non esiste, ed uscendo in caso contrario) assegnandogli sul
4348 filesystem i permessi specificati dall'argomento \var{perm}.
4350 In caso di errore (\texttt{\small 10-12}) si restituisce un puntatore nullo,
4351 altrimenti si prosegue impostando (\texttt{\small 14}) la dimensione del
4352 segmento con \func{ftruncate}. Di nuovo (\texttt{\small 15-16}) si esce
4353 immediatamente restituendo un puntatore nullo in caso di errore. Poi si passa
4354 (\texttt{\small 18}) a mappare in memoria il segmento con \func{mmap}
4355 specificando dei diritti di accesso corrispondenti alla modalità di apertura.
4356 Di nuovo si restituisce (\texttt{\small 19-21}) un puntatore nullo in caso di
4357 errore, altrimenti si inizializza (\texttt{\small 22}) il contenuto del
4358 segmento al valore specificato dall'argomento \var{fill} con \func{memset}, e
4359 se ne restituisce (\texttt{\small 23}) l'indirizzo.
4361 La seconda funzione (\texttt{\small 25-40}) è \func{FindShm} che trova un
4362 segmento di memoria condiviso esistente, restituendone l'indirizzo. In questo
4363 caso si apre (\texttt{\small 31}) il segmento con \func{shm\_open} richiedendo
4364 che il segmento sia già esistente, in caso di errore (\texttt{\small 31-33})
4365 si ritorna immediatamente un puntatore nullo. Ottenuto il file descriptor del
4366 segmento lo si mappa (\texttt{\small 35}) in memoria con \func{mmap},
4367 restituendo (\texttt{\small 36-38}) un puntatore nullo in caso di errore, o
4368 l'indirizzo (\texttt{\small 39}) dello stesso in caso di successo.
4370 La terza funzione (\texttt{\small 40-45}) è \func{RemoveShm}, e serve a
4371 cancellare un segmento di memoria condivisa. Dato che al contrario di quanto
4372 avveniva con i segmenti del \textit{SysV-IPC} gli oggetti allocati nel kernel
4373 vengono rilasciati automaticamente quando nessuna li usa più, tutto quello che
4374 c'è da fare (\texttt{\small 44}) in questo caso è chiamare \func{shm\_unlink},
4375 restituendo al chiamante il valore di ritorno.
4380 \subsection{Semafori}
4381 \label{sec:ipc_posix_sem}
4383 Fino alla serie 2.4.x del kernel esisteva solo una implementazione parziale
4384 dei semafori POSIX che li realizzava solo a livello di \itindex{thread}
4385 \textit{thread} e non di processi,\footnote{questo significava che i semafori
4386 erano visibili solo all'interno dei \itindex{thread} \textit{thread} creati
4387 da un singolo processo, e non potevano essere usati come meccanismo di
4388 sincronizzazione fra processi diversi.} fornita attraverso la sezione delle
4389 estensioni \textit{real-time} della \acr{glibc} (quelle che si accedono
4390 collegandosi alla libreria \texttt{librt}). Esisteva inoltre una libreria che
4391 realizzava (parzialmente) l'interfaccia POSIX usando le funzioni dei semafori
4392 di \textit{SysV-IPC} (mantenendo così tutti i problemi sottolineati in
4393 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}).
4395 A partire dal kernel 2.5.7 è stato introdotto un meccanismo di
4396 sincronizzazione completamente nuovo, basato sui cosiddetti \textit{futex} (la
4397 sigla sta per \textit{fast user mode mutex}) con il quale è stato possibile
4398 implementare una versione nativa dei semafori POSIX. Grazie a questo con i
4399 kernel della serie 2.6 e le nuove versioni della \acr{glibc} che usano questa
4400 nuova infrastruttura per quella che viene che viene chiamata \textit{New Posix
4401 Thread Library}, sono state implementate anche tutte le funzioni
4402 dell'interfaccia dei semafori POSIX.
4404 Anche in questo caso è necessario appoggiarsi alla libreria per le estensioni
4405 \textit{real-time} \texttt{librt}, questo significa che se si vuole utilizzare
4406 questa interfaccia, oltre ad utilizzare gli opportuni file di definizione,
4407 occorrerà compilare i programmi con l'opzione \texttt{-lrt} o con
4408 \texttt{-lpthread} se si usano questi ultimi.
4410 La funzione che permette di creare un nuovo semaforo POSIX, creando il
4411 relativo file, o di accedere ad uno esistente, è \funcd{sem\_open}, questa
4412 prevede due forme diverse a seconda che sia utilizzata per aprire un semaforo
4413 esistente o per crearne uno nuovi, i relativi prototipi sono:
4419 \fdecl{sem\_t *sem\_open(const char *name, int oflag)}
4420 \fdecl{sem\_t *sem\_open(const char *name, int oflag, mode\_t mode,
4421 unsigned int value)}
4423 \fdesc{Crea un semaforo o ne apre uno esistente.}
4425 {La funzione ritorna l'indirizzo del semaforo in caso di successo e
4426 \const{SEM\_FAILED} per un errore, nel qual caso \var{errno} assumerà uno
4429 \item[\errcode{EACCES}] il semaforo esiste ma non si hanno permessi
4430 sufficienti per accedervi.
4431 \item[\errcode{EEXIST}] si sono specificati \const{O\_CREAT} e
4432 \const{O\_EXCL} ma il semaforo esiste.
4433 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{value} eccede
4434 \const{SEM\_VALUE\_MAX} o il nome è solo ``\texttt{/}''.
4435 \item[\errcode{ENAMETOOLONG}] si è utilizzato un nome troppo lungo.
4436 \item[\errcode{ENOENT}] non si è usato \const{O\_CREAT} ed il nome
4437 specificato non esiste.
4439 ed inoltre \errval{EMFILE}, \errval{ENFILE} ed \errval{ENOMEM} nel loro
4440 significato generico.
4445 L'argomento \param{name} definisce il nome del semaforo che si vuole
4446 utilizzare, ed è quello che permette a processi diversi di accedere allo
4447 stesso semaforo. Questo deve essere specificato nella stessa forma utilizzata
4448 per i segmenti di memoria condivisa, con un nome che inizia con ``\texttt{/}''
4449 e senza ulteriori ``\texttt{/}'', vale a dire nella forma
4450 \texttt{/nome-semaforo}.
4452 Con Linux i file associati ai semafori sono mantenuti nel filesystem virtuale
4453 \texttt{/dev/shm}, e gli viene assegnato automaticamente un nome nella forma
4454 \texttt{sem.nome-semaforo}, si ha cioè una corrispondenza per cui
4455 \texttt{/nome-semaforo} viene rimappato, nella creazione tramite
4456 \func{sem\_open}, su \texttt{/dev/shm/sem.nome-semaforo}. Per questo motivo la
4457 dimensione massima per il nome di un semaforo, a differenza di quanto avviene
4458 per i segmenti di memoria condivisa, è pari a \const{NAME\_MAX}$ - 4$.
4460 L'argomento \param{oflag} è quello che controlla le modalità con cui opera la
4461 funzione, ed è passato come maschera binaria; i bit corrispondono a quelli
4462 utilizzati per l'analogo argomento di \func{open}, anche se dei possibili
4463 valori visti in sez.~\ref{sec:file_open_close} sono utilizzati soltanto
4464 \const{O\_CREAT} e \const{O\_EXCL}.
4466 Se si usa \const{O\_CREAT} si richiede la creazione del semaforo qualora
4467 questo non esista, ed in tal caso occorre utilizzare la seconda forma della
4468 funzione, in cui si devono specificare sia un valore iniziale con l'argomento
4469 \param{value},\footnote{e si noti come così diventa possibile, differenza di
4470 quanto avviene per i semafori del \textit{SysV-IPC}, effettuare in maniera
4471 atomica creazione ed inizializzazione di un semaforo usando una unica
4472 funzione.} che una maschera dei permessi con l'argomento
4473 \param{mode}; se il semaforo esiste già questi saranno semplicemente
4474 ignorati. Usando il flag \const{O\_EXCL} si richiede invece la verifica che il
4475 semaforo non esista, ed usandolo insieme ad \const{O\_CREAT} la funzione
4476 fallisce qualora un semaforo con lo stesso nome sia già presente.
4478 Si tenga presente che, come accennato in sez.~\ref{sec:ipc_posix_generic}, i
4479 semafori usano la semantica standard dei file per quanto riguarda i controlli
4480 di accesso, questo significa che un nuovo semaforo viene sempre creato con
4481 l'\ids{UID} ed il \ids{GID} effettivo del processo chiamante, e che i permessi
4482 indicati con \param{mode} vengono filtrati dal valore della \itindex{umask}
4483 \textit{umask} del processo. Inoltre per poter aprire un semaforo è
4484 necessario avere su di esso sia il permesso di lettura che quello di
4487 La funzione restituisce in caso di successo un puntatore all'indirizzo del
4488 semaforo con un valore di tipo \ctyp{sem\_t *}, è questo valore che dovrà
4489 essere passato alle altre funzioni per operare sul semaforo stesso, e non sarà
4490 più necessario fare riferimento al nome, che potrebbe anche essere rimosso con
4493 Una volta che si sia ottenuto l'indirizzo di un semaforo, sarà possibile
4494 utilizzarlo; se si ricorda quanto detto all'inizio di
4495 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}, dove si sono introdotti i concetti generali
4496 relativi ai semafori, le operazioni principali sono due, quella che richiede
4497 l'uso di una risorsa bloccando il semaforo e quella che rilascia la risorsa
4498 liberando il semaforo. La prima operazione è effettuata dalla funzione
4499 \funcd{sem\_wait}, il cui prototipo è:
4503 \fdecl{int sem\_wait(sem\_t *sem)}
4505 \fdesc{Blocca un semaforo.}
4508 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
4509 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
4511 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
4512 \item[\errcode{EINVAL}] il semaforo \param{sem} non esiste.
4517 La funzione cerca di decrementare il valore del semaforo indicato dal
4518 puntatore \param{sem}, se questo ha un valore positivo, cosa che significa che
4519 la risorsa è disponibile, la funzione ha successo, il valore del semaforo
4520 viene diminuito di 1 ed essa ritorna immediatamente consentendo la
4521 prosecuzione del processo.
4523 Se invece il valore è nullo la funzione si blocca (fermando l'esecuzione del
4524 processo) fintanto che il valore del semaforo non ritorna positivo (cosa che a
4525 questo punto può avvenire solo per opera di altro processo che rilascia il
4526 semaforo con una chiamata a \func{sem\_post}) così che poi essa possa
4527 decrementarlo con successo e proseguire.
4529 Si tenga presente che la funzione può sempre essere interrotta da un segnale,
4530 nel qual caso si avrà un errore di \const{EINTR}; inoltre questo avverrà
4531 comunque, anche qualora si fosse richiesta la gestione con la semantica BSD,
4532 installando il gestore del suddetto segnale con l'opzione \const{SA\_RESTART}
4533 (vedi sez.~\ref{sec:sig_sigaction}) per riavviare le \textit{system call}
4536 Della funzione \func{sem\_wait} esistono due varianti che consentono di
4537 gestire diversamente le modalità di attesa in caso di risorsa occupata, la
4538 prima di queste è \funcd{sem\_trywait}, che serve ad effettuare un tentativo
4539 di acquisizione senza bloccarsi; il suo prototipo è:
4543 \fdecl{int sem\_trywait(sem\_t *sem)}
4545 \fdesc{Tenta di bloccare un semaforo.}
4547 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
4548 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
4550 \item[\errcode{EAGAIN}] il semaforo non può essere acquisito senza
4552 \item[\errcode{EINVAL}] l'argomento \param{sem} non indica un semaforo
4558 La funzione è identica a \func{sem\_wait} ed se la risorsa è libera ha lo
4559 stesso effetto, vale a dire che in caso di semaforo diverso da zero la
4560 funzione lo decrementa e ritorna immediatamente; la differenza è che nel caso
4561 in cui il semaforo è occupato essa non si blocca e di nuovo ritorna
4562 immediatamente, restituendo però un errore di \errval{EAGAIN}, così che il
4563 programma possa proseguire.
4565 La seconda variante di \func{sem\_wait} è una estensione specifica che può
4566 essere utilizzata soltanto se viene definita la macro \macro{\_XOPEN\_SOURCE}
4567 ad un valore di almeno 600 o la macro \macro{\_POSIX\_C\_SOURCE} ad un valore
4568 uguale o maggiore di \texttt{200112L} prima di includere
4569 \headfile{semaphore.h}, la funzione è \funcd{sem\_timedwait}, ed il suo
4574 \fdecl{int sem\_timedwait(sem\_t *sem, const struct timespec
4577 \fdesc{Blocca un semaforo.}
4580 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
4581 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
4583 \item[\errcode{EINTR}] la funzione è stata interrotta da un segnale.
4584 \item[\errcode{EINVAL}] l'argomento \param{sem} non indica un semaforo
4586 \item[\errcode{ETIMEDOUT}] è scaduto il tempo massimo di attesa.
4591 Anche in questo caso il comportamento della funzione è identico a quello di
4592 \func{sem\_wait}, ma è possibile impostare un tempo limite per l'attesa
4593 tramite la struttura \struct{timespec} (vedi
4594 fig.~\ref{fig:sys_timespec_struct}) puntata
4595 dall'argomento \param{abs\_timeout}, indicato in secondi e nanosecondi a
4596 partire dalla cosiddetta \textit{Epoch} (00:00:00, 1 January 1970
4597 UTC). Scaduto il limite la funzione ritorna anche se non è possibile acquisire
4598 il semaforo fallendo con un errore di \errval{ETIMEDOUT}.
4600 La seconda funzione principale utilizzata per l'uso dei semafori è quella che
4601 viene usata per rilasciare un semaforo occupato o, in generale, per aumentare
4602 di una unità il valore dello stesso anche qualora non fosse occupato (si
4603 ricordi che in generale un semaforo viene usato come indicatore di un numero
4604 di risorse disponibili). Detta funzione è \funcd{sem\_post} ed il suo
4609 \fdecl{int sem\_post(sem\_t *sem)}
4611 \fdesc{Rilascia un semaforo.}
4614 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
4615 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
4617 \item[\errcode{EINVAL}] l'argomento \param{sem} non indica un semaforo
4619 \item[\errcode{EOVERFLOW}] si superato il massimo valore di un semaforo.
4624 La funzione incrementa di uno il valore corrente del semaforo indicato
4625 dall'argomento \param{sem}, se questo era nullo la relativa risorsa risulterà
4626 sbloccata, cosicché un altro processo (o \itindex{thread} \textit{thread})
4627 eventualmente bloccato in una \func{sem\_wait} sul semaforo possa essere
4628 svegliato e rimesso in esecuzione. Si tenga presente che la funzione è sicura
4629 \index{funzioni!sicure} per l'uso all'interno di un gestore di segnali (si
4630 ricordi quanto detto in sez.~\ref{sec:sig_signal_handler}).
4632 Se invece di operare su un semaforo se ne volesse semplicemente leggere il
4633 valore, si potrà usare la funzione \funcd{sem\_getvalue}, il cui prototipo è:
4637 \fdecl{int sem\_getvalue(sem\_t *sem, int *sval)}
4639 \fdesc{Richiede il valore di un semaforo.}
4641 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
4642 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
4644 \item[\errcode{EINVAL}] l'argomento \param{sem} non indica un semaforo
4650 La funzione legge il valore del semaforo indicato dall'argomento \param{sem} e
4651 lo restituisce nella variabile intera puntata dall'argomento
4652 \param{sval}. Qualora ci siano uno o più processi bloccati in attesa sul
4653 semaforo lo standard prevede che la funzione possa restituire un valore nullo
4654 oppure il numero di processi bloccati in una \func{sem\_wait} sul suddetto
4655 semaforo; nel caso di Linux vale la prima opzione.
4657 Questa funzione può essere utilizzata per avere un suggerimento sullo stato di
4658 un semaforo, ovviamente non si può prendere il risultato riportato in
4659 \param{sval} che come indicazione, il valore del semaforo infatti potrebbe
4660 essere già stato modificato al ritorno della funzione.
4662 % TODO verificare comportamento sem_getvalue
4664 Una volta che non ci sia più la necessità di operare su un semaforo se ne può
4665 terminare l'uso con la funzione \funcd{sem\_close}, il cui prototipo è:
4669 \fdecl{int sem\_close(sem\_t *sem)}
4671 \fdesc{Chiude un semaforo.}
4674 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
4675 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
4677 \item[\errcode{EINVAL}] l'argomento \param{sem} non indica un semaforo
4683 La funzione chiude il semaforo indicato dall'argomento \param{sem}, che non
4684 potrà più essere utilizzato nelle altre funzioni. La chiusura comporta anche
4685 che tutte le risorse che il sistema poteva avere assegnato al processo
4686 nell'uso del semaforo vengono immediatamente rilasciate. Questo significa che
4687 un eventuale altro processo bloccato sul semaforo a causa della acquisizione
4688 dello stesso da parte del processo che chiama \func{sem\_close} potrà essere
4689 immediatamente riavviato.
4691 Si tenga presente poi che come avviene per i file, all'uscita di un processo
4692 anche tutti i semafori che questo aveva aperto vengono automaticamente chiusi.
4693 Questo comportamento risolve il problema che si aveva con i semafori del
4694 \textit{SysV IPC} (di cui si è parlato in sez.~\ref{sec:ipc_sysv_sem}) per i
4695 quali le risorse possono restare bloccate. Si tenga infine presente che, a
4696 differenza di quanto avviene per i file, in caso di una chiamata ad
4697 \func{execve} tutti i semafori vengono chiusi automaticamente.
4699 Come per i semafori del \textit{SysV-IPC} anche quelli POSIX hanno una
4700 persistenza di sistema; questo significa che una volta che si è creato un
4701 semaforo con \func{sem\_open} questo continuerà ad esistere fintanto che il
4702 kernel resta attivo (vale a dire fino ad un successivo riavvio) a meno che non
4703 lo si cancelli esplicitamente. Per far questo si può utilizzare la funzione
4704 \funcd{sem\_unlink}, il cui prototipo è:
4708 \fdecl{int sem\_unlink(const char *name)}
4710 \fdesc{Rimuove un semaforo.}
4713 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
4714 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
4716 \item[\errcode{EACCES}] non si hanno i permessi necessari a cancellare il
4718 \item[\errcode{ENAMETOOLONG}] il nome indicato è troppo lungo.
4719 \item[\errcode{ENOENT}] il semaforo \param{name} non esiste.
4724 La funzione rimuove il semaforo indicato dall'argomento \param{name}, che
4725 prende un valore identico a quello usato per creare il semaforo stesso con
4726 \func{sem\_open}. Il semaforo viene rimosso dal filesystem immediatamente; ma
4727 il semaforo viene effettivamente cancellato dal sistema soltanto quando tutti
4728 i processi che lo avevano aperto lo chiudono. Si segue cioè la stessa
4729 semantica usata con \func{unlink} per i file, trattata in dettaglio in
4730 sez.~\ref{sec:link_symlink_rename}.
4732 Una delle caratteristiche peculiari dei semafori POSIX è che questi possono
4733 anche essere utilizzati anche in forma anonima, senza necessità di fare
4734 ricorso ad un nome sul filesystem o ad altri indicativi. In questo caso si
4735 dovrà porre la variabile che contiene l'indirizzo del semaforo in un tratto di
4736 memoria che sia accessibile a tutti i processi in gioco. La funzione che
4737 consente di inizializzare un semaforo anonimo è \funcd{sem\_init}, il cui
4742 \fdecl{int sem\_init(sem\_t *sem, int pshared, unsigned int value)}
4743 \fdesc{Inizializza un semaforo anonimo.}
4746 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
4747 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
4749 \item[\errcode{EINVAL}] il valore di \param{value} eccede
4750 \const{SEM\_VALUE\_MAX}.
4751 \item[\errcode{ENOSYS}] il valore di \param{pshared} non è nullo ed il
4752 sistema non supporta i semafori per i processi.
4757 La funzione inizializza un semaforo all'indirizzo puntato dall'argomento
4758 \param{sem}, e come per \func{sem\_open} consente di impostare un valore
4759 iniziale con \param{value}. L'argomento \param{pshared} serve ad indicare se
4760 il semaforo deve essere utilizzato dai \itindex{thread} \textit{thread} di uno
4761 stesso processo (con un valore nullo) o condiviso fra processi diversi (con un
4764 Qualora il semaforo debba essere condiviso dai \itindex{thread}
4765 \textit{thread} di uno stesso processo (nel qual caso si parla di
4766 \textit{thread-shared semaphore}), occorrerà che \param{sem} sia l'indirizzo
4767 di una variabile visibile da tutti i \itindex{thread} \textit{thread}, si
4768 dovrà usare cioè una \index{variabili!globali} variabile globale o una
4769 variabile allocata dinamicamente nello \itindex{heap} \textit{heap}.
4771 Qualora il semaforo debba essere condiviso fra più processi (nel qual caso si
4772 parla di \textit{process-shared semaphore}) la sola scelta possibile per
4773 renderlo visibile a tutti è di porlo in un tratto di memoria condivisa. Questo
4774 potrà essere ottenuto direttamente sia con \func{shmget} (vedi
4775 sez.~\ref{sec:ipc_sysv_shm}) che con \func{shm\_open} (vedi
4776 sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm}), oppure, nel caso che tutti i processi in gioco
4777 abbiano un genitore comune, con una mappatura anonima con \func{mmap} (vedi
4778 sez.~\ref{sec:file_memory_map}) a cui essi poi potranno accedere (si ricordi
4779 che i tratti di memoria condivisa vengono mantenuti nei processi figli
4780 attraverso la funzione \func{fork}).
4782 Una volta inizializzato il semaforo anonimo con \func{sem\_init} lo si potrà
4783 utilizzare nello stesso modo dei semafori normali con \func{sem\_wait} e
4784 \func{sem\_post}. Si tenga presente però che inizializzare due volte lo stesso
4785 semaforo può dar luogo ad un comportamento indefinito.
4787 Qualora non si intenda più utilizzare un semaforo anonimo questo può essere
4788 eliminato dal sistema; per far questo di deve utilizzare una apposita
4789 funzione, \funcd{sem\_destroy}, il cui prototipo è:
4793 \fdecl{int sem\_destroy(sem\_t *sem)}
4794 \fdesc{Elimina un semaforo anonimo.}
4796 {La funzione ritorna $0$ in caso di successo e $-1$ per un errore, nel qual
4797 caso \var{errno} assumerà uno dei valori:
4799 \item[\errcode{EINVAL}] l'argomento \param{sem} non indica un semaforo
4805 La funzione prende come unico argomento l'indirizzo di un semaforo che deve
4806 essere stato inizializzato con \func{sem\_init}; non deve quindi essere
4807 applicata a semafori creati con \func{sem\_open}. Inoltre si deve essere
4808 sicuri che il semaforo sia effettivamente inutilizzato, la distruzione di un
4809 semaforo su cui sono presenti processi (o \itindex{thread} \textit{thread}) in
4810 attesa (cioè bloccati in una \func{sem\_wait}) provoca un comportamento
4813 Si tenga presente infine che utilizzare un semaforo che è stato distrutto con
4814 \func{sem\_destroy} di nuovo può dare esito a comportamenti indefiniti. Nel
4815 caso ci si trovi in una tale evenienza occorre reinizializzare il semaforo una
4816 seconda volta con \func{sem\_init}.
4818 Come esempio di uso sia della memoria condivisa che dei semafori POSIX si sono
4819 scritti due semplici programmi con i quali è possibile rispettivamente
4820 monitorare il contenuto di un segmento di memoria condivisa e modificarne il
4823 \begin{figure}[!htbp]
4824 \footnotesize \centering
4825 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
4826 \includecodesample{listati/message_getter.c}
4829 \caption{Sezione principale del codice del programma
4830 \file{message\_getter.c}.}
4831 \label{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server}
4834 Il corpo principale del primo dei due, il cui codice completo è nel file
4835 \file{message\_getter.c} dei sorgenti allegati, è riportato in
4836 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server}; si è tralasciata la parte che
4837 tratta la gestione delle opzioni a riga di comando (che consentono di
4838 impostare un nome diverso per il semaforo e il segmento di memoria condivisa)
4839 ed il controllo che al programma venga fornito almeno un argomento, contenente
4840 la stringa iniziale da inserire nel segmento di memoria condivisa.
4842 Lo scopo del programma è quello di creare un segmento di memoria condivisa su
4843 cui registrare una stringa, e tenerlo sotto osservazione stampando la stessa
4844 una volta al secondo. Si utilizzerà un semaforo per proteggere l'accesso in
4845 lettura alla stringa, in modo che questa non possa essere modificata
4846 dall'altro programma prima di averla finita di stampare.
4848 La parte iniziale del programma contiene le definizioni (\texttt{\small 1-8})
4849 del gestore del segnale usato per liberare le risorse utilizzate, delle
4850 \index{variabili!globali} variabili globali contenenti i nomi di default del
4851 segmento di memoria condivisa e del semaforo (il default scelto è
4852 \texttt{messages}), e delle altre variabili utilizzate dal programma.
4854 Come prima istruzione (\texttt{\small 10}) si è provveduto ad installare un
4855 gestore di segnale che consentirà di effettuare le operazioni di pulizia
4856 (usando la funzione \func{Signal} illustrata in
4857 fig.~\ref{fig:sig_Signal_code}), dopo di che (\texttt{\small 12-16}) si è
4858 creato il segmento di memoria condivisa con la funzione \func{CreateShm} che
4859 abbiamo appena trattato in sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm}, uscendo con un
4860 messaggio in caso di errore.
4862 Si tenga presente che la funzione \func{CreateShm} richiede che il segmento
4863 non sia già presente e fallirà qualora un'altra istanza, o un altro programma
4864 abbia già allocato un segmento con quello stesso nome. Per semplicità di
4865 gestione si è usata una dimensione fissa pari a 256 byte, definita tramite la
4866 costante \texttt{MSGMAXSIZE}.
4868 Il passo successivo (\texttt{\small 17-21}) è quello della creazione del
4869 semaforo che regola l'accesso al segmento di memoria condivisa con
4870 \func{sem\_open}; anche in questo caso si gestisce l'uscita con stampa di un
4871 messaggio in caso di errore. Anche per il semaforo, avendo specificato la
4872 combinazione di flag \code{O\_CREAT|O\_EXCL} come secondo argomento, si esce
4873 qualora fosse già esistente; altrimenti esso verrà creato con gli opportuni
4874 permessi specificati dal terzo argomento, (indicante lettura e scrittura in
4875 notazione ottale). Infine il semaforo verrà inizializzato ad un valore nullo
4876 (il quarto argomento), corrispondete allo stato in cui risulta bloccato.
4878 A questo punto (\texttt{\small 22}) si potrà inizializzare il messaggio posto
4879 nel segmento di memoria condivisa usando la stringa passata come argomento al
4880 programma. Essendo il semaforo stato creato già bloccato non ci si dovrà
4881 preoccupare di eventuali \itindex{race~condition} \textit{race condition}
4882 qualora il programma di modifica del messaggio venisse lanciato proprio in
4883 questo momento. Una volta inizializzato il messaggio occorrerà però
4884 rilasciare il semaforo (\texttt{\small 24-27}) per consentirne l'uso; in
4885 tutte queste operazioni si provvederà ad uscire dal programma con un opportuno
4886 messaggio in caso di errore.
4888 Una volta completate le inizializzazioni il ciclo principale del programma
4889 (\texttt{\small 29-47}) viene ripetuto indefinitamente (\texttt{\small 29})
4890 per stampare sia il contenuto del messaggio che una serie di informazioni di
4891 controllo. Il primo passo (\texttt{\small 30-34}) è quello di acquisire (con
4892 \func{sem\_getvalue}, con uscita in caso di errore) e stampare il valore del
4893 semaforo ad inizio del ciclo; seguito (\texttt{\small 35-36}) dal tempo
4896 \begin{figure}[!htb]
4897 \footnotesize \centering
4898 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
4899 \includecodesample{listati/HandSigInt.c}
4902 \caption{Codice del gestore di segnale del programma
4903 \file{message\_getter.c}.}
4904 \label{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server_handler}
4907 Prima della stampa del messaggio invece si deve acquisire il semaforo
4908 (\texttt{\small 30-33}) per evitare accessi concorrenti alla stringa da parte
4909 del programma di modifica. Una volta eseguita la stampa (\texttt{\small 41})
4910 il semaforo dovrà essere rilasciato (\texttt{\small 42-45}). Il passo finale
4911 (\texttt{\small 46}) è attendere per un secondo prima di eseguire da capo il
4914 Per uscire in maniera corretta dal programma sarà necessario fermarlo con una
4915 interruzione da tastiera (\texttt{C-c}), che corrisponde all'invio del segnale
4916 \signal{SIGINT}, per il quale si è installato (\texttt{\small 10}) una
4917 opportuna funzione di gestione, riportata in
4918 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server_handler}. La funzione è molto
4919 semplice e richiama le funzioni di rimozione sia per il segmento di memoria
4920 condivisa che per il semaforo, garantendo così che possa essere riaperto
4921 ex-novo senza errori in un futuro riutilizzo del comando.
4923 \begin{figure}[!htb]
4924 \footnotesize \centering
4925 \begin{minipage}[c]{\codesamplewidth}
4926 \includecodesample{listati/message_setter.c}
4929 \caption{Sezione principale del codice del programma
4930 \file{message\_setter.c}.}
4931 \label{fig:ipc_posix_sem_shm_message_setter}
4934 Il secondo programma di esempio è \file{message\_setter.c}, di cui si è
4935 riportato il corpo principale in
4936 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_setter},\footnote{al solito il codice
4937 completo è nel file dei sorgenti allegati.} dove si è tralasciata, non
4938 essendo significativa per quanto si sta trattando, la parte relativa alla
4939 gestione delle opzioni a riga di comando e degli argomenti, che sono identici
4940 a quelli usati da \file{message\_getter}, con l'unica aggiunta di un'opzione
4941 ``\texttt{-t}'' che consente di indicare un tempo di attesa (in secondi) in
4942 cui il programma si ferma tenendo bloccato il semaforo.
4944 Una volta completata la gestione delle opzioni e degli argomenti (ne deve
4945 essere presente uno solo, contenente la nuova stringa da usare come
4946 messaggio), il programma procede (\texttt{\small 10-14}) con l'acquisizione
4947 del segmento di memoria condivisa usando la funzione \func{FindShm} (trattata
4948 in sez.~\ref{sec:ipc_posix_shm}) che stavolta deve già esistere. Il passo
4949 successivo (\texttt{\small 16-19}) è quello di aprire il semaforo, e a
4950 differenza di \file{message\_getter}, in questo caso si richiede a
4951 \func{sem\_open} che questo esista, passando uno zero come secondo ed unico
4954 Una volta completate con successo le precedenti inizializzazioni, il passo
4955 seguente (\texttt{\small 21-24}) è quello di acquisire il semaforo, dopo di
4956 che sarà possibile eseguire la sostituzione del messaggio (\texttt{\small 25})
4957 senza incorrere in possibili \itindex{race~condition} \textit{race condition}
4958 con la stampa dello stesso da parte di \file{message\_getter}.
4960 Una volta effettuata la modifica viene stampato (\texttt{\small 26}) il tempo
4961 di attesa impostato con l'opzione ``\texttt{-t}'' dopo di che (\texttt{\small
4962 27}) viene eseguita la stessa, senza rilasciare il semaforo che resterà
4963 quindi bloccato (causando a questo punto una interruzione delle stampe
4964 eseguite da \file{message\_getter}). Terminato il tempo di attesa si rilascerà
4965 (\texttt{\small 29-32}) il semaforo per poi uscire.
4967 Per verificare il funzionamento dei programmi occorrerà lanciare per primo
4968 \file{message\_getter}\footnote{lanciare per primo \file{message\_setter} darà
4969 luogo ad un errore, non essendo stati creati il semaforo ed il segmento di
4970 memoria condivisa.} che inizierà a stampare una volta al secondo il
4971 contenuto del messaggio ed i suoi dati, con qualcosa del tipo:
4973 piccardi@hain:~/gapil/sources$ \textbf{./message_getter messaggio}
4974 sem=1, Fri Dec 31 14:12:41 2010
4976 sem=1, Fri Dec 31 14:12:42 2010
4981 proseguendo indefinitamente fintanto che non si prema \texttt{C-c} per farlo
4982 uscire. Si noti come il valore del semaforo risulti sempre pari ad 1 (in
4983 quanto al momento esso sarà sempre libero).
4985 A questo punto si potrà lanciare \file{message\_setter} per cambiare il
4986 messaggio, nel nostro caso per rendere evidente il funzionamento del blocco
4987 richiederemo anche una attesa di 3 secondi, ed otterremo qualcosa del tipo:
4989 piccardi@hain:~/gapil/sources$ \textbf{./message_setter -t 3 ciao}
4990 Sleeping for 3 seconds
4993 dove il programma si fermerà per 3 secondi prima di rilasciare il semaforo e
4996 L'effetto di questo programma si potrà però apprezzare meglio nell'uscita di
4997 \file{message\_getter}, che verrà interrotta per questo stesso tempo, prima di
4998 ricominciare con il nuovo testo:
5001 sem=1, Fri Dec 31 14:16:27 2010
5003 sem=1, Fri Dec 31 14:16:28 2010
5005 sem=0, Fri Dec 31 14:16:29 2010
5007 sem=1, Fri Dec 31 14:16:32 2010
5009 sem=1, Fri Dec 31 14:16:33 2010
5015 E si noterà come nel momento in cui si è lanciato \file{message\_setter} le
5016 stampe di \file{message\_getter} si bloccheranno, come corretto, dopo aver
5017 registrato un valore nullo per il semaforo. Il programma infatti resterà
5018 bloccato nella \func{sem\_wait} (quella di riga (\texttt{\small 37}) in
5019 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_server}) fino alla scadenza
5020 dell'attesa di \file{message\_setter} (con l'esecuzione della \func{sem\_post}
5021 della riga (\texttt{\small 29}) di
5022 fig.~\ref{fig:ipc_posix_sem_shm_message_setter}), e riprenderanno con il nuovo
5023 testo alla terminazione di quest'ultimo.
5026 % LocalWords: like fifo System POSIX RPC Calls Common Object Request Brocker
5027 % LocalWords: Architecture descriptor kernel unistd int filedes errno EMFILE
5028 % LocalWords: ENFILE EFAULT BUF sez fig fork Stevens siblings EOF read SIGPIPE
5029 % LocalWords: EPIPE shell CGI Gateway Interface HTML JPEG URL mime type gs dup
5030 % LocalWords: barcode PostScript race condition stream BarCodePage WriteMess
5031 % LocalWords: size PS switch wait popen pclose stdio const char command NULL
5032 % LocalWords: EINVAL cap fully buffered Ghostscript l'Encapsulated epstopsf of
5033 % LocalWords: PDF EPS lseek ESPIPE PPM Portable PixMap format pnmcrop PNG pnm
5034 % LocalWords: pnmmargin png BarCode inode filesystem l'inode mknod mkfifo RDWR
5035 % LocalWords: ENXIO deadlock client reinviate fortunes fortunefilename daemon
5036 % LocalWords: FortuneServer FortuneParse FortuneClient pid libgapil LD librt
5037 % LocalWords: PATH linker pathname ps tmp killall fortuned crash socket domain
5038 % LocalWords: socketpair BSD sys protocol sv EAFNOSUPPORT EPROTONOSUPPORT AF
5039 % LocalWords: EOPNOTSUPP SOCK Process Comunication ipc perm key exec pipefd SZ
5040 % LocalWords: header ftok proj stat libc SunOS glibc XPG dell'inode number uid
5041 % LocalWords: cuid cgid gid tab MSG shift group umask seq MSGMNI SEMMNI SHMMNI
5042 % LocalWords: shmmni msgmni sem sysctl IPCMNI IPCTestId msgget EACCES EEXIST
5043 % LocalWords: CREAT EXCL EIDRM ENOENT ENOSPC ENOMEM novo proc MSGMAX msgmax ds
5044 % LocalWords: MSGMNB msgmnb linked list msqid msgid linux msg qnum lspid lrpid
5045 % LocalWords: rtime ctime qbytes first last cbytes msgctl semctl shmctl ioctl
5046 % LocalWords: cmd struct buf EPERM RMID msgsnd msgbuf msgp msgsz msgflg EAGAIN
5047 % LocalWords: NOWAIT EINTR mtype mtext long message sizeof LENGTH ts sleep BIG
5048 % LocalWords: msgrcv ssize msgtyp NOERROR EXCEPT ENOMSG multiplexing select ls
5049 % LocalWords: poll polling queue MQFortuneServer write init HandSIGTERM l'IPC
5050 % LocalWords: MQFortuneClient mqfortuned mutex risorse' inter semaphore semget
5051 % LocalWords: nsems SEMMNS SEMMSL semid otime semval sempid semncnt semzcnt nr
5052 % LocalWords: SEMVMX SEMOPM semop SEMMNU SEMUME SEMAEM semnum union semun arg
5053 % LocalWords: ERANGE SETALL SETVAL GETALL array GETNCNT GETPID GETVAL GETZCNT
5054 % LocalWords: sembuf sops unsigned nsops UNDO flg nsop num undo pending semadj
5055 % LocalWords: sleeper scheduler running next semundo MutexCreate semunion lock
5056 % LocalWords: MutexFind wrapper MutexRead MutexLock MutexUnlock unlock locking
5057 % LocalWords: MutexRemove shmget SHMALL SHMMAX SHMMIN shmid shm segsz atime FD
5058 % LocalWords: dtime lpid cpid nattac shmall shmmax SHMLBA SHMSEG EOVERFLOW brk
5059 % LocalWords: memory shmat shmdt void shmaddr shmflg SVID RND RDONLY rounded
5060 % LocalWords: SIGSEGV nattch exit SharedMem ShmCreate memset fill ShmFind home
5061 % LocalWords: ShmRemove DirMonitor DirProp chdir GaPiL shmptr ipcs NFS SETPIPE
5062 % LocalWords: ComputeValues ReadMonitor touch SIGTERM dirmonitor unlink fcntl
5063 % LocalWords: LockFile UnlockFile CreateMutex FindMutex LockMutex SETLKW GETLK
5064 % LocalWords: UnlockMutex RemoveMutex ReadMutex UNLCK WRLCK RDLCK mapping MAP
5065 % LocalWords: SHARED ANONYMOUS thread patch names strace system call userid Di
5066 % LocalWords: groupid Michal Wronski Krzysztof Benedyczak wrona posix mqueue
5067 % LocalWords: lmqueue gcc mount mqd name oflag attr maxmsg msgsize receive ptr
5068 % LocalWords: send WRONLY NONBLOCK close mqdes EBADF getattr setattr mqstat to
5069 % LocalWords: omqstat curmsgs flags timedsend len prio timespec abs EMSGSIZE
5070 % LocalWords: ETIMEDOUT timedreceive getaddr notify sigevent notification l'I
5071 % LocalWords: EBUSY sigev SIGNAL signo value sigval siginfo all'userid MESGQ
5072 % LocalWords: Konstantin Knizhnik futex tmpfs ramfs cache shared swap CONFIG
5073 % LocalWords: lrt blocks PAGECACHE TRUNC CLOEXEC mmap ftruncate munmap FindShm
5074 % LocalWords: CreateShm RemoveShm LIBRARY Library libmqueue FAILED has fclose
5075 % LocalWords: ENAMETOOLONG qualchenome RESTART trywait XOPEN SOURCE timedwait
5076 % LocalWords: process getvalue sval execve pshared ENOSYS heap PAGE destroy it
5077 % LocalWords: xffffffff Arrays owner perms Queues used bytes messages device
5078 % LocalWords: Cannot find such Segments getter Signal MSGMAXSIZE been stable
5079 % LocalWords: for now it's break Berlin sources Let's an accidental feature fs
5080 % LocalWords: Larry Wall Escape the Hell William ipctestid Identifier segment
5081 % LocalWords: violation dell'I SIGINT setter Fri Dec Sleeping seconds ECHILD
5082 % LocalWords: SysV capability short RESOURCE INFO UNDEFINED EFBIG semtimedop
5083 % LocalWords: scan HUGETLB huge page NORESERVE copy RLIMIT MEMLOCK REMAP UTC
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